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DISCRIMINATI PERCHÉ CLANDESTINI

La lotta all’immigrazione clandestina dichiarata con il pacchetto sicurezza ha portato all’introduzione nel codice penale di un’aggravante per i reati commessi dai “clandestini”. Lo stesso reato, quale che sia, è considerato dalla legge più grave ed è punito più severamente se a commetterlo è uno straniero irregolare. Si tratta di un’irragionevole discriminazione fondata su una mera condizione personale, in spregio del principio costituzionale di uguaglianza.

Il nuovo articolo 61 n. 11 bis del codice penale, inserito dal Dl 23 maggio 2008 n. 92, convertito con modificazioni dalla legge 24 luglio 2008 n. 125, configura come circostanza aggravante comune, riferibile cioè a un numero indeterminato di reati e comportante un aumento della pena fino a un terzo, “l’avere il colpevole commesso il fatto mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale”.
In virtù di questa disposizione sono più gravi, rispetto ai reati commessi dai cittadini italiani o dagli stranieri legalmente presenti in Italia, quelli commessi dagli stranieri illegalmente presenti in Italia. È a costoro, infatti, che si riferisce l’aggravante: i cittadini italiani, ai quali l’articolo 16 della Costituzione garantisce la libertà di soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, non possono infatti trovarsi illegalmente nel proprio Paese.

L’AGGRAVANTE DELLA “CLANDESTINITÀ”

L’aggravante è applicabile nei confronti degli stranieri tanto extracomunitari quanto comunitari, compresi pertanto i “famigerati” rumeni, che tale status hanno acquisito a decorrere dal 1° gennaio 2007 con l’adesione della Romania all’Unione Europea e che, secondo gli ultimi dati del Ministero dell’Interno, hanno rappresentato tra il 2004 e i 2006 la prima nazionalità tra gli stranieri per numero di denunciati e arrestati nel nostro Paese per gravi reati quali l’omicidio doloso, la violenza sessuale, il furto e l’estorsione. Anche i cittadini di altri Stati dell’Unione, infatti, possono trovarsi illegalmente in Italia: ad esempio perché, dopo essere stati condannati per un reato commesso nel nostro Paese, non osservano il conseguente provvedimento di “allontanamento” emesso dal giudice, a titolo di misura di sicurezza, ai sensi dell’articolo 235 c.p. (1)
Per come è configurata, l’aggravante attribuisce rilievo, unicamente, alla condizione personale, propria del reo, di straniero illegalmente presente in Italia al momento della commissione del reato. Prescinde del tutto, invece, dall’esistenza di qualsivoglia nesso tra la commissione del reato, quale che sia, e l’illegale presenza dell’autore sul territorio nazionale: la legge non ne limita infatti la configurabilità ai soli reati la cui commissione sia stata comunque agevolata dall’illegale presenza del reo sul territorio nazionale, o a quelli che siano stati commessi allo scopo di consentire il suo ingresso illegale in Italia, o, ancora, di protrarvi illegalmente la permanenza illecita. L’aggravante è pertanto configurabile, ad esempio, tanto in relazione al reato di resistenza a pubblico ufficiale commesso dallo straniero per impedire la propria identificazione e, di conseguenza, l’accertamento del proprio status di “straniero irregolare”, quanto in relazione al reato di ingiuria commesso da quello stesso soggetto a danno di chicchessia in occasione di un banale diverbio legato alla circolazione stradale.
Fin dai lavori parlamentari la circostanza ha preso il nome di “aggravante della clandestinità”: è stata infatti introdotta con il dichiarato intento di fronteggiare il fenomeno dell’immigrazione clandestina, erigendo un simbolico muro contro gli stranieri che entrano nel nostro Paese violandone le frontiere.

