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CRIMINI E IMMIGRATI *

L’allarme sociale destato dal presunto aumento dei crimini legati all’immigrazione domina ormai il dibattito politico e sociale nel nostro paese. Tuttavia, i dati mostrano una realtà diversa. Dal 1990 al 2003 il numero di permessi di soggiorno in rapporto al totale della popolazione residente si è quintuplicato, mentre non c’è alcun aumento sistematico della criminalità, che anzi mostrerebbe una lieve flessione. Gli stessi dati sembrano inoltre escludere l’ipotesi di una relazione causale diretta tra immigrazione e criminalità.

 

"The theory that immigration is responsible for crime, (…) that all newcomers should be regarded with an attitude of suspicion is a theory that is almost as old as the colonies planted by Englishmen on the New England coast”. Report of the National Commission of Law and Enforcement (1931)

Nell’immaginario collettivo, l’immigrazione è da sempre associata alla criminalità. I risultati dell’indagine “National Identity Survey” confermano che, in quasi tutti i paesi europei, la maggior parte dei cittadini è convinta che gli immigrati aumentino il tasso di criminalità. (1)

IMMIGRAZIONE E CRIMINALITÀ

L’evidenza empirica, tuttavia, perlomeno in ambito economico, si concentra prevalentemente sugli effetti dell’immigrazione sul mercato del lavoro (salari, occupazione) e sulla spesa per lo stato sociale, trascurando completamente l’impatto sulla criminalità. Abbiamo perciò cercato di colmare questo divario e di ancorare il dibattito pubblico ad alcuni dati statistici. Per analizzare l’evoluzione di immigrazione e criminalità nelle province italiane dal 1990 al 2003, abbiamo dunque incrociato le informazioni sui permessi di soggiorno e sul numero di crimini denunciati, provenienti rispettivamente dagli archivi del ministero dell’Interno e della Giustizia. (2)
Ovviamente, questi dati sottostimano l’effettiva entità sia dell’immigrazione che della criminalità per la presenza di immigrati irregolari e di crimini non denunciati. Si può tuttavia mostrare che, sotto alcune ipotesi, la componente osservata dei due fenomeni fornisce una buona approssimazione di quella non osservabile. Per quanto riguarda l’immigrazione, abbiamo verificato che l’approssimazione è estremamente accurata utilizzando le domande di regolarizzazione, presentate durante le sanatorie del 1995, 1998 e 2002, per stimare il numero di immigrati irregolari e la loro distribuzione sul territorio.
L’analisi rivela alcuni risultati in controtendenza rispetto al comune sentire. (3) Durante il periodo preso in esame, il numero di permessi di soggiorno in rapporto al totale della popolazione residente è quintuplicato, da meno dello 0,8 a quasi il 4 per cento. A tale crescita non è tuttavia associato alcun aumento sistematico della criminalità, che mostrerebbe invece una lieve flessione. A livello nazionale, dunque, non emerge alcuna correlazione significativa tra immigrazione e criminalità.

Figura 1: immigrati e crimini in Italia

Il grafico mostra l’evoluzione del numero di immigrati regolari e crimini denunciati ogni 100mila abitanti, durante il periodo 1990-2003. Fonte: elaborazioni degli autori su dati Istat e ministero dell’Interno.
Una correlazione positiva emerge invece a livello locale. In particolare, le province che hanno attratto un maggior numero di immigrati, in rapporto alla popolazione, hanno registrato anche tassi di criminalità più elevati. Distinguendo tra le principali categorie di reato emerge che la correlazione è dovuta esclusivamente ai reati contro la proprietà, che rappresentano quasi l’80 per cento dei crimini denunciati. I crimini violenti (e in particolare gli omicidi) si concentrano infatti nel Mezzogiorno, dove l’immigrazione è a livelli minimi. Le province del Centro-Nord si caratterizzano invece per una più alta presenza straniera e, al contempo, per una maggiore incidenza di reati contro la proprietà.

