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LA POLITICA AI TEMPI DI YOUTUBE

Anche la politica comincia a essere influenzata dal Web 2.0. Lo si è visto con la campagna presidenziale negli Stati Uniti. E con il caso Serracchiani da noi. Tanto che Internet può essere ormai considerato come il misuratore più tempestivo delle fortune dei politici nei paesi più sviluppati. Quanto al rischio che i candidati propongano ciò che è adatto al mezzo e non ciò che è adatto ai cittadini, c’è già il precedente della televisione. YouTube abbassa il costo d’entrata nella produzione e distribuzione dei messaggi. Ma l’attenzione del pubblico resta una risorsa limitata.

 

“Tutti diventeranno famosi per quindici minuti”. Chissà che cosa penserebbe Andy Warhol di YouTube, forse l’invenzione più warholiana degli ultimi anni. Forse riscriverebbe così la sua frase più nota: “Tutti diventeranno famosi con quindici minuti di YouTube”. (1) Ad esempio in campo musicale: bastano una decina di minuti di filmato su YouTube per creare celebrità mondiali, come funtwo, il ragazzo che suona con la chitarra elettrica una versione del canone di Pachelbel e ha già più di sessanta milioni di visualizzazioni.

QUINDICI MINUTI DI CELEBRITÀ POLITICA VIA WEB

Con qualche anno di ritardo anche la politica comincia a essere influenzata fortemente dal Web 2.0, la versione interattiva di Internet di cui YouTube e Facebook sono i rappresentanti più illustri. (2) Un personaggio già consolidato come Hillary Clinton fa “YouTube politics” con un filmato in cui chiede ai propri sostenitori di scegliere la colonna sonora della sua campagna per le elezioni primarie. E Barack Obama approva il filmato-parodia di un famoso spot della Apple, a sua volta ispirato da 1984 di George Orwell, in cui la Clinton interpreta la parte sgradevole del Grande Fratello.
Ma un contenitore quasi infinito come YouTube può anche lanciare sulla ribalta politici nuovi, come dimostra il recente caso di Debora Serracchiani. Segretario del Pd a Udine, Serracchiani è diventata famosa con uno spigliato e polemico intervento sulla gestione del partito, lo scorso 21 marzo. Sono bastati 12 minuti e 43 secondi di discorso apparsi sul canale YouDem, e rapidamente rimbalzati su YouTube, perché Debora Serracchiani si imponesse all’attenzione del pubblico, grazie a un esponenziale meccanismo di passaparola e all’ulteriore cassa di risonanza offerta dai media tradizionali. (3)
Naturalmente sono pochissime le apparizioni su YouTube che sono votate al successo, e ancora meno quelle che superano i fatidici quindici minuti paventati o sognati da Warhol. Con il senno di poi è facile dire che Serracchiani aveva il mix di caratteristiche giuste per emergere: timida ma decisa, con una buona gestualità e un linguaggio spontaneo, colloquiale. Sfruttando l’onda del successo iniziale, è stata poi invitata a trasmissioni televisive come Ballarò, è stata candidata alle elezioni europee ed è stata eletta con più di 140mila preferenze. In questi ultimi giorni, a riprova del consolidarsi della sua notorietà, il suo appoggio alla candidatura di Dario Franceschini come segretario ha destato repliche crucciate da parte di esponenti “anziani” del Pd. Ed è proprio il linguaggio la materia del contendere: nell’intervista a Curzio Maltese su Repubblica, Debora Serracchiani dichiara di appoggiare Franceschini perché “più simpatico” di Pier Luigi Bersani. Le argomentazioni successive sono passate sotto silenzio, il gergo giovanilista no.
Prescindendo dal caso specifico della Serracchiani, Internet può essere ormai considerato come il misuratore più tempestivo delle fortune dei politici nei paesi più sviluppati. Come sovente accade, anche su questo tema gli Stat Uniti sono all’avanguardia e l’idea si è già trasformata in un business. Il sito spartaninternet.com propone un algoritmo attraverso cui i personaggi politici che competono per l’attenzione del pubblico vengono monitorati sulla base di fattori come il numero di menzioni su Internet, di visualizzazioni di filmati a essi correlati e di contatti sui social network. (4)
Nel caso dei candidati alle primarie del 2008 è interessante notare come Obama abbia sempre mantenuto la leadership nella presenza su Internet, mentre Hillary Clinton è praticamente scomparsa al momento della nomination ufficiale. Dall’altro lato John McCain ha lentamente guadagnato spazio prima della nomination, è esploso subito dopo, ma senza mai sfiorare i livelli di attenzione goduti da Obama.

