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LA MADRE DI TUTTI I SALVATAGGI

Il sistema finanziario statunitense è stato nazionalizzato e la Fed ha perso la sua indipendenza. E in Europa? Il caso Aig ha messo in evidenza l’interconnessione tra il mercato finanziario statunitense ed europeo, oltre a un colossale aggiramento dei vincoli sui requisiti di capitale. Ora, le maggiori banche europee sono diventate troppo grandi per fallire, ma anche troppo grandi per essere salvate. Dovrà farsene carico la Bce. I regolatori europei sono seduti su una bomba a orologeria e farebbero bene ad attrezzarsi per affrontare scenari peggiori.

Il sistema finanziario statunitense è stato nazionalizzato. L’approccio dei salvataggi ad hoc, culminato con quello di Aig – solo due settimane dopo Fannie e Freddie, i due maggiori sottoscrittori di mutui immobiliari – chiaramente non stava funzionando. Tra l’altro, è assai probabile che anche alcune banche regionali di media dimensione, fortemente esposte sul mercato immobiliare (anche con asset meno “tossici” dei mutui subprime), avranno presto bisogno di essere salvate. Per questo tutto il sistema politico americano sta lavorando freneticamente per una soluzione generale il cui elemento centrale è già noto: il governo comprerà, a prezzi ancora da stabilire, 700 miliardi dei cosiddetti “toxic assets” presenti nei bilanci degli intermediari finanziari. Il nodo ancora da sciogliere è quale sia il prezzo che il governo intende pagare: se il governo comprasse questi asset a prezzi alti si dovrebbe accollare esso stesso le perdite che risulteranno dalla differenza con il loro valore di mercato. Se invece il governo pagasse un effettivo prezzo di mercato (ovvero più basso) le banche andrebbero in perdita e dovrebbero essere quindi ricapitalizzate, probabilmente dallo stesso governo statunitense. Alla fine è pertanto probabile che il governo americano si trovi presto a possedere, in una maniera o in un’altra, gran parte del proprio sistema bancario. Ad ogni modo, se lo schema di sostegno sarà sufficientemente generoso, i mercati si dovrebbero calmare.
È significativo che i primi istituti a essere formalmente nazionalizzati durante la crisi non siano state banche tradizionali, ma istituti (Fannie e Freddie, Aig) che avrebbero dovuto svolgere solo un ruolo sussidiario nel sistema finanziario.

L’OPERAZIONE AIG

Formalmente, l’operazione di salvataggio di Aig è composta da due elementi separati:

·        La Federal Reserve di New York è stata autorizzata a concedere un prestito di 85 miliardi di dollari ad Aig;

·        Il Tesoro americano ha assunto il controllo di Aig, ricevendo l’80 per cento del capitale della società e nominando un nuovo management.

La Federal Reserve sta pertanto finanziando il governo americano. Le severe condizioni di credito imposte ad Aig per il finanziamento (8,5 punti percentuali sopra il Libor) sono solo fumo negli occhi, perché il pagamento degli interessi si traduce di fatto in un pagamento dalla tasca destra alla tasca sinistra del governo.

L’INDIPENDENZA DELLA FED

Contemporaneamente, il bilancio della Federal Reserve ha dovuto assorbire massicce quantità di asset di dubbio valore, cosicché la stessa Fed potrebbe risultare insolvente; di qui la decisione di ricapitalizzarla, con una linea di credito illimitata del Tesoro. Ciò significa che la banca centrale americana ora dipende finanziariamente dal governo, e quindi ha perso la sua indipendenza. 
Che il compito di mantenere la stabilità dei prezzi dovesse essere affidato a banche centrali indipendenti è stato a lungo considerato una pietra miliare della moderna politica macroeconomica orientata alla stabilità. Ma ora la più importante tra le banche centrali, quella americana, è finita nelle mani del governo. Con ogni probabilità, il forte aumento del debito del governo americano sarà anche accompagnato da un maggiore ricorso al finanziamento monetario del deficit. Quanto tempo passerà prima che l’Europa sia obbligata a seguire la stessa strada? 

