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FACOLTA’ DI AGRARIA: TUTTO IN FAMIGLIA

Perché interessa tanto il nepotismo nell’università italiana? Perché rappresenta la punta dell’iceberg del malcostume che inevitabilmente si instaura quando non vi siano incentivi e penalità, sia a livello individuale che di ateneo, nel reclutamento del personale accademico. I casi delle facoltà di Agraria di Catania e Palermo, con un buon numero di docenti di uno stesso dipartimento legati da rapporti di stretta parentela.

Nel settembre 2005, il professor Piero Tosi, a quel tempo rettore dell’università di Siena e presidente della Crui, scriveva che i concorsi-truffa erano semplicemente degli episodi. Nel 2006 Tosi dovette abbandonare entrambe le cariche anche in seguito a un concorso al quale aveva partecipato il figlio. Da allora, è emerso che molte facoltà dell’università italiana sono coinvolte in situazioni di nepotismo. Roberto Perotti, nel suo volumetto intitolato L’università truccata l’ha documentato ampiamente per l’università di Bari e la facoltà di Medicina de La Sapienza di Roma. (1)

L’ESEMPIO DI CATANIA E PALERMO

Perché interessa tanto il nepotismo? Perché rappresenta la punta dell’iceberg del malcostume universitario che si instaura inevitabilmente quando non vi siano incentivi e penalità, sia a livello individuale che di ateneo, nel reclutamento del personale accademico.
In un’analisi dettagliata della situazione nel 2006, “Ateneo Palermitano”, giornale on-line diretto da Francesca Patanè, ha messo in risalto il sorprendete livello di nepotismo che vige nelle facoltà di Agraria di Catania e di Palermo.
Con centotrenta unità di personale accademico e ventitré persone legate da stretta parentela, la facoltà di Agraria di Palermo presenta un tasso di nepotismo di quasi il 18 per cento. Le punte più alte riguardano gli economisti agrari. Nel dipartimento Esaf (Economia dei sistemi agro-forestali) su diciannove docenti, dieci hanno rapporti di parentela con altri docenti dello stesso dipartimento, con una percentuale vicina al 53 per cento. Seguono il dipartimento di Colture arboree con il 23 per cento e il dipartimento di Agronomia ambientale e territoriale con il 17 per cento.
Nella facoltà di Agraria dell’università di Catania, su cinquantuno professori ordinari, quattordici hanno rapporti di stretta parentela per un valore del 27 per cento. Nel dipartimento di Scienze e tecnologie fitosanitarie, quattro professori su dieci hanno rapporti di parentela con altri docenti dello stesso dipartimento o della facoltà, per un 40 per cento di tasso di nepotismo. Nel dipartimento di Scienze economico-agrarie ed estimative si trovano tre parenti su nove afferenti, per un tasso del 33 per cento.

(1) Roberto Perotti, L’università truccata, Einaudi 2008.

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22 commenti

  1. Marco Trento

    Mi sembra che troppi economisti coltivino l’illusione illuminista che basti congegnare un buon "meccanismo" di incentivi e vincoli per far sì che gli uomini si comportino in modo virtuoso. Come se gli uomini fossero dei topolini da laboratorio. Resto perplesso. Il problema in Italia è etico o morale, prima che di incentivi o vincoli. La Germania di Bismarck aveva le migliori università del mondo, anche senza "peer-review" o incentivi aziendali. Ma di etica ormai non si parla più. I nostri amici siciliani (e gli altri) non tarderanno a trovare un "meccanismo" (sic!) per aggirare l’incentivo o il vincolo. Statene sicuri

  2. decio

    Nessuno scandalo, è la legge che lo consente! Se, infatti, la legge vuole che le assunizoni vengano fatte tramite un concorso pubblico con una commissione che si scioglie un minuto dopo la chiusura del verbale e che non è responsabile dell’assunzione, possono essere fatti entrare anche parenti, amici, amanti, cani, gatti ecc…. Il vero scandalo è la legge attuale. Occorrerebbe dare pieni poteri ai singoli dipartimenti con libertà di assunzione, licenziamento, autonomia finanziaria (spesa, entrata, uscita). Sulla base della produttivotà di quel dipartimento, lo Stato dovrà distribuire i fondi.

  3. ainos2

    E poi ci si chiede perchè hanno sospeso la valutazione CIVR! Se volevano tagliare sapevano benissimo dove erano gli sprechi, è tutto "schedato"! Ma non gli interessa pulire certe zone, ottime sacche clientelari, tagliano dove non ci sono e dove si insegna a pensare con la propria testa!

