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E LA SICUREZZA CADE GIÙ

Il Governo si prepara a varare una revisione del Testo Unico in materia di sicurezza sul lavoro. Si interviene sull’assetto istituzionale del settore della sicurezza e sui compiti degli attori pubblici, con un rafforzamento del ruolo dell’Inail e degli organismi sindacali paritetici. Ma la principale novità riguarda la riforma dell’apparato sanzionatorio penale con un sostanziale alleggerimento delle pene. E’ un messaggio preoccupante che viene dato alle imprese prima dell’avvio di un piano edilizio straordinario.

 

Il Governo si prepara a varare una revisione del c.d. Testo Unico in materia di sicurezza sul lavoro (d. lgs. 9 aprile 2008, n. 81) attraverso un decreto correttivo, approvato in prima lettura il 27 marzo 2009, che si avvale della delega in scadenza tra poco più d’un mese.
Secondo le dichiarazioni del Ministro del Lavoro, si tratta di un’opera di rivisitazione e di semplificazione dell’attuale normativa che tiene conto delle consultazioni esperite con le parti sociali con la predisposizione d’un “avviso comune”, senza peraltro incidere sull’impianto generale e sui livelli di prevenzione del fenomeno infortunistico.
Vero è che, secondo la bozza in circolazione, si prospetta una revisione molto estesa e articolata che riguarda i principi generali della sicurezza nei luoghi di lavoro e la disciplina particolare, applicabile ai singoli settori e alle diverse attività. L’intervento normativo interessa il contenuto di 136 articoli (sul totale di 306) con l’aggiunta di ulteriori modifiche relative a 34 Allegati tecnici del Testo Unico (sul totale di 51).

I PRINCIPALI CONTENUTI DELLA REVISIONE NORMATIVA

Non è facile valutare l’impatto delle proposte di modifica sull’impianto complessivo del Testo Unico, soprattutto in termini di redistribuzione e rimodulazione degli obblighi di sicurezza a carico del datore di lavoro e degli altri attori del sistema di prevenzione aziendale.
Ciò che appare subito evidente è la riforma dell’apparato sanzionatorio penale che risulta interamente ridefinito sotto il profilo quantitativo e qualitativo: sia perché vengono ridotte le misure edittali (minime e massime) delle pene e delle ammende, sia perché s’ipotizza la reintroduzione dell’alternativa tra l’arresto e l’ammenda. L’attuale Testo Unico, invece, prevede la pena dell’arresto “in via esclusiva” nei casi di violazioni più gravi compiute dal datore di lavoro e dai dirigenti. All’apice del sistema sanzionatorio si collocano le violazioni della normativa antinfortunistica nelle aziende cosiddette ad alto rischio che oggi sono punite con l’arresto da sei mesi sino a un anno e sei mesi; mentre, secondo il decreto correttivo, le medesime violazioni sono sanzionate con con la pena dell’arresto da quattro ad otto mesi.
L’alleggerimento del peso sanzionatorio non riguarda le ammende applicabili al lavoratore per le violazioni poste a suo carico, che viceversa registrano un aumento dei limiti minimi e massimi. Se è vero che l’uso della sanzione penale assume un forte valore simbolico, al di là di quanto ci insegna l’esperienza applicativa, una norma sanzionatoria di questo tipo è destinata ad assumere uno speciale rilievo.
Altre proposte di modifica si annunciano per i settori di attività che sono più significativi per l’andamento degli infortuni sul lavoro. Il campo di applicazione delle regole di sicurezza nei cantieri risulta più circoscritto, con l’espressa esclusione delle opere di ordinaria manutenzione degli impianti (elettrici, acqua, gas, riscaldamento, reti informatiche), delle attività e dei servizi portuali. La redazione del “piano operativo di sicurezza” di cui si deve dotare ogni impresa esecutrice in relazione al singolo cantiere non viene più richiesta per le forniture di materiali e di attrezzature, in quanto considerate attività poco rischiose anche se svolte in cantiere. Altre semplificazioni riguardano la prevenzione dei rischi nei piccoli cantieri (la cui entità presunta è inferiore a duecento uomini-giorno) e quelli che non comportano particolari ed evidenti pericoli per i lavoratori (come, invece, i lavori in pozzi, gallerie e con impiego di esplosivi).
Analoghi criteri di agevolazione vengono applicati nei casi di appalto o sub-appalto. Lo schema di decreto correttivo esclude l’obbligo del committente e degli appaltatori o sub-appaltatori di elaborare un piano di valutazione dei rischi connessi alle attività appaltate quando si tratti di forniture di materiali, di servizi di carattere intellettuale, di lavori di breve durata.

