Lavoce.info

LA SCUOLA DEI TAGLI SENZA UN PROGETTO

Condivisibile l’obiettivo di una riduzione del personale e di una riorganizzazione della rete delle scuole. E probabilmente ragionevole una revisione degli orari di insegnamento almeno negli istituti professionali. Ma nel piano del governo manca un progetto educativo e non c’è alcuna valutazione delle conseguenze dei provvedimenti decisi. Sembra emergere solo la necessità di far cassa rapidamente. Gli stessi risultati si potevano ottenere con interventi alternativi, che non avrebbero colpito altrettanto pesantemente e casualmente l’offerta didattica. Il problema del sostegno.

Il piano del governo sulla scuola prevede la riduzione di 87.400 insegnanti e di 44.500 unità di personale amministrativo nel triennio 2009-2012, di cui, rispettivamente, 42.000 e 15.000 solo nel primo anno.
Per raggiungere questi obiettivi, si prevedono interventi sulla rete delle scuole e sugli ordinamenti scolastici: riduzione nel numero di ore insegnate nei vari livelli di scuola e modifiche nell’organizzazione della didattica, tra cui la reintroduzione del maestro unico alle elementari.
Il piano solleva dunque almeno tre domande: 1) gli obiettivi sono ragionevoli? 2) gli interventi previsti consentiranno di raggiungerli e a che costi? 3) Si poteva fare qualcosa di meglio?

IL NUMERO E LA DISTRIBUZIONE DEI DOCENTI

Sul primo punto la risposta è sì. Sulla base delle statistiche internazionali, l’Italia non spende per studente in modo molto diverso dagli altri paesi sviluppati: 2.971 dollari (a parità di potere di acquisto) in Italia, contro la media Ocse di 3.072. Tuttavia, è al ventinovesimo posto in termini di risultati sugli apprendimenti. (1) Tra le ragioni, l’abnorme sproporzione della spesa per il personale, che è tanto ampia da finire con il mangiarsi tutte le altre componenti di spesa, compresa quella per l’incentivazione e la carriera dei docenti, oltre che per la valutazione dei risultati. Gli insegnanti sono più della media Ocse – il rapporto alunni/insegnanti è pari a 10.7 nella scuola primaria e secondaria, contro una media Ocse di 16.2 e 13.2 rispettivamente -, insegnano meno ore e sono pagati meno degli altri paesi. Per l’incapacità di governarne razionalmente la mobilità, sono anche mal distribuiti sul territorio nazionale. Èanche vero che alla base di questa sproporzione ci sono, tra l’altro, orari scolastici mediamente più lunghi per gli studenti e una rete scolastica eccessivamente frammentata nei punti di offerta e mai riformata. Razionalizzare la rete, ridurre il numero degli insegnanti, e del personale Ata, e razionalizzarne la presenza sul territorio, allo scopo di liberare risorse da impiegare nel settore, rappresenta dunque una priorità per ogni politica di riforma seria della scuola italiana.

LE PROPOSTE DEL GOVERNO

Dunque, le proposte del governo sono giuste? Qui la risposta è più incerta. Èpossibile che le politiche scelte sugli ordinamenti, ma non certo la razionalizzazione della rete che ha tempi lunghi, siano utili per tagliare personale e risparmiare soldi alla svelta. Anche se è lecito qualche dubbio, visto che il ministero fornisce solo cifre aggregate e non spiega come i vari interventi proposti dovrebbero incidere sul personale. Per esempio: non si capisce dove e in che misura il modello del maestro unico alle elementari verrà applicato, considerato che continuano a essere previsti moduli organizzativi alternativi, compresi quelli basati sulle 40 ore. Ma in tutti i casi, oltre a quello di far cassa, non si capisce quale sia l’obiettivo formativo sottostante all’azione del governo. Per esempio, è probabilmente giusto ridurre gli orari di insegnamento negli istituti professionali, dove in alcuni casi si superano le 36 ore, considerato che sono mediamente più lunghi di quelli di paesi esteri che pure funzionano meglio in campo didattico. Ma non si capisce quale è, e se c’è, il progetto educativo sottostante. Perché tre ore in meno alle medie oppure 30 ore massime ai licei o 32 agli istituti tecnici o professionali? Quali insegnamenti verranno sacrificati? E perché? Inesistente anche la valutazione delle conseguenze. Ridurre il tempo prolungato nella scuola primaria produrrà sicuramente risparmi in termini di organico docente. Tuttavia, l’evidenza ci dice che stare più ore a scuola alla primaria aumenta la probabilità di completare la scuola secondaria, un effetto che compensa lo svantaggio relativo dovuto all’istruzione dei genitori. Sono stati presi in considerazione questi danni potenziali in termini di eguaglianza nelle opportunità?

