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UNA CASSANDRA A WASHINGTON

A scatenare la crisi finanziaria è stato lo scoppio della bolla dei mutui subprime negli Stati Uniti. Ma come si è creata la bolla? Bisogna risalire a due agenzie semiprivate, Fannie Mae e Freddie Mac. Ma anche dare un’occhiata alla carriera di un influente avvocato americano, che contro le due società ha pubblicamente preso posizione. Ed è caduto in disgrazia. Perché le istituzioni troppo grandi e potenti combattono a livello politico chiunque tenti di regolamentarle, senza risparmiare le minacce e senza badare a spese. Due strade per risolvere la commistione pubblico-privato.

A scatenare la crisi finanziaria è stato, si sa, lo scoppio della bolla dei mutui subprime negli Stati Uniti. Ma come si è creata la bolla? Perché le banche hanno erogato prestiti a chi non poteva ripagare i mutui? Per capirlo, bisogna risalire a due agenzie semi-private, Fannie Mae e Freddie Mac: comprano i mutui accesi dalle banche, fino a poco tempo fa senza preoccuparsi troppo della loro qualità. Quindi, le banche potevano accendere mutui senza andare troppo per il sottile, purché i mutui soddisfacessero gli standard (bassi) delle due agenzie e fossero a queste rivendibili.
La domanda successiva, ovviamente, è perché mai le agenzie fossero disposte a comprare mutui ad alto rischio. La risposta è un esempio interessante di come grandi imprese combattano la regolamentazione, talvolta con successo e, nel caso specifico, con risultati catastrofici per il sistema finanziario internazionale.   

LA CARRIERA DI PETER WALLISON

Un buon punto di partenza per la nostra storia è la carriera di Peter Wallison.
Peter Wallison è un distinto avvocato di quasi settanta anni e un esperto in materia di mutui. Oggi vive metà dell’anno in Colorado e metà a Washington. Scrive libri, talvolta articoli per il New York Times e il Wall Street Journal, ed è un membro dell’American Enterprise Institute, un think-tank di Washington. Insomma, è certamente una persona interessante e relativamente influente. Si potrebbe dire, tuttavia, che la sua carriera non ha mantenuto le promesse. A quaranta anni, Wallison era il capo dell’ufficio legale del dipartimento del Tesoro, a quarantacinque anni consigliere legale della Casa Bianca per il presidente Reagan. Dopo, per i successivi vent’anni, niente. Cosa è andato storto? Perché in dodici anni di amministrazione repubblicana, Wallison non è mai stato richiamato in gioco?
Una colpa di Wallison è di avere preso pubblicamente posizione contro Fannie e Freddie. Per tutta la sua carriera “post-governativa,” Wallison ha fatto la Cassandra sul mercato dei mutui. Nel 1999 per esempio, in un’intervista al New York Times, disse che Fannie e Freddie stavano creando una pericolosa situazione di azzardo morale analoga alla crisi dei savings and loans del 1980. (1)
In un libro pubblicato nel 2004 riprendeva l’argomento e avvertiva del rischio di una crisi “sistemica” generato dal comportamento irresponsabile di Fannie e Freddie. (2) Oggi sappiamo che aveva ragione.