  4. alberto

    E’ una vita che si parla delle stesse cose, parenti e baroni nelle università, Primari di partito negli ospedali, tasse da evadere come vanto, tangenti e regali per appalti, condannati in parlamento, e mi fermo qui con l’elenco per non confondere politica ed etica. L’Italia e l’italiano da troppo convive con una struttura pubblica/privata a bassa tensione etico-morale. E’ giusto ribadirlo, dare i dati, provare a far pensare, ma la realtà è che qui è passata la buia legge del "chi è piu furbo piu merita" e non si vede chi o cosa possa riaccendere la luce dell’etica, della moralità e dell’onesta (anche e soprattutto intellettuale). E anche qui mi fermo se no passo per il predicatore di turno.

  5. patrizia malaspina

    Ho visto professori dalla fama terribile, diventare agnellini con i figli di colleghi ed amici. La loro presunta severità in realtà non fa che accrescere il loro potere perchè chinque è in grado di farlo, chiede loro una raccomandazione in cambio di futuri favori. E se anche molti studenti, soprattutto nelle università meridionali sono scandalizzati da trattamenti di favore manifestatamente spudorati, come si fa a denunciare, se poi si deve fare l’esame con quel prof, o se il preside di facoltà è il primo ad alimentare il sistema? Chi "conosce", può permettersi di andare all’esame senza aver studiato e prende un voto alto, mentre chi non ha raccomandazioni, anche se ha studiato e merita, deve subire delle vere torture ed ogni esame, finalizzate non a verificarne la preparazione, ma a scoraggiarlo nel proseguire gli studi universitari. Come si fa a denunciare?

  6. Giampaolo Muti

    Sarebbe interessante conoscere se gli studenti di agraria di Catania e Palermo in questi giorni occupano le facoltà? Perchè non prima?

  7. vincenzo distefano

    Purtroppo gli studenti, come al solito fanno un gran casino senza sapere perchè: in realtà non hanno nessun vero interesse che l’università migliori, se no non farebbero la loro agitazione insieme ai docenti, cui questa situazione fa comodo. Da trent’anni a questa parte non è cambiato nulla, anzi il nepotismo è molto peggiorato.

  8. Vince

    Ora, mi sembra che il libro di Perotti possa essere una buona base di partenza per una riforma universitaria seria. Perché allora il Professore e lavoce.info non si impegnano a scrivere un progetto di riforma in articoli da mettere a votazione sul sito?Se ottenesse successo (lo ha ottenuto persino il dubbioso appello agli economisti!) e lo si pubblicizzasse a dovere anche nelle altre testate, potrebbe essere una buona forma di iniziativa legislativa. Il governo e il legislatore ne dovrebbero tenere conto. Certo è che non possiamo sempre aspettare l’iniziativa del governo per poi criticarla. La riforma la facciamo noi "intellettuali onesti", e loro vedano se è il caso di approvarla in parlamento. P.S. Un libro e qualche articolo, per quanto utile siano, non bastano al nostro scopo. La mia firma sarà la prima.

  9. Valerio Bra

    Dall’analisi di Paris non ho capito se le parentele indicano l’allocazione della discendenza nel proprio dipartimento oppure se esse siano anche in relazione, ad esempio, a matrimoni tra docenti indipendentmente approdati ad una stessa facoltà. A suo modo anche questo diventa un fattore di inquinamento della vita universitaria. Ma credo solo una tabula rasa (da attuare come?) riporterebbe le cose ad una normale dinamica. Infatti è sempre bene ricordare come lo sfascio attuale dell’università sia (anche lui) figlio leggitimo della riforma del 1980 (tutti dentro) anno da incorniciare, perchè promosse alle carriere universitarie tutti (buoni e cattivi, meritevoli e deplorevoli) coloro i quali a qualsiasi titolo erano presenti per la data magica stabilita. Mi sembra un peccato originale inemendabile, anche perchè, mi chiedo, quali allievi ci lascerà un corpo docente che è stato selezionato (diciamo così) in tale modo? Sono molto pessimista.

  10. Giuliano Delfiol

    Sto leggendo l’ottimo e devastante libro di Perotti. Il commento è uno solo: il "sistema" semplicemente non è riformabile. Inutile aggiungere norme alle già infinite che già ci sono (questo vale, in Italia, per qualsiasi settore). La coscienza non si genera per decreto legge. L’unico strumento capace di tagliare il nodo gordiano dell’università sarebbe una legge di un articolo e poche parole, che semplicemente abolisse il valore legale dei titoli di studio. Ma nessun politico avrà mai il coraggio di proporla.