ALTERNATIVE POSSIBILI    

Criticare è però fin troppo facile. La domanda vera, visto che l’obiettivo della riduzione del personale è condivisibile, è se c’erano interventi alternativi che non colpissero altrettanto pesantemente e casualmente l’offerta didattica. La risposta è sì. Il capitolo sull’istruzione del rapporto della Commissione tecnica sulla finanza pubblica ne descrive alcuni. Per esempio, il numero eccessivo di insegnanti alle elementari e medie dipende in larga misura dal modo in cui le classi sono ora formate, cioè a livello di singolo istituto. Riportare la decisione a un livello più alto, per esempio, i bacini di utenza, spostando se necessario tra scuole limitrofe gli studenti in eccesso, sarebbe di per sé sufficiente a ridurre fortemente il numero delle cattedre, con costi limitati per le famiglie. Ancora, il numero elevato di insegnanti dipende anche dalla presenza di deroghe eccessivamente generose sui numeri minimi di studenti necessari per formare le classi. Quella sui comuni montani, per esempio, pensata per garantire il servizio scolastico in situazioni estreme, interessa in realtà oltre il 20 per cento della popolazione studentesca.
Più in generale, le proposte del governo sembrano soffrire di un vecchio vizio ragionieristico; quello di credere che sia sufficiente scrivere una norma perché questa venga poi applicata. In realtà, l’esperienza del passato dimostra che non è così. Coloro che prendono le decisioni che davvero incidono sul personale scolastico (enti locali e Regioni per la rete scolastica, dirigenti di istituto per l’organico) hanno ampi spazi di azione, garantiti dalla normativa e dalla specificità del servizio scolastico, per annullare gli interventi centrali. Perché questi funzionino, è necessario che gli incentivi tra centro e periferia siano allineati. Oggi, è vero l’opposto. Se un comune chiude una scuola inefficiente, oppure se un dirigente scolastico riesce a risparmiare sull’organico nella formazione delle classi, ne paga solo i costi senza alcun beneficio, perché tutti i risparmi in termini di personale vanno al centro. Idee innovative, come il budget prefissato di insegnanti a livello di provincia e di singola scuola, introdotte dal precedente governo e che avrebbero consentito di superare il problema, sono scomparse nelle proposte attuali.

CARENZA

C’è infine una curiosa assenza nelle proposte governative. Non è possibile pensare di intervenire in modo efficace sulla spesa del personale docente in Italia se non si affronta con coraggio anche il problema della tutela degli studenti con handicap. Gli insegnanti di sostegno sono l’unica categoria ad aver mostrato una crescita incessante nell’ultimo decennio, fino a raggiungere l’11 per cento del totale nel 2007, con un costo complessivo per le finanze pubbliche che può essere stimato, in difetto, in oltre 4 miliardi di euro. In più, la loro distribuzione territoriale è sospetta. Lo stesso numero di studenti disabili produce il 50 pr cento in più di insegnanti di sostegno al Sud rispetto al Nord. Le politiche relative alla tutela devono essere riviste, introducendo criteri più rigorosi nell’accertamento della disabilità, protocolli che specifichino l’utilizzo del personale per tipologia di disabilità e che consentano di verificare l’efficacia delle politiche di integrazione. I primi a essere beneficiati sarebbero proprio gli studenti più bisognosi di tutela. 

(1) Per la spesa si veda Education at a glance 2008, tabella B7.2. Per gli apprendimenti ci riferisce a Pa 2006, competenze scientifiche.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Quanto contano le abilità non cognitive *
Leggi anche:  Le scuole del Sud restano senza mensa*

Precedente

LA SAPIENZA DEL FAMILISMO

Successivo

IL CORAGGIO DI CAMBIARE LE REGOLE

37 commenti

  1. ferruccio

    Il fatto che il progetto didattico-educativo sia completamente assente è evidente: prima si è saputo quanto il governo voleva tagliare e poi come. Ci si è soffermati su pochi e chiari slogan, molto comprensibili dall’opinione pubblica disinformata (i fannulloni dello stato, com’era bello il maestro unico di una volta, il 5 in condotta ripristina il rigore ecc ecc). Una tale superficialità non potrà che essere facilmente smascherata, come si è cominciato a fare, e il ministro non potrà che arrampicarsi sugli specchi, anche se amareggia osservare che purtroppo in Italia la scuola viene vissuta come una voce di spesa da ridurre piuttosto che la base per la crescita e lo sviluppo del Paese.

  2. francesco piccione

    Anche nell’articolo in commento si parte da un esame della situazione della scuola parlando di tagli. deve essere ancora provato che l’impiego delle risorse per il personale cositiuisca uno spereco e non un punto di forza. Si può disquirsie sulla qualità del personale, sull’efficacia dell’insegnamento, sui modi dell’aggiornamento, sulla selezione del personale, sull’ingresso di nuove figure professionali, ecc. ma appare del tutto apodittico dire che le spese per il personale rappresentano uno spreco. a mio parere anche nell’articolo commentato manca un progetto sulla scuola. un progetto che parte dalla centralità dell’insegnamento, dalla didattica, dalla riforma dei programmi, dall’esame dei modi di apprendere dei giovani che sono profondamente diversi dai metodi di apprendimento del passato. solo considerando tutto ciò si potrà disegnare una nuova scuola. Il taglio degli insegnanti non aggiunge un briciolo di qualità ai livelli di insegnamento e non ci schidano dal 39° posto della classifica. invece di pensare a come tagliare le spese sulla scuola si dovrebbe vedere come investire sulla scuola stessa. la differenza fra spendere ed investire non è solo nominalismo.

