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UN ANNO DI GOVERNO: PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

 

I PROVVEDIMENTI

In materia di pubblica amministrazione, l’atto più significativo del governo Berlusconi nel suo primo anno di vita è stato il cosiddetto decreto Brunetta. Ed è su questo che ci soffermiamo.
La riforma contiene più di un elemento di novità, ma lo sforzo maggiore è rivolto a indurre le singole amministrazioni a fare quello che sinora non hanno fatto: dotarsi di un sistema di valutazione della qualità dei loro servizi e della produttività dei loro dipendenti. E far discendere da questi risultati la differenziazione dei compensi. Èsolo uno, anche se forse il più importante, dei tanti aspetti toccati dalla bozza del decreto, ma vale la pena analizzarlo meglio.
Nel provvedimento si promuove la costituzione di una sorta di Autorità che si dovrà avvalere della attività dei nuclei di valutazione e dei servizi di controllo che già operano all’interno di ciascuna amministrazione. La natura di questi nuclei dovrà cambiare e questo rappresenta un mutamento significativo rispetto alla situazione attuale.

GLI EFFETTI

Èdifficile prevedere se un sistema di questo tipo funzionerà. Certamente, vengono poste alcune premesse interessanti, mai sperimentate prima e quindi in grado di produrre qualche novità significativa. Rimangono comunque punti oscuri. Soprattutto, non è chiaro se l’Autorità avrà le competenze e le risorse necessarie per svolgere una azione di monitoraggio e di controllo di portata così vasta. Il decreto prevede che questa funzione sia distribuita tra una pluralità di soggetti istituzionali. E si sa cosa succede in queste circostanze: tanti soggetti responsabili, ma poi è difficile trovare uno che prenda le decisioni necessarie e incisive.
Sarà interessante soprattutto verificare se i nuclei di valutazione e i servizi di controllo esterno saranno in grado di svolgere un ruolo di “terzi” nei confronti delle unità amministrative di appartenenza e se saranno in grado di rilevare e di denunciare all’Autorità i comportamenti opportunistici di queste ultime tendenti a eludere i compiti loro assegnati. D’altra parte, non si vede come la prevista Autorità possa funzionare senza opportuni “terminali” che controllino da vicino l’attività delle singole unità amministrative su questo difficile e scivoloso terreno della valutazione dei risultati raggiunti.
La riforma del governo insiste molto sulla valutazione dei singoli dipendenti “all’interno” delle singole amministrazioni. La riforma mette in campo una batteria di interventi che può apparire sin troppo ricca e complessa da gestire. Si introduce una pluralità di premi ( “bonus per le eccellenze”,  “premio per l’innovazione”, oltre alle progressioni economiche orizzontali e verticali). Inoltre, tutti i dipendenti devono essere inseriti in una graduatoria di merito, con la distribuzione di  un premio elevato al primo 25 per cento dei dipendenti più meritevoli, un premio medio al secondo 50 per cento e niente all’ultimo 25 per cento. Tentativi di obbligare le amministrazioni a forzare la distribuzione dei premi sono stati fatti in passato, e anche in modo meno complicato, ma non hanno dato alcun risultato. Le amministrazioni non li hanno mai applicati. Sarà la volta buona?
Proprio per questo motivo maggiore attenzione andrebbe dedicata alla distribuzione dei premi sulla base della valutazione dei risultati raggiunti da ciascuna unità amministrativa nel suo insieme. Mettere a confronto i risultati delle diverse unità amministrative è importante, come importante è far discendere dalle differenze riscontrate conseguenze concrete in termini di distribuzione delle risorse complessive. Risorse che sono necessarie per finanziare i premi da distribuire poi all’interno di ciascuna di esse.Èquanto, ad esempio, si vuole fare per le università: le risorse maggiori devono andare agli atenei che hanno raggiunto i migliori risultati. Occorre fare lo stesso anche per le altre amministrazioni: tribunali, scuole, enti di ricerca, prefetture, ambasciate e così via.
La distribuzione differenziata delle risorse e dei premi deve essere prevista nel contratto collettivo nazionale di lavoro laddove si fissano le regole per lo svolgimento della contrattazione di secondo livello. In quella sede si devono fissare le risorse di cui ogni amministrazione può disporre, i tetti di spesa da rispettare e gli aumenti retributivi di carattere accessorio che si possono elargire .Èin questa fase, che occorre discriminare le diverse amministrazioni: da una parte quelle che hanno aggiunto gli obiettivi, che hanno i migliori standard di servizio, che hanno messo in campo un efficiente sistema di valutazione interno, che hanno riscosso i migliori apprezzamenti dei cittadini clienti, dall’altra tutte le altre amministrazioni, che non hanno fatto niente di tutto ciò o che lo hanno fatto in misura insufficiente. Le prime vanno premiate. Le seconde no.

