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EVASORI IN EQUILIBRIO

L’evidenza empirica mostra che pressione fiscale apparente ed evasione sono guidate da un andamento di lungo periodo comune: variano nel tempo, ma nel rispetto di una relazione di equilibrio di lungo periodo. E’ come se ciascun agente osservasse l’aliquota richiesta dal governo, decidesse qual è quella tollerabile e adattasse il reddito dichiarato in modo da ottenere l’aliquota desiderata sul reddito effettivo. Non a caso la penalizzazione per i contribuenti virtuosi appare invariata nei decenni, col passare di generazioni e governi.

In un recente articolo su lavoce.info, Fabio Fiorillo e Mauro Gallegati analizzano l’andamento del gap tra pressione fiscale effettiva e apparente, richiamando anche l’alternanza tra governi.

ALL’ORIGINE DELLA PRESSIONE FISCALE EFFETTIVA

La serie commentata dai due autori riguarda il divario tra aliquota apparente ed effettiva. La prima si ottiene dal rapporto tra entrate fiscali totali e il Pil totale mentre la pressione fiscale effettiva utilizza il Pil al netto di una misura di evasione fiscale. Quest’ultima è la base imponibile Iva evasa, una buona approssimazione del sommerso economico (figura 1).
Ci soffermiamo su questo aspetto perché da una analisi più approfondita delle variabili riportate abbiamo riscontrato una relazione sia con il ciclo economico (come prevedibile) sia una complessa reazione comportamentale determinata da misure fiscali e provvedimenti di politica economica. (1)
Figura 1: la base imponibile IVA evasa in Italia in termini assoluti (sinistra) e percentuali (destra).

Fonte: Marigliani e Pisani (2007)

La base Iva evasa varia tra i 170 e i 240 miliardi di euro, mentre in percentuale raggiunge un picco del 37 per cento alla fine degli anni Ottanta e un valore minimo di 27 per cento dieci anni più tardi. Le due serie mostrano una considerevole volatilità, soprattutto nella seconda decade del campione. La prima parte degli anni Novanta fu caratterizzata da una considerevole instabilità politica e da un approccio frammentato della politica fiscale. Nel periodo 1996-2000 un sistema politico più stabile permise di iniziare un processo di riforme fiscali strutturali: tra queste, la riforma della tassazione dei profitti delle imprese e l’introduzione dell’Irap. (2) I due picchi minimi, 1994 e 1999, seguono da vicino i punti di svolta del ciclo economico. Tuttavia, è plausibile ipotizzare che siano anche influenzati da riforme istituzionali intraprese negli anni immediatamente precedenti (“minimum tax”, coefficienti di congruità). Il picco massimo dell’evasione nel 1996 segue al concordato fiscale del 1994, il cui gettito si è registrato principalmente nell’anno successivo. Viceversa, la netta riduzione dell’evasione Iva osservata nel 1996-’99 può essere spiegata anche da innovazioni strutturali (fisco telematico, modello Unico, studi di settore). La ripresa dell’evasione negli ultimi anni è riconducibile anche a un processo di apprendimento, con gli evasori “more skilled” rispetto alle procedure di imposizione e controllo, e a un effetto distorsivo derivante dai condoni. È molto interessante anche valutare l’andamento di lungo periodo delle due serie, che sono entrambe influenzate in modo permanente da shock derivanti da innovazioni normative e/o istituzionali. L’andamento tendenzialmente calante della base Iva evasa in termini percentuali restituisce spazio all’intervento delle politiche per il rispetto delle norme, e più in generale, alla credibilità delle stesse. Tuttavia, l’alta variabilità dell’Iva evasa e le repentine variazioni mostrate dalla serie possono indicare un processo di apprendimento da parte degli evasori: al recupero di evasione ottenuto in seguito dell’introduzione di riforme o provvedimenti fiscali mirati, seguono brusche riprese del reddito evaso, che non permette una riduzione più marcata del trend di evasione fiscale. IL GAP TRA TASSAZIONE EFFETTIVA E APPARENTE Nella figura 2, i picchi mostrano gli aumenti delle entrate fiscali dovuti ai condoni del 1982 e 1991, mentre i concordati del 1994 e 2002 non sono immediatamente identificabili. Il forte aumento delle aliquote nel 1997, e in misura minore nel 1993, è principalmente dovuto, rispettivamente, alla tassa per l’Europa e all’introduzione di imposte sui fabbricati. Insieme alla persistenza del gap tra le due aliquote, confermano che i condoni hanno avuto, al più, un effetto di recupero del gettito di breve periodo.