  3. Agostino Quadrino

    Sul tema libri di testo e possibili risparmi per le famiglie segnalo una proposta innovativa: far adottare a scuola libri di testo digitali (E-Book, Learning Object, Podacst ecc.), pubblicati online dall’amministrazione, facendone pagare il costo con una piccola "imposta di scopo" a carico dei produttori di hardware. Risultato: azzeramento di costi per le famiglie, equa remunerazione del lavoro di editori e autori, forte impulso all’innovazione a scuola. Che ne dite? (Il dettaglio e’ sul sito di Garamond: http://www.garamond.it/index.php?pagina=372 )

  4. Marino

    Ed è fare cassa e basta. Pochi, maledetti e subito e dopo di loro il diluvio. Di voti, perchè così gli elettori rimangono gli "scolari di seconda media non tanto svegli" che vuole Berlusconi come target ottimale. Alcune osservazioni: Quali insegnamenti verranno sacrificati, si chiedono gli autori. Prendiamo un piano orario di qualche indirizzo, ad. es. il liceo classico: parecchie materie hanno due o tre ore settimanali (inglese, matematica, storia dell’arte…), un taglio di due o tre ore significa di fatto la cancellazione di una materia con ovvi impatti occupazionali sulle relative classi di concorso, e/o un carico didattico assurdo : da 18 a 21 ore frontali con due ore per classe fa 9/10 classi di 25 studenti…200/250 studenti per docente, manco ti ricordi le facce, per non dire le riunioni e le correzioni dei compiti, e il combinato disposto di assenze dei docenti e degli studenti più festività può portare a non poter tenere le lezioni per un mese intero. Facciamo alla roulette russa, chi si becca la pallottola, storia dell’arte? inglese? matematica? filosofia? storia? Facciamo saltare le sperimentazioni di informatica, 2. lingua straniera, discipline economico/giuridiche?

  5. gioegio

    Gli insegnanti sono tanti? è un bene e se siamo sopra la media anche. dovrebbero essere incentivati e preparati meglio senza costringerli a 20 anni di precarietà prima di essere assunti. invece si riduce il personale, si chiudono le scuole di formazione degli insegnanti, si diminuisce il monte ore e si dice che pagheranno i comuni senza ici. Poi si aggiunge che dal 2012 sarà introdotta la valutazione e gli incentivi sui risultati. Dal 2012? Quando finisce la legislazione? Tutto questo senza una vera discussione, senza chiari obiettivi, senza indicare come esattamente si vuole migliorare e secondo quale logica.

  6. Andrea Garbin

    Oltre alla evidente mancanza di un piano educativo e non potrebbe essere diversamente perchè l’approccio è ragionieristico, non tiene proprio conto del sistema delle autonomie locali e del federalismo, tanto invocato. Infatti sia la competenza di Regioni, di Province e sopratutto dei Comuni deve essere necessariamente coordinato e questo già di per se è difficile per la frammentarietà delle competenze: La Regione programma, la Provincia si occupa delle secondarie di secondo grado e i comuni della scuola di base fino alla secondari di primo grado. I comuni che sono l’istituzione più vicina ai cittadini, sono anche quelli più esposti a politiche che debbono tenere conto del territorio, e siamo in un paese in cui i piccoli comuni e le piccole frazioni rivendicano la scuola come insopprimibile necessità. In alcuni casi si tratta davvero di non penalizzare le popolazioni, ma i costi sono necessariamente alti. Non si può non tenere conto delle realtà del nostro territorio, delle comunità montane, delle difficoltà in alcune aree del sistema dei trasporti. Anche per quello che riguarda il sostegno, manca una politica concertata tra le istituzioni locali e quelle governative decentrate.

  7. zigiri andamare

    dal rapporto: "Sull’elevato rapporto docenti/alunni incidono anche le modalità dell’integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap: gli insegnanti di sostegno sono quasi l’11% del totale, e l’obbligo di costituire classi più piccole in presenza di alunni «certificati» comporta una ulteriore dilatazione del corpo docente." Quindi che facciamo? classi "ghetto" dove buttare disabili e immigrati? L’integrazione nelle classi è un merito e deve essere perseguita anche se bisogna buttarci dentro quattrini. Altrimenti bisogna spiegare esattamente perché non si vuole più farlo.

