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OBAMA, UN CANDIDATO POST-RAZZIALE

Il primo candidato afro-americano alla presidenza degli Stati Uniti non rappresenta la fine del divario tra bianchi e neri, che anzi sembra aumentare. La vera novità è la disponibilità degli elettori a votare un presidente nero. Anche perché Obama ha evitato di fare della razza uno strumento di campagna elettorale, allontanandosi dai leader più radicali. Si è poi dimostrato capace di gestire con abilità situazioni potenzialmente esplosive, come i rapporti con il reverendo Wright. E si è presentato agli americani come il primo politico post-razziale.

 

Fra qualche giorno, se tutto va secondo le previsioni, Barack Obama sarà il quarantaquattresimo presidente degli Stati Uniti. La sua elezione segnerebbe un momento storico, la prima volta che un afro-americano assurge all’ufficio più alto della repubblica. Ma cosa ci dice questo primato statistico sulla questione della razza negli Stati Uniti? Forse il divario fra bianchi e neri è stato colmato? E come ha giocato nella campagna elettorale la razza di Obama?

DIVARIO CHE AUMENTA

Purtroppo, la risposta alla prima domanda è decisamente “no”. Il gap fra bianchi e afro-americani, secondo tutte le misure, esiste ancora e non diminuisce. Consideriamo per esempio la percentuale dei diciannovenni neri che finisce la scuola superiore: per i nati nel 1957 è del 51 per cento. Un quarto di secolo dopo, nel 1981, la percentuale è scesa al 43 per cento. (1)
Analogamente, nel 1999 era in prigione il 6,5 per cento dei maschi neri fra i 20 e i 54 anni, contro il 2,5 per cento di vent’anni prima. (2) Secondo queste e altre misure, il divario fra neri e bianchi è aumentato, non diminuito, nell’ultimo quarto di secolo. E ciò nonostante energiche politiche di integrazione scolastica, politiche di azione positiva nelle ammissioni a università e scuole professionali di elite e quote riservate in certi settori del mercato del lavoro.
Avere finalmente un presidente nero rappresenta quindi l’eccezione, un caso non rappresentativo dell’evoluzione sociale della popolazione afro-americana degli Stati Uniti. A ben guardare, Obama non rappresenta nemmeno demograficamente la media degli afro-americani. La madre è bianca e il padre è un economista laureato a Harvard.
Proprio questo background familiare insufficientemente “nero” lo rende sospetto alla macchina elettorale afro-americana negli Stati Uniti, diretta da personaggi quali Al Sharpton e Jesse Jackson. E infatti all’inizio non l’hanno appoggiato, preferendogli Hillary Clinton. A sua volta, Obama ha ignorato quella macchina elettorale. La freddezza reciproca ha probabilmente giocato a suo favore nel giudizio della maggioranza dell’elettorato, che vede con sospetto leader come Jackson e Sharpton.
Obama ha anche gestito con abilità la situazione potenzialmente devastante generata dalle dichiarazioni del suo pastore, Jeremiah Wright. In sermoni ripresi su video e in dichiarazioni rilasciate alla stampa, il pastore ha espresso veementemente il suo disappunto per l’indifferenza della società americana nei confronti dei poveri e dei neri. Anche a Michelle Obama sono state rimproverate dichiarazioni non sufficientemente patriottiche, sempre a sfondo razziale. In una società dove il patriottismo è la regola, e in particolare per i politici, esprimere sentimenti simili rasenta il suicidio elettorale. Va a merito di Obama aver saputo sventare queste difficoltà legate alla questione esplosiva della razza.

UN POLITICO POST-RAZZIALE

Obama si è creato l’immagine del primo politico nero “post-razziale”. Nello sport, figure simili sono già presenti: il più celebre è probabilmente Tiger Woods, la cui insofferenza verso le questioni razziali è proverbiale. (3) Ma nella politica degli Stati Uniti, quella post-razziale è una figura nuova e di cambiamento. L’impressione che Obama proietta di sé è di non sentirsi svantaggiato dalla sua razza e il pubblico americano gli è grato per non averne fatto uno strumento elettorale.
Insomma, la questione della razza non sembra aver diminuito significativamente le chance elettorali di Obama. Anzi, semmai le ha aumentate, generando l’entusiasmo dei giovani e di tanti elettori liberal. Negli ultimi giorni della campagna elettorale, Obama cerca di per fare breccia in una particolare categoria di elettori, i maschi bianchi poveri degli stati dell’interno: sono ideologicamente i più lontani dal suo messaggio liberal e potenzialmente il serbatoio di votanti più ostili a un candidato di colore. Eppure, anche fra loro il messaggio di Obama sembra fare presa. E forse, a ben vedere, è proprio il comportamento degli elettori l’elemento più significativo di questo voto presidenziale: non la presenza di un candidato nero, che rappresenta una eccezione rispetto ai trend della popolazione nera, ma la disponibilità dei votanti a eleggere un presidente nero. Èdavvero un traguardo di cui gli Stati Uniti possono andare fieri.