INTEGRAZIONE DEI MERCATI FINANZIARI GLOBALI

Il contagio a livello globale si manifesta sia verso l’alto che verso il basso. Il quasi fallimento di Aig, seguito dal più grande salvataggio finanziario mai effettuato, ha anche messo a nudo la complessità delle interconnessioni tra i mercati finanziari globali. La teoria ci insegna che lo scopo principale della globalizzazione finanziaria sarebbe il risksharing. In pratica, le istituzioni finanziarie europee (e non solo europee, ma anche asiatiche) possedevano larghe quote degli asset sui mutui ipotecari statunitensi e, pertanto, hanno condiviso le perdite che sono emerse quando il mercato immobiliare americano è andato in crisi. Il sistema bancario statunitense sarebbe ora in una situazione ancor più grave se le perdite dei titoli subprime americani fossero state concentrate tutte negli Stati Uniti.

E L’IMPATTO SUI REQUISITI DI CAPITALE

Il caso Aig ha messo in evidenza anche un altro tipo di interconnessione tra il mercato finanziario statunitense ed europeo, ovvero un colossale aggiramento dei vincoli sui requisiti di capitale. Dall’allegato K-10 del suo ultimo rapporto annuale, si scopre infatti che Aig aveva venduto alle banche europee contratti di assicurazione sul rischio di default sui propri crediti alla clientela per più di 300 miliardi di dollari. La relazione al bilancio specifica che lo scopo di questa copertura era precisamente quello di ridurre i requisiti di capitale imposti alle banche europee. Pertanto, un’eventuale insolvenza di Aig avrebbe lasciato le banche europee senza il capitale necessario a far fronte agli impegni, con probabili effetti devastanti sul loro rating e la fiducia nei mercati.
Ciò spiega anche perché l’approfondirsi della crisi di Aig ha colpito anche i valori di borsa dei titoli bancari europei. Di fatto, con il suo intervento, il Tesoro americano ha salvato anche il sistema bancario europeo. Tuttavia, nel caso di liquidazione di Aig, le banche europee dovranno in tutta fretta irrobustire il proprio capitale per somme considerevoli.
La misura dell’arbitraggio regolamentare reso possibile dai contratti di assicurazione di Aig, e probabilmente molti altri, può essere calcolata come lo scarto tra il grado di leverage complessivo delle banche coinvolte e il capitale di vigilanza in rapporto agli attivi. Le dodici più grandi banche europee presentano in media leverage complessivi (patrimonio sociale su asset totali) pari a 35, contro un livello di circa 20 delle grandi banche americane; tuttavia il leverage misurato dagli istituti di vigilanza è solo intorno al 10. La differenza tra leverage complessivo e quello calcolato secondo la regolamentazione di vigilanza si spiega, da un lato, con il fatto che le importanti operazioni da banca d’investimento degli istituti europei non sono soggette a nessun requisito di capitale, e dall’altro come conseguenza delle operazioni di assicurazione effettuate da società tipo Aig.

GLI SPILLOVER POSITIVI

Le banche europee beneficeranno della grande nazionalizzazione del sistema finanziario statunitense ora in corso. I grandi gruppi bancari europei hanno tutti importanti attività negli Usa e possono pertanto usufruire dei 700 miliardi che il governo impiegherà per comprare le attività basate sui mutui che risultano per il momento illiquidi.
La stabilizzazione dei prezzi dei “toxic assets” avrà un effetto positivo per tutti gli investitori che li hanno comprati. Ma non è chiaro quante di queste attività rimangono nei bilanci delle banche europee, né quanto volatili si riveleranno le fonti di raccolta di fondi per finanziarli se la fiducia non verrà presto ristabilita. Intanto, anche la Bce ha dovuto sovraccaricarsi di attività di dubbia qualità per importi enormi.

TROPPO GRANDE PER FALLIRE E TROPPO GRANDE DA SALVARE?