  8. MARIE AROUET

    Il governo ha fatto tesoro del detto: "se ad uno sciocco indichi con il dito la luna egli guarda il dito". E chiaro che se lo sciocco è abituato a guardare il dito non c’è nemmeno bisogno di indicare la luna. In questo caso il governo non ha nemmeno indicato quale dovrebbe essere il migliore impiego delle risorse così risparmiate ed ho il sospetto che se lo avesse fatto (in dicando quindi delle priorità) l’attuale discussione sulla riforma taglio della scuola apparirebbe in tutta la sua superfuità.

  9. Alberto Vigone

    Si cita spesso il dato che il 97% della spesa per l’istruzione vada in stipendi di insegnanti e collaboratori. Non so come si ricavi il dato. Si tenga conto che le spese di funzionamento delle scuole sono sostenute dagli Enti Locali: i Comuni per scuole elementari e medie, le Province per le superiori. Agli istituti scolastici, cioè al Ministero dell’Istruzione, rimangono essenzialmente da pagare solo gli stipendi di docenti e non docenti.

  10. elena scardino

    Quanto ci scommettiamo che i tagli non riguarderanno gli insegnanti di religione?

  11. stefano delbene

    Anch’io vorrei che mi si indicassero i dati che dimostrerebbero l’eccessiva spesa per personale (magari dettagliando meglio le varie categorie). Vorrei poi fare solo due considerazioni: 1. Se è vero che in Italia ci sono proporzionalmente più insegnati che altrove, chi mi spiega la ragione per cui riescono ad entrare in ruolo a quarant’anni! Ma non siamo anche il paese dove si va troppo presto in pensione? Mi sembra vi sia una contraddizione! 2. Nella scuola elementare di mio figlio siamo nella situazione di dover utilizzare la compresenza dei due insegnanti del tempo pieno (o in alternativa utilizzare uno dei "famosi" ATA, che per il resto sono ampiamente sottoutilizzati) per accompagnarli presso una palestra fuori dal complesso scolastico. Basandomi su questo come su altri esempi, mi chiedo se con strutture scolastiche adeguate non si potrebbero avere risultati più efficaci, ed inoltre qualcuno si è mai preso la briga di calcolare l’entità degli affitti che vengono pagati per strutture spesso inadatte, denaro che potrebbe essere più efficacemente investito in edifici veramente adeguati?

  12. cinzia corsini

    Mi chiedo come sia possibile che un cambio (parlare di riforma mi sembra del tutto inappropriato!) che toccherà un gran numero di famiglie italiane non sia stato affrontato e approfondito dalle TV e dai giornali? Solamente alcune frasi superficiali e si gira pagina. Cosa sta succedendo in questa Italia? L’istruzione è fondamentale per il futuro dei nostri ragazzi! Il mondo corre, cambia così velocemente che i giovani devono prepararsi a confrontarsi con il mondo. E invece noi corriamo a ‘tagliare’ una spesa invece che Riformare un sistema scolastico che ancora mantiene privilegi che offendono e demotivano tutti coloro che invece insegnano con vigore e dedizione. Sembra ci siano tanti suggerimenti costruttivi per migliorare e ridurre la spesa scolastica, ma perchè non vengono presi in considerazione?

  13. Fortunato Artuso

    Si dice che il 97% del budget viene utilizzato per pagare il personale. A parte la necessità di ben descrivere i capitoli di spesa complessivi per il sistema scuola, certo mi pare che se qualcosa debba essere detto è che il budget per la scuola è troppo piccolo. Altro che tagliare. In questa scuola i mie due figli, stanno facendo un percorso educativo, sia al nido che alla scuola materna, che non mi sarei neanche sognato, strutturando su tutto l’anno scolastico attività tematiche e innumerevoli progetti educativi. Ora purtroppo siamo di fronte a un “non progetto” e nulla più. Qualsiasi progetto educativo è sacrificato alle esigenze di cassa, e perchè no, a favorire l’offerta scolastica privata. Ma già: la cultura del fare. Lo spirito d’impresa nell’azione di Governo E’ quella stessa “impresa” che ad ogni occasione sostiene che la scuola non è al passo con la modernità e col mondo del lavoro. L’unica scuola che piacerebbe a questo tipo d’impresa è quella la quale formasse i giovani alla lettura del proprio modulo di distinta base, nulla più. Quella cultura che ha sempre orizzonti di brevissimo periodo vuole ragionare di cose i cui effetti sorpassano la nostra esistenza.

  14. FRANCESCO VIAPIANA

    Come se non bastasse il ritardo strutturale, ora il sud ed in particolare la mia provincia, penalizza anche i ragazzi disabili. Ciò che è accaduto a Catanzaro ha dell’assurdo, le sigle sindacali della scuola dovendo decidere gli organici di diritto, hanno preteso prima di dare applicazione alla legge finanziaria del 2007 art.2 comma 413, di perequare il dato all’interno della regione, avendo Catanzaro un rapporto alunno docente molto basso (1,12) rispetto a 1,138 che era il dato nazionale prima dell’entrata in vigore della nuova regola, in aggiunta a ciò si è applicata la nuova normativa che prevede l’innalzamento del rapporto da 1,138 a 1,2.  Risultato: la prima perequazione ha tagliato 150 insegnanti, la seconda 160, per un totale di 310 posti in meno sul sostegno. Ora questo dato così a mente fredda non sembra dire nulla, ma all’atto pratico si traduce in 310 ragazzi disabili che dovranno rinunciare ad avere quanto gli spetta di diritto, uno per via della legge 104 in questo caso violata, ed uno in quanto tale diritto e’ certificato dalle asp provinciali attraverso le equipe socio psico pedagogiche. Domanda? Perché si consente in silenzio di fare soprusi ai danni dei disabili?