UN MEZZO E I SUOI PERICOLI

Quali riflessioni si possono ricavare da questi nuovi scenari di “politica digitale”? Le sintetizzerei in tre punti.
Primo, il sito spartaninternet lo insegna: l’osservazione sistematica di ciò che accade su Internet permette di ottenere informazioni sull’andamento dell’opinione pubblica a proposito di molti argomenti, non ultimo la sfera politica. Queste informazioni potrebbero anche essere usate come strumento di previsione, ma per le stesse ragioni non si può trascurare il rischio che la rilevanza su Internet di un dato personaggio politico venga manipolata, ad esempio attraverso l’uso di programmi automatici che inflazionano il numero di visualizzazioni dei filmati su YouTube.
Secondo, i mass media tradizionali non svaniscono certamente dal quadro: la storia non si fa con i “se” (la scienza sì!), ma sarebbe interessante sapere che cosa sarebbe successo nel caso della Serracchiani se un quotidiano come Repubblica avesse deciso di non occuparsi della cosa. E per una Serracchiani che consolida la sua notorietà, c’è un Piero Ricca che su YouTube miete successi ancora maggiori con le sue contestazioni di politici e giornalisti come Marcello Dell’Utri, Emilio Fede e Paolo Mieli, ma viene praticamente ignorato dagli altri media.
Terzo, nel suo diario Warhol racconta della volta in cui alcuni ragazzi lo guardavano fissamente, riconoscendo qualche cosa in lui. Avrebbe voluto sapere che cosa, per poterglielo vendere. Ebbene, non manca chi paventa il rischio che la “YouTube politics” induca i potenziali candidati che vogliano emergere a offrire esattamente ciò che è adatto per il mezzo in questione, e meno adatto ai cittadini. Tuttavia, sotto questo profilo, non vi è una grande discontinuità con la televisione, che già dal 1960 con il famoso dibattito tra John Kennedy e Richard Nixon, ha cominciato a dettare le sue regole sul successo dei politici. YouTube non cambia tanto il mezzo, quanto il lato dell’offerta, abbassando il costo d’entrata nella produzione e distribuzione dei messaggi. Ma l’attenzione del pubblico resta una risorsa limitata, e una legislatura di quindici minuti non sembra davvero la riforma più intelligente per dare spazio a tutti.

(1) Lo stesso Warhol aveva parafrasato il suo detto più celebre, avvicinandosi pericolosamente alla versione riportata nel testo: “Sono annoiato da quella battuta, non la uso più. La nuova versione è: ‘in 15 minuti tutti diventeranno famosi’”.
(2) “YouTube Politics”, da Economist.com. Disponibile online al seguente indirizzo: http://globaltechforum.eiu.com/index.asp?layout=rich_story&doc_id=10976
(3) Il primo articolo di Repubblica sull’exploit di Debora Serracchiani (a firma di Umberto Rosso) è del 23 marzo 2009.
(4) Si tratta del SIPP (Spartan Internet Political Performance) Index. Vedi il grafico relativo ai candidati nelle primarie al seguente indirizzo: http://www.spartaninternet.com/2008/index.asp

Foto: da internet

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  1. Alberto M

    Youtube è un mezzo, e come tale va valutato. Se è vero che fornisce visibilità, è anche vero che se a quest’ultima non corrispondono dei contenuti non si va da nessuna parte. Abbiamo continuamente sotto gli occhi gli effetti e le conseguenze di una politica-spot fatta di annunci. Fatte queste considerazioni, ben venga che sia abbassato il costo d’entrata (in questo modo potrebbe essere favorito l’accesso di altre persone non necessariamente in possesso di enormi risorse economiche) e ben venga soprattutto l’operazione trasparenza. Il mettersi in rete vuol dire esporsi alle critiche, aprirsi, confrontarsi. E sono in pochi quelli che accettano questo prezzo.

  2. franco bonacchini

    "Caso serracchiani" o "serracchiani è un caso?" propendo per la seconda ipotesi dopo l’intervista alla "repubblica" rilasciata dalla Nostra. Essere eletti tramite questi mezzi può essere possibile, ma poi bisogna dimostrare di avere idee ed ideali, altrimenti si scaldano i banchi e si fa un pessimo servizio alla collettività.

  3. gildo pisani

    Vedere (o rivedere) ‘Oltre il giardino’, capolavoro del 1979 con Peter Sellers. Dagli anni 50 in poi i media hanno progressivamente stritolato la politica, fino a farla diventare quel rumoroso nulla che è oggi. Di nuovo c’è soprattutto il modo in cui i politici si presentano e l’immagine che trasmettono al popolo bue. Meno male che gente come La Malfa o Berlinguer non ha fatto in tempo a vedere come ci siamo ridotti: con le loro facce tristi non li avrebbero candidati neppure ad amministratori di condominio.

  4. Tommaso

    Tutti i discorsi sulla potenza di internet in Italia devono essere pero’ tarati sul ruolo che internet ha nella vita degli italiani, secondo Eurostat nel 2008 solo il 37% degli italiani di 15 anni e piu’ era su internet almeno una volta a settimana, contro il 44% dei polacchi, il 49% degli spagnoli, il 63% dei francesi, il 68% dei tedeschi e il 70% dei britannici.

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