LA REVISIONE DELL’APPARATO ISTITUZIONALE

Il decreto correttivo del Governo interviene anche sull’assetto istituzionale del settore della sicurezza e sui compiti degli attori pubblici. Va segnalato anzitutto il potenziamento del ruolo svolto dall’INAIL attraverso il finanziamento delle attività di prevenzione e di formazione effettuate dalle imprese, oltre che mediante l’erogazione diretta di prestazioni sanitarie agli invalidi del lavoro in regime d’integrazione con il Servizio sanitario nazionale.
Un significativo rafforzamento riguarda anche gli organismi sindacali paritetici, ai quali dovrebbe essere riservata una quota consistente dei finanziamenti pubblici che attualmente sono destinati al sostegno delle attività dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Gli organismi bilaterali, infatti, sono investiti di compiti di supporto alle imprese ai fini dell’adempimento degli obblighi di sicurezza, con l’aggiunta d’un potere di “attestazione” del quale possono tener conto i poteri di vigilanza in fase di programmazione delle proprie attività ispettive.
In effetti, una delle principali novità del decreto correttivo riguarda la creazione di un ampio sistema di certificazione dei sistemi di prevenzione aziendale da parte dei diversi attori istituzionali, che dovrebbe consentire alle imprese di ottenere una sorta di “garanzia di conformità” alla normativa di legge. Specifiche competenze certificatorie sono individuate in capo all’INAIL (nel rispetto delle indicazioni della Commissione Consultiva permanente presso il Ministero del Lavoro), agli enti bilaterali e persino alle Università, secondo il modello operativo previsto per la certificazione dei contratti di lavoro dalla legge di organizzazione del mercato del lavoro (art. 76, d. lgs. n. 276/2003).

MA LA SICUREZZA NON È SOLO UN COSTO

Nelle norme del decreto correttivo, la riduzione dell’apparato sanzionatorio è indubbia e i limiti delle pene lo confermano. E’ pur vero che l’apparato sanzionatorio ha, in questo settore, un valore soprattutto simbolico (enfatizzato per ovvie ragioni nel dibattito politico-legislativo).
Ma appare preoccupante l’idea che complessivamente viene veicolata dall’intervento modificativo: l’idea che la sicurezza sul lavoro rimane un costo (non remunerativo) per le imprese; un costo che va abbattuto per quanto possibile e, laddove non sia possibile, il costo vada "proporzionato" al valore economico dell’appalto o alla sua breve durata, alla dimensione dell’impresa, al numero dei dipendenti e così via. In sintesi, secondo tale visione, la sicurezza sul lavoro rappresenta una sovrastruttura onerosa per le imprese, anziché essere – come dovrebbe – una necessaria infrastruttura dei processi  produttivi. Questo è il messaggio che si dà proprio all’avvio di un piano edilizio straordinario.

