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QUALE LEGGE PER LE EUROPEE

La legge elettorale per il parlamento europeo dovrebbe garantire una rappresentanza universale e al contempo efficace in una complessa dinamica politica in cui si incrociano la dimensione di appartenenza partitica con quella nazionale. L’attuale sistema italiano assicura il massimo della universalità nella scelta, ma in termini di efficacia lascia a desiderare. Va dunque rivisto. La lista bloccata, abbinata a collegi su base regionale, è stata adottata da molti paesi. Potrebbe funzionare anche da noi, se accompagnata da un adeguato meccanismo di selezione dei candidati.

 

Dopo una lunga campagna elettorale che ha catalizzato per molti mesi la vita politica del nostro paese, abbiamo votato il nuovo parlamento nazionale, che in media sarà competente su meno del 40 per cento del totale delle leggi che ogni giorno regolano la nostra società. Nel giugno 2009, invece, ci dovremo esprimere sull’organismo che, insieme agli Stati membri, deciderà il restante 60 per cento e oltre di queste leggi, ossia il parlamento europeo. Razionalità vorrebbe che quest’ultima elezione fosse seguita con ancora maggiore interesse, nell’ambito di un dibattito serio e chiaramente informato, a partire dalle regole elettorali. Sembra invece regnare ancora molta confusione.

RAPPRESENTANZA ED EFFICACIA

Punto di partenza è la legge attuale per le europee, disegnata sulla base di un sistema proporzionale senza soglia di sbarramento, e con liste “aperte”, ossia con indicazione del voto di preferenza per il singolo candidato. Sostanzialmente, chi prende più voti all’interno di un partito passa, in proporzione ai seggi resisi disponibili per il singolo partito. Tutto questo all’interno di cinque grandi “collegi”: Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud e Isole. Stando alla recente proposta di legge, il governo intenderebbe modificare il sistema, puntando a introdurre una soglia di sbarramento e a eliminare il sistema delle preferenze individuali, introducendo liste “bloccate” il cui ordine pre-determina (sulla base dei seggi vinti dalla lista) la scelta dell’eletto. Per capirci, un modello che ricalca quello della attuale legge elettorale nazionale.
Giudicare una tale proposta in senso assoluto non è utile, in quanto non esiste un sistema elettorale “perfetto”. Piuttosto, occorre chiedersi quali sono gli obiettivi che il sistema elettorale deve garantire e i vincoli che deve rispettare, e dunque, sulla base della combinazione di questi elementi, valutare se e in che misura il sistema proposto sia o meno efficace.
Innanzitutto i vincoli. Nel 2002 un regolamento del Consiglio ha previsto requisiti minimi comuni per le elezioni europee in tutti gli Stati membri, dunque a partire dal 2004, data delle ultime elezioni europee, il voto deve avere luogo con un sistema elettorale proporzionale, cui si è adeguato anche il Regno Unito, patria del maggioritario. (1)
Inoltre, esiste incompatibilità tra il mandato al parlamento europeo e incarichi di governo o mandato di rappresentanza presso i Parlamenti nazionali. (2)
Per quanto attiene agli obiettivi, scopo della legge elettorale dovrebbe essere quello di garantire una rappresentanza universale e al contempo efficace nella complessa dinamica politica europea, in cui si incrociano la dimensione di appartenenza partitica con quella nazionale. Gli attuali meccanismi elettorali italiani garantiscono il massimo della universalità nella scelta, ma generano una serie di problemi in termini di efficacia.
Innanzitutto, l’attuale legge elettorale per le europee genera per l’Italia un tasso di rotazione eccessivo della propria delegazione nazionale, il più alto tra le grandi democrazie europee, come si può notare dalla tabella 1. Questo comporta che, a ogni legislatura, il capitale di relazioni, pratiche consolidate e conoscenze che il parlamentare europeo (e dunque il sistema-paese) ha messo faticosamente in piedi durante il mandato venga in buona parte disperso, a favore di altri paesi che invece garantiscono maggiore continuità nella rappresentanza. In secondo luogo, il sistema a lista aperta su collegi elettorali così vasti implica che ogni minuto aggiuntivo speso tra Bruxelles e Strasburgo gioco forza allontana il deputato dal suo territorio poiché, in nome del corretto principio di sussidiarietà a tutti caro, l’attività legislativa presso le istituzioni europee ha tendenzialmente un orizzonte sovra-nazionale, di non immediato impatto sul territorio. Ne consegue un principio di selezione avversa, per cui un certo tasso di protagonismo sul territorio (e dunque assenza da Bruxelles) risulta razionalmente essere la strategia ottimale per aumentare le chance di rielezione. (3)
Se a questo si aggiunge che, data la legge sulle incompatibilità, le due legislature succedutesi in Italia dal 2004 a oggi hanno comportato la sostituzione di quasi un terzo dei parlamentari europei inizialmente eletti, se ne deduce che le regole elettorali italiane sembrano determinare una volatilità eccessiva della rappresentanza parlamentare, sia tra legislature che durante la stessa. Tutto ciò pregiudica l’efficacia complessiva della nostra rappresentanza al parlamento europeo.