GUERRA ALLA REGOLAMENTAZIONE

L’argomento di Wallison è che de jure, Fannie e Freddie sono private, e quindi hanno manager i cui salari sono legati in parte al fatturato. Ma de facto, sono sempre state percepite dal mercato finanziario come implicitamente sostenute dal governo Usa, e quindi non soggette al fallimento. Questa percezione ha consentito a Fannie e Freddie di prendere denaro a prestito a tassi molto bassi, e così di eliminare la concorrenza e crescere a dismisura. Col tempo, sono diventati dei giganti: Fannie Mae da sola possiede e garantisce mutui per circa 3 trilioni di dollari, più del 20 per cento del Pil americano. Giganti di questa dimensione giocano duro per mantenere il loro business model, che nel caso di Fannie e Freddie è garanzia governativa e poca regolamentazione della loro attività.
Per difendere il loro modello di business, Fannie e Freddie si sono progressivamente trasformate in “macchine da guerra” politiche. La minaccia più immediata è la regolamentazione: Fannie e Freddie sono regolate dall’Office of Federal Housing Enterprise Oversight e in teoria questo ufficio avrebbe potuto contrastare vigorosamente l’espansione del credito subprime. In pratica, Fannie e Freddie si sono premunite influenzando i politici, che a loro volta hanno esercitato pressioni sul regolatore. L’influenza sui politici ha preso molte forme: per esempio, contributi diretti alle campagne elettorali di politici, repubblicani e democratici, che avessero un ruolo nella regolazione dei mercati finanziari. Fannie e Freddie assumevano poi lobbisti per decine di milioni di dollari l’anno, spendevano decine di milioni di dollari in pubblicità e, attraverso fondazioni, distribuivano milioni in piccoli eventi locali. A prescindere da questi canali di influenza, poi, i loro manager  avevano un obbiettivo in comune con i democratici: espandere il credito ai poveri e alle minoranze razziali. Quindi i politici sono stati ben contenti di passare leggi che consentivano più prestiti a queste categorie naturalmente rischiose, e Fannie e Freddie sono state più che contente di ottemperare al mandato.
Nella lotta contro questi “poteri forti,” anche un personaggio influente come Peter Wallison ha scoperto di non avere chance. Innanzi tutto, i politici non avevano interesse ad ascoltare le Cassandre. E poi, Fannie e Freddie giocano duro. Per esempio, Wallison ha rivelato in una intervista televisiva di essersi dovuto dimettere dal consiglio di amministrazione di una impresa finanziaria in affari con Fannie Mae, dopo che il presidente di Fannie Mae aveva fatto sapere che non avrebbe più fatto affari con quell’impresa finchéWallison fosse rimasto in carica. (3) Questo tipo di intimidazione, esercitata con ogni sorta di politici e membri dell’establishment, è valsa a Fannie e Freddie la definizione di “organizzazioni politiche casualmente operanti nel business dei mutui”. (4)
La bolla dei mutui subprime fornisce dunque un esempio evidente della difficoltàdi regolare le grandi istituzioni. La lezione generalizzabile èche tali istituzioni non accettano passivamente la regolamentazione, ma la combattono a livello politico, spesso senza andare troppo per il sottile. Nel lungo periodo, le conseguenze possono essere catastrofiche. Una lezione non irrilevante per l’Italia.
Nel caso di Fannie e Freddie, una caratteristica peculiare èstata la commistione di carattere pubblico e privato. Ed ènecessario risolverla. Una possibilitàèdi rendere queste aziende formalmente pubbliche e quindi sottoporle a una serie di restrizioni che dovrebbero impedire loro di catturare il regolatore. La seconda soluzioneèrendere le aziende pienamente private eliminando l’implicita garanzia statale. Ciòdovrebbe eliminare le posizioni dominanti, dando luogo a una costellazione di aziende piùpiccole e quindi meno capaci di catturare il loro regolatore. La frammentazione renderebbe anche credibile l’eliminazione della garanzia. Senza la garanzia statale, si presume che gli investitori di Fannie e Freddie siano piùattenti alla gestione, riducendo cosìla possibilitàper il management di gonfiare il giro d’affari con prestiti discutibili.
Oggi, Peter Wallison èdi nuovo sulla cresta dell’onda. Viene intervistato in televisione e si era arrivati a parlarne come di un possibile segretario del Tesoro sotto una eventuale amministrazione McCain. Per chi fosse curioso, Wallison propone di risolvere il pasticcio di Fannie e Freddie con la privatizzazione.

 

(1) New York Times, 30 Settembre 1999 “Fannie Mae Eases Credit To Aid Mortgage Lending” di Steven A. Holmes.
(2) Privatizing Fannie Mae, Freddie Mac, and the federal home loan banks: why and how. Peter J. Wallison, Thomas H. Stanton, and Bert Ely. American Enterprise Institute, 2004.
(3) Il programma televisivo è Q&A with Brian Lamb, puntata del 14 settembre, 2008. La compagnia di Wallison è la Mortgage Guarantee Insurance Corporation.
(4) L’espressione è ripresa dal programma televisivo Q&A with Brian Lamb, puntata del 14 settembre, 2008.

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E’ TEMPO DI RIAVVIARE L’INTERBANCARIO

13 commenti

  1. Massimo GIANNINI

    Ormai sulla crisi finanziaria di origine statunitense si é detto e scritto molto. Sappiamo tutto salvo come esattamente porvi rimedio, e alla svelta…A noi che siamo in Europa e vediamo barcollare il nostro sistema finanziario, diverso da quello statunitense, alcune domande sono ancora senza risposta e la commistione pubblico-privato, o meglio il conflitto d’interesse del sistema, richiede azioni incisive. Queste le domande: quali sono stati esattamente i meccanismi di trasmissione della crisi all’Europa? Come e perché ci siamo lasciati “invischiare” in questa storia di subprimes e altri prodotti derivati? In Europa non abbiamo Fannie & Freddie eppure ora paghiamo per i loro errori ed altri nostri. Significa che nessuno in Europa si é mai preoccupato di considerare nel proprio assets and liabilities management il rischio sistemico e uno schock esterno, come per esempio si fa per i prezzi del petrolio. In altre parole e per dirla ancora con le parole di Greenspan perché in Europa non c’é stato nessuno “best capable of protecting their own shareholders and their equity in the firms”? Mancava una cassandra?