Foto: Credit © European Communities, 2009

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11 commenti

  1. marco

    Perché il titolo "E la sicurezza cade giù"? Mi pare che finalmente si stia andando nella giusta direzione, quella della formazione degli operatori, della prevenzione collaborativa, della certificazione. Molti recenti fatti di cronaca hanno evidenziato che spesso datori di lavoro e lavoratori sono stati congiuntamente vittime di comportamenti errati, dovuti all’incoscienza e all’ignoranza. Inutile perciò inasprire ancora le norme, molto più intelligente aiutare con la formazione e prevenzione continua, e con una seria certificazione delle procedure adottate dalle imprese. Formazione e prevenzione sono particolarmente urgenti con la manodopera di recente immigrazione.

  2. Luigi Calabrone

    Chi ha una minima conoscenza della situazione attuale della sicurezza del lavoro, sa che la legislazione vigente in Italia da metà degli anni ’90 è ottima, anche in quanto adeguata alla normativa europea. Anche il sistema sanzionatorio previsto è adeguato e giustamente severo. Per produrre una buona legge basta la carta della Gazzetta Ufficiale. Quello che invece è sempre mancato – occorre una capacità organizzativa che nella P.A. è sempre stata molto carente – è un sistema di ispezioni sistematiche, abbinato alla formazione/motivazione di tutti gli addetti, così che dalla carta si passi effettivamente all’adozione di tutte le misure di sicurezza richieste. L’amministrazione pubblica non è neanche stata capace di convertire tutte le molte migliaia di persone (nullafacenti) già addette al Collocamento in addetti alla sicurezza, come era stato giustamente suggerito. Non si creda, ancora una volta, di risolvere un problema di inosservanza con l’aumento delle pene previste. Quando si è voluta diminuire la velocità effettiva dei veicoli sulle autostrade, si sono installati gli autovelox!

  3. antoniop

    Dolce chimera sei tu, dal l’inizio degli anni ’70 si è tanto parlato di sicurezza, ma ai lavoratori è stato vietato applicarla data l’incuria pervicace dei sindacati di insegnare loro come applicarla. Tutti i governi hanno avuto da pensare ai presidenti del consiglio con rata di comando semestrale o estiva. Quindi smettetela di prendere in giro i lavoratori che sono quelli, che se lavorano, ci rimettono la vita tutti i giorni.

  4. Felice Di Maro

    Una cosa è certa. La crisi che stiamo vivendo è lontana anni luce dai processi economici che in questi anni hanno prodotto ricchezza e nell’insieme un debito pubblico notevole. In Italia la sicurezza sui luoghi di lavoro è sempre stata una variabile indipendente. L’articolo informa in dettaglio che se c’era la possibilità di pene severe ora il governo azzera tutto. Ma chiedimoci: come si esce dalla crisi? Investendo ancora su derivati e quant’altro? Invito l’Autrice a legare questi provvedimenti legislativi alle tanto acclamate Nuove Obbligazioni: i Tremonti bond. A cosa servirà il Nuovo fondo che si vuole far decollare per Piccole Imprese se non c’è più la certezza che se un imprenditore è responsaile di infortuni gravi potrebbe penalmente risponderne e andare in galera?

  5. Marco Maggi

    La parola all’avvocato del diavolo. È possibile, per l’azienda, firmare contratti con i dirigenti che contengano la garanzia di copertura delle ammende? In questo modo si potrebbe accumulare in un apposito fondo l’ammontare di N multe, stimando statisticamente la probabilità di essere sanzionati per le R situazioni di rischio per cantiere/stabilimento. Tanto non si infortunano tutti insieme, no?

  6. franci

    Ancora norme su norme. Ci si chiede quando la normativa sulla sicurezza sul lavoro diventerá effettiva e basata su controlli dello Stato "sul campo" e attivitá sistematiche di formazione. Le cifre dei morti e degli invalidi sul lavoro in Italia indicano che non é sufficiente che lo Stato continui a delegare ad altri (pensiamo agli obblighi – inutili – in capo alle stazioni appaltanti per verificare la congruitá degli "oneri per la sicurezza") le proprie responsabilitá.