COME CAMBIARE LA LEGGE

Per porre rimedio a questi evidenti problemi, tutte le principali democrazie europee, tranne l’Italia, hanno riformato a seguito del regolamento del Consiglio la loro legge elettorale, optando per sistemi tra loro molto simili, come riportato nella tabella 2. La lista bloccata, abbinata a collegi su base regionale, è un dato comune a tutti i paesi considerati.
Chiaramente, un tale sistema migliora l’efficacia della rappresentanza, ma ne penalizza l’universalità, in quanto vincola le capacità di scelta dei cittadini. Il problema è stato risolto negli altri paesi grazie a un adeguato meccanismo di selezione dei candidati, con modalità diverse.
Si propongono qui tre possibili soluzioni al problema per il caso italiano. Innanzitutto, i partiti si impegnano a indicare una soglia massima del tasso di rotazione, poniamo il 50 per cento, decidendo i candidati da rieleggere sulla base di chiari indicatori di produttività: numero di presenze alle votazioni, alle discussioni, numero di emendamenti presentati e approvati, eccetera, come ad esempio avviene in Germania. Nell’ambito di un sistema a liste bloccate, tali deputati, una volta identificati, sarebbero dunque inseriti in cima alla lista. I posti rimanenti potrebbero essere allocati sulla base di un meccanismo di selezione interno ai partiti, come le elezioni primarie. Alternativamente, ove si voglia anche lasciare spazio alle preferenze individuali, si potrebbe optare per un sistema mutuato dalla legge elettorale regionale: un “listino” bloccato, deciso sulla base di quanto sopra, con i restanti posti aperti alla competizione elettorale. Questo avrebbe peraltro il vantaggio di ridisegnare i collegi sulla base delle regioni, analogamente a quanto già avviene negli altri paesi europei. Infine, i partiti si potrebbero impegnare a che i candidati eletti al parlamento europeo non partecipino, durante il loro mandato, alle competizioni elettorali nazionali.
Tali semplici soluzioni potrebbero garantire efficacia alla nostra rappresentanza europea, evitando che il sistema delle liste bloccate si tramuti in un espediente per “sistemare” amici e colleghi di partito. Categorie alle quali andrebbe peraltro ricordato che, dal 2009, con l’entrata in vigore del nuovo statuto, lo stipendio del parlamentare europeo non sarà più equiparato a quello di parlamentare nazionale, ma sarà fissato a un valore uguale per tutti: nel caso italiano, circa la metà dell’attuale.