L’ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE

Il futuro dirà se l’introduzione dell’aggravante avrà l’effetto di disincentivare l’immigrazione clandestina nel nostro Paese. Si impone tuttavia già oggi una valutazione sulla compatibilità del mezzo scelto per raggiungere quel fine, di per sé lecito. A noi pare che l’aggravante recepisca e traduca in legge il pregiudizio secondo cui sono socialmente più gravi i reati commessi dai “clandestini”. La scelta politica di far proprio quel pregiudizio paga senz’altro sul piano elettorale, come dimostra la recente storia del nostro Paese. Il prezzo, però, è quello della rinuncia al rispetto di un fondamentale principio, quello di uguaglianza,sancito dall’articolo 3 della Costituzione, su cui si regge, non da ieri, la nostra civiltà.
La maggior pena che la legge impone al giudice di infliggere agli stranieri irregolari autori di reato si risolve, infatti, in un’irragionevole discriminazione fra persone, fondata su un mero status personale. È quanto sostenuto dai giudici di Latina, Livorno e Ferrara, che hanno sollevato una questione di legittimità costituzionale dell’articolo 61 n. 11 bis c.p. per contrasto con l’articolo 3 della Costituzione (la pronuncia della Corte costituzionale è attesa per l’8 luglio 2009).
La questione è a nostro parere fondata poiché l’aggravante “della clandestinità”, a differenza di altre previste nel nostro ordinamento, non si giustifica per alcuna ragione.
Non si giustifica per una maggiore gravità (disvalore) del fatto commesso: prescinde da un nesso tra il fatto e l’illegale presenza dell’autore sul territorio nazionale, sicché l’offesa non è più grave se a commettere il reato è uno straniero illegalmente presente in Italia, piuttosto che un italiano o uno straniero “regolare”. L’offesa alla libertà sessuale, ad esempio, non è maggiore se autore dello stupro è un tunisino privo del permesso di soggiorno, invece che un italiano o un tunisino munito di permesso di soggiorno. Né si giustifica per una maggiore colpevolezza (rimproverabilità) per il fatto commesso: l’aggravante prescinde infatti dai motivi a delinquere e dalle finalità perseguite dall’agente, potendo essere riferita a reati che nulla hanno a che vedere con la condizione di clandestinità. Nemmeno si giustifica, poi, per una maggiore pericolositàdel reo: nel diritto penale, dove le presunzioni di pericolosità sono bandite, lo status di persona illegalmente presente in Italia non può essere assunto in via presuntiva a espressione di una maggiore pericolosità del reo, cioè propensione a commettere in futuro nuovi reati. È un principio già affermato dalla Corte costituzionale in due occasioni: quando ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 86, comma 1 Dpr 9 ottobre 1990 n. 309, nella parte in cui non subordinava all’accertamento in concreto della pericolosità sociale l’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato dello straniero condannato per reati in materia di stupefacenti; quando ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli 47, 48 e 50 della legge 26 luglio 1975 n. 354 (legge sull’ordinamento penitenziario), ove interpretati nel senso che allo straniero extracomunitario entrato illegalmente in Italia o privo del permesso di soggiorno sia in ogni caso precluso l’accesso alle misure alternative alla detenzione. Sono pronunce che, ci pare, pendono come una spada di Damocle sull’aggravante “della clandestinità” (2).

(1) L’articolo 235 del codice penale, come novellato dal Dl n. 92/2008, consente appunto al giudice penale di allontanare dal territorio dello Stato i cittadini comunitari condannati alla reclusione per un tempo superiore a due anni.
(2)Per un esame più approfondito dei profili di illegittimità costituzionale dell’aggravante rinviamo un nostro ampio studio, del quale abbiamo qui sintetizzato le conclusioni: Gatta, G.L. Aggravante della ‘clandestinità’ (art. 61 n. 11 bis c.p.): uguaglianza calpestata.

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19 commenti

  1. Alessandro Costanzo

    Non è la prima volta in cui l’esecutivo vara norme la cui costituzionalità è in origine assai dubbia. Non sarà l’ultima. Il Governo agisce convinto di varare misure sorrette dal gradimento popolare, facendosi portatore di una visione della democrazia che al sistema dei pesi e contrappesi, in Italia rappresentato dagli organi di garanzia costituzionale quali il Capo dello Stato e la Corte Costituzionale, contrappone una democrazia mediatica fondata sul sondaggio e sulla popolarità personale del leader. Alla cornice costituzionale, con il suo insieme di valori e principi ed i limiti che il loro rispetto impone, si viene così a sostituire un sistema di governo "umorale", in cui il consenso viene alimentato con provvedimenti che parlano alla pancia profonda dell’elettorato, di cui assecondano pregiudizi e difetti. Vi è di più. Tali provvedimenti sono adottati nella consapevolezza della loro incostituzionalità e nella convinzione che saranno censurati. Lo scopo ulteriore è infatti quello di poter attaccare la Corte Costituzionale, rea di non comprendere la volontà popolare e di chiederne la riforma, limitandone i poteri. La spada di Damocle non pende sulla legge, ma sulla Costituzione.

