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Alitalia: la riorganizzazione non può attendere

La Commissione europea ha aperto una procedura di indagine formale per aiuti di Stato per il finanziamento pubblico di 300 milioni concesso di recente all’Alitalia. Non poteva fare altrimenti. Ma la decisione non blocca, per il momento, l’operatività della misura. Di conseguenza, la compagnia può proseguire nella sua normale attività, mentre il governo avvia un nuovo tentativo di privatizzazione. Meglio sarebbe stato però condizionare l’intervento a una riorganizzazione della società lungo linee simili a quelle dell’amministrazione straordinaria.

Il finanziamento concesso all’’Alitalia, prima nella forma di un prestito a breve termine, poi in quella di un finanziamento temporaneo utilizzabile nella ripatrimonializzazione dell’’azienda, è stato presentato dai due governi che l’’hanno voluto e strutturato, come un intervento rivolto a esigenze di interesse pubblico, e non come un (mero) salvataggio dell’’azienda. (1)
Ma si è trattato più che altro un’’operazione di facciata, per evitare l’’obbligo di notifica dell’’intervento alla Commissione europea, e il conseguente intervento della standstill clause. Il finanziamento presenta infatti profili di dubbia compatibilità con la normativa europea. Verosimilmente un aiuto di Stato, è un provvedimento difficilmente in grado di superare, in virtù di deroghe, gli sbarramenti di due divieti europei: uno, generale, nei confronti delle misure di aiuto, e un altro, specifico e valido fino al 2011, nei confronti di misure rivolte ad Alitalia, in quanto beneficiaria nel 2001 di un aiuto autorizzato sulla base del cosiddetto principio one time, last time.
Di qui, la decisione della Commissione europea dell’’11 giugno scorso di aprire una procedura di indagine. Ma le indagini in materia di aiuti di Stato richiedono parecchio tempo, e nel frattempo il finanziamento potrà esplicare la funzione voluta, ossia evitare, per qualche tempo, che la compagnia sia posta in liquidazione, una strada che, finora, l’’azionista di controllo ha scelto di non percorrere.

TRA PASSATO E FUTURO

Si può, naturalmente, recriminare sui costi non trascurabili, attuali e potenziali, di immagine e credibilità, per l’’Italia, che tutto questo comporta. Più ancora, si può recriminare sul fatto che la situazione di emergenza, portata a giustificazione del prestito, sia l’effetto di una successione di scelte errate, o tardive o mancate: talché, prima, non si è dato luogo alla radicale riorganizzazione di Alitalia necessaria perché vi potesse essere qualche possibilità di  risanamento. Poi, presa la decisione della privatizzazione, non sono state adottate procedure adeguate per darle seguito in tempi brevi e con successo.
Ma se, anziché al passato, si guarda al presente e al futuro, c’’è un’altra, e più decisiva, ragione di recriminazione: gli ultimi interventi non si rivolgono alla conduzione dell’azienda, lasciando che questa possa proseguire nella sua attività lungo la linea del business as usual.

L’’ALTERNATIVA DELL’AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA

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Conseguenze diverse si sarebbero potute ottenere se la concessione del finanziamento statale fosse stata accompagnata dall’’indicazione che Alitalia dovesse transitare verso il regime dell’’amministrazione straordinaria.
Le condizioni per intraprendere questa strada sussistevano, o era imminente il loro verificarsi: rifiuto del mercato di finanziare l’’azienda, o di accollarsene la proprietà, prossimo azzeramento e discesa a un valore negativo del patrimonio netto aziendale, e, infine e decisivamente, crisi conclamata di liquidità e conseguente stato di insolvenza.
L’’amministrazione straordinaria sarebbe stata sgradita a molti degli stakeholder, e non sempre funzionale, perché, diversamente dalla formula attivata dallo statunitense Chapter 11, troppo vincolante rispetto alle scelte aziendali. Tuttavia, avrebbe avuto anche vantaggi notevoli, sotto il profilo della riorganizzazione aziendale e della modificazione dell’’ambiente di political economy.
Nella riorganizzazione aziendale, si sarebbero avuti effetti favorevoli lungo tre principali direttive: la concentrazione dei poteri di decisione nelle mani di un solo soggetto, il commissario straordinario (da potersi scegliere, opportunamente, in relazione al possesso di esperienza e reputazione nel management di processi di ristrutturazione aziendale); l’’emancipazione della gestione dell’’azienda rispetto al comando dello Stato-imprenditore, in quanto azionista di maggioranza relativa; l’’allargamento delle possibilità di manovra con riguardo al mantenimento o soppressione di voli, al mantenimento, soppressione o cessione di altre attività, al rinnovamento del management (in particolare di vertice), all’’impiego del personale e al ricorso agli ammortizzatori sociali.
Nel profilo della modificazione dell’’ambiente di political economy gli effetti sarebbero stati: il segnale di una determinazione governativa a rompere con le abitudini di gestione che hanno caratterizzato il passato; la schermatura della gestione aziendale rispetto alle influenze delle tante lobby che su quelle abitudini hanno influito perniciosamente.
Va da sé che, con l’’amministrazione straordinaria, Alitalia sarebbe stata avviata verso una progressiva riduzione della scala di attività. (2) Ma certamente sarebbero anche migliorate le condizioni per la ricerca di una via d’uscita dall’’attuale situazione di crisi, e, in particolare, quelle per la ricerca di un acquirente.