  2. Luciano Pontiroli

    L’articolo mi sembra una buona illustrazione delle conseguenze di un’eccessiva presenza del potere politico nel mercato finanziario: non tanto perché evoca l’arroganza delle due GSE nei confronti di chi ha osato criticarle, ma perché ricorda come la "policy" di credito facile da loro seguita rispondesse alle esigenze del mondo della politica (in particolare dei Democrats, ora trionfanti). Quanto al contagio, è un’evidente conseguenza dell’internazionalizzazione della finanza. Personalmente, ho potuto osservare come succursali europee di banche d’affari americane – intendo dire imprese d’investimento costituite in Europa da queste – abbiano riempito di titoli, il cui sottostante era costituito da mutui subprime, fondi di cui offrirono le quote alle casse pensionistiche italiane. A che serve la vigilanza? Luciano Pontiroli

  3. paolo bertoletti

    Se posso permettermi un gioco di parole, "Business privati nei mutui non casualmente operanti nel settore politico" mi sembrerebbe una descrizione di Fannie Mae e Freddie Mac più corrispondente al senso della presentazione che ne fa Nicola Persico.

  4. Luciano Pontiroli

    Ho impiegato l’acronimo G.S.E. – comunemente utilizzato nella letteratura nordamericana – che significa Government Sponsored Entities. Non contesto che giuridicamente Fannie Mae e Freddie Mac siano private, ma sappiamo bene che alla forma giuridica può corrispondere una sostanza diversa: non ci ricordiamo più delle Partecipazioni Statali? Non a caso Wallison et alii proponevano di privatizzarle. Luciano Pontiroli

  5. vincenzo de simone

    Sebbene l’articolo di persico sia fra i piu’ lucidi fra quelli che ho letto in merito alla globale crisi finanziaria innescata dai mutui subprime,pur tuttavia non riesco ancora a capire in modo esaustivo tutti i meccanismi di innesco della crisi. vi sarei grato se potessi comprendere ,attraverso una spiegazione anche elementare,nascita-sviluppo-globalizzazione della crisi. Grazie e distinti saluti.

  6. luigi zoppoli

    Certo che ad un consiglio dei ministri di qualche tempo fa avrei preferito la presenza di Peter Wallison a quella di Cesare Geronzi. Ma questo spiega molto. L’opinione di Wallison comunque dovrebbe chiarire ad occhi europei, specie se semichiusi, l’approccio americano ai problemi. E chiarisce anche che Wallison, pur combattuto, riceve sia pur tardi il rispetto e la considerazione che si è guadagnato. Ed anche questo ci distingue dal paese che ha eletto Obama. In ultimo, sono perplesso circa il silenzio sui decreti in materia bancaria e sul silenzio che avvolge le banche: garanzie statali o meno, o forse proprio in virtù di esse, non sarebbe il caso che divenisse noto il loro stato di salute? O forse l’altalena delle quotazioni risponde ad una mera logica speculativa? Luigi Zoppoli

  7. STEFANO MONNI

    Ancora una volta di più è dimostrata l’importanza di una sana regolamentazione per evitare le crisi che oggi tutti noi stiamo subendo. Sebbene l’Europa si differenzi notevolmente dagli Stati Uniti per il modo di gestire l’economia e la finanza, in un contesto integrato e globalizzato gli effetti prodotti in una parte di tale contesto non possono non coinvolgere altri Paesi, causando effetti a catena. E’ per tale ragione che – come più volte da me sostenuto – è opportuno giungere al più presto ad una integrazione non soltanto dei mercati e della finanza ma anche della politica. se chi ha responsabilità di governo avesse tenuto in maggior conto le voci delle diverse cassandre sperse per il mondo, forse la crisi che stiamo vivendo non avrebbe avuto tale rilievo ma certamente i suoi effetti si sarebbero potuti contenere quanto meno.

  8. Romano Badiali

    Massimo Giannini ha commentato: "Ormai sulla crisi finanziaria di origine statunitense si é detto e scritto molto". E’ verissimo, ma non ho visto nessuno richiamare l’attenzione su un fatto elementare cioè sulla sorprendente immaturità dei milioni di americani che si sono dimostrati incapaci di capire che non si può spendere più di quanto si porta a casa a fine mese. Non ci vuole un premio Nobel per l’economia per capire che, se sottoscrivi un mutuo che non puoi rimborsare, la conclusione inevitabile sarà il pignoramento della casa. Le tante dissertazioni tecniche sembrano ignorare che alla base dei fenomeni economici ci sono semplici leggi che appartengono al mondo della psicologia.