  15. Giunio Luzzatto

    Condivido le critiche. In particolare, ritengo molto opportuno il richiamo al "Quaderno bianco" della Commissione Spesa Pubblica: lì era impostato un piano che conteneva anche risparmi, inquadrati però in una strategia di sviluppo, non di meri tagli. Anche dal punto di vista pedagogico-educativo, "sotto il vestito niente". Non si era mai visto che qualcosa che pretende di chiamarsi riforma non avesse dietro di sé un dibattito culturale, una dichiarazione di obiettivi didattici da raggiungere a confronto con quelli non raggiunti dal sistema che si vuole modificare, etc. Anche all’epoca del più bieco predominio DC al Ministero della P.I., prima di intervenire si costituivano Commissioni pluralistiche (certo, con maggioranze sicure …), i lavori di queste venivano pubblicizzati, e studiosi di prestigio, esponendo i loro nomi e cognomi, assumevano la responsabilità di convalidare le scelte: oggi c’è il vuoto. Per di più, tra le riforme scolastiche quella del 1990 relativa alla scuola elementare è l’unica per la quale, contro le pessime abitudini italiane, vi sono stati un monitoraggio e una ampia discussione sui risultati dello stesso, anche con una approfondita indagine parlamentare.

  16. Marco

    Mi stupisco di non vedere nemmeno su "lavoce" due parole su ciò che il governo ha deciso per le università. Ma lo sapete o no che nel più totale silenzio di stampa e tv il governo ha dato la possibilità agli atenei di divenire fondazioni private? Privatizzazione dell’università e quindi dell’insegnamento. Non è fantascienza che i vari senati accademici intraprendano questa strada visti i crateri nei loro bilanci. Conseguenze? Una ricerca piegata agli interessi dell’imprenditore di turno, il quale appunto non esiterà un secondo ad indirizzare la ricerca nei campi a lui più "graditi". E l’autonomia di quei poveri precari dei ricercatori (sempre più precari vista l’altra splendida norma per la quale a fronte di 5 professori che vanno in pensione ci sarà il ricambio a tempo indeterminato di uno solo), così come quella del sapere in generale, dove andranno a finire? Anche qui ancora tagli: il fondo di finanziamento ordinario verrà drasticamente ridimensionato, ulteriore incentivo ad affidarsi a privati. I quali, per risanare i buchi di bilancio, percorreranno la strada maestra, ovvero l’innalzamento delle tasse che gravano sugli studenti. Ebbene sì, saranno loro a pagare i debiti degli atenei.

  17. Sauro Partini

    Apprezzo lo spirito dell’articolo, ma segnalo imprecisioni non irrilevanti. Il rapporto docenti/alunni non risulta depurato degli oltre 30.000 insegnanti di religione che il resto dei paesi OCSE non ha e che ci costano circa 600mln l’anno; va inoltre depurato degli insegnanti tecnico-pratici (non laureati) e di quelli inidonei, che in Europa o non ci sono, o risultano sul bilancio di ente diverso dalla P.I.; va poi fatto presente che i docenti di sostegno sono, negli altri paesi UE, a carico del Welfare. Riguardo al numero di ore, gli studenti europei ne fanno meno al mattino, ma svolgono nel pomeriggio impegni di laboratorio per scienze, matematica ed altro, da noi inesistenti (così B.Vertecchi, consulente OCSE). La ministra sostiene che l’incidenza del personale sui costi totali sia del 97% circa, ma somma anche le spese sostenute dalle regioni, al cui netto tale incidenza scende al 78% (all’incirca come una grande impresa di servizi). Chiedo un aiuto agli autori: avanzate una proposta per evitare che i precari storici, molti con lauree brillanti, dottorati, masters, magari finiti nel tritacarne del nepotismo concorsuale accademico (come me) finiscano, per sempre, sulla strada.