Figura 2: immigrati e crimini nelle province italiane

Questi grafici mostrano la distribuzione di immigrati e numero di crimini denunciati (disaggregati per categoria) ogni 100mila abitanti, in media nel periodo 1990-2003. Fonte: elaborazioni degli autori su dati Istat e ministero dell’Interno.
L’associazione potrebbe essere dovuta all’esistenza di una relazione causale tra i due fenomeni oppure ad altri fattori che incoraggiano sia la presenza straniera che i furti, come ad esempio la maggiore ricchezza e urbanizzazione delle province settentrionali.
Per distinguere tra le due ipotesi, abbiamo utilizzato dati sulla migrazione dai principali paesi di origine verso il resto d’Europa. Identifichiamo così la componente dei flussi migratori che dipende esclusivamente da shock esogeni nei paesi di origine, come guerre, crisi politiche ed economiche. Questi fenomeni aumentano l’emigrazione, e quindi potenzialmente l’immigrazione in Italia, senza essere correlati con fattori che influiscono direttamente sull’attività criminale nelle province italiane. La correlazione tra tale componente esogena e il tasso di criminalità nelle province italiane non è significativamente diversa da zero.
Il risultato suggerisce che, nel periodo preso in esame, l’immigrazione in Italia non ha avuto un effetto causale significativo sul livello di criminalità.

(1) La percentuale varia tra il 40 per cento in Gran Bretagna e l’80 per cento in Norvegia. In Italia, nel 2003, la percentuale si collocava intorno al 65 per cento. I risultati dell’indagine sono integralmente disponibili all’indirizzo http://www.issp.org/data.shtml 
(2) Non è possibile estendere le serie storiche ad anni più recenti perché nel 2004 è stata introdotta una nuova classificazione dei crimini che rende i dati pre e post-2004 non comparabili. Inoltre, dai nostri dati, non è possibile risalire alla nazionalità del denunciato né al suo status di immigrato regolare o irregolare.
(3) Tutti i risultati sono presi dal nostro articolo “Do immigrants cause crime?” – Paris School of Economics Working Paper No. 2008-05.

* Le idee e le opinioni espresse sono da attribuire esclusivamente agli autori e non impegnano la responsabilità dell’Istituto di appartenenza.

Foto: da una scena del film "Quando sei nato non puoi più nasconderti" di M.T. Giordana, 2005.

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IL COMMENTO ALL’ARTICOLO DI BOERI E BRUGIAVINI*

23 commenti

  1. Disperato

    chiarissimo, però mi pare che manchi un elemento fondamentale nell’analisi: che il totale dei crimini sia addirittura in lieve diminuzione è osservabile, ma la nazionalità di chi li compie non dovrebbe essere un parametro fondamentale e qui assente? Intendo ovviamente che qui non conta il totale, ma la composizione. A maggior ragione se risponde al vero quanto più volte riportato dai diversi media: le carceri italiane sono occupate da stranieri in misura largamente superiore alla percentuale di residenti stranieri sulla popolazione.

  2. padanus

    Leggo: "Una correlazione positiva emerge invece a livello locale" quindi questa affermazione contraddice la conclusione anticipata nell’abstract. Che in Padania i reati contro il patrimonio siano aumentati negli ultimi 15 anni è un fatto confermato anche dai vostri dati. E di rapine in villa perpetrate nottetempo e con violenza, negli anni 80 non ce n’erano. E’ chiaro che le banche e le poste hanno sempre fatto gola ai banditi, ma se nel varesotto non c’è quasi casa senza allarme, che è diventato un accessorio standard delle nuove costruzioni, cosa si deve dedurre? Banche e poste la vigilanza se la pagano da sempre, i comuni cittadini si arrangiano come possono. I dati aggregati Italia significano ben poco, si ruba mediamente poco, si uccide mediamente poco. L’affievolimento del rispetto per le cose d’altri è andato via via scemando dal dopoguerra ad oggi, e l’immigrazione incontrollata ha fatto la sua parte. Purtroppo quel rispetto è un humus fondamentale per la libertà di intrapresa, infatti in Italia dove c’è prevalenza mafiosa, anche l’economia stenta.

