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COMMISSARI PER CASO

Lo spirito meritocratico che ispira il decreto legge sull’università è nel complesso condivisibile, perché rompe il principio del trattamento uniforme degli atenei e va incontro alle recenti proteste degli studenti. Salvo però contraddire i suoi stessi intenti quando modifica le procedure per la costituzione delle commissioni dei concorsi universitari, introducendo un meccanismo assai complesso, probabilmente inapplicabile e che non dà comunque alcuna garanzia di riuscire a premiare i migliori.

 

Il decreto legge n. 180 del 10 novembre 2008 recante “Disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca” ha introdotto alcuni cambiamenti importanti nella normativa sulle politiche di gestione delle risorse umane.

DIFFERENZE DI TRATTAMENTO

Lo spirito che ispira la manovra è complessivamente condivisibile, perché da un lato rompe il principio del trattamento uniforme delle università e dall’altro va incontro alle proteste studentesche che hanno caratterizzato la vita universitaria di molte sedi in queste settimane. Sul primo versante, l’articolo 1, disposizioni per il reclutamento nelle università e negli enti di ricerca, prevede infatti il blocco del reclutamento di ricercatori e docenti per gli atenei che superino il tetto del 90 per cento delle spese di personale in rapporto al fondo di finanziamento ordinario. Le stesse università non potranno usufruire dei fondi aggiuntivi previsti dalla Finanziaria 2007 per gli anni 2008-2009. Viceversa, per le università che hanno contenuto la spesa del personale al di sotto del limite fissato del 90 per cento è previsto un allentamento del blocco del turn-over: dal 20 al 50 per cento della spesa del personale uscito nell’anno precedente, con l’ulteriore doppio vincolo che almeno il 60 per cento delle risorse così liberate sia riservato alle assunzioni di ricercatori e che al massimo il 10 per cento delle stesse sia riservato alle assunzioni di professori ordinari. Tuttavia, in molti casi si tratta di una potenzialità più virtuale che reale, in quanto molti atenei che attualmente soddisfano il tetto di spesa, sono in realtà molto vicini al limite, e in assenza di finanziamenti aggiuntivi a copertura degli adeguamenti obbligatori, sono esposti al rischio di superamento.
Il principio della differenziazione di trattamento delle università sulla base del loro comportamento pregresso ispira anche l’articolo 2, misure per la qualità del sistema universitario: prevede che una quota non inferiore al 7 per cento del finanziamento ordinario e dei fondi straordinari venga ripartita sulla base di risultati legati alla attività didattica (“qualità dei risultati dei processi formativi”), alla attività di ricerca (“qualità della ricerca scientifica”) e all’uso efficiente delle risorse utilizzate (“la qualità, l’efficacia e l’efficienza delle sedi didattiche”). Benché la declinazione concreta degli indicatori che permetteranno di misurare questi aspetti sia rinviata a un decreto ministeriale da emanarsi entro fine anno, l’intero insieme delle attività esercitate dalle università vi appare ricompreso.
Il terzo articolo, disposizioni per il diritto allo studio universitario dei capaci e dei meritevoli, incrementa di 65 milioni l’edilizia per residenze studentesche e di 135 milioni le borse di studio, precedentemente ridotte in Finanziaria, riducendo contestualmente i fondi per le aree sottoutilizzate.

