Le informazioni sull’andamento delle variabili macroeconomiche nell’ultimo trimestre 2008 sono ancora molto limitate. Per avere qualche indicazione sul 2009 possiamo guardare i dati della produzione industriale. Confrontati con quelli del 1992-93, mostrano che l’intensità della recessione di oggi è molto superiore a quella di allora. Anche la riduzione del Pil non potrà che essere maggiore. A meno che il settore dei servizi privati non si rivitalizzi per la ripresa delle liberalizzazioni o il settore pubblico non aumenti la spesa. Entrambi eventi improbabili.
Di sicuro, questo è il momento dellanno in cui il mestiere di fare le previsioni è particolarmente arduo. Lopinione pubblica e le aziende vogliono sapere come andrà il 2009 per comportarsi di conseguenza. Ma le informazioni disponibili ora sullandamento delle variabili macroeconomiche relative allultimo trimestre 2008 sono ancora molto limitate, il che complica la missione. Vogliamo prevedere il 2009, ma non sappiamo neanche come è finito il 2008. (1) Almeno fino al prossimo 13 febbraio, quando lIstat diffonderà la stima preliminare del Pil nel quarto trimestre 2008.
COSA (NON) SAPPIAMO SUL 2008
Il problema deriva dal fatto che i dati su Pil e disoccupazione, a cui si guarda per fare una stima sintetica sullo stato di salute delleconomia, sono diffusi una volta ogni tre mesi. Per ora, in tutti i paesi europei, non solo in Italia, siamo fermi ai dati relativi al terzo trimestre 2008. Sappiamo come sono andate le cose solo fino alla fine di settembre 2008, cioè fino a 15 giorni dopo il fallimento di Lehman Brothers, da tutti considerato a ragione il grande spartiacque della crisi. Entro la fine di settembre, nelle banche e in Borsa era già successo il finimondo. Ma è dubbio che gli shock finanziari abbiano avuto il tempo di trasmettersi se non in modo molto parziale ad aziende e famiglie in un periodo di tempo così breve. La qual cosa è invece certamente avvenuta nel quarto trimestre 2008 (e sta ancora avvenendo nel primo trimestre 2009). I dati sul Pil hanno comunque indicato la presenza di una marcata riduzione del dato del terzo trimestre su quello del secondo trimestre, in tal modo confermando che lItalia è entrata in recessione alla fine del primo trimestre 2008 (si parla tecnicamente di recessione quando si verificano due diminuzioni consecutive del Pil trimestrale e si data linizio due trimestri indietro).
COSA SAPPIAMO DI OTTOBRE E NOVEMBRE 2008
Ragionare alla fine di gennaio 2009 sui dati fino alla fine di settembre 2008 è ovviamente troppo poco. Qualche cosa sul quarto trimestre 2008 per fortuna si può dire usando le informazioni disponibili su variabili diverse da Pil e disoccupazione ma correlate con il ciclo economico, come la produzione industriale, il fatturato e gli ordinativi dellindustria, su cui esistono i dati di ottobre e novembre 2008.
I numeri dellIstat parlano chiaro. Il fatturato di novembre (dato destagionalizzato) dellindustria è sceso di 14 punti percentuali rispetto allo stesso mese del 2007, addirittura di 15 punti, il fatturato sullestero. Gli ordinativi, che ci dicono qualcosa in più su cosa ci aspetta per il 2009, sono scesi addirittura del 26 per cento, sia sullinterno che sullestero. E la produzione industriale di novembre è scesa anchessa in modo marcato, del 12 o del 10 per cento a seconda se si considera il dato grezzo o quello corretto per il numero di giorni lavorati. Insomma, sembra che la crisi abbia picchiato duro. (2)
Questo non vuol dire che dobbiamo aspettarci riduzioni di simile entità del Pil del quarto trimestre 2008. Neanche per sogno. Ormai il settore industriale rappresenta solo un quarto del Pil complessivo e il settore dei servizi privati ha invece un andamento ciclico solitamente più stabile e risente meno dellandamento della domanda mondiale. Però la produzione industriale è ritenuta da tutti gli esperti un buon indicatore previsivo delle tendenze in atto nelleconomia nel suo complesso.