  3. Alberto Lusiani

    Le conclusioni dell’articolo appaiono appaiono stupefacenti e non conciliabili con altri dati, come la frazione di immigrati nelle carceri, molto superiore alla loro percentuale nella popolazione, e come le recenti affermazioni del capo della Polizia Manganelli, secondo il quale il 30 per cento degli autori di reato di criminalità diffusa sono immigrati clandestini, con effetto minimo al Sud ma con "picchi del 60-70 per cento" al nord. Come in molti altri studi, ritengo sia sbagliato in partenza mescolare i dati del centro-nord (criminalita’ nativa moderata, alta immigrazione) con quelli del Sud (criminalita’ nativa elevata, bassa immigrazione). Scommetto che analizzando i dati del solo centro-nord l’effetto degli immigrati sulla criminalita’ risulterebbe significativo. Va anche tenuto conto che per effetto dell’invecchiamento della popolazione, la criminalita’ nativa e’ naturalmente soggetta ad una diminuzione nel tempo: anche solo un numero stazionario dei reati in tutto il Paese indica secondo me un contributo da parte degli immigrati piu’ che proporzionale al loro numero.

  4. Sagliano Salvatore Antonio

    Vorrei capire come si mettono in relazione questi dati con quanto scritto nell’articolo del 2008 "e oggi paghiamo l’indulto", il quale riporta che "la percentuale di omicidi di cui vengono accusati immigrati è quintuplicata negli ultimi quindici anni; quella dei tentati omicidi è aumentata di sei volte, ben di più della crescita della quota di immigrati sulla popolazione italiana. La percentuale di stranieri sul totale di denunciati o arrestati per furti con destrezza è del 70 per cento, quella per furti in abitazione del 50 per cento, nel caso di violenze sessuali si arriva al 40 per cento. Siamo l’unico paese in Europa in cui la percentuale di immigrati sul totale della popolazione carceraria è cinque volte superiore alla loro quota sulla popolazione residente."

  5. mirco

    "Il risultato suggerisce che, nel periodo preso in esame, l’immigrazione in Italia non ha avuto un effetto causale significativo sul livello di criminalità" questa ultima frase dell’articolo mi suggerisce che una parte della classe politica utilizza la paura e anzi la fomenta per guadagnare consensi fra gli elettori italiani. Inoltre queste metodologie di propaganda alla Goebels, a dir poco criminali inducono fasce di popolazione poco acculturate ad esercitare a loro volta azioni violente e criminali sui più deboli immigrati e diversi. l’unica speranza è che la repubblica oggi non ceda come quella di weimar in Germania negli anni ’30 del secolo scorso.

  6. Vittorio Bacaro

    L’articolo viene da alcuni contestato in quanto ometterebbe di evidenziare che la percentuale di crimini commessa da immigrati sarebbe largamente superiore alla percentuale di immigrati sul totale della popolazione. Ammettiamo che ciò sia vero: cosa potremmo dedurne? Che gli immigrati hanno una propensione genetica alla delinquenza (propensione dalla quale il popolo italiano sarebbe miracolosamente quasi immune), o che la difficoltà di regolarizzazione, la forzata clandestinità e il conseguente disumano stato di bisogno possono favorire la commissione di reati, soprattutto contro il patrimonio?

  7. jourdefete

    Una spiegazione al perchè in cella ci sono percentualmente più immigrati è dovuta al fatto che de facto oggi in Italia la giustizia è classista. Con un buon avvocato (quindi se hai soldi), si hanno ottime possibilità di non andare in galera. Al riguardo consiglio la lettura dell’ottimo libro Toghe Rotte di B.Tinti.

