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BADANTE E CLANDESTINA

Le badanti irregolari superano il 40 per cento. Il governo ha annunciato una regolarizzazione ad hoc per la categoria. Ma le risposte tampone non risolvono il problema, che si ripresenterà. Come è avvenuto dopo la sanatoria del 2002. Servono invece misure strutturali. Va cancellata l’ipocrisia della chiamata a distanza. E va rivisto il sistema delle quote d’ingresso, palesemente incongruente con la domanda reale. Ma è anche necessario un aumento delle agevolazioni fiscali e la costruzione di una rete di servizi. Per collegare politiche migratorie e politiche sociali.

Ora ci si è accorti che i clandestini li abbiamo in casa. Con un tasso di irregolarità che oltrepassa, secondo nostre stime il 40 per cento delle badanti presenti nel nostro paese. E che in determinati contesti supera abbondantemente la metà. Il tema di attualità è diventato come regolarizzare questi immigrati "buoni".

EFFETTI DELLE MINISANATORIE

Il governo ha annunciato una regolarizzazione circoscritta a colf e badanti con alloggio, lavoro stabile e padronanza della lingua italiana. Sappiamo che questo tipo di soluzioni – quote speciali, minisanatorie, salvacondotti una tantum – rappresentano risposte tampone, che non risolvono un problema strutturale che si ripresenterà.
La figura 1 stima l’effetto di questa regolarizzazione, ipotizzando che si giunga a rilasciare effettivamente 100mila nuovi nulla osta. Oltre a essere relativamente limitato, l’effetto verrebbe meno nel giro di due-tre anni. E ciò per motivi legati alla dinamica migratoria e all’alto tasso di turn-over delle assistenti familiari, soprattutto quelle provenienti dall’Europa dell’Est. La figura ipotizza che le future quote d’ingresso rimangano analoghe a quelle finora stabilite (60-70mila posti all’anno) e che il numero totale delle assistenti familiari straniere, oggi oltre 700mila tra regolari e irregolari, aumenti lievemente.

Figura 1 – Quota percentuale di clandestinità tra le badanti straniere in Italia. Stime Irs

E’ un film già visto: la sanatoria del 2002 portò alla regolarizzazione di centinaia di migliaia di badanti, ma due anni dopo il tasso di irregolarità riprese a correre. Fino alla situazione odierna in cui, utilizzando fonti diverse, possiamo ragionevolmente stimare un tasso di clandestinità pari al 40-45 per cento del totale delle presenze. (1) Il doppio rispetto al dato complessivo della popolazione straniera in Italia. (2)
Il problema contingente delle almeno 360mila badanti irregolari e del numero molto più alto di famiglie perseguibili, perché il rapporto non è di 1 a 1, può essere risolto solo con misure strutturali. Due in particolare. Anzitutto va cancellata l’ipocrisia della chiamata "a distanza": quale famiglia assume un’assistente familiare che non conosce, perché vive all’estero?
In secondo luogo, va rivisto in modo strutturale il sistema delle quote d’ingresso, che offre possibilità palesemente incongruenti con la domanda reale. Lo scorso inverno il ministero dell’Interno ha ricevuto 400mila richieste di assunzione legate all’ottenimento del permesso di soggiorno di colf e badanti. Secondo l’ultimo decreto flussi, le domande ammissibili ammontano a 65mila, più una quota per i cosiddetti paesi riservatari. (3) Ciò significa che più di 300mila famiglie vedono negata la possibilità di regolarizzazione e continueranno a impiegare immigrati clandestini, pur contro la propria volontà a metterli in regola.
Peraltro, sappiamo che 65mila nulla osta sono un numero del tutto teorico, dato che finora ne sono stati emessi meno di un quarto.

PER UN WELFARE AMICO

Un welfare amico delle famiglie deve essere un welfare che dà cittadinanza alle assistenti familiari. Certo non in modo indiscriminato, ma almeno venendo incontro a ciò che le famiglie sono disposte a mettere in gioco. E alla disponibilità di formazione e qualificazione.
Per farlo, bisogna superare i limiti di una legge sull’immigrazione chiaramente non concepita per una simile fattispecie. E soprattutto far crescere una rete di interventi pubblici che lasci meno sole badanti e famiglie. A livello nazionale e a livello regionale e locale.
Al primo livello, è urgente l’aumento delle agevolazioni fiscali per le famiglie. Dilaga infatti un mercato nero che si alimenta di reciproche convenienze. Le attuali agevolazioni sono limitate e inefficaci nell’incentivare l’emersione. Deduzioni (legge 311/2004) e detrazioni (Finanziaria 2007) generano uno "sconto" massimo di 480 euro. Mentre gli oneri contributivi, per un impiego a tempo pieno, superano i 3mila euro annui.
A livello territoriale vanno sviluppati servizi che accompagnino famiglie e badanti, che le tutelino, attraverso sostegni anche economici, programmi di formazione, luoghi dedicati all’incontro tra domanda e offerta e altre iniziative locali che si sono moltiplicate in questi anni.
Costruire un’alternativa al mercato irregolare richiede la messa a sistema di più interventi. Sportelli dedicati, albi e registri, corsi di formazione, sostegni diretti. In particolare occorre investire sulla filiera costituita da enti di formazione – centri per l’impiego – servizi sociali. Un filiera che può funzionare, lo dimostrano diverse esperienze. Ma richiede una regia, un governo "di sintesi" con una visione d’insieme dei diversi passaggi, in grado di valutare i diversi interventi e di collegare i sostegni economici con i servizi.
Le badanti ci interrogano sulla capacità di collegare politiche migratorie e politiche sociali. L’alternativa è che questo mondo rimanga tagliato a metà: da una parte chi "ce l’ha fatta", dall’altra chi, per scelta o per destino, rimane nella clandestinità.

 

(1) Le fonti utilizzate si riferiscono ad una serie di ricerche realizzate negli ultimi anni, in cui abbiamo stimato il tasso di irregolarità a partire da un capillare lavoro sul territorio, interviste a badanti, testimoni privilegiati, osservatori, servizi pubblici e privati che intervengono sul fenomeno. A partire da: Irs, D. Mesini, S. Pasquinelli, G. Rusmini, Qualificare il lavoro privato di cura in Lombardia (www.qualificare.info, numero 7, 2006) sono stati realizzati poi ulteriori ricerche nella provincia di Milano e di Lodi. Vedi anche Iref, Il welfare "fatto in casa", rapporto di ricerca, 2007, pag. 24.
(2) Fondazione Ismu, Tredicesimo rapporto sulle migrazioni 2007, Milano, Franco Angeli, 2008.
(3) Si veda: www.qualificare.info per approfondimenti, in particolare l’intervento di Giselda Rusmini sul numero 13, 2008.

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ALITALIA, TOTO E CATRICALA’

  1. Bruno Stucchi

    Ci si qualifica come “badanti” e si lavora in Viale Zara…

  2. Luigi Calabrone

    Si stigmatizza, anche all’estero, che gli italiani, sono “indisciplinati”; ogni italiano decide quali leggi osservare e quali no. Sono anche “elastici”, e “realistici” e ciò è considerato positivamente. L’inosservanza è prevista nella formulazione delle leggi dal legislatore, che da ordini inapplicabili; diviene condizione necessaria alla sopravvivenza del sistema. La procedura di assunzione delle badanti ne è uno dei più macroscopici esempi. Sembra che ora si voglia ampliare a dismisura l’arco dell’illegalità, dichiarando reato l’immigrazione senza preventive carte. Stabilire “quote” di immigrazione irrealistiche fa parte di questa prassi legislativa e diffonde ulteriore illegalità (cartacea) presso centinaia di migliaia di datori di lavoro. Vorrei che su questo sito venisse fatto un esercizio per proporre soluzioni legislative realistiche. Non si capisce perché nella “grande casa” di tutti, lo stato, gli italiani giochino a confondere i desideri con la realtà, dando a se stessi e agli altri ordini inapplicabili, mentre nella propria “piccola casa” si guardino bene dal darne alle badanti stesse. Elasticità e realismo terminano quando ognuno esce dalla porta?

  3. Claudio Resentini

    La questione della regolarizzazione delle badanti solleva una serie di questioni spinosissime. La paura dello straniero, ad esempio, che è soprattutto paura dell’uomo straniero, giovane e maschio, e quindi potenzialmente violento. Ma come diceva qualcuno (non ricordo più chi): "Avevamo bisogno di braccia, sono arrivate persone". E queste donne straniere avranno pure dei mariti o dei compagni, dei figli maschi, dei fratelli. Le vogliamo separare da queste presenze scomode e potenzialmente pericolose per farle vivere come delle monache di clausura nelle case dei nostri anziani? Insomma si sente un forte odore di ipocrisia, discriminazione, di insensibilità, di sfruttamento ai limiti dello schiavismo. Per non parlare della questione del welfare sottosviluppato italiano che costringe famiglie con salari ridicoli a offrire lavori indecenti a donne spesso istruite e nel fiore degli anni.

  4. Franco

    Mi viene il sospetto che i clandestini siamo noi. Clandestini provenienti da un Paese (Italia) fermo da 40 anni, chiuso, impaurito. Dove la maggioranza della società produttiva è nel pubblico impiego, cioè: posto assicurato, scarsa mobilità, chiusura mentale, mediocre visione del mondo. Clandestini della realtà che di fronte alla globalizzazione ci siamo persi. Talmente impauriti e impigriti nel pensiero e nell’azione che non siamo riusciti a cogliere tutto il positivo che c’è nel fenomeno immigrazione. Con la cappa davanti agli occhi (tipico di un popolo di scarsa cultura) ci siamo lavati la coscenza e creato l’alibi che immigrazione (fosse anche clandestina) era sinonimo di delinquenza. Senza accorgersi, che in un Paese come il nostro, privo di regole e di civica educazione, il problema l’avevamo già in casa.Vado spesso all’estero: la munnezza, le mozzarelle, la mafia, la Lega, cioè il malafare con la mediocrità. Queste sono le vere emergenze! Con l’immigrazione ci è stata offerta una opportunità alla pari di altri Paesi che di questa opportunità ne hanno fatto ricchezza, noi popolo clandestino siamo miseramente naufragati.

  5. davide gasparri

    Vorrei far notare all’ironico lettore che afferma che “ci si dice badanti per coprire il lavoro di prostituta”, che a viale Zara e negli altri viali di tutte le città, c’è una lunga fila di uomini italiani, padri di famiglia, timorati di Dio, che con 30 euro in mano sperano di soddisfare i loro più bassi bisogni.

  6. carlo giulio lorenzetti

    Quale che sia il giudizio che si voglia dare sull’intoduzione nel nostro ordinamento del reato di immigrazione clandestina, è forse opportuno ricordare che in forza del principio di irretroattività della legge penale, sancito dalla nostra Costituzione ( art. 25, 2°comma ), la norma in questione non si applicherà a coloro che sono entrati in Italia prima dell’entrata in vigore del decreto varato dal Governo. Altro discorso è quello sull’efficacia della nuova misura nello scoraggiare o,almeno, nel limitare il flusso dell’immigrazione clandestina.In un Paese in cui la giustizia non funziona e dove non si affrontano i nodi strutturali ( risorse, organizzazione, uomini, procedure ), invocare la certezza della pena è pura ipocrisia. E gli immigrati, che non conoscono il nostro diritto scritto, ma sono bene informati su una prassi fatta di illegalità diffusa, di lassismo, di sanatorie e di provvedimenti contraddittori, lo sanno bene e non si lasceranno dissuadere dall’ultima "grida".

  7. paolo borghi - responsabile centro impiego

    Vanno bene tutte le azioni sistemi che si propongono. Mi permetterei di sottolineare la necessità anche di misure organizzative tese 1) a sovraintendere in termini promozionali a questo mercato (intermediari in grado di limitare la mafia e il familismo attualmente dominanti, e rassicurare le famiglie); 2) a infrastrutturare lo stesso mercato con attività di supervisione e monitoraggiodi una attività che non puo’ essere lasciata alla spontaneità e alla responsabilità dei soli individui 3) sviluppare lo stesso mercato con azioni sistemiche di formazione e aggiornamento (a salario garantito e magari preliminari all’ingresso nell’attività).

  8. antonio p

    C’era una volta una delle figlie che rimaneva in casa a fare la badante dei genitori e o dei famigliari con gravi handicap ed erano mantenute(qualche volta) dagli altri famigliari. Dopo il famoso e tristo 1968 quelle pie volontarie sono state obbligate a tentare di cercare un lavoro in uffici o per strada e si è arrivati ad oggi con il colmo che molte famiglie lavorano anche "turni" per pagare una "badante" sicuramente meritevole e qualificata che in teoria costa poco a livello di contratto sindacale e contributi INPS , ma in realta svuota molti portafogli alcuni gonfi ma moltissimi miseri mo quasi vuoti per colpa dell’inflazione galoppante.

  9. ChiaraC.

    Per chi sta cercando buone prassi in giro per l’Italia, segnalo il caso del Friuli Venezia Giulia, che sta in qualche modo cercando di andare nella direzione indicata dall’articolo. Il Progetto "Assistenti familiari", prima avviato sperimentalmente attraverso l’attività di Italia Lavoro, è stato fatto proprio dalla Regione Friuli VG che dal 2007 ne ha finanziato la prosecuzione destinando risorse alle singole Province. Il processo di incontro domanda offerta, regolarizzazione, fabbisogno formativo ecc. viene monitorato periodicamente e i risultati pubblicati sul sito della regione. Vi lascio il link, sperando possa essere utile anche a coloro che confondono le assistenti familiari con le "badanti viale zara".

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