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OCCASIONI MANCATE

Nel decreto, di fatto, si prevede che la Autorità trasmetta al “tavolo” dei rinnovi dei contratti nazionali una valutazione comparativa dei risultati raggiunti dalle amministrazioni dello Stato e del parastato. Ma il tutto si riduce a poche righe in un comma che si nasconde all’interno di una serie di altre misure specifiche. Tutto questo dovrebbe essere molto più chiaro nel decreto. Dovrebbe rappresentare il fulcro della attività di valutazione che ruota attorno all’Autorità. Si prevede invece tutta una serie di controlli sui risultati della contrattazione decentrata da parte del ministero per la Pubblica amministrazione, dell’Aran, della Ragioneria generale dello Stato, della Corte dei conti. Manca però un chiaro riferimento alla necessità che, alla fine, spetti all’Autorità raccogliere ed elaborare tutte queste verifiche al fine di garantire che le risorse per la contrattazione integrativa siano distribuite tra le diverse amministrazioni sulla base dei risultati raggiunti. Vi è tutto il tempo per ripristinare in modo più chiaro questo legame tra contrattazione e valutazione. 
Se la preoccupazione del governo è di evitare una commistione pericolosa tra contrattazione e valutazione, questa è fondata. Ma qui non si tratta di conferire alla contrattazione la funzione di decidere modi e contenuti del processo di valutazione, come, sbagliando, si è fatto in passato. I sindacati e la contrattazione non devono entrare nel processo di valutazione. Ma il problema è un altro: occorre che la contrattazione tenga conto dei risultati di una valutazione che, per la prima volta, dovrebbe essere fatta da organi indipendenti. Approfittiamo di questa annunciata rivoluzione!
Va osservato, inoltre, che è meglio privilegiare la valutazione delle strutture rispetto alla valutazione dei singoli dipendenti. Le ricerche condotte su questo tema confermano che si ottengono risultati migliori se si valutano i gruppi anziché i singoli lavoratori. Certo occorre fare entrambe le cose, ma il decreto pur insistendo molto sulla valutazione delle strutture, sembra troppo concentrato sul differenziare i compensi tra i singoli dipendenti, per colpire i “fannulloni” e premiare i meritevoli. Giusto, ma non basta.

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16 commenti

  1. Luca Guerra

    Concordo con le conclusioni di Dell’Aringa, quando occorre che venga valutata la struttura e non il singolo, in quanto questa può lavorare in qualità producendo notevoli effetti distorsivi o nocivi ai cittadini od alle aziende, insomma ai destinatari dei servizi. Così come andrebbero proibiti i contratti esterni ai pubblici dipendenti, che finiscono con lo svolgere il loro compito principale come secondo lavoro, facendosi sostituire da altri meno qualificati ed a loro sottoposti in qualche modo.

  2. Redazione Meritocrazia

    Oggi abbiamo commentato anche noi lo schema di decreto attuativo sul blog Meritocrazia: in sintesi, i punti chiave sono "chi sono i valutatori" e "chi valuta i valutatori":

  3. Pietro

    Secondo me il vero obbiettivo di tutta l’attività del ministro Brunetta è giustificare i tagli nella pubblica amministrazione e in particolare degli stipendi dei pubblici dipendenti voluti dal ministro Tremonti. Purtroppo- e dico purtroppo perché anche io sono un dipendente pubblico- in questo anno di governo ho assistito a più di una atto il cui vero fine è stato limitare la spese degli stipendi: vedi la campagna contro i falsi malati che in realtà ha tolto parte del salario accessorio a tutti quelli che sono stati in malattia , vera o falsa che fosse; vedi la campagna contro i fannulloni il cui lampante obbiettivo- lo si legge nel recente decreto Brunetta- è di dimezzare la spesa del salario accessorio e non di premiare i meritevoli, infatti se le amministrazioni pagheranno il salario accessorio previsto dai contratti solo ad un quarto del personale e metà salario al restante cinquanta per cento, si ottiene una spesa dimezzata. Inutile cercare altro. Non c’é. Saluti.

  4. Arturo

    Sono anch’io uno statale, e sono arcistufo di venire additato come un "fannullone" dall’esimio dottor Brunetta e dai suoi seguaci. A farmi valutare ci sto, ma quando penserà il governo a equilibrare i nostri stipendi con quelli che, a parità di funzioni, prendono i dipendenti delle aziende private? Io sono un funzionario (VII qualifica) laureato e con più di 20 anni di servizio alle spalle, e prendo (con moglie e due figli a carico) circa 1400 Euro al mese. Nessuno dei "fustigatori" si domanda come fa un cristiano a campare con questa elemosina?