  8. Lorenzo Brusattin

    I primi tre commenti sono assolutamente pertinenti. Inoltre, l’abstract dell’articolo in inglese dice sostanzialmente una cosa diversa rispetto a quanto riportato da La Voce nella presentazione del pezzo (molti leggono solo quella e si farebbero un’idea erronea sull’argomento). Vorrei altresì segnalare che la variable strumentale usata nella regressione two-stage è chiaramente inadeguata per sostenere l’argomento degli autori. Parlare poi di immigrazione in generale non ha molto senso. Un cittadino marocchino, tunisino o albanese hanno rispettivamente 20, 18 e 14 volte maggiori probabilità di finire in carcere (in Italia) rispetto ad altri immigrati (stando alle statistiche sulla popolazione carceraria italiana).

  9. david conotter

    Una persona ricca non finirà mai in prigione, ma al massimo agli arresti domiciliari, perchè ha i soldi e gli avvocati dalla sua parte, ed è disposta a fare un grosso investimento per salvare la faccia. Un poveraccio, tipicamente un’immigrato, l’avvocato che si puo’ permettere è quello di ufficio, di cui non conosco la professionalità, ma che per sentito dire, non deve essere uno che si fa in quattro per tutelare il suo assistito. Per di piu’ a un poveraccio, salvare la faccia puo’ essere poco importante, quando ci sono problemi molto piu’ grossi da risolvere. Perchè non fate una correlazione tra la situazione economica delle persone e la loro situazione carceraria? Sarebbe molto piu’ interessante. Anche la lega, fondamentalmente, non ce l’ha contro i ricchi possidenti, qualsiasi sia la loro origine, ma contro i poveracci, che generalmente sono stranieri. La stessa situazione c’era decenni fa, quando a emigrare erano i poveracci meridionali. Mi dà un gran fastidio sentire parlare i leghisti di religione, soprattutto cristiana, quando il primo comandamento è "ama il prossimo tuo come te stesso". Altro che crocifissi nelle scuole!

  10. francesco russo

    Interessante ma non sufficiente a provare il punto, mi piacerebbe approfondire. In particolare: 1. se l’analisi e’ fatta sui permessi erogati o anche sul totale permessi richiesti, si potrebbe pensare che la criminalita’ venga da quegli immigrati che il permesso di soggiorno non lo richiedono proprio (plausibile per i clandestini che arrivano con lo scopo di commettere crimini) 2. bisogna capire la composizione dei crimini per nazionalita’. In altre parole, anche se il totale crimini non cambia l’incidenza dei crimini di immigrati potrebbe essere aumentata. 3. I dati a livello nazionale possono non essere molto indicativi. In particolare la percentuale di immigrati e’ ancora talmente bassa (5% della popolazione?) che anche un aumento significativo degli immigrati negli ultimi anni (diciamo da 2% a 5%?) potrebbe non avere effetti visibili a livello macro.

  11. Antonello Oliva

    Io credo che l’additamento all’untore immigrato sia frutto di un clima culturale al quale non mi associo. Ma sono abbastanza daccordo col commento del sig. Sagliano. Se sono veri i dati dell’articolo de "lavoce" del maggio scorso, allora qualche problema di congruità esiste. In un’ottica "innocentista", quale la mia, direi: a) che il non poter considerare nella Vs analisi il dato sui clandestini non è senza rilevanza, perché io immagino che la maggior parte dei reati ascrivibili ad immigrati sia compiuto da loro; b) i dati citati dall’articolo di Boeri-Panunzi dovrebbero però forse essere integrati dal numero di immigrati che, denunciati per vari reati, vengono poi effettivamente condannati. Perché le denunce o gli arresti sono cose che anch’esse potrebbero essere influenzate da altre variabili, non sempre da dati di fatto. Detto questo, bisogna rifletterci meglio.

  12. DIALETTICO

    La popolazione carceraria straniera (in % sul totale): -Anni ’80: 5% -Anni ’90: 15% -2008: 38% (fonte: IlSole24Ore, ottobre 2008), Curioso espediente dialettico, quello di correlare l’aumento dell’immigrazione al dato sulla criminalità generale, invece di evidenziare la maggiore incidenza della criminalità nella popolazione immigrata (immaginiamo soprattutto nella componente irregolare). Se una componente (immigrati) delinque più della media, e il totale dei reati non aumenta, la conclusione è dunque che gli italiani delinquono di meno? Sembra l’unica conclusione logica dello studio degli autori. Inoltre si percepisce un larvato giudizio di valore nel riferimento ai delitti contro il patrimonio nelle regioni settentrionali, forse a giudizio degli autori reati tutto sommato tollerabili?