Figura 2: Aliquota fiscale media in Italia

Infine, il “sovraccarico fiscale” (differenza fra aliquota effettiva e apparente), in gran parte riconducibile all’evasione, ha un valore medio di circa 11 punti percentuali. La penalizzazione per i contribuenti “virtuosi” appare invariata nei decenni, col passare di generazioni e governi. La serie è poco reattiva a disturbi esogeni, le fluttuazioni che caratterizzano il sovraccarico fiscale sono temporanee, e ogni deviazione originata da uno shock di tipo istituzionale/normativo ha un effetto di breve periodo ma non determina alcuna persistenza.
Per quanto riguarda gli effetti di breve periodo riconducibili al ciclo economico, il divario tra le due aliquote è sostanzialmente a-ciclico, cioè non correlato con le fluttuazioni dell’economia aggregata.

L’EQUILIBRIO DELL’EVASORE

L’evidenza empirica lascia intravedere comportamenti strategici tesi a smussare le uscite erariali o a proteggere la ricchezza prodotta. L’evasione, infatti, sembra determinata da un target in termini di quota di reddito da destinare al pagamento dell’imposta. L’analisi econometrica conferma l’esistenza di una relazione di equilibrio di lungo periodo tra evasione Iva (in termini percentuali) e aliquota apparente, con una elasticità stimata pari a 0.48.
Aspetto estremamente interessante è quello della velocità di aggiustamento a un eventuale disequilibrio. Il coefficiente stimato di aggiustamento dell’evasione (loading factor) risulta estremamente reattivo e prossimo all’unità, 0.86: circa il 90 per cento dello squilibrio è riassorbito entro un anno.
La forte tendenza a ripristinare un equilibrio di lungo periodo da parte dell’evasore e la stazionarietà del gap tra le aliquote sono due facce della stessa medaglia. È come se ciascun agente osservasse l’aliquota richiesta dal governo (pressione fiscale effettiva), e decidesse qual è l’aliquota “tollerabile”; a questo punto adatta il reddito dichiarato in modo da ottenere l’aliquota desiderata (pressione fiscale apparente) sul reddito effettivo. La pressione fiscale apparente e l’evasione sono, quindi, guidate da un andamento di lungo periodo comune: variano nel tempo, ma nel rispetto della relazione di equilibrio stimata. In termini di sovraccarico fiscale questo significa che le due aliquote, pur crescendo nel tempo, individuano un gap che permane, in quanto riflette un comportamento di equilibrio di lungo periodo.
La serie del sovraccarico fiscale può quindi essere ricondotta al ciclo politico nel senso che i governi negli ultimi decenni hanno permesso agli evasori di prefigurare e raggiungere il loro target ottimale. Il contrasto all’evasione fiscale, cavallo di battaglia indicato per migliorare i saldi di bilancio, si è rivelato spesso inefficace, o meglio, ha sortito effetti solo limitati. L’alternanza di governi comporta un’alternanza di misure fiscali che direttamente o indirettamente influenzano le scelte degli evasori. L’evidenza testimonia l’esistenza di uno zoccolo duro, riconducibile a scelte di lungo periodo, ma anche una notevole volatilità di breve periodo, non sempre spiegabile in riferimento al ciclo economico. Approcci di policy maggiormente tesi a un recupero di efficacia, efficienza e anche di equità nella raccolta delle imposte, quali quelli adottati nella seconda metà degli anni Novanta, si sono accompagnati a un contenimento dell’evasione. Misure di segno opposto, come condoni e mancato aggiornamento degli studi di settore, hanno avuto un seguito di ripresa dell’evasione. Effetti annuncio, credibilità e processi di apprendimento contribuiscono a spiegare le repentine variazioni dell’evasione. Nel caso degli studi di settore, ad esempio, il processo di apprendimento è estremamente importante nel determinare il recupero di base imponibile.Basta pensare a come gli ultimi due governi hanno gestito il compromesso politico su cui si basano gli studi di settore. Ciò conferma che interventi normativi possono contrastare o rendere meno oneroso il ripristino del target di evasione.