Il problema principale da questo lato dell’Atlantico è che le maggiori banche europee sono diventate non solo troppo grandi per fallire, ma anche troppo grandi per essere salvate (vedi tabella). Ad esempio, le passività totali della Deutsche Bank (che presenta un grado di leverage oltre 50!) ammontano a circa 2.000 miliardi di euro, più di quelle di Fannie Mae, pari a oltre l’80 per cento del Pil tedesco. Un numero semplicemente troppo grande perché la Bundesbank, o anche il governo tedesco, possa intervenire a salvarla, considerando anche che il bilancio della Germania è legato alle regole del Patto europeo di stabilità e crescita e che il governo tedesco, diversamente dal Tesoro americano, non può ordinare alla sua banca centrale di creare più moneta.
Allo stesso modo, le passività totali della Barclays ammontano a circa 1.300 miliardi di sterline (con un leverage oltre 60!), un ammontare superiore al Pil britannico. Fortis Bank, di recente apparsa spesso sui quotidiani, ha un leverage pari a “solo” 33, ma le sue passività sono molto più elevate del Pil del suo paese di origine, il Belgio.
Dunque, i regolatori europei sono seduti su una bomba a orologeria. Non possono più contentarsi di discutere blande “road map” di convergenza regolamentare, ma farebbero bene ad attrezzarsi per affrontare scenari peggiori.

LA BCE DEVE FARSENE CARICO

Dato che le soluzioni per le maggiori istituzioni non possono più essere trovate a livello nazionale, è evidente che la Bce dovrà farsene carico, essendo l’unica istituzione dell’area euro in grado di emettere importi illimitati di moneta in euro. Le autorità del Regno Unito e della Svizzera, che non possono contare sulla Bce, possono solamente pregare affinché nessun incidente accada ai giganti che hanno nel proprio giardino.

Tabella: Il grado di leverage delle grandi banche europee

Leverage (assets totali/capitale)
 

30-giu-08

2007

UBS

46.9

63.9

ING Group

48.8

35.3

HSBC Holding

20.1

18.4

Barclays Bank

61.3

52.7

BBV Argentaria

20.1

18.6

Deutsche Bank

 

52.5

Fortis

33.3

26.4

KBC

24.4

20.5

Lloyd’s TSB

34.1

31.0

RBS

18.8

21.8

Credit Agricole

40.5

34.8

BNP Paribas

36.1

31.5

Credit Suisse

33.4

31.5

Fonte: ns. stime su dati del FT.com

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12 commenti

  1. umberto carneglia

    La crisi finanziaria americana è la conseguenza di macroscopiche degenerazioni del sistema finanziario USA assolutamente evidenti, che la FED, in primo luogo, ma anche il Tesoro USA , cioè il Governo americano, hanno ignorato per anni, fino all’esplosione della crisi. Questa non ha riguardato solo i mutui, ma anche altri prodotti ed innanzitutto i derivati, di dimensioni vastissime. C’è innanzititto da domandarsi come mai questi organismi preposti non siano intervenuti a fronte di fenomeni noti negli ambienti finanziari ed oltre, ed assolutamente visibili da qualunque analista finananziario professionista . Veicolo principale di queste degenerazioni è stata la finanza cartolare, uno srtumento ad altissimo potenziale, che può dare dinamismo al sistema, se monitorato e controllato, ma può avere effetti devastanti se usato in modo inappropriato. Si puo’ anche volare in sicurezza anziché andare a piedi, purché vengano adottate le necessarie misure di sicurezza. C’e’ da sperare che almeno ora vengano individuati i responsabili della crisi, per risolverla senza mettere in discussione l’utilita’ della finanza cartolare o addirittura dell’econima di mercato.

