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CRISI E NUOVE REGOLE

Nel dibattito in corso sulla crisi si intersecano e si confondono due piani:

a) Le misure da adottare per evitare che la crisi di fiducia tra banche dilaghi in crisi di fiducia verso le banche;
b) Le misure da adottare per migliorare la regolamentazione dei mercati alla luce di quanto imparato dalla crisi. Le prime misure sono il problema dell’oggi e non vi è moltissomo tempo per dibattere sui dettagli. L’approvazione in seconda battuta del Piano Paulson da parte del congresso risponde a questa necessità. Approvato il piano e rassicurati i mercati sulla sua implementazione vi è uno spazio per meglio definirne alcune modalità, ma questo spazio è contenuto nel tempo. Se anche l’Europa riuscisse ad adottare misure analoghe in tempi ragionevoli le chance di successo nel bloccare la crisi si accrescerebbero di molto.
Vi è invece molto più tempo per rivedere i meccanismi di regolamentazione, negli Stati Uniti e in Europa, per correggerne i difetti che si sono manifestati durante la crisi. Qui il tempo disponibile occorre prenderlo tutto per pensare accuratamente cosa fare. Vi sono tre ragioni per questo:

1. Qualunque nuova regolamentazione non serve a fermare la crisi in atto ma a prevenire quelle future; il suo successo dipende da una buona comprensione di cosa non ha funzionato negli strumenti di regolamentazione disponibili.
2. La storia insegna che la reazione alle crisi è l’iper-regolamentazione del mercato. Accadde dopo la Grande Depressione con una severa repressione finanziaria e il costo è stato molto elevato (pensiamo alle quotidiane lamentale  degli imprenditori italiani sulladifficoltà di ottenere finanziamenti dalle banche).
3. Non abbiamo solidi principi guida sul disegno e il dosaggio della regolamentazione dei mercati finanziari; la regolamentazione è guidata dall’esperienza e dagli sviluppi empirici. Sappiamo però anche che una regolamentazione lasca espone a instabilità finanziaria; ma anche che la regolamentazione che elimina le crisi elimina anche l’economia. Il giusto dosaggio richiede un’accurata ponderazione.

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LA CRISI FINANZIARIA EUROPEA: UN INVITO AD AGIRE

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LA SAPIENZA DEL FAMILISMO

  1. Silvestro De Falco

    Forse le investment bank dovrebbero essere tenute separate dalle banche commerciali? Non propongo un nuovo Glass-Steagall Act tout court ma certamente è necessaria una seria analisi del mercato finanziario per capire chi fa cosa e per verificare se la specializzazione del lavoro in questo settore non sia la strada migliore da seguire. I subprime non scompariranno, così come non sono scomparse le obbligazioni ad alto rendimento (junk bonds) dopo il disastro delle casse di risparmio. Per regolamentarli la Federal Reserve non deve fare altro che stabilire un loan-to-value ratio per i mutui ipotecari compatibile con la sua stance monetaria, così come stabilisce i margin requirement per i conti titoli. Infatti così come all’origine del crollo del ’29 ci sono stati margin requirement molto elastici, non sarebbe peregrina l’ipotesi che alla base di questa crisi ci siano stati mutui – compresi first and second mortgages – che complessivamente ammontavano al 100% del valore (inflazionato) dell’abitazione.

  2. Massimo GIANNINI

    Quanta fretta ma dove corri, dove vai? Se ci ascolti per un momento capirai. Lui è il gatto ed io la volpe, siamo in società, di noi ti puoi fidar. .. Il gatto e la volpe sono personaggi reali (Paulso, Bush o altri). Il piano Paulson é passato da 3 pagine a 400: i dettagli non contano? E ancora non corregge l’origine vera del problema: l’indebitamento di chi ha comprato case. 700 miliardi non servono quando in un giorno di borsa se ne perdono molti di più. Una goccia nel mare. Prima bisogna cambiare le regole.

  3. Massimo Merighi

    Non concordo che la iper-regolamentazione sia un problema, negli US dopo i crack di Enron, Worldcomm, Adhelpi si è aperto gli occhi che le corporate non erano gestite per prevenire i rischi, allora fu creato il Sorbane-Oxley Act. Chiunque abbia esperienza lavorativa si sarà reso conto che sono cambiate procedure, fatti seminari, introdotte policy di firme etc. ect. Ma poi in realtà si è cambiato il modo di lavorare? Si è diventi maggiormente consapevoli dei rischi e dei loro effetti, credo di no. Per cui più che i iperregolamentazione bisognerebbe parlare di creazione di strumenti atti a prevenire il Moral hazard, altrimenti siamo da capo e solo qui sta la radice della mancanza attuale di fiducia.

  4. Giovanni Bottazzi

    Non è del tutto vero che non esista qualche principio valido per prevenire le crisi finanziarie: vale ancora il principio, oggi del tutto trascurato, della divisione dei ruoli tra i partecipanti al mercato, specialmente gli intermediari. Se questi diventano anche emittenti in via ordinaria di titoli, come le banche di investimento in USA e da noi le banche tout court, è difficile poi controllare il loro operato. Il conflitto d’interessi reso sistemico finisce per minare la fiducia del risparmiatore-depositante, che diventa, piuttosto, forzosamente, cliente-investitore. Anche senza invocare lo Steagal-Glass Act qualcosa si potrebbe fare, se si volesse…

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