  11. Fabio Gori

    Anche se non riguarda tutti i settori accademici (per la mia esperienza la matematica è meno coinvolta) senza dubbio lei rileva un grosso problema delle università italiane. Tuttavia, a mio parere, i dati che lei riporta sono troppo pochi per poter sostenere adeguatamente la sua tesi. Sarebbe interessante, ad esempio, analizzare dipartimenti più grandi, università oppure dei dati a livello nazionale (magari il figlio di un professore ottiene un incarico in un altro dipartimento o in un’altra università grazie comunque alla sua parentela). Un altro fenomeno molto preoccupante, a mio avviso, è lo scambio dei posto di dottorato: talvolta un professore fa superare il concorso di ammissione agli allievi di un altro perché in futuro il favore verrà ricambiato. Ho amici nei settori umanistici che hanno subito questi meccanismi a loro discapito. Adesso fanno ricerca in altri paesi europei.

  12. Paolo Barbieri

    Ogni qualvolta si sente parlare di questi casi di nepotismo, concorsi truccati e via discorrendo si sollevano grida di protesta che hanno la durata di un battito di ciglia. L’opinione pubblica si indigna, i politici sussultano e poi che succede? Nulla e nulla cambierà se non ci sarà la volontà di cambiare le cose. L’istruzione è il volando che può far progredire il nostro paese, le parole non bastano, serve concretezza perchè di discorsi retorici ormai non se ne può più. E questo cambiamento deve venire dal basso, in primo luogo da noi giovani. Non si può demandare ogni cosa ad una classe politica che va avanti a forza di slogan. I mezzi per farsi sentire ci sono, basta volerlo.

  13. mirco

    Il nepotismo è una vera disgrazia per l’università. E’ il vero grande ostacolo. Sulla scuola pubblica mi sono fatto una idea precisa e io la riformerei così: 1) scuola elementare di 6 anni facendo iniziare l’obbligo a 5 anni. Organizzare i plessi scolastici in veri istituti grantendo la scuola rurale e di montagna’ e il tempo pieno. Maestro unico prevalente. 2) abolizione della scuola media. Creazione di un ginnasio di 5 anni. Con i tre anni della scuola media e del biennio delle attuali superiori per concludere un ciclo dell’obbligo a 16 anni. In questo ginnasio si dovrebbero creare le fondamenta culturali dell’alunno prendendo come base il programma del biennio del liceo scientifico o attuale ginnasio. 3) creazione dei licei anche tecnici con gli ultimi tre anni delle attuali superiori e di un biennio universitario. Abolizione delle lauree brevi. Collaborazione delle universita con gli istituti superiori, spostamento dei baroni 70enni nell’isegnamento superiore. Si crerebbero dei veri ragionieri, geometri ecc. Collaborazione con le industrie. 4) università: veri corsi di laurea (non 500.000 corsetti ridicoli) con dottorati di ricerca e spazio i giovani ricercatori.

  14. provenza vincenzo

    Non capisco questi articoli urlati di tipo scandalistico che continuate a pubblicare solo per danneggiare il buon nome di secolari Atenei che si sono distinti per la qualità della propria ricerca. Non capisco cosa c’è di male se un genitore aiuta il figlio negli studi e gli permette di eccellere in una materia in cui la famiglia vanta un know how da diverse generazioni. Anzi le Università dovrebbero favorire questo passaggio generazionale con concorsi ad hoc come fanno le migliori aziende in cui viene permesso al padre di lasciare il posto al figlio. Non è vero che il nepotismo penalizza la ricerca in quanto i veri ricercatori possono sempre andare all’estero a farsi valere e non piangersi addosso o rimanere precari per anni (se rimangono anni precari vuol dire che non sono bravi ricercatori). Tale sistema andrebbe ulteriormente potenziato con indicazione diretta da parte dell’ordinario dei team di ricercatori di cui intende avvalersi inclusi figli, mogli, amanti, nipoti, vicine di casa ecc. Di fatto si tratterebbe di legittimare ciò che avviene nella realtà senza scandalo.

  15. Giuseppe Esposito

    Il nepotismo è solo la punta dell’iceberg: nessuno potrà mai rendere esplicita tutta la rete di relazioni e di amicizie che in troppi casi determinano l’esito dei concorsi. Come uscirne? Molti sostengono che l’unica via percorribile sia associare le risorse con la valutazione. Eppure, ogni qualvolta si parla concretamente di valutazione, è sempre la valutazione di un Dipartimento, di una Università, insomma di un gruppo, ed è sempre una valutazione ex post. Ma c’è qualcosa di profondamente sbagliato nella valutazione collettiva: gli errori di alcuni non devono poter incidere sul destino di tutti. La valutazione deve riguardare i singoli. Inoltre, una volta trovato un meccanismo affidabile per la valutazione, perché rimandarne l’applicazione a quando potrebbe essere troppo tardi? Nel sentiero tracciato da Vince, rinnovo la mia proposta: con criteri analitici a accessibili si stila una graduatoria unica nazionale; poi gli idonei, uno alla volta, scelgono la sede, portandosi appresso le risorse. Sistema semplice, meritocratico e a costo zero.