LISTE E SORTEGGI

Su un punto, però, il decreto appare in palese contraddizione con lo spirito meritocratico che intende promuovere nelle università, premiando per la prima volta i comportamenti virtuosi (nella gestione di bilancio). Lo stesso articolo 1 va infatti a modificare una tantum le procedure di reclutamento del personale universitario, sostituendo alle commissioni locali elette su base nazionale delle commissioni sorteggiate da una lista unica eletta su base nazionale, per un numero triplo dei membri richiesti. Si consideri a titolo esemplificativo il caso delle discipline economiche. La tabella qui sotto ricostruisce per i tredici settori scientifico-disciplinari il numero di posti banditi per fascia (prima colonna, desunta dal sito http://reclutamento.miur.it/bandi.html), il numero di commissari esterni necessari a completare le commissioni (seconda colonna, pari al numero di posti´4), la dimensione della lista nazionale da cui ottenere per estrazione casuale le commissioni (terza colonna, pari al numero dei commissari necessari´3), il numero dei professori universitari di prima fascia confermati che possono essere eletti in tale commissione (1) e infine il rapporto tra commissari da eleggere ed eleggibili.
La cosa che colpisce dalla tabella è la dimensione quantitativa del procedimento, che lo rende concretamente impraticabile. Si consideri il caso del raggruppamento scientifico-disciplinare Secs/P-01 Economia politica. Per i concorsi di prima fascia occorre eleggere una lista di 204 potenziali commissari a partire da 275 eleggibili. Se immaginiamo che si possa esprimere una sola preferenza e che si voti casualmente, d’altronde non è facile coordinare i voti con queste dimensioni, ogni docente ha tre quarti di probabilità di venire eletto nella lista e un terzo di probabilità di essere poi sorteggiato. Complessivamente, un professore ordinario di economia politica ha una probabilità su quattro di trovarsi a essere commissario in un concorso di prima fascia. Per i concorsi da associato, gli stessi numeri diventano nove decimi come probabilità di essere eletto nella lista e tre decimi come probabilità di finire commissario in un concorso di seconda fascia. Sommata alla precedente, perché nulla impedisce di essere estratti in entrambe le valutazioni comparative, ogni professore ordinario ha più di una probabilità su due di fare il commissario in qualche concorso. Ovviamente, le probabilità crescono significativamente nei casi delle discipline in cui il numero degli eleggibili è inferiore al fabbisogno delle commissioni (in grassetto nella tabella). Il destino quindi dell’accademia italiana nei prossimi sei-otto mesi sembra essere quello di fare concorsi a caso.
Si obbietterà che questo non è colpa del nuovo sistema riformato, ma solo dell’eccessivo numero di concorsi banditi dalle università. Èfalso, per due motivi. Il primo è che a parità di numero di concorsi il fabbisogno di professori ordinari commissari è aumentato, essendo stati esclusi i professori associati da questo compito. Il secondo è che nel sistema che è stato abolito coesistevano incentivi, positivi o negativi, a fare il commissario. Gli incentivi positivi nascevano dalla disponibilità di molti docenti universitari onesti, che richiesti di far parte di commissioni di docenti par loro, erano pronti, e in alcuni casi persino contenti, di partecipare alla selezione dei candidati più meritevoli. Gli incentivi negativi nascevano dalla disponibilità di docenti interessati (o succubi) a scambiare la loro partecipazione come commissari di un concorso di cui fossero predefiniti gli esiti in cambio di favori di un qualche tipo da riscuotere in futuro.
Il nuovo sistema ha cancellato la possibilità di entrambi i comportamenti. Il docente onesto si rifiuterà di partecipare a una commissione di valutazione, venendo a mancare la garanzia della compresenza di persone oneste a par suo. Il docente disonesto non può più offrire la sua partecipazione compiacente, in quanto ha una probabilità molto più ridotta di finire nella sede per la quale si auspicava il suo operato. I concorsi, ammesso e non concesso che si riescano davvero a formare le commissioni, diventeranno un vero terno al lotto, senza avere alcuna garanzia di svolgimento maggiormente meritocratico.
Si ha l’impressione che per colpire la parentopoli dell’università italiana, intento nobilissimo e pienamente condivisibile, si sia inventato un marchingegno così complicato da rendere (intenzionalmente) impossibile ogni calcolo di convenienza, non solo dal punto di vista dei commissari ma anche da quello dei candidati. Non dimentichiamo che i candidati non hanno fatto domanda ovunque, ma soltanto in un massimo di cinque sedi, dove probabilmente ritenevano di avere qualche chance di conseguire una idoneità, sulla base di principi meritocratici. Correttezza avrebbe voluto che il nuovo sistema allargasse per loro la possibilità di presentare domande anche in altre sedi, riducendosi di fatto la probabilità di una selezione meritocratica.
Se il ministro Gelmini non ha fiducia nell’accademia italiana, al punto che per punire una parte di comportamenti opportunistici è disposta a far saltare alla radice l’intero meccanismo di reclutamento, allora forse era meglio una soluzione proceduralmente molto meno onerosa: estrarre a sorte i vincitori da un elenco di potenziali candidati, purché questi soddisfacessero alcuni requisiti minimali: avere un dottorato, aver scritto e pubblicato qualcosa. La qualità media di questa selezione non sarebbe molto diversa da quella che il nuovo sistema sarà in grado di produrre.