  2. AB

    Per fortuna (forse qualche mese fa avrei scritto purtroppo) non ci sono più investment bank europee pure sul mercato. E se ne è vista la ragione: gli americani giocavano con regole diverse… Non credo che si porranno problemi di questa magnitudo in Europa. Chi ha la raccolta retail non finirà in situazioni di emergenza: dovrà limitare il credito o magari circoscrivere le attività delle divisioni di investment banking ma difficilmente si troverà in crisi di liquidità come Northern Rock o HBOS. Anche se dovessero peggiorare le condizioni del real estate le banche europee hanno già ratio di capitalizzazione più stringenti . Chi è esposto – ripeto – è chi dipende dal mercato delle ABS per finanziare le proprie attività sull’immobiliare. A meno che non salti il mercato dei covered / pfandbriefe non vedo candidati di grandi dimensione all’orizzonte.

  3. Vince

    Ciò che sta accadendo in America avrà un impatto maggiore di quello che si può immaginare in prima analisi. Ciò porterà a valorizzare ancora di più la presenza in Europa di una Banca Centrale davvero indipendente, non propensa a finanziare i bisogni idiosyncratici dei governi e dei privati. Ciò che è in ballo, è la credibilità di due sistemi di governance differenti. E il sistema post-moderno dell’UE sta silenziosamente affermandosi come modello da seguire per il futuro. Ok, l’interconnessione dei mercati finanziari fa si che anche in Europa siamo su una bomba a orologeria. Alcune banche private potrebbero fallire? E’ il mercato Signori! Ma voi state proponendo esattamente che la BCE dovrebbe farsi carico di questo, proprio come stanno facendo in America, in barba alla loro credibilità, la Fed e il Tesoro. Gli europei dovrebbero mettersi d’accordo per modificare lo statuto della BCE al fine di salvare chi, come istituto finanziario privato, non ha saputo nemmeno stimare con diligenza i rischi delle sue attività e garantire così la sua esistenza ai propri azionisti?

  4. habsb

    Vince ha ragione In fondo Paulson ha lasciato fallire Lehman, e quante altre banche regionali? E’ intervenuto per Fannie Mae e AIG, perché lasciarle fallire avrebbe provocato la fine della finanza mondiale. Ma se Deutsche Bank o Barclays fallissero non ci sarebbe nulla di male. Sto sognando naturalmente, qui in Europa si salvano con denaro pubblico persino le banche regionali come WestLB e Northern Rock, che invece in USA vengono lasciate fallire.

  5. Piero Torazza

    Questo articolo è interessantissimo: mette in evidenza che i Rischi Totali (prestiti+derivati+assicurazioni) alzano il leverage da 10 a 40/50 volte il patrimonio netto. Negli USA il sistema privato era fortemente indebitato, mentre lo stato ne aveva pochi. In Europa i debiti privati sembrano di meno perché è il debito pubblico ci consente di risparmiare: è una ricchezza privata illusoria. Lo stato siamo noi. Probabilmente il Debito Totale Pubblico+Privato America vs Vecchio Continente è molto simile. Forse la "ricchezza simulata" è la via che il capitalismo ha "dovuto" creare come tecnica di Marketing Sociale per spingere consumi e produzione sempre più avanti. oltre la Saturazione. Forse qualche decennio fa c’erano Guerre con morti pulivano orribilmente l’economia. Ci siamo evoluti: la finzanza svolgerà meno dolorosamente questo compito? Una domanda: leggo che il rischio Deutsche Bank vale l’80% del pil tedesco: faccio bene a spostare i miei risparmi verso l’ultimo paese sicuro al mondo?

  6. eleonora

    Ora che “il Tesoro degli USA” Paulson ha tolto dal mercato i derivati”incriminati” con un’azione che è propria di un paese statalista (che nulla ha a che vedere con quello degli USA), ha spalmato le porcherie su tutti i contribuenti, ma ha preso tempo e il tempo è vitale in questo momento anche se poi l’aumento di 30$ del petrolio in meno di mezzora ha vanificato questa operazione ciclopica . Ma la domanda è poiché questi strumenti diabolici si trovano in tutti i portafogli bancari anche europei e poiché gli USA c’hanno messo una pezza che ne sarà di quegli istituti non USA che a bilancio avranno perdite cospicue? Effetto domino? In Europa?

