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PIU’ DONNE IN PARLAMENTO MA CON SCARSO POTERE

Cresce la presenza femminile nel Parlamento italiano. In questa legislatura ha finalmente superato quota 20 per cento. Ma il numero di senatrici e deputate non è l’unico indicatore per verificare lo stato delle disuguaglianze di genere in politica. Bisogna considerare anche la concentrazione in particolari settori di attività e in determinati livelli d’inquadramento o responsabilità. Si scopre così che il ruolo delle parlamentari nel dirigere e orientare i processi decisionali è addirittura diminuito. Prova ne sono le commissioni permanenti delle due Camere.

 

Per la prima volta nella storia della Repubblica italiana, nella XVI legislatura la presenza femminile in Parlamento ha finalmente superato la soglia del 20 per cento. Svolta epocale per le donne impegnate in politica? Non proprio. Se si considerano le commissioni permanenti di Camera e Senato della XV e XVI legislatura, il ruolo ricoperto dalle parlamentari nel dirigere e orientare i processi decisionali è addirittura diminuito, mentre la distribuzione delle donne fra i diversi ambiti di intervento è rimasta sostanzialmente immutata. Per tracciare un quadro completo delle diseguaglianze di genere in politica non è perciò sufficiente considerare come unico indicatore il numero di donne elette in Parlamento.

DONNE E DISEGUAGLIANZE NEL PARLAMENTO

Con le elezioni di aprile 2008 la presenza femminile in Parlamento ha raggiunto livelli mai conosciuti in precedenza (figura 1). Nella XVI legislatura le donne costituiscono il 21 per cento dei deputati e il 18 per cento dei senatori. Rispetto alla XV legislatura, la presenza femminile nelle due Camere è aumentata di circa 5 punti percentuali. A tale aumento è corrisposta un’effettiva riduzione nelle diseguaglianze di genere in politica?
Per rispondere all’interrogativo è necessario prendere in considerazione almeno altre due dimensioni delle diseguaglianze di genere in politica, quella relativa alla segregazione orizzontale (la concentrazione dei parlamentari in particolari settori di attività) e quella della segregazione verticale (la concentrazione di deputati e senatori in determinati livelli d’inquadramento, responsabilità o posizioni).

IL CASO DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI PERMANENTI

Consideriamo il caso delle commissioni permanenti di Camera e Senato. Come indicatore della segregazione verticale utilizziamo il numero di commissioni che hanno come presidente o vicepresidente una donna mentre come indicatore della segregazione orizzontale consideriamo sia la percentuale di deputate e senatrici all’interno di ogni commissione che l’indice di dissimilarità di Duncan.
Il livello di segregazione verticale delle commissioni parlamentari permanenti della XVI legislatura è identico o superiore a quello delle commissioni della XV legislatura (tabella 1 e 2). Per quanto riguarda la Camera, il livello delle diseguaglianze di genere è rimasto invariato: il numero di commissioni con presidente o vicepresidente donna è identico nelle due legislature ed è  rispettivamente due e sei. Al Senato è aumentato: nella XVI legislatura le donne perdono la presidenza di una commissione e il numero di commissioni con vicepresidenti una donna rimane invariato. La presenza femminile nelle “stanze dei bottoni” si concentra principalmente nella commissione cultura di Camera e Senato.
Anche il livello della segregazione orizzontale delle commissioni parlamentari permanenti della XVI è rimasto, tutto sommato, invariato rispetto a quello delle commissioni della XV legislatura. Le diseguaglianze di genere nelle commissioni della Camera della XVI legislatura si sono rafforzate (l’indice di dissimilarità di Duncan è pari a 0,31 mentre nel caso delle commissioni della XV legislatura è pari a 0,26) mentre sono diminuite nel caso delle commissioni del Senato (nella XVI legislatura l’indice di dissimilarità di Duncan è pari a 0,23 mentre in quella precedente è pari a 0,27). La presenza femminile si concentra soprattutto in commissioni che affrontano questioni per tradizione più “vicine” agli interessi femminili come gli “affari sociali” o la “cultura, la scienza e l’istruzione”. Nella commissione cultura della Camera, ad esempio, la presenza femminile passa dal 30 per cento della XV legislatura al 47 per cento di quella attuale.
Con la XVI legislatura il numero di deputate e senatrici è senza dubbio aumentato. Tuttavia, non si è verificata un’equivalente redistribuzione dei ruoli ricoperti da parlamentari uomini e donne né si sono verificati cambiamenti significativi nel loro ambito di intervento. Le commissioni permanenti del Senato costituiscono l’unico caso in cui le diseguaglianze di genere si sono ridotte. Negli altri casi, sono rimaste stabili oppure sono aumentate.

Figura 1 Le donne nel Parlamento italiano (%)

Fonte: Sala (2008)

Tabella 1 La presenza femminile nelle Commissioni permanenti di Camera e Senato, tassi di femminilizzazione (XV legislatura)

Commissione Camera dei Deputati Camera dei Senatori
  % N % N
1 Affari costituzionali 22,4 49 14,8 27
2 Giustizia 25,0 44 18,5 27
3 Affari Esteri 10,6+ 47 8,0 25
4 Difesa 11,4*+ 44 16,7 24
5 Bilancio 10,4 48 8,0 25
6 Finanza 14,3 42 7,7 26
7 Cultura 30,4+ 46 29,6*+ 27
8 Ambiente 13,3 45 8,7 23
9 Trasporti 2,1 47 11,1* 27
10 Attività produttive 15,2 46 8,0 25
11 Lavoro 31,8+ 44 4,0 25
12 Affari sociali 31,8+ 44 36,0 25
13 Agricoltura 16,3+ 43 17,4+ 23
14 Unione Europea 17,5* 40 17,2 29
         
Totale 18,0 629 14,8 358
N di commissioni con presidenti donne 2 2
N di commissioni con vice-presidenti donne 6 2
Indice di dissimilarità 0,26 0,27

Nota: Gli asterischi indicano che la commissione è presieduta da una donna, il “più” indica che almeno uno dei vicepresidenti è donna. Dati al 4 gennaio 2007.