  5. stefano bianchi

    Onore e merito al Ministro Brunetta che ha messo le mani in un formicaio. Certo la sua riforma potrà nel tempo essere migliorata al fine di rendere i suoi obbiettivi più puntuali ed i risultati più efficaci. Rimango sempre un pò perplesso quando si parla di valutazione perchè questa comporta alcune caratteristiche essenziali del valutatore: terzietà, conoscenza del sistema, capacità, strumenti, rapidità, professionalità che fa rima con obbiettività.Qual è l’Ente o la Società che non ha commistioni o cointeressi con la P.A.? Solo una realtà estera possiede questi requisiti tranne forse una corretta conoscenza del sistema in toto. E allora chi valuta chi? E come è garantita la terzietà?Sui premi sono daccordo con il fatto di premiare la squadra e non i singoli. Forse lascierei un minimo di autonomia al Dirigente per dare un incentivo particolare a quei dipendenti che più degli altri si sono spesi per il raggiungimento dei risultati motivando per iscritto e quindi quasi certificando il perchè di tale bonus.

  6. sandro

    Il metodo dell’osservare e dedurre è stato introdotto nel ‘600 e può essere facilmente utilizzato per dedurre come finirà la questione osservando casi analoghi. Consiglio di leggere l’articolo sulla Sanità presentato su questo stesso sito, anche in quel caso si trattava di ottimizzare i costi, favorire le eccellenze, ecc. ecc. e le cose stanno andando come al solito. Se vogliamo osservare altre situazioni analoghe una breve sfogliata dei giornali (a scelta di ispirazione pro o contro il Governo) e si trovano abbondanti esempi di ottimi propositi e pessimi risultati (es. recentissimo Sicilia come regione o come singole città). A parte le molte parole il governo attuale non mi pare brilli per i fatti, costa troppo scontentare davvero chi potrebbe votarti alle prossime elezioni e, in Italia, una tornata elettorale all’anno non ce la toglie nessuno.

  7. Zam

    Sono un pubblico dipendente e contrariamente a quello che pensano i "fan" di Brunetta aspetto con ansia l’introduzione della meritocrazia nella PA. Il problema è che dopo un inizio promettente, mi sono accorto che i nodi cruciali non vengono sciolti. La Dirigenza rimane intatta nella finta rivoluzione di Brunetta. Ogni dipendente deve essere certamente responsabile per quello che fà (o non fà) ma i dirigenti? E i loro stipendi milionari? Ci indignamo per gli stipendi dei manager privati delle ditte fallite, ed i superstipendi dei dirigenti fannulloni e/o maneggioni? Da Brunetta nessun segno di cambiamento. Ed i distaccati del sindacato? Anche qui Brunetta si guarda bene. Sono d’accordo anch’io che in questa fase bisogna valutare il complesso dei dipendenti (a gruppi) perchè sono ancora tanti i gruppi di potere politico-sindacale nelle organizzazioni e Brunetta li conosce bene perchè ne è parte integrante. Nel suo decreto colpisce solo coloro che non hanno rappresentanza. La casta dei sindacalizzati ed affiliati politici è ben protetta e rientrerà nel 25% di coloro che avranno l’incentivo. Altri, nel pensiero di Brunetta lavoreranno comunque come hanno sempre fatto.

  8. Giovanni Liccardi

    Il ministro Brunetta dovrebbe conoscere bene i fannulloni visto che alcuni campioni di tale schiera sono amici del suo capo (Letizie & C.). Ma a parte queste battute sulla valutazione, essendo lui un prof. universitario, dovrebbe sapere bene come non sia mai stato introdotta nel sistema universitario dai suoi colleghi. Alla luce delle esperienze di tutti questi anni (lavorative e sindacali all’università) posso testimoniare che i primi a non volere la valutazione sono sempre stati i dirigenti (che avrebbero avuto un’altra grana da gestire) ed i docenti (siamo già il meglio..come possimao essere valutati). Ora la messa in scena del ministro appartiene, non al merito della questione (una vera riforma dell’amministrazione), allo stesso schema di lavoro del governo: "trova un nemico e fai finta di risolvere un problema"…cioè "ciarpame populista".