(1) È una stima per eccesso, in quanto al lordo di congedi per varia natura, desunta dal sito http://cercauniversita.cineca.it/php5/docenti/cerca.php.

 

 

Foto: Lezione di filosofia teoretica nella Galleria Vittorio Emanuele II a Milano. (foto Filippo Ceredi)

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24 commenti

  1. Luigi Mancini

    Per quanto l’articolo affronti un tema spinoso in maniera, a mio dire, equilibrata, non riesco ad aderire alle conclusioni perche’ mi sembra vi sia un errore di calcolo di fondo. L’autore, mi par di capire, afferma che, dato il nuovo sistema, tanto varrebbe estrarre a sorte i vincitori perche’ la loro qualita’ sarebbe statisticamente pari a quella probabilmente uscente dalla selezione. Ci sono almeno due differenze che mi paiono fondamentali: se la qualita’ anche fosse pari il risultato di una selezione implica comunque che il candidato ha superato una valutazione da parte di una commissione di "esperti". Tali esperti possono giudicare il merito, cosa che un’estrazione non potrebbe. In caso di estrazione penso si potenzierebbe il sistema clientelare ed il potere dei Baroni tramite il blocco o meno delle pubblicazioni. In secondo luogo anche se gli onesti non fossero sicuri di finire a giudicare con altri onesti, rimarrebbero comunque onesti e qualificati. I venduti e gli interessati invce rimarrebbero tali ma senza l’accesso alle prebende dovute per la vendita e quindi senza l’interesse o la possibilita’ di interferire nel giudizio degli onesti. Sbaglio?

  2. Piero Vereni

    Sono d’accordo che il sistema dei sorteggi sulla lista "triplice" sia farraginoso, ma non arrivo alle vostre conclusioni, tutt’altro. Dite: "Il docente onesto si rifiuterà di partecipare a una commissione di valutazione, venendo a mancare la garanzia della compresenza di persone oneste a par suo. Il docente disonesto non può più offrire la sua partecipazione compiacente, in quanto ha una probabilità molto più ridotta di finire nella sede per la quale si auspicava il suo operato." Questa affermazione è contestabile. Mentre il docente disonesto è disincentivato, dato che sono troppo scarse le possibilità di trarre un vantaggio personale, quello onesto è ancor più motivato a partecipare, dato che la possibilità di far valere il suo giudizio era inversamente proporzionale all’intesità delle alleanze pregresse tra commissari. Dato che il sorteggio rende queste alleanze difficilmente praticabili, il "potere di parola" del singolo commissario onesto cresce esponenzialmente. Esempi alla mano, nel mio ssd, alcuni concorsi che erano strablindati per associato si sono miracolosamente riaperti, dato che il candidato interno è troppo debole per reggere una commissione "random". Vedremo