  16. renato

    Si sono convinto che sarebbe oportuno lasciare il percorso delle ciacole e si comincino a fare delle proposte serie, allora perchè non si propone una bozza di proposta di legge su lavoce.info? Aperta al contributo dei lettori, con pochi punti essenziali e senza i bizantinismi da azzeccagarbugli. Poi un bel referendum tra i lettori che hanno partecipato.

  17. gabriele di nardo

    Ritengo che non sia un fenomeno che interessa solo l’Università. Purtroppo in Italia avviene in tutti i campi e senza un minimo di pudore. Vi posso riferire che ai concorsi di notaio è normale che si scambiano la presidenza o componente della commissione di concorso per far risultare vincitori i rispettivi figli, mogli, amanti…. ecc.

  18. mario gregori

    E’ il momento per gli accademici di fare fare i "rom" di turno (ovvero criminalizzare un’intera categoria in base al comportamento di una minoranza). Prima delle elezioni imperversava l’antipolitica. Che cos’è cambiato d’allora? L”insieme del ceto politico è migliorato? Mi pare che in giro (maggioranza ed opposizione) ci siano sempre le stesse facce. Ma di antipolitica non se ne parla più. Poi è toccato agli immigrati irregolari. Il numero di sbarchi durante l’estate 2008 non è diminuito. Ma non se ne è più parlato. Poi è toccato ai sinti fare i rom. Qual’è il risultato: neanche 20.000 schedature in tutta Italia. Ma non se ne parla più. Ora avanti con gli accademici. Nessuno si sogna di negare che ci siano stati anche eccessi di familismo amorale (passione nazionale, del resto). Ma perchè tirare in ballo i docenti universitari (che pochi conoscono) e tagliare le maestre (che tutti conoscono). Che si tratti di armi di distrazione di massa?

  19. rombori

    E’ un fatto gravisimo. Però leggo di molte denuncie ma noto che difficilmente vengono pubblicati, oltre ai fatti, anche i nomi delle persone coinvolte nei casi di nepotismo.

  20. Fabio

    Grazie Quirino Paris, un docente di livello mondiale che ancora una volta "perde" tempo a cercare di farci aprire gli occhi. Un docente che potrebbe rilassarsi in California, dove la UC Davis gli offre un posto di ordinario, e dove è riconosciuto come una delle menti più brillanti in economia agraria. E invece lui prova da anni ad aprirci gli occhi. Ho letto molti commenti. La legge lo consente. Ci voglio i nomi. Non c’è nulla di male. Avviene anche in altri settori: che schifo! Se gli italiani non riescono più ad indignarsi per qualcosa che affossa ogni volontà di emergere solo per il proprio merito, allora vuol dire che tutto questo piace. E come diceva il compagno di Peppino Impastato, pochi giorni dopo che il suo amico fu fatto saltare in aria da quella mafia di cui oggi qualcuno vorrebbe conoscere i nomi (e che invece conosce benissimo), "..noi la mafia non la sconfiggeremo mai, perchè a noi italiani la mafia piace!" Io non mi identifico in questa Italia!

  21. Giuseppe Esposito

    Tra i tanti commenti ce n’era uno che tentava di essere concreto e costruttivo (intitolato, non a caso, "Proposta"). Ebbene, nessuno si è preso la briga di spendere una sola parola, magari per criticarla, per smontarla, per migliorarla. Anche l’indignazione, per avere un senso, deve far incanalare le energie verso la costruttività. Se no resta uno sfogo inutile.

  22. Fabio

    La proposta sembra interessante. Grazie per averla segnalata a chi, come me, accecato dai tanti commenti disarmanti, non è riuscito a cogliere l’aspetto positivo di questa discussione. La proposta sembra interessante, e la condivido. Credo in pieno nella meritocrazia. Ho solo un piccolo dubbio, che vuole essere una critica costruttiva: come legare questo sistema al fatto che la ricerca è in genere un lavoro di equipe? Notizia recente è che il governo penalizzerà le Università con bilancio in rosso e che premierà gli istituti con migliori risultati. La direzione sembra quella corretta. Inoltre, alla tua proposta aggiungerei ciò che in ambito dell’economia agraria italiana non esiste: pubblicazione dei concorsi da ricercatore e professore sulle banche dati internazionali, dove, in genere, si trovano solo i bandi delle Università estere (in genere americane). Mi viene in mente anche un altro problema: come risolvere l’immobilismo universitario? chi vince un concorso nell’Università X ci resta a vita. Ma senza scambio la ricerca muore! Dovremmo incentivare collaborazioni, ma anche, e sopratutto, lo spostamento dei ricercatori.

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