  2. ormaistanco

    Diceva un saggio: "Preferisco aver a che fare con un uomo cattivo piuttosto che con uno stupido, al cattivo la pietà può toccare il cuore, ma al cervello dello stupido non vi è rimedio".

  3. Bombelli

    Sono totalmente d’accordo col il decreto Maroni. Chi non lo condivide dica cosa fare concretamente: fatti non parole. l’Europa ci ha lasciati soli. Allotra che l’europa e L’Onu accolcano loro i clandestini. l’Italia ammetta tutto e tutti, poi con un ponte aereo giornaliero, uno per ogni nazione europea siano le stesse a verificare tutto quello che i parolai dicono. Io ho un palmare di tutto rispetto tar scippi, furti, violenze e tentativi di omicidio. Non solo è un mio diritto parlare, il dovere di parlare, ma l’obbligo di denunciare a chi usa le parole per farsi pubblicità, ma non è mai stato toccato da fatti gravissimi.

  4. Bruno Stucchi

    Ragionando cosi’ tutte le aggravanti/attenuanti previste dai codici sono incostituzionali.
    A proposito, a ben vedere, anche l’etichetta dei pelati potrebbe essere anticostituzionale.

  5. Erio da Rimini

    Pensare, descrivere le proprie opinioni fa parte di una normale dialettica in un paese democratico e moderato, ed è giusto che ognuno di noi la pensi diversamente dall’altro, così vale per il Sig. Gian Luigi Gatta. Io la penso ben diversamente, dico la mia opinione che certamente avrà ben minor risalto rispetto alla sua (Lei scrive da una postazione preminente), quindi…. penso e scrivo che uno Stato per esistere dalla sua posizione preminente assoggetta pur con il loro beneplacito i cittadini residenti a cui impone tasse, imposte e deve concedere quella sicurezza a cui almeno il 75% di loro ambisce e richiede. E sicurezza vuol dire non avere impedimenti di alcun genere nelle normali attività: la presenza di clandestini nel nostro paese, oltre un certo livello di guardia provoca invece vari impedimenti e danni di ogni genere. Naturalmente non sono per regolarizzare tutti…….quel che occorre è di minimizzare verso lo 0% la percentuale degli irregolari e di mantenere per sempre i regolari entro certi limiti ben prefissati, diciamo il 5% degli Italiani.

  6. Vince

    Ora, a me da questo articolo non tornano i conti. Se un soggetto ubriaco si mette al volante e investe qualcuno, l’incidente commesso deve essere valutato secondo un’aggravante di pericolosità, o no? Sembrerebbe di no, perché, per analogia, se una persona entra in un paese in condizioni di irregolarità, con ridotte possibilità di integrazione, con maggiori probabilità di scontro sociale e disordini derivanti dalla sua stessa condizione, senza strumenti idonei al proprio sostentamento, ecc.. e poi commette un reato, allora non dovrebbe esserci l’aggravante di pericolosità perché discriminatoria. E’ chiaro che sia l’ubriaco sia il clandestino possono benissimo non commettere il fatto illecito, ma a me sembra una maggiore pericolosità ci sia proprio, e dovrebbe essere anche stata determinata probabilisticamente. Gradirei una delucidazione in merito più approfondita che pochi riferimenti ad alcune sentenze, visto tra l’altro che non siamo in un paese common law.

  7. Antonio Primaldo

    Credo che ogni volta che si affronta il problema dell’immigrazione clandestina nel nostro Paese occorra fare una premessa: la legge Bossi-Fini non consente di entrare in Italia legalmente per motivi di lavoro dato che prevede che il datore di lavoro chiami nominalmente il lavoratore dal paese di origine. Non ci sono alternative all’immigrazione clandestina. (che come tutti sanno è solo in minima parte rappresentata dai disperati che attraversano il mare). Questa semplice osservazione rende evidente il carattere pretestuoso di tutti gli argomenti a favore delle misure che stanno per essere approvate.