PROBLEMI DEL NUOVO TENTATIVO DI PRIVATIZZAZIONE

Queste ultime considerazioni valgono soprattutto in relazione alle difficili condizioni nelle quali si colloca il nuovo tentativo di privatizzazione.
Non ci sono solo i precedenti del fallimento dei tre tentativi di privatizzazione esperiti negli ultimi due anni: prima quello che si è appoggiato a una procedura competitiva a trattativa diretta per la selezione dell’’acquirente, poi quello della trattativa con Air France-Klm, e, infine quello finalizzato alla costruzione di una cordata italiana.
In Italia, non ci sono compagnie aeree con la struttura industriale, la forza finanziaria, il know-how tecnico-economico e la capacità di direzione necessarie alla riorganizzazione della compagnia di bandiera. Queste esistono a livello internazionale, ma il tentativo di privatizzazione di Alitalia avviene in un momento di generale condizione di difficoltà del trasporto aereo e quando le occasioni di aggregazione tra compagnie europee si restringono, essendosene già sfruttate alcune. A tutto ciò si aggiunge la cattiva pubblicità del fallimento della trattativa con Air France-Klm.
D’’altronde, la gestione dell’’azienda si troverà ad affrontare un progressivo inasprimento delle sfide concorrenziali, e a subire un indebolimento delle tradizionali difese fornite dalla regolamentazione internazionale e nazionale: nei collegamenti tra gli aeroporti maggiori, tradizionalmente serviti da Alitalia, entreranno nuove compagnie, e le società già operanti intensificheranno la loro offerta. Allo stesso tempo, si moltiplicheranno i collegamenti tra aeroporti minori.
Alitalia, inoltre, non potrà più trarre vantaggi dal favoritismo tradizionalmente rivoltole dal regulatory compact di appartenenza. Le possibilità (realistiche) di manipolazione della normativa  sono state largamente esaurite con l’’adozione degli interventi sui cosiddetti requisiti di sistema, che, pur basandosi su un’’ingegneria elaborata e precisamente calibrata, sono riusciti a portare alla compagnia benefici tutto sommato ridotti. (3)

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CHE COSA SI POTREBBE (ANCORA) FARE

In linea di principio, l’’amministrazione straordinaria potrebbe esercitare ancora una funzione utile. Ma appare politicamente impraticabile. Se vi ricorresse adesso, il governo smentirebbe l’’impostazione e il percorso finora adottati, con inevitabili ripercussioni negative. E, probabilmente, irriterebbe ulteriormente la Commissione europea.
Non sembra tuttavia esserci alcun impedimento, logico e normativo, a una riorganizzazione di Alitalia lungo linee simili a quelle che caratterizzano l’’amministrazione straordinaria. In sostanza, si dovrebbe provvedere a modificare la struttura e conduzione dell’’azienda, e a isolarla dal circostante ambiente politico.
L’’appetibilità dell’’azienda, nella prospettiva della sua privatizzazione, verrebbe accresciuta; e se questa dovesse fallire, sarebbe comunque più agevole la transizione all’’amministrazione straordinaria. Inoltre, si rafforzerebbe la posizione italiana nella trattativa con la Commissione sul destino di prestito ponte e ripatrimonializzazione,  perché vi sarebbe chiarezza di propositi e la determinazione ad agire.

(1)Rispettivamente Dl 23 aprile 2008, n. 80 e Dl 27 maggio 2008, n. 93, art. 4.
(2)Per altro, non diversamente da altre compagnie aeree investite da crisi aziendali, Swissair e Sabena in primis.
(3)Legge 2 dicembre 2005, n.248 di conversione del Dl 30 settembre 2005, art. 11-novies e segg.