  13. AM

    Ho letto con piacere i risultati dello studio. Finalmente appare un’opinione documentata (pur se il metodo è discutibile) contro la criminalizzazione degli immigrati. Vi è un altro luogo comune da demolire: il convincimento che vi siano popoli buoni (es. i filippini) e popoli cattivi (quelli dell’area balcanica) fondato sul comportamento degli immigrati delle varie nazionalità presenti in Italia. Ho avuto modo di visitare i paesi d’origine dei flussi migratori costatando che vi sono "pecore nere" in ogni paese. Resta il fatto che queste "pecore nere" non sempre decidono di emigrare e, quando emigrano, scelgono loro il paese-meta. Purtroppo (è il parere di alcuni colleghi romeni) l’ltalia sembra essere la meta preferita di questo tipo sgradito di migrazione. Si produce quindi una selezione perversa. Per il flusso dalle Filippine, invece, il risultato è opposto: si ha una selezione virtuosa. Sarebbe interessante fare un studio comparato sul comportamento criminale degli immigrati in altri paesi-meta dell’Europa.

  14. Alessandro C.

    Posto che avete messo in relazione i dati sugli immigrati regolari e i crimini commessi, nell’articolo non è chiaro se i crimini siano commessi da regolari, da irregolari o da entrambi. Inoltre, dato che le campagne anti-immigrati sono cominciate di recente, sarebbe interessante applicare la stessa metodologia al periodo 2003-2008.

  15. sampietrino

    Questo è esattamente il tipo di studio di cui si sente il bisogno in questo momento, però andrebbe fatto meglio. Oltre ai permessi di soggiorno andrebbe studiata l’immigrazione clandestina (almeno approssimativamente). Ma soprattutto la grande pecca di questo articolo è che prendendo in considerazione solo i permessi di soggiorno non tiene in conto del tipo di immigrazione che da un paio d’anni a questa parte riempie le prime pagine dei quotidiani, ovvero quella comunitaria. Per esempio al momento la più numerosa comunità straniera in Italia è quella rumena, che è esclusa dal vostro studio, in quanto i rumeni non necessitano di permesso di soggiorno per risiedere in Italia. Insomma, apprezzo il tentativo, ma andrebbe fatto meglio: questi dati sono inutilizzabili per dimostrare alcunché.

  16. milton_keynes

    In un commento leggo "Vorrei altresì segnalare che la variable strumentale usata nella regressione two-stage è chiaramente inadeguata per sostenere l’argomento degli autori". Non capisco il punto di questo commento. Se capisco correttamente gli autori costruiscono lo strumento calcolando i pesi di ciascuna nazionalita’ a livello provincale all’inizio del periodo e poi calcolano i flussi di emigrati da ciascun paese verso l’estero durante il periodo. A me sembra uno strumento valido, nel senso che cattura i push factor della decisone di emigrare senza essere correlato con pull factors a livello provinciale che sono probabilmente correlati con i livelli di criminalita’. Sarebbe bene argomentare le proprie critiche invece di sparare cosi’ a casaccio. In generale, trovo che sia un lavoro molto interessante e in effetti un’estensione utile puo’ essere provare a distinguere tra gli effetti in aree diverse del paese attraverso un sample split.

  17. AM

    Il sig. Bacaro si chiede ironicamente se gli stranieri hanno una maggiore propensione genetica al crimine. La risposta è ovviamente no. E’ solo un problema di non rappresentatività del campione rispetto alla società del paese di origine. Ad esempio, il comportamento degli immigrati come appare dalla cronaca nera della nostra stampa ci indurrebbe a giudicare la Romania come paese ad alto rischio criminalità mentre Filippine e Somalia sembrerebbero luoghi idilliaci. Chi conosce questi paesi sa che è vero il contrario. Visitare le Filippine è enormemente più rischioso che visitare la Romania. Un giro della Somalia porrebbe a rischio stessa vita dell’imprudente turista.