  9. Giulio

    Il vero nodo è la classe dirigente con la sua formazione prima ancora che la sua valutazione. In breve vi riporto la mia esperienza: dopo 5 anni di lavoro nel privato 3 anni fa sono diventato dipendente pubblico a seguito di un concorso piuttosto selettivo e rivolto a particolari classi di laurea e curriculum. In sostanza una prima valutazione della mia "idoneità" agli obiettivi di lavoro è già stata valutata radicalmente in quella occasione. Ma i dirigenti? Molti non sono laureati, ricoprono ruoli chiave e strategici e, a parità di esperienza (espressa spesso solo in anni), vengono preferiti a curriculum oggettivamente di gran lunga più adatti. E non c’è traccia in giro dei criteri usati per determinare le scelte che a me appaiono totalmente irrazionali. Allora mi chiedo: tali dirigenti, scelti secondo criteri misteriosi, eccessivamente articolati e/o illogici, possono valutare l’operato di qualcuno? E paradossalmente il meritevole qui è considerato ostile, perchè consapevole e testimone dell’assurdo, e quindi ostacolato: ne è prova il fatto che alcuni dei migliori del mio concorso hanno già cambiato lavoro.

  10. massimo

    Sono favorevole ad una riforma che premi l’impegno e la produttività dei singoli e delle strutture; ho però tanti dubbi: la realtà della p.a. non è omogenea, numerosi uffici operano sotto organico, la classe dirigente finora ha avuto solo responsabilita’ amministrative che prescindono da una conoscenza vera del proprio personale; molti hanno avuto carriere rapide altri invece sono fermi sul binario sbagliato per tacere.poi, sulla distribuzione territoriale del personale. Potrei continuare, ma vorrei fare presente che i problemi della p.a. non sono solo nel personale: la p.a non è una ferrari in mano ad ubriachi; la stessa informatizzazione dei servizi non è cosi’ accolta favorevolmente dall’utenza, molta della quale non sa usare il p.c.; da anni si parla di semplificazioni piu’ annunciate che reali; stendiamo un velo pietoso sulle condizioni degli uffici pubblici; forse ci vorrebbe piu’ gradualità e soprattutto assenza griglie predefinite: mi chiedo cosa possa succedere in un ospedale in cui solo il 25% non ha di fatto riduzioni di stipendio, perché il sistema premiante o accessorio e’ stato l’escamotage per rimpinguare stipendi bassi e non di certo europei.

  11. franco benincà

    A mio giudizio il Dirigente pubblico deve avere oltre una eccellente cultura giuridica, anche una preparazione in materie economiche e saper coniugare il raggiungimento dell’obiettivo con la gestione delle risorse e l’esatta applicazione della legislazione. Bisogna introdurre nel nostro ordinamento le Grandi Scuole di Pubblica Amministrazione ed addestrare una nuova classe publblica effettivamente indipendente dalla classe politica che deve limitarsi a indicare le linee generali di programmazione sulla base del consenso elettorale e dei principi costituzionali. Il Dirigente pubblico libero, indipendente e dotato di adeguate risorse economiche potrà effettivamente essere valutato e valutare ed ottenere i più elevati risultati, con ricadute positive sui dipendenti pubblici.

  12. valerio frabetti

    Sono un dirigente dell’Inps, ente che ha da anni introdotto verifiche in base a standard di produttività e ad indicatori di qualità.Si può discutere se si tratta di strumenti autoreferenziali,se occorre introdurre il bilancio sociale e la valutazione dei cittadini; ma non siamo all’anno zero.La risorsa umana è il valore principale e l’Inps ha costruito una organizzazione del lavoro fondata sul coinvolgimento,il lavoro di gruppo e l’intercambiabilità dei lavoratori, con risultati positivi. Inoltre con la contrattazione integrativa si è cercato di creare un legame tra obiettivi di efficacia ed efficienza del servizio,crescita professionale ed erogazione incentivi. Come può reggere questo modello di organizzazione del lavoro in presenza di premi incentivanti predeterminati nel numero e nell’ammontare,che creeranno divisione nei gruppi di lavoro? Nell’articolo su Repubblica del 16/5 Tito Boeri ha detto che non si può continuare a schierare l’opinione pubblica contro i dipendenti pubblici e che bisogna lavorare col cesello su incentivi, carriere e trasparenza. Come si può fare ciò senza una contrattazione vera con il sindacato, che ne riconosca il ruolo e tenga conto delle specificità?