  8. giacomo

    strano modo di ragionare di noi europei. Prima creiamo una formidabile riccheza sfociata ormai nello spreco, a scapito di innumerevoli popolazioni del mondo. La fame esiste ‘, le guerre per le materie prime esistono? Muoiono migliaia di bimbi al giorno per denutrizione? Sono sicuro di sì. Considerato che l’argomento immigrazione ( basta vedere Mexico USA) è molto complesso e difficile, almeno comportiamoci ( parlo soprattutto per me) in modo umano con persone , la cui stragande maggioranza , è priva di tutto.

  9. marco

    Da ieri l’art 61 n:° 11 bis – precisa che l’aggravante di clandestinità non "La disposizione di cui all’articolo 61,numero 11-bis), del codice penale si intende riferita ai cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione europea e agli apolidi.. quindi non è più corretto dire che si applica anche ai cittadini UE.

  10. teniamoduro

    Non ci si indigna più, la vergogna non esiste più. Ieri sera nella mia città ho sentito parlare molti immigrati tra gli altri presenti alla fiaccolata contro il ddl sicurezza. Qualcuno si stupirà di sapere che tutti chiedevano certezza della pena per chi sbaglia e una maggiore sicurezza e risorse per le forze dell’ordine. Io non voglio identificare nello straniero un nemico cari signori, voglio scaricare paura rabbia e frustrazione come pare a me, non voglio essere imboccato da chi mi governa; del Governo, qualunque esso sia, voglio controllare cosa fa, se mi racconta la verità, se rispetta la Costituzione. Un signore pubblicato qui sopra dice che vorrebbe "mantenere per sempre i regolari entro certi limiti ben prefissati, diciamo il 5% degli Italiani". La bestialità non è in quello che dice ma nel fatto che nessuno si vergogna. Se qualcuno si vergognasse proverebbe a spiegarli che gli immigrati statisticamente si riproducono + velocemente di noi italiani. Con i soli regolari di adesso, per tenere l’immigrazione al 5% tra 2-3 anni, saremo costretti ad abbatterne qualcuno o a deportali. Altrimenti si potrebbe cominciare a sterilizzarli come i gay. Da non credere

  11. Guerriero

    A mio parere, la questione immigrati, ha senz’altro bisogno di una regolamentazione. Il nostro paese, non offre molte opportunità quindi, ben vengano deterrenti per i non regolari.

  12. stefano monni

    Rilevo con preoccupazione una certa demagogia nella lotta all’immigrazione clandestina proposta da questo Governo. Ritengo inoltre l’inefficacia delle iniziative prese per tale finalità. Nello specifico vorrei evidenziare come l’aggravante prevista per i reati commessi dai clandestini se da un lato non freneranno minimamente i rei più incalliti, dall’altra produranno solo effetti negativi a quei poveri immigrati che, per disperazione soprattutto legata alle politiche restrittive della libertà adottate dai Paesi d’origine, sono costretti alla clandestinità. Questi non saranno certo disincentivati da tale norma primo perchè forse neanche la conosceranno e poi perchè questa dovrà essere valutata in relazione ai maggiori costi connessi a rimanere nei Paesi d’origine. L’unico effetto consisterà in un inasprimento della spesa richiesta a questi poveri immigrati per poter emigrare da noi. Voto della riforma: più che negativa.

  13. Larius

    Principio di uguaglianza è quando una persona si comporta come tutte le altre, rispettando ed ubbidendo alle regole. Entrare in un Paese per vie illegali, già comporta la perdita del diritto di uguaglianza.

  14. DarioT

    “L’uguaglianza è l’ideale che dà ad ogni uomo, indipendentemente dalla sua posizione sociale e dalla sua provenienza, la possibilità di essere considerato alla pari di tutti gli altri uomini in ogni contesto. Si tratta di un ideale presente in tutti i paesi civilizzati per il quale gli uomini si sono battuti moltissimo in passato”. E in fondo cosa importa a chi fugge dalle persecuzioni, dalla fame e dalla guerra, di rinunciare ad un’uguaglianza che non ha mai avuto? Meglio essere diseguali che morti, non credi Larius?