  18. hidden side

    Ho letto i commenti velocemente gli altri commenti e non li condivido. L’analisi è sintetica ed efficace. Già l’istogramma sull’andamento del crimine dice in modo lapidario quello che dicono le fonti istituzionali. La politica terrorista della "sicurezza percepita" mente. Il crimine non aumenta, anzi diminuisce. La comparazione con l’indicatore di presenza di stranieri (il permesso di soggiorno credo che sia la sola fonte "certificata") è corretta. All’aumento della presenza straniera non c’è aumento di crimini. Il fatto che per assenza di adeguati indicatori non ci si riferisca anche ai non regolari non inficia l’analisi anzi la rafforza. Infatti la curva di presenza sommando una presenza percentuale, supponiamo +20%, di non regolari sarebbe ancora di più impennata.

  19. f.m.parini

    Elaborazione statistica e dati.I dati si possono vedere in altro modo,vediamo.60.000.000 di abitanti di cui diciamo tre milioni di stranieri,reati degli italiani un milione, degli stranieri 250.000 Abbiamo 1,7% i reati imputabili agli italiani,0,4% degli stranieri rispetto al totale,ma rispetto agli stranieri residenti siamo all’8,3% e agli italiani 1,8% poi possiamo anche dire che è commesso un reato ogni 57 italiani e uno ogni 12 stranieri; sono sempre gli stessi dati che evidenziano in modo diverso il fenomeno criminalità.

  20. NM

    Desolato di dover ritenere lo studio poco convincente, e per una ragione macroscopica. La variabile di interesse scelta – il tasso di criminalità complessivo – mostra nel periodo considerato una oscillazione +/- di circa il 10% rispetto al valore medio (stimabile dal grafico intorno a 4150), a conferma della ben nota molteplicità di fattori che influenzano su base annua questo indice. Nello stesso periodo la % di immigrati/100.000 ab. è aumentata dallo 0.8% al 4.0%; da questi valori deriva una "partecipazione attesa" al tasso di criminalità pari a 35/100.000 ab. per il 1990 fino a 176/100.000 ab. per il 2003, cioè un effetto potenziale ampiamente compreso nella fascia di oscillazione della variabile di interesse scelta, e pertanto non rilevabile in termini di correlaione. degli andamenti considerati. Con questa impostazione dello studio l’affermazione che "a livello nazionale non emerge alcuna correlazione significativa tra immigrazione e criminalità" è una pura tautologia. Provate a studiare il trend del contributo della criminalità straniera al tasso nazionale annuo in relazione all’aumento della popolazione immigrata: vi potrebbe sorprendere.

  21. Andrea Manetti

    E’ uno studio il cui impianto metodologico con evidenza vacilla e davvero non fa onore al livello fin qui raggiunto dal sito che lo ha ospitato.

  22. AM

    Apprendo dalle dichiarazioni di un ministro romeno che il 40% dei ricercati per crimini nel suo paese si troverebbe in Italia. Sappiamo anche che la comunità di immigrati romeni presente oggi in Italia rappresenta il 5% circa della popolazione complessiva della Romania.

  23. MG

    Come riportato dall’ articolo non si tiene conto dei clandestini. Inoltre l’ afflusso indiscriminato senza controlli di romeni è successivo al 2003 (e precisamente all’ entrata della Romania in UE). E’ desolante come lo stato a noi cittadini Italiani ci assegna il codice fiscale appena nati e poi si fa un censiemnto volontario dei campi Rom, identificando solo chi lo voglia. I veri discriminati siamo noi cittadini italiani che paghiamo le tasse e paghiamo per la prevenzione e la repressione dei reati. Come mai In Spagna non ci sono sbarchi come in Italia? Eppure da Gibilterra sarebbe una passeggiata.

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