Tabella 2 La presenza femminile nelle Commissioni permanenti di Camera e Senato, tassi di femminilizzazione (XVI legislatura)

 

Nota: Gli asterischi indicano che la commissione è presieduta da una donna, il “più” indica che almeno uno dei vicepresidenti è donna. Dati al 4 gennaio 2007.

Tabella 2 La presenza femminile nelle Commissioni permanenti di Camera e Senato, tassi di femminilizzazione (XVI legislatura)

Commissione Camera dei Deputati Camera dei Senatori
  % N % N
1 Affari costituzionali 29,8+ 47 14,3+ 28
2 Giustizia 28,9*+ 45 12,0 25
3 Affari Esteri 11,1+ 45 4,0 25
4 Difesa 11,4 44 19,2 26
5 Bilancio 8,5 47 12,0 25
6 Finanza 7,0 43 24,0 25
7 Cultura 46,7*+ 45 28,0 25
8 Ambiente 17,4 46 7,7 26
9 Trasporti 11,1+ 45 20,0 25
10 Attività produttive 20,0+ 45 24,0 25
11 Lavoro 35,6 45 28,0 25
12 Affari sociali 44,4 45 28,0 25
13 Agricoltura 18,6 43 16,0 25
14 Unione Europea 18,2 44 34,5* 29
         
Totale 21,1 629 19,5 359
         
N di commissioni con presidenti donne 2 1
N di commissioni con vice-presidenti donne 6 2
Indice di dissimilarità 0,31 0,23

Nota: Gli asterischi indicano che la commissione è presieduta da una donna, il “più” indica che almeno uno dei vicepresidenti è donna. Dati al 15 gennaio 2009.

PER SAPERNE DI PIÙ

Duncan, O. B. e B. Duncan 1955a A Methodological Analysis of Segregation Indexes, in American Sociological Review, 20, 2, pp. 210-217. 1955b Residential Distribution and Occupational Stratification, in American Journal of Sociology, 60, 5, pp. 493-503.
E. Sala, 2008, Le donne, gli uomini e il potere. Diseguaglianze di genere in azienda, polica, accademia, Milano, Franco Angeli.

Foto: l’On. Mara Carfagna a Montecitorio, da internet

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  1. antonio

    Se gli italiani e le italiane liberamente preferiscono eleggere uomini invece di donne, non vedo perchè bisogni obbligarli a fare diversamente. Il problema vero è che nelle ultime elezioni gli elettori hanno potuto scegliere solo i partiti e non per i parlamentari. Quindi è solo nelle segreterie di partito che è stato deciso l’incremento della presenza femminile. Il vero dato significativo caso mai è che i partiti di sinistra, legati al femminismo, hanno perso le elezioni.

  2. Rachele Rossi

    E’ vero, non basta un aumento dei "numeri", è necessario analizzare anche compiti e ruoli affidati alle parlamentari. E a questo proposito sarebbe interessante capire chi ha stabilito quali sono i settori più vicini agli interessi femminili. Probabilmente si scoprirebbe che sono stati dei maschi! Scherzi a parte, se è vero che maschi e femmine hanno spesso interessi tradizionalmente diversi, è pur vero che nel mutamento delle tradizioni, almeno in campo politico, hanno ancora più influenza i maschi. Purtroppo, una volta analizzato il fenomeno in termini quantitativi, risulta poi più complicato parlare di qualità e di merito (anche per i politici maschi, si intende); certamente non giova alle donne avere una rappresentanza come quella riportata nella foto, ma questo è solo il mio personalissimo parere!

  3. Francesco Zucchini

    La procedura attraverso cui dimostra l’esistenza di un meccanismo di discriminazione di genere interno all’istituzione parlamentare nell’assegnazione delle presidenze e vicepresidenze delle commissioni parlamentari non è del tutto convincente. Bisognerebbe infatti controllare per una serie di altre variabili, quali per esempio l’anzianità parlamentare e l’appartenenza partitica. Alla camera nella 15° legislatura la percentuale di donne è secondo l’autrice il 18%. Poiché le commissioni sono 14, ciascuna con 1 presidente e 2 vicepresidenti il numero atteso di vicepresidenti in caso di assenza di discriminazioni è pari a 28*18%=5.04 (contro 6 nella realtà). Per il calcolo delle presidenze, poiché queste spettano alla coalizione che ha vinto le elezioni la percentuale di riferimento non è il 18% ma nella XV legislatura il 19.5% (% di donne elette nel centro sinistra). Pertanto le presidenze attese sono 2.73 (contro 2 nella realtà). Nella XVI legislatura si valori sono 21.1% * 28=5.908 (contro 6 nella realtà) e 19.5% (% di donne elette nel centro destra) *14=2.73 (contro 2 nella realtà). Non sembra esserci un’evidenza particolarmente forte a favore della tesi della discriminazione.

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