  3. Sagliano Salvatore Antonio

    Confesso, non ho ben compreso perchè il docente onesto si dovrebbe rifiutare di partecipare a una commissione di valutazione, venendo a mancare la garanzia della compresenza di persone oneste a par suo. Mi sembra tutt’altro che un automatismo, oltre che una scarsa obiezione. In secondo luogo, pur volendo dare per vero che il sistema che verrà a crearsi sarà del tutto casuale, rimane senza ombra di dubbio migliore di quello attuale. Almeno con un sorteggio (per assurdo) il figlio di nessuno avrà qualche speranza in più rispetto ad ora, e il figlio di qualcuno non escluderà l’ipotesi di trovare un diverso mestiere. Ma io sono più ottimista, e credo che questi cambiamenti siano necessari affinchè si possa giungere ad una maggiore tutela del merito. Certo, servono impegno e proposte. Non soltanto lamentele e critiche, o incondizionate opposizioni con scopi di speculazione politica o per conflitti di interesse.

  4. paolo.trevisan

    sSe partiamo dal presupposto che eleggibili sono solo gli ordinari visto il valore legale della laurea e la fede da atto pubblico delle selezioni superate dobbiamo arguire che la preparazione almeno a livello minimale idonea a giudicare sia un dato acquisito del resto anche la stessa elezione non garantisce che gli elettori scelgano il più preparato, potrebbero scegliere il più simpatico. Sorteggio per sorteggio si potrebbe farlo anche integrale come propone l’autore, ma non dimentichiamo che non sono i commissari a decidere la qualità di una selezione, ma i candidati. E’ come voler prevedere il risultato di una partita partendo dal nome dell’arbitro. Funziona solo se i designatori sono Moggi e Bergamo. E’ proprio questo il punto. Se i baroni sono come Moggi e Bergamo in attesa che emerga un Collina ben venga il sorteggio, l’emergenza principale non è la preparazione, ma la trasparenza e l’inattaccabilità delle scelte, anche perchè la selezione iniziale non può essere quella definitiva quindi l’importante è selezionare professori da serie A, potenzialmente, poi col tempo i risultati verranno.

  5. Alberto Chilosi

    Non nascondiamoci dietro il dito: di virtuoso nel presente sistema concorsuale con due idonei su base locale (per non parlare del vecchio con tre) c’è ben poco. Chi si propone per l’elezione in genere non lo fa certamente per contribuire a un meritorio pubblico servizio ma per contribuire alla realizzazione di un risultato precostituito, indipendendemente dalla numerosità e natura dei candidati e dei relativi meriti scientifici, come risultatanti dalle domande presentate, e i verbali concorsuali vengono ad essere fondati sul mendacio, ascrivendosi meriti scientifici superiori ai canditati che si decide di far vincere indipendentemente dall’evidenza. La mossa della Gelmini se non altro rende meno facili gli accordi a priori, migliorando le probabilità degli outsider (ad esempio economisti italiani che lavorano all’ estero in istituzioni di eccellenza) rispetto agli insider per cui i concorsi sono stati precostituiti. Si può discutere se questo sia un bene o un male, ma se non altro potrebbe venir meno una buona dose di ipocrisia, qualora gli accordi a priori non reggano e veramente vengano premiati i cadidati per i motivi scientifici verbalizzati.

  6. a.m.

    Dato che è stato cambiato il metodo di formazione delle commissioni sarebbe auspicabile e logico che si riaprissero i termini per la presentazione delle domande. Molti candidati validi non hanno, infatti, partecipato avendo la sensazione di essere senza prospettive. Il ricorso al sorteggio potrebbe aprire qualche spiraglio.

  7. Laura Proietti

    Forse non è possibile fare "commissioni inattaccabili"; ma è possibile punire con l’espulsione a vita dalla "docenza" chi trucca i concorsi e viene trovato con le dita nella marmellata. Seguiranno processi penali, appelli e contro appelli per stabilire risarcimenti o carceri, come la legge prevede, ma accertato "l’imbroglio", il rettore "motu proprio" dovrebbe procedere all’espulsione, pena l’accusa di "collusione". Prima un deterrente certo, poi la pena, sempre incerta…ahinoi!