  15. Disperato

    Come ci siamo arrivati facciamo finta di non saperlo, sta di fatto che oggi il fenomeno della immigrazione in Italia è completamente fuori controllo (per standard accettabili di un paese occidentale), chi non lo capisce non vive con la gggente normale ma in torri d’avorio. Le iniziative dei governo di colore verde-azzuro (bossifini più questo ddl cosiddetto "sicurezza") sono mal costruite perchè frutto di classe politica inadeguata al compito, ma espressione di una indubbia necessità popolare di ri-ordino della materia. Da sinistra non si può continuare a sbandierare concetti e riferimenti solidaristici che non hanno alcun legame con la situazione concreta del mondo reale. O ce ne accorgiamo o siamo destinati a soccombere seppelliti da una marea di provvedimenti raffazzonati, spesso inapplicabili, ma d’effetto come questo.

  16. Marco

    Larius scrive: "Principio di uguaglianza è quando una persona si comporta come tutte le altre, rispettando ed ubbidendo alle regole." Se in Italia non avessimo un presidente del Consiglio pluri-indagato, parlamentari e ministri pregiudicati, tre/quattro regioni in mano alla criminalità organizzata, nepotismo e familismo diffusi come piaghe, abusivismo edilizio in ogni dove, un generale menefreghismo nei confronti di qualunque regola forse potremmo chiedere il rispetto delle leggi agli stranieri con credibilità superiore allo zero. Se sputo sul pavimento di casa mia lo faranno anche gli altri.

  17. Vince

    E’ interessante osservare come molti commenti riflettano l’ipocrisia storica del nostro paese, e la politica rozza che ci accompagna da decenni. Qui il problema è l’identificazione della nozione ‘discriminazione’. Se a me dicessero "se entri in Stati Uniti illegalmente e non parli neanche l’inglese, non riuscirai ad integrarti, non potrai lavorare se non in nero, sarai presumibilmente fruttatto, odierai chi lo farà, odierai il loro simili, perderai la tua identità, ti scontrerai e avrai una probabilità maggiore di commettere un crimine", io lo capirei. Dove sta la discriminazione? Molti ipocriti confondono uguaglianza con discriminazione. Esistono buchi enormi nella politica di ingresso nel nostro paese, molti dei quali penalizzano chi, disperato, non ha scelta che quella di affrontare il rischio dell’illegalità. Ma tappare quei buchi è una cosa, dire che la condizione di illegalità non debba essere aggravante è un’altra, del tutto senza senso. Che il livello rozzo della politica odierna si rifletta nei commenti è comprensibile. Si spera solo che ciò non offuschi del tutto anche l’intelletto dei pochi che cercano di sopravvivere. La politica non è appartenenza. Non lo è più.

  18. Riccardo

    Mi trovo d’accordo con la linea del governo, ciò che invece mi sembra essere grave è il fatto che l’aggravante si riferisca nello specifico allo status della persona e dunque.. un reato per nulla attinente all’ambito della clandestinità venga sanzionato con pena maggiore rispetto allo stesso tipo di reato commesso però da un cittadino italiano. Se ciò fosse il caso, quest’ultimo punto è senz’altro da dibattare, credo però fermamente che il problema sia da affrontare ad uno stadio piu teorico, stile filosofia del diritto come prima cosa..ma nel frattempo agire e risolvere in modo pratico un problema che assilla l’Italia ormai da tempo..nonostante tale tipo di problema si mostri come effettivo sin da subito.

  19. Federico

    Concentrerei l’attenzione sul Principio dell’Offensività. L’illecito penale offensivo deve andare al di là della violazione di legge, concretizzandosi in una fattispecie tipica (come la lesione personale). Ma il principio del nullum crimen sine iniuria non è pacificamente sostenuto dalla dottrina e ciò spiega il motivo per cui il Legislatore abbia spesso operato extra codicem nel produrre norme giuridiche svincolate dal principio di offensività del fatto tipico, ricorrendo alla tecnica del pericolo presunto, come in questo caso, sebbene l’orientamento della Consulta sia da anni favorevole alla concezione Realistica dell’illecito penale ed all’accoglimento dell’Offensività quale valore di rango costituzionale.Così la Corte Costituzionale ha affermato che “il canone legislativo (ed interpretativo) dell’offensività impedisce al legislatore di considerare illecito penale una condotta commessa da un soggetto caratterizzato da un particolare status personale, nell’ipotesi in cui un’analoga condotta, realizzata da un soggetto qualunque sarebbe priva di rilevanza penale.

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