  18. Andrea

    Durante le riunioni sindacali a cui ho partecipato in 19 anni di servizio (16 di precariato) non ho mai sentito proposte a livello di amministrazione centrale che puntino ad un rilancio del ruolo determinante della scuola nel contesto sociale odierno, solo ed esclusivamente tagli. Ma chi viene messo a capo di questo dicastero "ghigliottina" a veramente l’idea di che cos’é una scuola e che cosa serva per farla funzionare? Sembra proprio di no, oppure si ma la loro è una visione abberrante. Cara Gelmini va fatto capire al (super)ministro dell’economia che l’istruzione non è merce, materiale che si può quantificare (e quindi tagliare!). Per la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica siamo dei mangiapane a tradimento, modello perfetto di scansafatiche, dimenticando che parliamo di uno dei mestieri più usuranti. Ho sempre meno voglia di darmi da fare, caricarmi di lavoro a casa per offrire ai miei studenti qualcosa di più stimolante ed aggiornato; quest’anno proposte didattiche innovative mi sono state "segate" dal nuovo dirigente scolastico; la motivazione è stata espressa in burocratese, ho preferito non perdere altro tempo visto che non c’é peggior sordo di chi non vuol sentire.

  19. Rosalia Toller

    Gli estensori dell’articolo non ci dicono perchè occorrerebbe ridurre il personale nella scuola. Se prendiamo il comparto ATA (ausiliari, tecnici e amministrativi), è palese a chi di scuola se ne intende che la riduzione di 44000 unità mette in ginocchio l’organizzazione di molte scuole: già ora esistono compiti puramente amministrativi che vengono accollati ai docenti perchè nelle segreterie l’organico è del tutto insufficiente. Se parliamo di docenti occorre spiegare per esempio, come l’aumento degli alunni per classe, in una tipologia di scuola – quella italiana – dove sono caratteristiche l’attività frontale e l’organizzazione per classi, possa portare efficienza al lavoro didattico. Se parliamo di disabili, si deve osservare che la loro integrazione scolastica è un obbligo di legge, cui già adesso è difficile ottemperare per la riduzione degli organici di sostegno (mediamente un ragazzo con disabilità di livello medio fruisce di 9-12 ore di sostegno su un totale di 36, per parlare degli istituti tecnici). La riduzione del personale della scuola, tra l’altro, continua da anni senza che ciò abbia portato ad alcun risultato positivo. Si cambi la cura!

  20. decio

    Gentile Redazione, circa due anni fa, ho letto con piacere un articolo presente sul Vostro sito, dal titolo o contenente la frase "Privatizzazione: la parola magica", che forse è anora presente. Non vedo nessun commento sulla questione della privatizzazione/fondazione che si lascia al voto di ciascuna università contenuto nelle proposte del presente Governo. Dappertutto soltanto giudizi negativi. Avete per caso cambiato idea?

  21. Luciano Serbenski

    Mi limito a rimarcare un dato che nessuno, ad eccezione del Dr. Di Meglio della Gilda degli insegnanti, ha evidenziato. Le comparazioni vanno fatte tra dati omogenei: in Italia quando si afferma che esistono troppi insegnanti in rapporto agli alunni non si tiene conto che i docenti di sostegno sono considerati docenti a tutti gli effetti mentre in altri ordinamenti sono alle dipendenze non dell’Istruzione ma della Sanità o dell’Assistenza Sociale; in Italia inoltre esistono circa 25.000 insegnanti di religione cattolica e ciò in virtù dell’attuazione di accordi sovranazionali; non esiste altro paese in Europa con questa "anomalia" nel corpo docente. Scorporando i docenti di sostegno e quelli di religione dal numero totale avremo un dato omogeneo ed equiparabile a quello degli altri paesi e vedremo che il rapporto docenti/alunni è in linea con la media europea. Per non parlare della somma investita in Istruzione in termini di percentuale del PIL: dal 1990 al 2005 siamo passati dal 5,5% al 4,7%. Oggi siamo al 4,4% (dati Istat). Nel 2003 la media OCSE era 5,2%. Il problema non è spendere meno ma spendere meglio evitando sprechi:per avere qualità bisogna investire di più non tagliare.

  22. PAOLO TREVISAN

    Si discute della concentrazione al 97% della spesa del personale del MPI, ma si sta barando sulle cifre. A parte il fatto che l’incidenza del lavoro docente è dell’81%, il resto è per la maggior parte Ata o personale delle strutture centrali e periferiche del MPI. Ma non dovevano essere aboliti gli ex provveditorati, in concomitanza con l’autonomia delle singole scuole? Comunque anche prendendolo per vero il dato del 97%, sarebbe un dato molto favorevole. Se consideriamo che tutte le spese di funzionamento dei plessi scolastici sono a carico di province e comuni, cos’altro dovrebbe fare il MPI se non pagare, poco e male, gli insegnanti? E comunque su un bilancio di 45 miliardi di euro annui, anche il 3% non è una cifra disprezzabile.