  8. Andrea Salanti

    Le considerazioni di Daniele Checchi in merito all’ultimo ritrovato in tema di meccanismi concorsuali appaiono certamente più che condivisibili. Alle conseguenze che lui prefigura aggiungerei il fatto che, in assenza di alcun tipo di "coordinamento", non vi sarebbe da stupirsi se un certo numero di vincitori si ritroveranno a dover prendere servizio in sedi che comporteranno da parte loro il dover sostenere costi non indifferenti per pendolarismo e/o trasferimento. Vi è solo da augurarsi, dato il trattamento economico che li attende almeno per il primo triennio, che provengano da famiglie mediamente benestanti (requisito che proporrei quindi di aggiungere a quelli individuati dall’autore nel caso si volesse procedere per sorteggio … dei vincitori).

  9. Riccardo Rovelli

    D’accordo in parte con Daniele Checchi, ma è ancora possibile rimediare. Per evitare il problema da lui osservato, si può emendare il DL Gelmini, nel senso di prevedere commissioni: “composte da un professore ordinario nominato dalla facolta’ … e da 4 professori ordinari sorteggiati da una lista unica nazionale di commissari eletti tra i professori ordinari appartenenti al SSD oggetto del bando, in numero pari al numero dei commissari complessivamente necessari moltiplicato per 3 (se il numero di commissari esterni complessivamente necessari nel SSD è non superiore a 20) oppure aumentato di 40 unità (se il numero di commissari esterni complessivamente necessari nel SSD è superiore a 20). Gli eletti in tale lista unica saranno assegnati mediante sorteggio a ciascuna commissione giudicatrice.” Credo che questo potrebbe ridurre i rischi rilevati da Checchi: il decreto così modificato scoraggerebbe soprattutto gli incentivi negativi (= dei docenti predisposti ad un voto di scambio) ma non anche gli incentivi positivi ( = dei docenti “onesti”, e magari anche “bravi”). L’incentivo per costoro a partecipare alla selezione dei più meritevoli potrebbe anzi esserne rafforzato.

  10. Marco Trombetta

    L’idea di sorteggiare i membri delle commissioni giudicatrici dei concorsi non mi sembra totalmente negativa. Ha il grosso vantaggio (se il sorteggio é effettivamente regolare) di evitare il mercanteggiamento di favori tra potenziali commissari. Peró deve essere corretta con una lista di requisiti minimi in termini di curriculum scientifico per poter entrare nella lista dei sorteggiabili. Certo l’ideale sarebbe dare a ogni universitá l’autonomia di poter scegliere il proprio personale e di sopportarne poi le conseguenze.

  11. patrizia sbriglia

    Gentile Professore, le scrivo subito dopo aver letto il suo articolo, perchè – per la prima volta dalla pubblicazione del decreto che modifica i criteri di selezione delle commissioni concorsuali I e II fascia – vedo messo per iscritto quello che ai miei occhi è sembrato chiaro dal primo momento. Non capisco perchè (se proprio si doveva fare un decreto) non si potessero inserire criteri qualitativi minimi (o medi) di selezione, come privilegiare l’impact factor, le citazioni, e non consentire la presentazione di titoli autoreferenziali – come gli articoli pubblicati su quaderni dei dipartimenti, ecc. Se poi si aggiunge che le commissioni molte volte scrivono relazioni finali che fanno piangere (soprattutto quando imbrogliano) e che si sarebbe potuto richiedere che il lavoro di commissario venisse fatto per bene e motivato in ogni sua parte (ad esempio, con esame dettagliato di titoli e cv), io penso che si sarebbe dimostrata veramente una volontà di cambiamento. Scusi l’impulso..