(1)  B. Chiarini, E. Marzano e F. Schneider, “Tax rates and tax evasion: an empirical analysis of the structural aspects and long run characteristics in Italy”, IZA Discussion Papers, No. 3447, April 2008; B. Chiarini, E. Marzano, “Evasione fiscale e sommerso economico in Italia: fatti stilizzati, differenze tra periodi e puzzles”, Moneta e Credito, vol. LX, n. 239, settembre 2007, pp. 259-86.
(2) Giannini S. and Guerra M.C. (2000), “Dove eravamo e dove siamo: il sistema tributario dal 1990 al 2000”, in Bernardi L. (eds), La Finanza Pubblica Italiana. Rapporto 2000, Il Mulino Bologna, e i saggi nel numero monografico: Il disegno di legge delega per la riforma fiscale. Quali Problemi? Quali Prospettive?, Politica Economica, no.3, dicembre 2002.

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  1. habsb

    L’analisi è interessante, ma c’è da chiedersi quale affidabilità possano avere i dati sull’evasione, inevitabilmente stime grossolane senza riscontri verficabili. Inoltre non viene assolutamente considerato un meccanismo importante, che è quello del fallimento o dell’uscita volontaria dal mercato da parte di quei contribuenti rovinati da un’eccessivo inasprirsi della pressione fiscale. Non vi è solo il contribuente che aggiusta sulle aliquote il suo livello di frode. Vi è anche quello per cui l’imprenditoria perde ogni interesse oltre un certo livello di aliquote fiscali. Può erronemanete risultare come evasore, mentre ha solamente cessato un’attivita di cui profitta per metà o più la burocrazia della Casta politica.

  2. Francesco G.

    Sarebbe stato interessante un’analisi dell’evesione anche su base geografica. Infatti i dati INSTAT mostrano come a fronte di un’evasione su livelli dei paesi Europei come Francia o Germania della Lombardia ed in generale del Nord, corrispondono livelli di evasione crescenti al Sud con punta massima in Calabria (oltre il 90%). Perchè i controlli sull’evasione non vengono eseguiti secondo queste rilevazioni ufficiali?

  3. brunom. 1954

    L’ evasione fiscale, secondo me, nasce dal fatto che, a parte la pressione fiscale, quando si parla delle detrazioni di imposta sulla dichiarazione dei redditi, l’ aliquota è del 19% mentre l’ iva pagata è del 20%. Non vorrei sbagliarmi, ma nei primi anni, quando si compilava la dichiarazione, l’ aliquota per le detrazioni superava il 20%, per cui appare evidente che per evitare la troppa evasione si potrebbe tranquillamente portare l’ aliquota in riferimento almeno al 21% per cento, quindi superiore all’ aliquota iva , per cui più conveniente per il contribuente, anche se allo stato potrebbe costare un po di piu ma comunque sempre meno dell’ evasione.