  13. Eschilo

    Sono un dipendente Inps con esperienze di lavoro pregresse per altri tre enti pubblici del comparto regioni ed autonomie locali. In Inps ho riscontrato la migliore organizzazione per l’incentivazione del personale, anche se, come sempre, si può cercare una soluzione migliorativa. Appare evidente, però, che un DDL come quello proposto dall’attuale Ministro non possa che essere peggiorativo, se non addirrittura lacerante in contesti lavorativi già tesi o inclini alla conflittualità. Se da una parte infatti una valutazione di risultati, rapportata sui team di lavoro, può invogliare i singoli appartenenti al gruppo a dare il meglio di sè nell’ottica del contributo alla competitività di squadra, dall’altra, una valutazione rapportata esclusivamente sul singolo, riduce il rapporto collaborativo ad un mero conflitto interpersonale, rivolto ad un egoistico obiettivo economico e di carriera, tutt’altro che a beneficio del cliente finale. Infine una divisione ex lege rigida come quella proposta (25%, 50% e 25%) risuona come una sentenza di condanna aprioristica per 3/4 dei dipendenti pubblici, i quali, avvelenati già da una campagna denigratoria, non tarderanno a diventare veri fannulloni.

  14. Giovanni

    Noto una diffusa incapacità di rendersi conto degli effetti deflagranti di questo nuovo decreto, se sarà approvato come in bozza. Si prospetta per 3/4 dei dipendenti una riduzione drammatica del salario, non importa come e quanto abbiano lavorato (col che tutta la miserabile campagna contro "i fannulloni" rivela la sua vera natura: fare cassa). Il meccanismo della "valutazione" applicato ai singoli farà esplodere una guerra senza esclusione di colpi tra colleghi e dirigenti per accaparrarsi il "premio", con tanti saluti al "buon clima organizzativo" e alla pace sociale in ufficio. La norma che prevede il possibile licenziamento dopo due anni di valutazioni negative è una pistola puntata contro chi non si allinea e chi non è gradito alla dirigenza. Viene di fatto eliminata la progressione orizzontale, ovvero l’unico modo per il dipendente di ottenere un aumento salariale anche minimo (messa a concorso come quella verticale? Auguri… leccapiedi e raccomandati, fatevi avanti). Chi ha scritto la bozza o non ha idea di come funzioni il lavoro nella PA, oppure mira precisamente ad aizzare conflitti e risentimenti per poi sfasciare tutto e ricostruire la PA a modo suo.

  15. BOLLI PASQUALE

    Gli interventi, le proposte e le decisioni per la moralizzazione della Pubblica Amministrazione sicuramente sono un enorme sforzo di buona volontà, ma saranno anche contrastati in modo determinato da chi, da sempre, non ha avuto il concetto morale del rapporto di lavoro. Nella Pubblica Amministrazione, più che nelle aziende private, purtroppo, questo concetto è stato quasi sempre assente. Quelli che hanno avuto incarichi di responsabilità sono stati sempre i primi a sfruttare questa non coscienza dei propri sottoposti. Se il dipentente deve rispettare l’orario di lavoro, questo stesso dovere, in primis, è dei dirigenti. Se il dipendente ha scarso rendimento sul lavoro, deve essere richiamato, censurato, ma ugualmente deve essere fatto al dirigente. Disciplina, responsabilità e senso del dovere si ottengono con l’esempio dei capi. Quando parlo di capi, non mi riferisco soltanto ai superiori diretti, a anche a quelli che, in nome del popolo gestiscono la cosa pubblica. La normalizzazione dei rapporti gerarchici è stata sempre influenzata negativamente dai politici e sindacati. I sindacati, poi, hanno goduto di un intoccabile strapotere, proprio perchè collusi con la politica.

  16. loremaf

    La formula magica del ministro è 25/50/25. L’autore dell’articolo individua bene l’attenzione spasmodica posta sulla valutazione del singolo invece della struttura, inoltre una valutazione poi così rigida di 25/50/25 è il contrario di quello che sempre più si chiede di questi tempi, la flessibilità. Si cerca da parte del ministro di giocare più con la formula magica che nell’individuazione delle cause e anche nell’individuazione dei meno produttivi. E poi altro punto dolente è la commistione della valutazione da parte di organi che invece dvrebbero fissare gli obiettivi, come l’asticella del salto in alto, chi raggiunge un risultato va premiato sia se tale percentuale sia meno o più del 25%, come pure il contrario se la performace negativa interessa una aprte più larga del 25% prefissato. Trasporto tale formula nella spesa sanitaria regionale, mi sembra che la percentuale degli assessori da mettre sotto tutela sia più del 25%, allora ecco che è necessario una valutazione del servizio da rapportare alle risorse strumentali e umane a disposizione, perchè sappiamo tutti come la distrubuzione delle risorse non è poi così equilibrata nella nostra penisola.

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