  9. Francesco Ballarini

    L’articolo mette a nudo i nodi fondamentali : la pericolosa ambiguità della commistione pubblico-privato, le potenti organizzazioni (Mac eMae) che si "mangiano" il proprio regolatore con azioni lobbistiche aggressive e spregiudicate. (Le vicende dell’avvocato americano mi ricordano gli episodi raccontati da Galbraith nel The Great Crash (1929): uomini d’affari stimani che mettevano in guardia contro l’imminente crollo borsistico dileggiati ed emarginati.) Che fare: ridurre le dimensioni dei colossi con dei break-up e pene gravi per coloro che tentano di intimidire e comprare i propri regolatori. Una domanda: quali poteri/lobby determinano la nomina dei 12 governatori della FED e "esprimono" il loro "gradimento" sul Presidente FED? Forse le Investment Banks?

  10. Michele Giardino

    Che il veicolo del contagio sia la tendenziale unicità del mercato, una globalizzazione che nel settore finanziario non è certo una novità, è cosa ovvia. Vi erano luci e ombre, ma le prime hanno nascosto le seconde, rese drammaticamente visibili dalla crisi. Bene. Però; – tranne qualche valligiano che crede che il mondo si fermi sl crinale delle sue montagne, sanno tutti che indietro non si torna; – le crisi prima o poi finiscono con la conta delle perdite e il pianto per le vittime, ma finiscono, e così sarà anche questa volta; – occorre rafforzare i poteri e allargare l’area di intervento degli Organi di vigilanza, meglio (ma sarà dura) se sovranazionali, e non perdendo di vista i rischi di degenerazioni politico-burocratica; Ma andrebbe anche chiesto a intere folle di componenti di Consigli, Comitati, Boards e Organi collegiali in genere, tutti per definizione "probi e competenti" , come abbiano interpretato il proprio ruolo di rappresentanza degli interessi diffusi nel confronto con CEO autocratici, quali domande abbiano posto e quali documenti abbiano chiesto di esmin sedute troppo brevi e troppo cordiali. E restituire peso e indipendenza ai controlli collegiali. .

  11. Giuseppe Caffo

    L’articolo è molto interessante e porta ad una riflessione.Di questi tempi il libero mercato viene continuamente demonizzato e visto come causa di distorsioni e sventure,a cui i politici e governanti devono porre rimedi.Ma siamo sicuri che negli ultimi decenni i mercati finanziari siano stati veramente liberi? Non saranno forse state le ingerenze politiche magari mascherate a volte da eccessi di regolamentazioni interessate a causare i disastri attuali?E le Banche Centrali nel determinare le politiche monetarie sono veramente indipendenti come dovrebbero essere? Mi rendo conto che lasciare liberi i mercati finanziari da ingerenze di governanti e politici è molto difficile,ma le future nuove regole di cui tanto si parla dovrebbero garantirlo.La finanza e l’economia mondiale nel futuro ne trarrebbe sicuramente grandi vantaggi.

  12. Paolo P

    Certo e’ che le autorita’ di vigilanza sono troppe e non sembrano avere i mezzi per ottenere una visione globale su chi ha sopportato le maggiori perdite originate da Freddie Mac & Co. Queste banche hanno magicamente trasformato crediti derivanti da operazioni altamente rischiose (finanziamenti al ceto povero) in titoli ad altissimo rating che hanno venduto a mezzo mondo. Siccome la magia non esiste, alla fine ci si e’ accorti che questi titoli valevano ben poco. Chi ha comprato questi titoli si ritrova ora con carta straccia in mano, ma non lo dice a nessuno. Anzi, le autorita’ europee si sono affrettate a cambiare gli standard contabili di bilancio per permettere a banche, assicurazioni, fondi di investimento e fondi pensione di nascondere il valore reale dei titoli “tossici” detenuti. Molti di loro sarebbero dichiarati insolventi se obbligati a valutare i loro assets al prezzo di mercato e a comunicare tali informazioni al pubblico. Le autorita’ hanno invece preferito “graziarle” e preferito non sapere chi ha subito perdite. Potessero fare un passo indietro, avrebbero raccolto in modo uniforme e pubblicare le informazioni su chi detiene titoli tossici.

  13. Massimiliano Guttadauro

    Buongiorno, le Cassandre non hanno mai avuto tanto successo nella storia. Adesso sono diventate piu’ popolari grazie anche alla enfasi posta da vari autori, da Persico a Taleb. Persico ci descrive come una Cassandra avesse tentato di porre enfasi sui rischi di questo sistema di finanziamento dell’economia americana. Taleb addirittura suggerisce che grazie ai consigli delle Cassandre si possono fare soldi, e tanti. Ho una domanda: si puo’ pensare che la attuale crisi finanziaria origina da una crisi di valori di questa versione del capitalismo? Questa crisi non e’ nata da uno shock esterno ma si e’ generata in maniera endogena. A mio modo di vedere cio’ significa che i principi che ispiravano sia gli attori pubblici che privati erano intrinsecamente deboli.

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