  23. Giouseppe Moncada

    Anche se con ritardo, ho letto con interesse l’articolo dei due autori che apprezzo molto nelle analisi prodotte sulla scuola. E’ pur vero che la scuola nei vari anni è stata considerata come ammortizzatore sociale, tuttavia non si capisce perchè nulla viene detto sulle Province. Berlusconi in campagna elettorale nel suo programma aveva l’abolizione delle Province. Nulla si dice oggi, compresa la Lega, sul fatto che ben 4.079 poltrone di politici esistono pagati dallo Stato. Forse queste non sono spese che gravano sulla collettività. Perchè le scuole superiori debbono essere gestite dalle province, quando, potrebbero essere e dovrebbero essere gestite dai comuni? Le Province debbono continuare ad esistere come emanazione delle Regioni nella sua struttura amministrativa , non politica. Per stabilire le strade interprovinciali da asfaltare non sono necessari consigli provinciali, giunte , commissioni e così via. Perchè ancora debbono esistere le pletore dei consigli di quartiere , di molte comunità momtane ecc ecc. Che gli orari scolatici degli Istituti Tecnici, Professionali debbano essere ridotti, eliminando contemporaneamente le 900 sperimentazioni è corretto.

  24. Paola

    Non vi sembra assurdo che una destra liberista faccia una bandiera dell’intervento pubblico nell’economia (in questa fase è veramente necessario) e tolga soldi alla scuola pubblica già in difficoltà. Le università/fondazione come struttureranno l’offerta formativa? Indovinate un pò! E in tutto questo i media coprono il tutto con il 5 in condotta, il grembiulino e (cosa grave) le classi differenziate. Italiani state tranquilli ci pensiamo noi con il voto in condotta e togliendo l’immigrato dal banco di fianco al vostro figlio. In questo modo si parla alla “pancia della gente” e si fa arretrare il paese!

  25. gaspara

    Segnalo l’articolo di Aldo Grasso sul Corriere on line di oggi (22 ottobre) intitolato "il genitore democraticamente benestante", poichè, abitando anch’io in centro, segnalo che anche a Roma è una categoria diffusa.

  26. Andrea Chiari

    I tagli seguono una logica. Demoliranno i laboratori, per esempio quelli di chimica e in generale l’insegnamento scientifico. Già sono partite le circolari. Le scuole tecniche si ridurranno a una specie di liceo di serie B, con le spese solo per il personale e per i gessetti della lavagna. Gli insegnanti tecnico-pratici, per fare un esempio, saranno ridotti ai minimi termini e quelli che si salveranno non saranno i più bravi, ma quelli piazzati meglio nelle graduatorie. Come fa a dire il Ministro impunemente al telegiornale che la scuola secondaria superiore non sarà toccata? Sempre per la serie "non dire la verità" come si fa ad affermare inoltre che le scuole a tempo pieno non saranno tagliate, e però le ore di pausa-mensa saranno computate così si uscirà due ore prima. Non è questo prendere in giro la gente? E poi si parla dei grembiulini! Certo, come mascheratura mediatica è un’operazione superba.

  27. Giorgio Parizia

    Ma è proprio vero in Italia che gli insegnanti sono troppi rispetto agli altri paesi europei o il motivo è che in altri paesi certi insegnanti vengono considerati a carico della scuola pubblica, come quelli di sostegno mentre in altri no? E poi se sono ed erano troppi perchè nel 2° governo Berlusconi sono stati immmessi di ruolo migliaia di insegnanti di IRC (insegnanti di religione cattolica) cioè di una materia facoltativa?

  28. Diego Gomez de Ayala

    Mi permetto di dissentire. La riforma sottintende un progetto, quello di smantellare la scuola pubblica per fare spazio ad una scuola privata dove si insegnerà alle nuove generazioni il pensiero unico.

  29. DE SANTIS UMBERTO

    La cosa più tragica è che l’informazione non fa domande alla Gelmini e a Berlusconi, non chiede spiegazioni! Nel decreto legge approvato sembra che curare la valutazione degli effetti del decreto stesso sia irrilevante.

  30. Luciano Domenicali

    Ho messo tutta la mia buona volontà, il massimo dell’impegno, per trovare qualcosa di buono nella "riforma" (così la chiamano) della scuola in discussione (discussione? Sì nel paese, ma non nelle sedi politiche a ciò preposte); ma, ahimè! il mio tentativo è miseramente fallito."Troppi docenti": tutto da dimostrare! Direi che ne occorrerebbero di più per ovviare al fenomeno di classi intorno a 30 alunni. "Spesa eccessiva": mal fatta! Basterebbe guardare gli stipendi di gente che lavora il doppio delle ore nominali previste e per contro laboratori inesistenti e/o fatiscenti, edifici scolastici che hanno perso completamente la memoria di un restauro. "Spese generali eccessive": siamo poi tanto sicuri che siano tutte a carico dello stato? Il liceo di mio figlio chiede ogni anno almeno 50 euro ad ogni alunno per pagare fotocopie, cancelleria e finanche i registri! Non è certo con la riduzione del personale che si può far funzionare meglio il sistema scolastico italiano! Se mai c’è bisogno di investire per la sua riqualificazione, per l’aggiornamento, per far crescere la scuola pubblica! Ma già! I soldi si danno alle scuole private e più se ne tolgono a quella pubblica.