CONGETTURE SUL QUARTO TRIMESTRE 2008
Per farsi unidea sullentità della crisi di oggi, vale quindi la pena di confrontare ciò che è successo alla produzione industriale e al Pil durante i primi sei mesi di recessione e durante la più severa recessione degli ultimi trentanni, quella del 1992-93. I dati dicono che allora la recessione cominciò nel secondo trimestre 1992 e finì nel terzo trimestre 1993. In tutto sei trimestri di riduzione consecutiva del Pil che portarono a una riduzione cumulata pari a circa 2 punti percentuali (di cui 0,8 punti nei primi due trimestri), pari in media a circa 0,3 punti percentuali per trimestre. In quel periodo di tempo, la produzione industriale, anche grazie alla svalutazione della lira, diminuì complessivamente, tra linizio e la fine della recessione, solo del 5 per cento.
Sotto i colpi del sostanziale azzeramento della crescita mondiale, la produzione industriale delleconomia italiana, oggi ben più globale, è diminuita in misura maggiore rispetto ad allora. Ègià scesa del 5 per cento nei primi due trimestri di recessione e infatti anche il Pil è già diminuito dell1 per cento circa (un po più di allora). Se poi si considera anche il dato di novembre, la diminuzione della produzione industriale raggiunge il -9,5 per cento. Se il dato sarà confermato anche per dicembre, vorrà dire che oggi, in metà del tempo (tre trimestri) si sarà verificata una riduzione della produzione industriale circa doppia di quella del 1992-93. Se i dati della produzione industriale danno buone indicazioni su cosa sta succedendo al Pil quando non lo osserviamo, si deve concludere che lintensità della recessione di oggi è molto superiore a quella di allora e, a parità di durata della recessione, anche la riduzione cumulata del Pil finirà per essere molto maggiore di quella registrata allora. A meno che il settore deiservizi privati (il 60 per cento del Pil) non mostri una vitalità che potrebbe solo venire da unimprobabile ripresa delle liberalizzazioni o il settore pubblico non aumenti la spesa con risorse che, dati i vincoli che affliggono il nostro bilancio pubblico, sembrano oggi non disponibili.
(1) È inevitabile. I dati statistici richiedono tempo per essere raccolti ed elaborati. E specie in una situazione di difficoltà come questa, è importante che i dati pubblicati siano affidabili. Quindi non si può mettere troppa fretta agli statistici e la cosa migliore è invece lasciarli lavorare con calma.
(2) A questi dati sullindustria si può aggiungere che dati preliminari sulle vendite natalizie della grande distribuzione indicano una riduzione di fatturato compresa tra il 3 e il 5 per cento rispetto al Natale 2007.
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Antonio Nava
Abito ad Arcore e l’Amministrazione Comunale ha a disposizione da impiegare in opere pubbliche circa 10.000.000 di uro. Sono li nel cassetto. Alcuni interventi sono già dotati di avanzati progetti, ma non si avanza con le opere. Non sono soldi da chiedere ai cittadini. E’ liquidità disponibile. Sono convinto che così come Arcore, molte municipalità hanno soldi da spendere ma non lo possono fare per non sforare il patto di stabilità. Patto che è cosa diversa dal portare il bilancio comunale in disavanzo. Se ci sono altri comuni e provincie nelle stesse condizioni di Arcore, considerando una media di 5.000.000 per 8000 comuni circa (dovrebbero essere 8100) salta fuori un investimento di oltre 40 miliardi di uro. Forse la stima è esagerata… ma facciamo che dividiamo ancora per 2,- 20 miliardi di uro possono dare una mano.. .? Occorre spingere la realizzazione di opere pubbliche: semplificando la legislazione, mantenendo la trasparenza e caricando la responsabilità della corretta gestione delle risorse ai Responsabili Unici del Procedimento che operano in ogni comune. La regola: non si può spendere il 5% rispetto alla media di mercato.