Tabella 1. Tasso di rotazione elettorale (% di parlamentari non rieletti)

Paese Tasso di rotazione 1994 / 1999 * Tasso di rotazione 1999 / 2004 *
Francia 69% 57%
Germania 30% 36%
Italia 78% 69%
Regno Unito 58% 35%
Spagna 48% 55%

* Leggi elettorali non armonizzate nel 1999; armonizzate nel 2004, come riportato in Tabella 2

Tabella 2. Attuali sistemi elettorali per le elezioni europee a confronto

Paese Sistema elettorale europee * Collegi elettorali Preferenze individuali
Francia Proporzionale con sbarramento al 5% per collegio Dipartimenti Lista bloccata
Germania Proporzionale con sbarramento al 5% su base nazionale Lander Lista bloccata
Italia Proporzionale 5 macro-regioni Lista aperta
Regno Unito Proporzionale 9 regioni Lista bloccata
Spagna Proporzionale Regioni Lista bloccata

* I sistemi nazionali, pur mantenendo tutti il carattere proporzionale, differiscono nelle modalità di allocazione dei seggi sulla base dei voti ricevuti (gestione dei resti, etc.).

 

(1) Regolamento del Consiglio del 25 giugno e del 23 settembre 2002, Guce L 283, 21/10/2002, p. 1-4.
(2) Alle incompatibilità i singoli Stati nazionali possono aggiungere ulteriori elementi: in Italia, ad esempio, oltre a membri del governo, deputati e senatori, sono incompatibili con il mandato europeo, tra gli altri, i presidenti di regione, di provincia o i sindaci di comuni superiori ai 15mila abitanti.
(3) A norma di regolamento, i dati ufficiali sulle presenze dei deputati non sono pubblici. Hix fornisce tuttavia evidenza scientifica su una serie storica di votazioni al parlamento europeo, trovando che la struttura di incentivi propri di un sistema elettorale a lista aperta tende a far deviare maggiormente gli eletti dalla linea ufficiale sostenuta dal partito (S. Hix, “Electoral institutions and legislative behavior: explaining voting defection in the European Parliament”, World politics, 56 (2). pp. 194-223, 2004). Analogamente, l’evidenza aneddotica sembra indicare che la delegazione italiana, eletta con liste aperte, non sia tra le più presenti ai lavori parlamentari.

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  1. luca grezio

    Metto in luce sommessamente il fatto che la sedicente seconda repubblica (del cui recente trapasso piangiamo il lutto) è riuscita a porre in essere un numero imprevisto di leggi elettorali peraltro disomogenee e contraddittorie e ad ogni livello di potere che lascerebbe sorpresi anzi sgomenti i più. Grazie LG

  2. Michele Fortezza

    Temo che l’impostazione dell’articolo sia sostanzialmente sbagliata. Non è la legge elettorale ad aumentare la rotazione, ma il fatto che i partiti e molti politici italiani non diano importanza al Parlamento Europeo, visto come un’occasione di visibilità o un parcheggio tra un’elezione e l’altra. Basta guardare i candidati alle ultime elezioni e vedere quanti degli eletti iniziali sono ancora in carica. Tantissimi non hanno nemmeno accettato l’incarico! Io ho toccato con mano questo fenomeno quando stavo nei DS (collegio nord-est), molti parlamentari europei non avevano seriamente intenzione di lavorare in europa e alla prima occasione di un posto in Italia si dimettevano. Quanto alle liste bloccate sono una follia. Per come sono i partiti ora si tornerebbe alla cooptazione e soprattutto gli elettori lo vedrebbero come uno scippo di sovranità che non farebbe altro che alzare l’astensionismo.

  3. Antonio Travaglini

    Come si fa a dire che l’elevato tasso di rotazione dei deputati italiani è dovuto alla legge? Ci sono così tanti casi di parlamentari europei rimessi in lista che prendono meno preferenze dei colleghi? O, piuttosto e più semplicemnte, sono i decisori dei partiti a nominare i candidati amici? E i decisori cambiano, e a volte anche gli amici…. E davvero un sistema su base regionale sarebbe in grado di garantire una adeguata rappresentanza? Il Regno Unito ha nove regioni, più o meno come i Lander tedeschi. Noi ne abbiamo 19(20). Qualunque sistema sarebbe di fatto un maggioritario a due partiti. Con il bel risultato di produrre una quasi perfetta parità in seggi, credo.