  12. calpurnio

    La scelta del governo non dovrebbe stupire, dato che ci viene continuamente ripetuto che i concorsi sono "truccati", visto che si conoscono i vincitori in anticipo. Quindi, per avere concorsi "giusti", bisogna renderli il meno possibile provedibili. Certo, tirare a sorte fra i concorrenti avrebbe determinato una maggiore imprevedibilità, ma sarebbe stato un sistema troppo rapido. In questo modo, invece, si andrà avanti per qualche anno, forse con qualche vantaggio per le casse pubbliche.

  13. Baroncino sconsolato

    E io che avevo preparato tutto con cura – commissione di amici ultra fidati, una sola domanda per l’unica idoneità disponibile. E ora? Ha proprio ragione Daniele Checchi, se almeno riaprissero i termini per le domande, il mio allievo e quelli dei miei amici potrebbero far domanda in altre sedi, e con un po’ di fortuna riusciremmo a farli passare da qualche parte. E ora che faccio? Gli accordi a posteriori sono difficili, nessun altro ha fatto domanda da me, non ho nulla da offrire. Speriamo solo che non mi capitino dei commissari onesti – di quelli che magari lasciano il posto vuoto! (E il Preside che mi dirà? E i colleghi?) Diavolo di una Gelmini!

  14. Gianluca Cubadda

    Concordo sui rischi comportati da un sistema che in molti settori consente a un docente di essere incluso nella lista dei sorteggiabili mediante un solo voto. C’è forse modo di salvare il salvabile. Come rileva Checchi, molti bravi candidati hanno speso le loro 5 domande presso sedi dove ritenevano più probabile una valutazione su basi competitive. Il segnale che ha verosimilmente orientato le scelte dei candidati era il commissario che la sede avrebbe presumibilmente nominato. La stessa informazione potrebbe ora spingere molti docenti "onesti" a tentare di entrare in commissioni dove il commissario nominato è un collega stimato. Se si è infatti disposti ad assumere che la percentuale dei docenti onesti non sia di molto inferiore al 50%, è il commissario nominato che può fare la differenza in un meccanismo basato sul sorteggio. Sarebbe pertanto utile eleggere una lista di 12 potenziali commissari per ogni concorso piuttosto che un’unica lista di 12*n docenti, dove n è il numero di concorsi banditi in un settore per una fascia di docenza. Questa scelta renderebbe più probabile la salvaguardia dei concorsi dove i candidati migliori hanno affidato le loro chances.

  15. luigi zoppoli

    Non contesto la decisione di riduzione delle spese per l’università in modo manicheo ma logica e metodo. Intanto il valore assoluto della spesa e dei tetti di spesa assegnati ad ogni ateneo non possono essere disgiunti da una valutazione di tipo qualitativo. Per converso, si può anche risparmiare rispetto ai tetti di spesa e spendere male. Ma è la logica ad essere discutibile: se non si stabiliscono preliminarmente obiettivi precisi da conseguire, il resto diviene confuso ed opinabile sotto tutti i profili. Ma anche il metodo è discutibile: se è vero che la finanziaria è lo strumento deputato a fissare l’ammontare delle spese, una riforma degna di questo nome dovrebbe essere contenuta in uno strumento normativo unitario, coerente, complessivo. Così non è. Quanto all’ipotesi "fondazioni" università, condivido l’approccio. Ma fino ad ora, anche questo aspetto che avrebbe davvero una valenza positiva rivoluzionaria è una mera e monca enunciazione che prelude a provvedimenti abborracciati. Qali le conseguenze? quale l’impatto?