(1) Fra i bianchi nati nel 1981 la percentuale è il 67 per cento. Si veda la tabella 2a in “Why has black-white skill convergence stopped?” di Derek Neal, manoscritto, aprile 2005.
(2) Si veda la figura 1 in “The External Effects of Black-Male Incarceration on Black Females”, Stéphane Mechoulan, manoscritto*2006.
(3)Tiger Woods è per un quarto cinese, per un quarto tailandese, per un ottavo indiano d’America, e per un ottavo olandese. In una famosa dichiarazione si è definito “Cablinasian”, un misto di caucasian, black, indian, e asian.

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TRE PROPOSTE PER L’UNIVERSITA’

  1. hominibus

    Obama rimarrà, per il momento che viviamo, solo un candidato perché non piace alla destra, né propone cose significative di sinistra.
    Vincerà un avversario di scarso rilievo, malgrado i sondaggi ed il pesante lascito di W. Bush.

  2. mirco

    Troppi giornali si sono schierati con Obama e troppi esponenti repubblicani all’ultimo momento si sono dichiarati per il candidato democratico per pensare che non possa vincere, magari passeà per pochi voti ma dovrebbe farcela. Se non riuscirà allora vuol dire che non ci potranno essere speranze per gli Usa, significherà che gli americani sono cosi ingenui che si meritano i mutui ad ammortamento negativo che gli hanno propinato.

  3. Edoardo Giovanni Raimondi

    I pronostici, in questi casi, lasciano il tempo che trovano. Non so se il mondo, e la "grande" America in primis, sia ancora pronto ad avere una guida di "colore". In cuor mio lo spero, come segnale forte del superamento di certi retaggi del passato: ma una cosa è rispondere a un sondaggio, un’altra è decidere al momento del voto. Bush junior non piaceva a nessuno eppure ha ottenuto un secondo mandato. Difficile per gli elettori abbandonare una strada vecchia per un sogno o una speranza. La speranza che Obama, avvocato 47enne (che bella cosa, avere i leaders politici "giovani" e non 70enni) cerca di "vendere" come prodotto elettorale è certamente la propria, e la fiducia che ispira è più quella legata al calibro dei suoi consiglieri dei suoi supporters che quella riposta nel candidato stesso. Se Obama dovesse farcela, nonostante il nome Hussein e la componente mussulmana che lo permea, allora potrebbe essere una prima grande lezione di Storia (quella vera) dell’era moderna. In ogni caso, in bocca al lupo Barack.

  4. Carlo Guidetti

    Sono negli Stati Uniti da una settimana per lavoro e vorrei sottolineare due aspetti che si contrappongono alla questione razziale citata nell’articolo di Persico. Il primo è che al colore della pelle e relative questioni raziali di Obama si contrappone l’avanzata età di McCain. Mentre da noi la classe politica ha un’ètà media molto avanzata e sono comuni personaggi politici di rilievo con età perfino superiore ai 72 di McCain (basti pensare all’età del Presidente della Repubblica o del Consiglio) qua negli Stati Uniti ciò è decisamente inusuale. L’età di McCain viene utilizzata dai Democratici per sostenere che se McCain dovesse vincere si ritroverebbero entro la fine del mandato ad avere il primo Presidente donna (Sarah Palin, vice di McCain, che gli dovrebbe succedere). Il secondo aspetto è quindi la questione relativo al sesso. I Democratici sostengono che Sarah Palin sia stata scelta solo perchè donna, non certo per via delle sue abilità o esperienze come invece è successo per Biden vice di Obama. Sarà quindi particolarmente interessante osservare quanto non solo la questione raziale ma anche le questioni età e sesso incideranno al momento del voto.

  5. Fabio

    Non si comprende il punto dell’autore. Se Obama non è un candidato nero in senso stretto, come affermato dall’autore, dov’è la novità?Di quale nuova disponibilità dell’elettore americano sta parlando? Non si può parlare di nuova disponibilità se in passato non c’è mai stato un’latro candidato alla Obama. Sui dati relativi alle diseguaglanze tra bainchi e neri sarebbe utile poi presentare statistiche un filo più aggiornate. Dal 1981 a oggi ci sono quasi tre decenni. Magari la situazione è cambiata.

    • La redazione

      Un chiarimento. Il dato si riferisce ai diciannovenni nati nel 1981 (il testo non era chiaro su questo punto). Quindi la misura di interesse (se hanno finito la scuola superiore) è presa circa nel 2000 (1981+19).

  6. gioman47

    Ci siamo: ancora poche ore e salvo complicazioni dopo 2008 anni assisteremo ad un altro raro evento un altro salvatore del mondo è in arrivo su questa terra: non più guerre, fame. carestie , buchi d’ozono, effetti serra ecc.ecc., i mutui diventeranno mutu o muti (a scelta) ma chi sono gli altri due candidati? uno è un anziano con la pelle bianco/giallo cadaverico che da giovane lanciava grappoli di bombe al napalm sopra bambini e donne indifesi, l’altra è una spendacciona rovinafamiglie e ammazzafoche della peggiore specie: penso che di peggio non si potesse trovare! una squadretta parrocchiale perdente nei confronti di una squadra possente capitanata da un aitante giovane! Certo che è strana questa situazione! E questo succede oggi con gli usa e l’occidente con l’economia morente!

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