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11 commenti

  1. luigi zoppoli

    L’improvvida, cinica demolizione della trattativa con AirFrance perpetrata in maniera complice da sindacati disastrosi e personaggi politici della cui vaglia imprenditoriale è più che legittimo dubitare ha condotto alla medesima situazione della precedente ricapitalizzazione: allora 1 Miliardo concesso e business continuato as usual; oggi 300 milioni e business as usual. Risultati evidenti e visibili di disastro e spreco vergognoso. E le prospettive? Disastrose. Ma vale la pena, direbbe qualche sicenziato: l’italia DEVE avere la sua comagnia di bandiera, altrimenti l’imprenditoria italiana come può andare avanti? Beh! intanto l’esempio Alitalia non mi pare imprenditorialmente edificante. Se poi penso all’uso che alcuni degli insigni rappresentanti del popolo fanno della bandiera tricolore, prendo una compressa di maalox ed un giornale umoristico. E via andare di nefandezza in nefandezza, di demagogia in demagia. Luigi Zoppoli

  2. Massimo GIANNINI

    Il problema è che il governo italiano se ne infischia delle infrazioni alla regole europee nei vari settori. Quanti altri tentativi di privatizzazione si devono ancora fare prima di dire questo è l’ultimo? Meglio dire che il fallimento non può attendere quando si continuano a usare soldi pubblici!

  3. renato

    Non è comprensibile neanche a considerarlo una esercitazione didattica, riorganizzare presuppone una azione di gestione straordinaria che rinforzi/rinnovi o adatti al mercato quella precedente, credo che si possa definire così ma quando una situazione precedente non si è mai creata cosa si andrebbe a modificare? Certo si dovrebbero sostituire tutti i dirigenti, tutti i quadri e tutti i tecnici che comunque si sono formati in una realtà aziendale dove il bilancio , era comunque ripianato dallo stato, perchè nella logica di compagnia di bandiera si tratta non di un servizio di trasporto aereo ma di "velivolo pubblicitario" di un sistema paese, costo di cui lo stesso farebbe volentieri a meno. Nè è possibile vedere, nel mercato italiano un possibile sostituto , non esiste una azienda di trasporto in grado di acquisire AZ, vuoi per la difficoltà di svolgere un ruolo del genere vuoi perchè la stragrande maggioranza delle persone deltrasporto aereo italiano o in AZ o in altre compagnie di bandiera. Come ebbe a dire Bossi nessun lumbard intelligente metterebbe i suoi soldi in un affare del genere , a meno che pantalone …

  4. Ivan Mignacca

    Ma non sarebbe stato meglio se l’Alitalia fosse stata comprata dai francesi? Dov’è la tanto attesa cordata? Dove sono questi imprenditori pronti a salvare la nostra compagnia di bandiera? E’ tempo di non credere più alle menzogne! La verità è che, nella situazione in cui versa la compagnia, nessun imprenditore si sarebbe accollato tale "disgrazia".. beh forse in un caso si! Attraverso investimenti pubblici… Cordata di privati con soldi pubblici..La solita Italietta… Mi chiedo:" Con questa mentalità tutta italiana quando ci sarà il vero sviluppo in Italia?". Penso mai…

  5. machiavelli

    Le ultime notize dell’advisor ci avvisano che: 1. gli esuberi sarebbero 10000 2. che i tagli riguardano anche i voli e i vettori e non solo il personale 3. che Alitalia si diventerà un vettore quasi esclusivamente nazionale complimenti….un piano idustriale degno di un mediocre ragioniere…complimenti ancora una volta ai nostri manager per competenza e vision e ai nostri politici e sindacati per aver fatto fallire l’unica acquisizione credibile (Air France), cha di tagli ne faceva 2000 e che rilanciava la compagnia su rotte intercontinentali.

  6. Stefano

    L’unica soluzione non è regalarla all’Air France, bensì farla fallire. Come è successo con la Swissair e con la Sabena. Per poi ricostituirla su basi solide e private, senza la deleteria interferenza della politica, di managers incapaci ( ne salvo due: Nordio e Cempella) e di sindacati. Ci ricordiamo quante sigle sindacali hanno interferito con il buon andamento dell’Alitalia, facendo sofrire migliaia e migliaia passeggeri… Portate al più presto i libri al tribunale!

