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QUANDO L’IMPRESA QUOTATA INFORMA SUL WEB

L’informazione finanziaria che le società quotate hanno l’obbligo di pubblicare ora può essere diffusa via internet anziché attraverso i quotidiani. Così l’Italia si allinea tardivamente alle regole degli altri paesi europei. Un vantaggio economico per le imprese, ma la perdita di una fonte di reddito per gli editori. Che protestano in nome della trasparenza tradita. Perchè, secondo loro, i risparmiatori non avrebbero abbastanza confidenza con la rete.

 

In Italia il numero di società quotate è fermo da trent’anni; gli intermediari negoziatori sono ridotti a poche decine; l’industria del risparmio gestito è in continua contrazione; la Borsa è ormai una controllata del London Stock Exchange. Eppure, in questi giorni,  un argomento centrale della stampa finanziaria nazionale riguarda l’adeguamento alle norme europee sulla trasparenza delle informazioni.
Accade infatti che, allineando le nostre regole a quelle in vigore in tutti gli altri paesi dell’Unione, la Consob abbia eliminato (1) una serie di obblighi a carico delle società quotate e dei gestori di risparmio di inserire a pagamento avvisi sulla stampa, sostituendoli con la pubblicazione tramite sistemi informatici.

EDICOLA E COMPUTER

Si badi bene: sistemi informatici regolamentati e vigilati, che garantiscono integrità nelle comunicazioni, efficacia nella distribuzione (dissemination), archiviazione (storing) ed inoltro all’autorità (filing). Ma secondo la nostra stampa economica l’investitore medio (il quale viene dipinto come un analfabeta informatico nonostante operi ormai in prevalenza tramite banche on line) è  tutelato solo se, recandosi dal giornalaio, dopo aver comprato e letto tutti i quotidiani nazionali scopra, magari su una testata di cui perfino ignorava l’esistenza, un’inserzione a caratteri minuscoli che lo informa del deposito del bilancio della società di cui possiede azioni.
Pochi riflettono sul fatto che se un investitore deve apprendere da un giornale il fatto che la legge prevede il deposito del bilancio entro quattro mesi forse il problema è più nella necessità di una adeguata investor education che non nelle inserzioni obbligatorie.
La disinformazione su questi temi è profonda: da parte di alcuni editori si agita lo spettro della scarsa trasparenza fingendo di ignorare che siamo l’unico paese europeo dove era previsto un simile pedaggio degli operatori del mercato finanziario alla stampa; per altro verso essi si inventano interpreti delle  norme, tirando la giacca alla Consob, la quale tuttavia è perfettamente consapevole del fatto che lo standard di diffusione delle informazioni finanziarie è ormai internet.

LA RENDITA DELLE INSERZIONI

Ma quanto vale la modifica varata in termini di incassi pubblicitari ? Il Sole 24 ore di pochi giorni fa indica in prima pagina l’enorme cifra di 185 milioni di euro. Dato fuorviante, in quanto comprende il potenziale effetto dello spostamento della pubblicità legale delle amministrazioni pubbliche su internet previsto, con gradualità, dal collegato alla finanziaria. Una valutazione più realistica può condurre alla cifra di circa 20 milioni di euro.
Non è poco per i conti di una editoria alle prese con cali di diffusione e contrazione degli inserzionisti. Tuttavia non è con simili trasferimenti di risorse che si risolverà la necessaria revisione delle politiche di sostegno alla filiera della carta stampata.
Ora c’è il rischio che qualche volenteroso voglia riaprire tramite uno strumento legislativo la partita chiusa dalla Consob con un provvedimento coraggioso ed equilibrato. Sarebbe una disgrazia. Molti imprenditori, tra gli elementi che più temono all’idea di aprire il proprio capitale e quotarsi su un mercato vi è proprio quello di cadere in simili meccanismi.
Forse è l’ora, se si vuole salvaguardare ciò che rimane della nostra piazza finanziaria, di guardare veramente alla competitività delle regole. In caso contrario i nostri quotidiani economici rischiano di vedere sparire la materia prima delle loro attenzioni: le società quotate.

(1) Delibera 16850 del 1 aprile 2009

Foto: wikipedia, di Giovanni Dall’Orto

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LA RISPOSTA AI COMMENTI

  1. f.zadra

    Plaudo all’iniziativa della Consob.

  2. Franco Onnis

    Non c’è da meravigliarsi. I provvedimenti diretti a tutelare un interesse generale riferibile a fasce di cittadini non strutturate in specifiche corporazioni o sindacati, quando toccano gli interessi immediati di categorie organizzate, provocano reazioni negative di grado incomparabilmente più alto rispetto a quelle favorevoli che ci si dovrebbe attendere dai destinatari dei benefici. Questo i politici lo sanno molto bene, e si comportano di conseguenza. E siamo al solito circolo vizioso: ognuno di noi strilla come un’aquila quando viene toccato in qualche suo specifico interesse, e per i mali che lo affliggono come cittadino per effetto del malgoverno si accontenta delle rassegnate lamentele fine a sè stesse. Il punto è: come individuare il punto debole che ci deve pur’essere in questo asfissiante circolo vizioso, per poterlo finalmente aggredire con efficacia?

  3. F DePeppo

    Varrebbe la pena di interrogarsi anche quanto siano efficaci le altre forme di pubblicità legale che prevedono l’utilizzo dei quotidiani, come, ad esempio gli avvisi per le gare, che rappresentano un (ulteriore) modo surrettizio di finanziamento pubblico dell’editoria. Anche in questo caso l’unico vero canale di informazione – che non sarebbe diretta alla platea indifferenziata dei risparmiatori ma a imprese interessate alla partecipazione alle procedure di affidamento – è internet che difatti è l’unico previsto dalle direttive comunitarie, mentre il nostro legislatore ha imposto la pubblicità per ogni gara su almeno quattro quotidiani! A quanto ammonterebbe il rispamio della PP.AA. se eliminassimo quest’obbligo? Secondo un calcolo approssimativo per difetto – sulla base dei dati relativi al 2007 sul numero delle gare bandite da stazioni appaltanti tratto dalla relazione al Parlamento dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici e valutando in € 1.500,00 il costo per la pubblicazione di un avviso su un quotidiano – la spesa per pubblicità legale connessa alle procedure di gara pubbliche ammonterebbe ad oltre € 230 mln. Ma il calcolo è solo per difetto!

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