  4. luigi zoppoli

    Il problema esiste e considerato il ruolo crtescente che comunque avrà il parlamento europeo, imporrebbe davvero la selezione dei candidati migliori. Fatto sta che per un paese come il nostro, e non temo di apparire qualunquista pur non essendolo, ogni sistema è peggiore dell’altro. Le liste bloccate ad esempio hanno consentito la nomia di un personale politico incompetente, demotivato, prono ai desiderata dei capibastone che li hanno designati. E tra costoro sono stati scelti i ministri. E si vede. Allora, siamo sicuri che la questione sia la legge elettorale e non la qualità dei capibastone? luigi zoppoli

  5. Luca Galvanini

    A questo proposito ritengo che il vero problema nell’affrontare la scelta di un nuovo sistema elettorale non sia nuovo: in questo momento di forte lontananza tra gente e politica, i partiti sono rappresentativi della volontà popolare e ammesso che lo siano ancora in quale misura? Quanto la gente comune crede nell’utilità e nella funzionalità dei partiti italiani? La sensazione è che oggi in un momento in cui l’Italia si dirige verso un sistema bipolare, i partiti che sembrano essere più "vicini alla gente" (anche considerando gli ultimi risultati elettorali) non sono sicuramente i più grandi. Evidentemente questa sfiducia della base trova fondamento in una realtà ormai ben conosciuta. Alla luce di questa situazione ha senso lasciare alle segreterie di partito anche la scelta dei nostri rappresentanti al Parlamento Europeo oltre a quello nazionale?

  6. Tuccio Raciti

    Ho letto con molto interesse l’articolo del Sig. C. Altomonte.Personalmente, non condivido alcuni dei contenuti.I nostri presenti e passati governanti hanno modificato più volte il nostro sistema elettorale, presentando il nuovo come il rimedio sicuro e certo alle difficoltà che si erano successivamente manifestate con la precedente legge. Di sicuro, il nuovo "medoto" serviva, in effetti, a far quadrare il loro modo di gestire i candidati e le preferenze. Personalmente, sono per un sistema proporzionale con una soglia di sbarramento del 5%, con collegi su base nazionale ( sistema tedesco ). Il mandato conferito, in questo caso, deve essere assolutamente imperativo.In tal modo non si consentirà a nessuno il cambio di "casacca" in corso d’opera. I partiti minori saranno costretti ad aggregarsi. RingraziandoVi per l’attenzione, cordialmente Vi saluto.

  7. Paolo Bertoni

    Nonostante gli argomenti addotti dall’autore, continuo a ritenere che le preferenze debbano essere mantenute. A mio modo di vedere, nonostante i sistemi in uso negli altri paesi, il valore primario deve essere la libertà di scelta degli elettori e non la cooptazione ad opera della dirigenza dei partiti. Per ovviare al "cambio di casacca" o all’uso del Parlamento Europeo come "parcheggio", basterebbe a mio avviso introdurre una sacrosanta ragione di incompatibilità fra seggio europeo e altre candidature: ritengo giusto che, una volta assunto un impegno politico, lo si mantenga fino in fondo.

  8. grazia borgna

    Se l’art 10 del nuovo Statuto del Parlamento europeo come dice l’articolo dimezzerà lo stipendio dei deputati italiani al Parlamento europeo (e tutti i parlamentari europei avranno lo stesso stipendio), questo rende evidente a tutti che gli italiani erano i più pagati dei 27 paesi membri. Questo renderebbe possibile in periodo di crisi e di risparmi forzati una richiesta dei cittadini italiani di dimezzare anche gli stipendi dei deputati nazionali oggi molto più elevati di quelli degli altri 27 paesi dell’Unione europea.

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