  16. Chiara Saraceno

    Sono totalmente d’accordo con la lucida analisi di Checchi. Aggiungo solo due osservazioni. La prima è che, per essere una riforma che doveva "tagliare le unghie ai baroni", è per lo meno paradossale che abbia escluso dalle commissioni concorsuali di ogni ordine e grado sia gli associati che i ricercatori. Ora tutto il potere di decisione sarà in mano agli ordinari. La seconda riguarda il fatto che il decreto è pieno di "se possibile". "Se è possibile" un commissario non potrà essere in più di un concorso contemporaneamente. Dato che viceversa, come voi mostrate, è altamente possibile che debba stare in più di uno per poterne consenitire lo svolgimento, i commissari con il nuovo sistema avranno più potere che con il vecchio (dove non si poteva stare in più di un concorso e non per due tornate di fila), potendo controllare due concorsi in contemporanea. Inoltre "se è possibile" almeno due commissari dovranno essere dello stesso raggruppamento. Altrimenti i candidati saranno giudicati da ordinari incompetenti nella loro materia. Ma non sarebbe stato meglio tornare al concorso nazionale, uno per settore disciplinare, con un gran risparmio di tempo e denaro?

  17. Giuseppe Esposito

    Quello che appare maggiormente sconcertante nella provocazione di Daniele Checchi è che, nel sottolineare gli elementi di complessità, casualità e assenza di garanzie che egli attribuisce al nuovo sistema, l’autore dimentichi di fare un confronto col sistema precedente. Prima, i commissari dovevano essere eletti (in modo rigorosamente pilotato) per ciascun concorso: oltre che complicato quindi, anche inutile. Oggi, se la procedura è complessa, almeno ha una finalità. Veniamo alla casualità. Prima, l’unica forma di casualità ammessa era che il candidato designato vincitore non si presentasse, per qualche motivo, al "suo" concorso (e nemmeno, magari avrebbero annullato la prova). Oggi, un candidato meritevole ha perlomeno una chance di non trovarsi davanti commissari ostili. Ma soprattutto, ed è forse quello che maggiormente disturba la casta universitaria, è del tutto possibile che le scuole in grado di produrre individui meritevoli ottengano un numero di posti maggiore di quello che il rigido contingentamento e gli accordi baronali avevano prederminato.

  18. Giuseppe Esposito

    Trovo, nell’elencazione veloce dei requisiti minimali, "avere un dottorato, aver scritto e pubblicato qualcosa", gli indizi molto illuminanti di una mentalità autoreferenziale e poco attenta ai risultati. "Qualcosa", il candidato dovrebbe aver pubblicato, mica necessariamente "lavori validi su riviste di buon livello". E soprattutto, probabilmente a garanzia dell’abitudine alla sudditanza e dell’adesione alle regole feudali, il candidato deve avere il dottorato. L’arroccamento sul dottorato è l’ultimo sforzo autoprotezionistico di una casta troppo abituata a considerarsi avulsa dalla società. Nella Costituzione c’è scritto che l’insegnamento dev’essere libero. Libero significa che deve poter insegnare chi ne è capace, senza vincoli, lauree e dottorati. Ma l’Università della Costituzione si ricorda solo quando chiede soldi in nome dell’autonomia.

  19. Massimiliano

    Non è molto chiaro quali siano le conseguenze di attribuire a soggetti esterni all’istituzione che recluta il compito di selezionare i "ricercatori" che si troveranno a lavorare per Atenei concorrenti, con i quali competeranno in futuro in termini di allocazione di fondi pubblici e reperimento di fondi privati (dato che l’università si configura come un quasi-mercato). Ciò non avviene nei sistemi universitari a cui spesso ci si ispira (es. UK, USA). E’ come chiedere ai dirigenti della FIAT di selezionare gli ingegneri per la Toyota. Perché i commissari sorteggiati dovrebbero avere un qualche interesse a reclutare i "ricercatori" più capaci? Alcuni lo potrebbero fare per motivi di reputazione. Questa critica valeva anche per il vecchio sistema dei concorsi, ma è tanto più rilevante quanto più i fondi pubblici vengono ridotti e non più distribuiti a pioggia ma con criteri di merito. Meglio un sistema con un’idoneità nazionale per garantire uno standard minimo di qualità e far scegliere poi agli Atenei i loro "ricercatori" preferiti tra gli idonei, implementando nel contempo un sistema serio di valutazione di ricerca e didattica (vedi UK) per l’allocazione delle risorse.