  7. MARCO

    Il decreto correttivo e’ una riscrittura del Testo Unico pero’ in maniera peggiorativa. Invece di porre rimedio a qualche lacunosa interpretazione il Sacconi si e’ limitato a mettere nero su bianco quanto dettato da Confindustria. In un paese dove l’ipocrisia e la cattiva informazione la fanno da patrone non ci si poteva aspettare di meglio. Quanto proposto e’ senza dubbio peggiorativo dal punto di vista della sicurezza. basta provare a leggere le modiche proposte agli allegati e si vedra’ che e’ stata messa la pietra tombale alla sicurezza soprattutto nei cantieri temporanei e mobili. Bene investire nella la formazione ma Confindustria tende a far ricadere sul singolo lavoratore infortunato le lacune in termini di mezzi adeguati, idonei apprestamenti, ecc che l’imprenditore (o prenditore?) dovrebbe mettere in atto. Non mi meraviglierei che tra breve un infortunio non mortale sul luogo di lavoro venisse classificato come "tentato suicidio".

  8. Adriano Benzoni

    Anch’io ritengo che con la revisione del Testo Unico non si stia sbagliando quando si punta sulla formazione e sullo stimolo ad adottare sistemi di gestione della sicurezza, piuttosto che continuare ad aggravare le pene. Credo che, almeno concettualmente, sia più utile puntare sulla formazione di una cultura della sicurezza del avoro. Quindi non invocherei tanto l’aumento degli ispettori quanto dei sistemi che premiano la scelta di investire sulla sicurezza

  9. maurizio sbrana

    Trattasi dell’ennesimo scandalo italiano… peraltro connesso alle diverse problematiche che tengono ‘sotto scacco’ il nostro povero Paese. E soprattutto a causa dell’ ipocrisia solita; il governo che si appiattisce sui desiderata della Confindustria. A volte mi domando se qualcuno non intenda i propri dipendenti come moderni ‘schiavi’, da proteggere quel tanto che non costi troppo!

  10. Denis Mansotti

    Da cinque anni sono Coordinatore tecnico di un CPT, maturando esperinza nel settore delle costruzioni monitorando circa 220 cantieri all’anno. Sono sempre più convinto che la sicurezza non si fa con la carta (POS, PSC, ecc) quando in Italia per aprire un impresa è sufficiente una betoniera, una pala e una cariola. In altri paesi d’Europa l’impresario deve avere una specifica formazione nel settore di competenza dettata dal titolo di studio e da un periodo di addestramento in cantiere. E poi come si può pretendere sicurezza se le modalità di calcolo dei relativi oneri (appendice obbligatoria all’interno dei singoli Piani di sicurezza e coordinamento PSC) rimane indefinita (mancano precisi riferimenti nei prezziari ufficiali) ed interpretata in modo non univoco dalle varie stazioni appaltanti? Perchè gli oneri dei Coordinatori per la sicurezza possono essere assogettati a ribaso mentre i costi della sicurezza no? Temo si stia facendo mera demagogia, populista caccia alle streghe pensando più alle casse dello Stato che ai lavoratori.

  11. Stefano Slataper

    Non capisco la faccenda per cui la sicurezza non sarebbe un costo non remunerativo. Si potrà deprecare la crudeltà del mondo che fa sì che sia così, ma è vero che la sicurezza è un costo non remunerativo. Non è possibile, né saggio chiudere gli occhi di fronte a tale evidenza. E quando si parla di sicurezza bisogna aver sempre presente che si impone a certi soggetti di pagare senza una significativa contropartita un onere in più. Ciò non significa che sia sbagliato (anzi) imporre questo tipo di costi. Ma deve essere chiaro che la realtà dei conti non si cambia solo dicendo "non è vero" oppure "non lo devi dire". E paertanto ogni normativa sul punto dovrà tener conto della naturale tendenza ad essere aggirata, come si cerca di aggirare ogni spesa non remunerativa (tasse&imposte, privacy etc. etc.)

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