Giovanni
Per essere ottimisti l’unico problema per l’economia può derivare da una mancata politica economica di crescita market oriented perché forse la crisi finanziaria può essere vista come una “garanzia” per un cambiamento in positivo degli assetti produttivi grazie al commercio internazionale. In altre parole può darsi che ci sarà una crescita del P.I.L. anche se modesto tale da rendere sostenibile l’aumento del debito pubblico.
Beppe
Sarebbe interessante se La Voce pubblicasse i dati sulla produzione industriale "per settori", ma utilizzando suddivisioni diverse dalle solite. I settori che ho in mente sono basati sulla maggiore o minore dipendenza dal credito nell’atto di acquisto. E i riferisco sia al classico mutuo immobiliare, sia al credito al consumo. Come imprenditore, la mia maggiore preoccupazione al momento è cercare di capire quanti dei miei potenziali clienti facessero ricorso al credito (magari indirettamente) e quanti invece contassero su denaro già guadagnato per i loro acquisti. Confrontare i dati relativi a settori merceologici simili, ma soggetti a diverse incidenze del credito mi sarebbe utilissimo, per non dire vitale.
Marco
Quali sono, e ve lo chiedo in quanto interessato e studente fortemente convinto della riscossa possibile tramite tale settore, per tutto quello che riguarda il turismo nel nostro paese, "senza contare" quali potrebbero essere i vantaggi indiretti verso tutti gli altri settori e ambiti del "sistema Italia",le prospettive di un investimento in tal senso? E possibile vedere di qui a 6 anni una mossa in quel senso in Italia o questo momento è ancora lontano? Sto parlando di spingere con investimenti in quel settore, ma mi riferisco a tutto ciò che riguarda il nostro patrimonio inglobando tutto ciò che riguarda la nostra tradizione, il made in Italy i.e. Uno sviluppo, preferibilmente, che sia capace anche si spera di tenere conto del rispetto dell’ambiente, viste anche finalmente le "tendenze" che anche una Voce americana stimola a "esplorare". Io credo ormai avendo viaggiato, (forse anche troppo con la testa), fisicamente che questa sia la vera speranza il vero tesoro sepolto, il vero asset che il mio Paese non vuole dissotterrare e con il quale credo veramente potrebbe abbattere a colpi di ascia la recessione e molti altri problemi terribili ed italiani. Vi ringrazio, Buon lavoro M.
Marco Gandolfi
Condivido certamente l’analisi sugli indicatori macro-economici del 2008 e sulle facili "previsioni" di pessimo 4°trimestre che l’Istat ci certificherà a metà febbraio; aggiungo inoltre che in questo scenario di recessione, deflazione e calo dei consumi medi l’effetto anti-ciclico del settore servizi avrà un indice di correlazione più elevato con il trend negativo del settore industriale (che ha fatto da apri-pista), anche sulla base della base finanziaria su cui sono fondati e legati a doppio filo. Tuttavia, l’inizio della recessione già dal 1 trim’08 per l’Italia potrebbe nascondere un effetto "positivo" di minor controcifra, che anticiperà nel confronto di qualche mese la ripresa che sarà (prima o poi…); sempre che gli indicatori Istat&co colgano, certifichino e pubblichino velocemente il rimbalzo (o punto di flesso), con quel cambio di clima previsionale così determinante per la ripresa… L’altalena dell’aumento di varianza di tutti i modelli econometrici è iniziata: prepariamoci a dondolare…possibilmente senza cadere.
Marcello Novelli
Mi allaccio al commento di Antonio Nava che stima in 20 Miliardi di Euro le risorse disponibili nei comuni e non utilizzabili a causa del patto di stabilità. Il numero è sicuramente sovrastimato in quanto non sono molti i comuni ad avere da parte tutti quei soldi. Io sono amministratore in un comune dell’interland milanese e, pur essendo un comune virtuoso, nel 2007 l’avanzo è stato di 600 mila Euro che sono stati utilizzati per rientrare di parte dei mutui poi riaccesi l’anno successivo. Quello che voglio dire è che la situazione dei comuni non è così florida, anzi, dato che buona parte delle risorse per investimenti arrivano dagli oneri di urbanizzazione, appena si smette di costruire, finiscono anche i soldi. Vista la crisi dell’edilizia che si prospetta, prevedo tempi duri per le casse comunali.