  20. Luca Formaggia

    Quello che mi lascia perplesso nella discussione sui concorsi universitari e` che da un lato si citano classifiche internazionali e quindi sembrerebbe che ci si voglia confrontare con il resto del mondo, come sarebbe giusto e doveroso. Dall’altro ci si dimentica che in tutte le importanti universita` a livello mondiale la selezione del personale si fa con procedure trasparenti, pubblicizzate (su giornali, riviste specializzate e newsgroups, non su gazzette ufficiali che non legge nessuno) e verificabili, ma anche rigorosamente interne. D’altra parte come si puo` pretendere di giudicare una universita` o un centro di ricerca sulla base del merito se non gli si da la responsabilita` piu` importante: scegliersi il proprio personale! Su cosa la giudichiamo? Su quanto e` stata fortunata a tirare ai dadi? I difetti del sistema Italiano non si combattono con strane alchimie concorsuali, ma attraverso criteri di responsabilizzazione della struttura che assume e di valutazione rigorosa (dopo un periodo di prova) del candidato prescelto. Purtroppo questa riforma va esattamente nella direzione opposta. Che responsabilita` puo` sentire su di se una commissione sorteggiata a caso?

  21. fabrizio z

    L’introduzione del sistema dei concorsi non ha mai garantitola qualità delle selezioni. Almeno adesso si introduce un minimo di sorteggio che rompe seppur solo in minima parte il vecchio sistema di formazione delle commissioni che faceva inmodo che spesso i vincitori fosssero fossero decisi in anticipo.

  22. Giuseppe Esposito

    Marco Trombetta e Luca Formaggia, scusatemi entrambi, ma mi sembra ci siano alcune contraddizioni: se una “valutazione rigorosa del candidato prescelto” è possibile, perché rimandarla a “dopo un periodo di prova”? La si faccia prima, all’atto del reclutamento. Assumiamo poi che ogni università abbia “l’autonomia di poter scegliere il proprio personale e di sopportarne poi le conseguenze”. E mettiamo il caso che un’Università si sia comunque riempita di gente inadeguata. Dovrebbe liberarsene, o sbaglio? E se non siamo in grado di mettere a punto una “alchimia concorsuale” valida, come pensate di risolvere il problema ben più spinoso di decidere chi deve andarsene e chi no? Credo che Patrizia Sbriglia abbia visto giusto. L’Università ha bisogno di una cosa sola: di trasparenza.

  23. Alessandro Figà Talamanca

    Penso che non abbia senso commentare l’assurdo sistema di nomina delle commissioni delineato dal decreto legge. Sarà probabilmente radicalmente modificato dalla legge di conversione. Se non lo fosse in molti grossi settori non si riuscirebbe mai a raggiungere il numero necessario di commissari sorteggiabili. Verrebbero esclusi i tanti che non ritengono opportuno votare se stessi. L’unico effetto immediato del decreto legge sui concorsi è di bloccarli. A Giavazzi e agli altri guaritori improvvisati del sistema delle promozioni (il reclutamento interessa a pochi) vorrei ricordare il precetto ippocratico "primum non nocere".

  24. renzo

    Daniele Checchi dice che nel vecchio sistema (ora abolito, ma chissà) l’incentivo positivo era costituito dal partecipare alla selezione di un meritevole, mentre l’incentivo negativo era lo scambio di favori. E dove starebbe l’utilità dell’incentivo positivo? Quella del negativo è ovvia a tutti, la prima proprio no! Forse che gli individui sono motivati da altro che non l’interesse personale? A me sembra chiaro che il sistema di formazione delle commissioni proposto dal decreto Gelmini non sia perfetto (e peggiora a vista d’occhio con gli emendamenti in senato), ma un merito ce l’ha: porre fine o quantomeno limitare fortemente la possibilità di accordi per pre-determinare l’esito di un concorso in anticipo.

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