  7. Stefano Spada

    La vicenda Alitalia rispecchia i problemi dell’Italia. Un paese che ha smesso di decidere da un po’ di anni e chi rifiuta spesso e volentieri la modernita’. Ad evidenziare questo stato obbrobrioso delle cose e’ stata la cacciata degli unici acquirenti di spessore internazionale (visto che il settore va verso il consolidamento considerate le dinamiche di mercato) che mettevano sul piatto competenze manageriali e solidita’ finanziarie in un momento in cui il settore viene piegato dal prezzo del petrolio. Colpa del governo e dei sindacati che ora lamentano gli esuberi maggiori proposti dal piano Intesa. Possibile che si accorgano solo ora di questi rischi? Possibile che questo paese nel nome dell’italianita’ debba rifiutare l’acquisto da parte di una societa’ europea? Possibile che dobbiamo sempre farci disciplinare dall’Europa perche’ dimostriamo anche ora che rifiutiamo spesso le logiche di mercato? Lo stato ha fallito in Alitalia. Solo ora si accorgono questi signori. E meno male che siamo in Europa.

  8. GFM

    La vicenda Alitalia potrebbe essere (e forse lo sarà) utilizzata come case study su come le ingerenze della politica negli affari abbia causato danni incalcolabili al paese. Ma non è bastato farla arrivare dove oggi è, ovvero sull’orlo della bancarotta, no – si persevera. Si continua, all’italiana, a procrastinare a far finta che nulla sia accaduto, a fare business as usual. Ho alcune domande che vorrei porre ai bravi autori: 1) L’Alitalia come è arrivata dov’è? Mancanza di incentivi a gestire l’azienda perseguendo il profitto? Assunzioni non per necessità ma per comprare voti e conseso (quest’ultimo tramite una disoccupazione più bassa)? Assegnazione di posti chiave non a chi è bravo ma a chi è connesso? Sfortuna? Congiuntura eonomica negativa? 2) Se a voi offrissero Alitalia gratis. Sapendo che è una società che genera perdite e che non ha patrimonio. Sapendo che non la si può ristrutturare in modo sostanziale. Sapendo che i contratti di lavoro sono oramai fuori mercato (nel senso che remunerano troppo tutti). Ve la prendereste? Personalmente per prenderla sarebbero loro a dovermi pagare. Certo, ci sono gli slots. Ma sottraendo al loro valore quello dell’azienda al netto del valore degli slots, immagino che il valore aziendale sarebbe comunque negativo. 3) Sapendo tutto ciò e vedendo comparire all’improvviso un compratore credibile che PAGHEREBBE per prendersi Alitalia – che cosa fareste? Personalmente io gli stenderei un tappeto rosso, non so voi… 4) L’alitalia è diversa dalle altre grandi aziende italiane in termini di capacità e filosofie manageriali, incentivi a ‘far bene’, qualità media del top management? Sulla vostra domanda "che cosa si può" fare adesso? Poco. Per ripartire sul serio bisogna cambiare l’Italia. Poi, forse, si potrà cambiare anche l’Alitalia.

  9. Gian Piero

    Io penso che tirano avanti i questo modo per farla fallire e poi qualcuno riuscirà a prendere tutte le infrastrutture a prezzi stracciati, senza doversi preoccupare dei debiti e del personale in esubero. A questo punto penso che nessuno voglia investire per pagare una montagna di debiti, quando possono prendere tutto con molto meno.

  10. vincesc

    Una preoccupazione, fra le tante che interessano l’argomento, è che alla fine i contribuenti italiani oltre a pagare i debiti di Alitalia pagheranno anche quelli di Airone

  11. Massimo Stroscio

    Ho letto con estremo interesse l’editoriale di oggi di Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera. L’autore solleva con competenza e precisione 4 punti estremamente concreti e di assoluta rilevanza, cui il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ed il governo nella persona del suo Presidente del Consiglio dovrebbero rispondere con altrettanta chiarezza e precisione a tutti i contribuenti. Da parte mia mi domando solo come sia possibile aver bocciato una proposta di acquisto da parte di Air France, che pur con tutti i possibili effetti negativi che una qualunque proposta per una società che si trova nella situazione di Alitalia non poteva non avere non avrebbe scaricato sui contribuenti costi aggiuntivi a quelli già sostenuti da decenni sotto tutti i colori politici, per proporre al "popolo" (della libertà ?) italiana un piano che come sempre privatizza gli utili e fiscalizza le perdite (7.000 esuberi da assumere nelle Poste, Ministeri, etc., debiti della "vecchia" società scaricati sulla finanza pubblica, etc.), crea ulteriori monopoli in un paese che vanta già il record in questo campo (leggi tratta Milano – Roma) ed arricchisce i soliti noti (vedi Toto di Air One).

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