  4. mlv

    Forse non era neppure necessario questo studio, bastava il buon senso, però meglio così, i dati statistici confermano la percezione comune. Il fatto grave è che oramai a forza di strillare agli evasori in continuazione senza adottare "rivoluzioni culturali" nel prelievo e senza dare un freno a sperperi ed abusi di Stato, la quasi totalità della popolazione sia giovane che anziana non ha più fiducia nelle isitiuzioni e da qui, l’aprirsi le porte alle differenziazioni regionali e culturali è breve! Il problema non lo si risolve aumentando ancora le tasse e le aliquote e reclutando più gente per i controlli ma con regole e principi diversi! L’esempio deve venire dallo Stato, ma fino a che si vedrà gente ieri in carcere e oggi, dopo breve, libero e riverito ed in attesa di lieti eventi e con ancora il portafoglio gonfio, non credo che si possa poi chiedere al cittadino comune che lavora per davvero di non cercare di "pianificare" le proprie uscite in tasse che vengono in parte sprecate in disservizi anzichè servizi collettivi. In altri paesi europei certe cose non succedono, un motivo ci sarà pure o vogliamo dire che solo gli italiani sono evasori!?

  5. Monteforte

    Ottimo l’articolo e, quindi, l’analisi dei fatti. Quanto ai commenti non credo che l’evasione sia decisa dal (non) contribuente. Ritengo, invece, che questa sia una diretta conseguenza della lentezza dello Stato ad effettuare i controlli opportuni ed a rendere efficaci misure sanzionatorie. Perchè pagare, anche se poco, se non ti accadrà nulla? Se a questo si aggiunge che esiste in Italia (caso unico in Europa) una strana percezione di Stato sprecone, sperperatore, che strapaga alcuni (pochi) e fa tirare la cinghia ad altri (il resto della popolazione) e che risulta l’unico socio di una azienda che, si vinca o si perda, preleva, allora ci si può convincere che qualsiasi tassa questo Stato non se la "merita". Il cambiamento culturale che tutti auspicano per un’inversione di tendenza dovrebbe riguardare anche e soprattutto le istituzioni. Quanto alla questione geografica, infine, ritengo supersuperficiale chi ha un approccio di questo tipo: non dimentichiamo che le percentuali valgono ma ancora di più valgono i valori assoluti e non credo che la Calabria evada più della Lombardia. Bello, però, il suggerimento di spedire là i controlli. L’evasione c’è dove c’è economia fiorente.

  6. Daniele

    Per professione curo i contenziosi dell’Ag. Entrate presso le Commisisoni Tributarie e posso dire che una giustizia tributaria come la nostra fa da incentivo alle grosse evasioni (cartiere, regime del margine nel settore auto ecc.) posto che difficilmente i giudici tributari hanno la preparazione e/o i mezzi per comprendere la struttura delle grosse frodi e decidere correttamente in relazione a tali contenziosi. Questo non è un attacco ai giudici ma è una critica nei confronti dello Stato che non si decide a creae una vera giusitizia tributaria sostituendo gli attuali giudici di nomina onoraria (che normalmente fanno un altra professione ed "a tempo perso" decidono cause di milioni di € di evasione) con magistrati di ruolo dotati di idonei poteri istruttori e controllati da un organo di auto-governo che ne garantisca l’autonomia e l’imparzialità. Forse possono sembrare aspetti irrilevanti ma posso garantire che le grosse evasioni "giocano" propiro sull’inefficenza (voluta) della giustizia tributaria.

  7. Giuseppe Gargiulo

    Sono un appassionato studioso di tributi e società. Vorrei segnalare a tutti Voi un recente ed intressantissimo libro del Prof. Raffaello Lupi dal titolo "EVASIONE FISCALE, PARADISO ED INFERNO". Questo libro si coordina, a mio modo di vedere, in modo perfetto con le evidenze empiriche che chi vengono quotidinamente raccontate, anche in questo sito, dagli economisti sulla evasione fiscale. Questo libro spiega chiramente le molteplici ragioni "istituazionali" per cui l’Italia può a buona ragione essre considcerata l’inferno del dichiarato (ossia di quella capacità economica individuale che è costretta, per varie ragioni, ad emergere e ad esser segnalata agli occhi del fisco), ed il paradiso dell’evasione.

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