  7. gianni lo martire

    Dalla tabella si rileva molto chiaramente che una della "banche di successo" di questi ultimi anni – l’olandese Ing – ha una leva tra le maggiori. I debiti crescono con grande facilità perchè la clientela evoluta sfrutta la possibilità di trasferire risparmio on-line, senza fare nessuna altra valutazione, attratta dai tassi elevati offerti.

  8. Pijotr

    Vedo che nessuno si chiede cosa ne sarà dell’enorme intervento governativo americano. Dove prenderanno quei 700 (o mille o 1200) miliardi di dollari stanziati per riacquistare gli asset "tossici"? prevalentemente con l’emissione massiccia di nuovo debito. Esattamente come fece il Giappone ai tempi della sua crisi finanziaria. La grossa differenza è che il Giappone aveva tutto il debito pubblico in casa, in mano ai risparmiatori giapponesi; oggi più del 90% del debito pubblico americano è in mano a Cina, UK, Brasile e Russia. Bisognerà chiedere a questi paesi di essere caritatevoli e continuare a sottoscrivere quel debito. E per farlo probabilmente occorrerà offrir loro tassi sempre più allettanti. Gli USA hanno abdicato: le potenze emergenti l’hanno scalzati dal trono. Prepariamoci a tempi cupi: le ripercussioni sull’economia reale di questi eventi ricadranno sulle nostre spalle.

  9. Marco Solferini

    Il capitalismo di oggi si è ammalato, ma di un male molto comune, quasi un raffreddore, tuttavia assai contagioso. L’integrità delle strutture ha ceduto innanzi all’indipendenza controllata. E’ inutile negare che a monte dei colossi e dei grandi fallimenti di oggi, ci sono gli attori di ieri. Da rampanti colonizzatori della nuova frontiera, si sono trasformati in lottizzati e lottizzatori. Similarmente a un vassallaggio oggi, più del 50% delle poltrone vengono allocate in base a criteri di "fedeltà" alla corona. Il domino che ne scaturisce è più che naturale, il mercato del lavoro, sopratutto ai vertici delle carriere dovrebbe essere libero non pilotato da gruppi di interesse, perchè altrimenti, basto un membo infetto e il raffreddore si propaga a tutti gli altri. Se poi la cura la scrivono i malati..

  10. Francesco

    Ma scusatemi, le banche italiane?

  11. Luigi

    Negli Stati Uniti sta imperversando la bufera finanziaria con il fallimento di importantissimi istituti finanziari (si afferma che quella in corso è la più grande crisi dopo quella del ’29), il vento maligno ha già raggiunto, provocando sconquassi, soprattutto i Paesi del Nord Europa – non risparmiando, peraltro, una delle nostre maggiori banche –, i governi sono costretti ad interventi straordinari nell’intento di contenere i danni, c’è chi ha visto bruciare in pochi giorni una parte anche consistente dei propri risparmi, ecc. ; insomma, siamo nel pieno di una grossa emergenza i cui contorni non sono stati ancora individuati e dai riflessi incerti. In tutto questo “baillame” c’è una nazione, la Svizzera che, pur essendo molto importante per il numero e la rilevanza degli istituti finanziari che là vi risiedono, non appare essere coinvolta in misura significativa. E’ come se lo tsunami finanziario, davanti ai confini Elvetici, si fosse fermato o avesse mutato il percorso indirizzandosi verso Paesi meno fortunati. E questo pare che succeda sempre di fronte agli eventi “antipatici” che periodicamente coinvolgono i Paesi Europei: la Svizzera e gli Svizzeri appaiono immuni da qua

  12. Dow Jones

    Non riesco a capire come la Fed possa risultare insolvente, dal momento che è l’unica autorità in grado di stampare moneta. Il piano della Fed è solo di immissione di liquidità non compra nessun asset, immette solo denaro a copertura delle potenziali perdite. Sarà poi l’istituzione finanziata, pubblica o meno, a dover remunerare sia l’interesse di tale denaro nel tempo sia il denaro stesso.. mi evincete?

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