  31. enzo natale

    E’ certo che l’economia è alla base della ricchezza del paese, quindi è prioritario destinare interventi pubblici per farla ripartire sottraendo risorse ove è possibile e razionalizzando tutte le spese anche nella scuola: troppi gli insegnanti inefficienti (pessimi esempi), troppi i bidelli fannulloni (pessimi esempi). Sarebbe però stato ottimo esempio tagliare il numero di poltrone nei vari centri di potere, provincie regioni, comuni, municipalizzate, ecc. Prima l’esempio!

  32. marco l.

    Non reputo irrealistico che le redazioni vicine al PD dipingano a tinte troppo luminose questo movimento studentesco. Ricordo articolo più aspri verso i fischi a Prodi o Veltroni. Ridimensiono le lodi alla coesione fra generazioni e professioni. Non vedo genitori in piazza con studenti di secondarie e università. Per i docenti, mi pare convergenza di interessi materiali: soprattutto quegli universitari temono per i privilegi che spesso ne fanno cattedratici latitanti, ricercatori letargici, centri di caporalato per parenti e amici. Contesto una summa di interventi lungi dal farsi "riforma", che uccidono le parti sane della scuola italiana, ma sto attento all’immagine del braccio di ferro con la società civile. Questo Governo spariglia le carte in un mucchio che unisce classi ponte e corsi di laurea fantasma, taglio degli insegnanti di sostegno e strizzata ai baronati, precariato e profumati cocopro nepotistici. Temo che il mal-governo del centro-destra verrà ancora metabolizzato. La maggioranza degli alunni già integrati continueranno a sbarcare la pagella, magari più ciucci, ma a genitori consci ormai che il merito non paga, poco importerà; agli altri, si sa, non è data voce.

  33. michele

    Se penso che queste manovre sono fatte per rinvigorire la finanza italiana mi chiedo: la riduzione del personale e l’innalzamento dei costi della scuola (lo dicono tutti i rettori) creerà un nuovo bacino di persone di varie età che non avranno da studiare (per gli studenti), non troveranno lavoro perché troppo vecchi (per ricercatori e docenti e personale) e ci sarà un nuovo gruppo di persone che non avranno stipendio e che dipenderanno dai genitori che non avranno nessuna capacità di acquisto; tutte queste persone possono aiutare l’economia? Mi viene in mente l’esempio del fordismo studiato anni fa in storia: pago i miei dipendenti abbastanza da potersi comprare quello che producono. Secondo me, la prima cosa su cui razionare le spese sono i costi della classe politica, non l’istruzione che permette a migliaia di persone di vivere e acquistare e quindi persone che sono utili al mercato. Se la gente avesse più soldi spenderebbe di più, non dico che dovremmo dare a tutti più soldi, però tagliare cifre simile di personale mi sembra autolesionista.

  34. Stefano

    Concordo con il pezzo scritto. In sostanza, per Berlusconi, nel settore pubblico, se si spende male allora bisogna spendere meno. Secondo me sarebbe meglio dire: se si spende male allora bisogna spendere meglio…perchè per la scuola lo Stato deve spendere!

  35. MIMMO D'ORAZIO

    La legge è e deve essere uguale per tutti compresi: deputati, senatori, presidenti di regione, provincia e comune, professori universitai, primari, e dirigenti della pubblica amministrazione. E quindi già 2000 firme raccolte per far applicare la riforma brunetta anche ai nostri deputati e senatori in qualità di dipendenti pubblici e contro lo smantellamento dello stato sociale, la privatizzazione della scuola, della previdenza e della sanità. Firmate: http://firmiamo.it/applicazioneriformabrunettaaideputatiesenatori

  36. roberto cesari

    Est modus in rebus. Lasciando per un lungo attimo l’occhio dai monitor, non in classe, e riprendendo carta e penna, ops lapis e respirando profondamente, mi verrebbe voglia di parafrasare una celebre frase: Quando colui che ascolta, leggi gli studenti, non capisce colui che parla, vedi il ministero, ed anche colui che parla (vedi sopra) non sa cosa stia dicendo, questa e’ la “scuola”, intesa, come apparato dello stato, e non come, ahime’ dovrebbe essere, momento di crescita, formazione, sviluppo in breve istruzione per gli allievi. Ma allora, questi tagli ci sono, ci saranno, ovvero ci furono? Ripensando alla nonna, quand’ero piccolo mi ricordo che quando mi tagliavo piangevo sempre, perche’ i tagli non sono indolori; mi si dira’, dipende. E sì. Possono non lasciare segni, talvolta delle cicatrici, o addirittura delle perpetue mutilazioni, ed allora?

  37. ernesto brando

    Vorrei ricordare che l’insegnante di sostegno non è solo di supporto ai portatori di handicap, ma anche in affiancamento a casi di disagio sociale. Sotto questo profilo non dovrebbe stupire che in aree socialmente ed economicamente svantaggiate possa esserci una richiesta forte di insegnanti di sostegno a ragazzi che altrimenti scivolerebbero nell’evasione scolastica e, forse, nella criminalità.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén