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UN RATING PER I DIRITTI

La diffusione dei fondi sovrani genera problemi di trasparenza e vigilanza. Ma c’è anche un problema di libertà e democrazia, legato al fatto che in molti casi sono posseduti da governi che non brillano per rispetto dei principi democratici. Una soluzione potrebbe essere l’elaborazione e diffusione di un sistema di rating, una verifica dei comportamenti nel campo dei diritti umani dei paesi proprietari dei fondi. Al tema “Mercato e Democrazia” è dedicato quest’anno il Festival dell’Economia di Trento che si svolge tra pochi giorni (29 maggio-2 giugno).

La diffusione dei fondi sovrani genera problemi di trasparenza e vigilanza, e molti paesi sono timorosi di una loro eccessiva invadenza in settori strategici. Ma c’è anche un problema di libertà e democrazia che pochi considerano.

FINANZA E DIRITTI UMANI

Il tema è antico, ma le modalità con le quali si ripropone in questi tempi sono nuove e impongono un seria riflessione.
La finanza globalizzata corre veloce nei mercati e tra i mercati, disinteressandosi completamente delle giurisdizioni nazionali. Èun bene per lo sviluppo dell’economia, ma è anche fonte di costante preoccupazione, e non solo perché ogni tanto qualcosa sfugge di mano e bisogna pensare a un nuovo ordine internazionale capace, appunto, di mettere ordine. Proprio perché nella vita di tutti i giorni ci dobbiamo confrontare con questo fenomeno è, infatti, inevitabile chiedersi se si debba guardare ai suoi effetti soltanto con l’occhio economico (chi ci guadagna e chi ci perde) o seppure si debba utilizzare una chiave di lettura diversa, che tenga conto anche di altri valori. E sono i valori della convivenza civile, del rispetto dei diritti umani e in fin dei conti della democrazia. Gli scettici potranno dire che non sono certo valori di gran moda in questo momento, e forse hanno ragione. Tuttavia, chiedersi non solo quanti sono, ma anche da dove vengono i soldi, può essere un salutare esercizio per le nostre coscienze.

LE MANI SPORCHE

Adesso molti soldi vengono dai fondi sovrani, benedetti quando immettono liquidità in qualche banca internazionale pericolante, osteggiati con spinte protezionistiche nel  timore che invadano le economie occidentali. Il fatto è che la maggior parte dei Sovereign Wealth Funds sono posseduti da governi che non brillano nel campo del rispetto dei diritti umani; rappresentano in sostanza una finanza gestita da mani non proprio immacolate.
Il rischio immediato è che in contesti di assoluta mancanza di trasparenza e vigilanza  germoglino e vengano esportati fenomeni di patologia come il riciclaggio e la corruzione, facili quando il gestore pubblico che dovrebbe essere anche il controllore,  agisce in totale discrezionalità e senza le fisiologiche verifiche caratteristiche di un paese dove esistono e funzionano veramente le istituzioni democratiche.
Il rischio meno immediato, ma più insidioso, è che si esporti una cultura, già abbastanza diffusa, per la quale la finanza deve comunque essere neutrale e agire in una sorta di limbo, indifferente a tutto quello che succede intorno. 

IL RATING DEI DIRITTI

Se il primo rischio può essere in parte fronteggiato con standard imposti in sede internazionale, e ormai non si contano le iniziative e le proposte su questo terreno (1), più difficile e delicato è pensare al secondo. In primo luogo, perché bisogna comunque evitare generalizzazioni: ad esempio uno dei fondi sovrani più ricchi è norvegese e si distingue per una politica degli investimenti particolarmente attenta alle valenze etiche..(2) Inoltre, è inutile nasconderselo, su questo terreno è difficile dettare regole con un grado sufficiente di enforcement, soprattutto in periodi come questo dove non si va tanto per il sottile pur di attrarre l’abbondante liquidità dei fondi.
Una recente proposta riguarda l’elaborazione e diffusione sul mercato finanziario di un sistema di rating, secondo criteri in parte già esistenti in campo internazionale, che  aggiunga a quello più tradizionale, relativo alla solidità e qualità degli operatori, una verifica delle performance nel campo dei diritti umani dei governi proprietari dei fondi. (3)
E la produzione dei rating potrebbe essere affidata a organizzazioni internazionali, ad esempio si invoca un nuovo ruolo nella regolamentazione dei fondi sovrani del Wto, o a soggetti privati. (4)
Sarebbe soltanto un primo passo, con riflessi soprattutto sul piano della reputazione e nulla impedirebbe di fare affari con un fondo con giudizio negativo. Ma vedere una bella tripla A, il tradizionale giudizio di massima solidità finanziaria, accompagnata da una orribile C nel campo dei diritti umani fa un innegabile effetto. Senza tener conto che in un paese dove i fondi sovrani potessero operare in base a un principio di reciprocità, non soltanto nella libertà di investimento, ma anche nella libertà delle persone, si starebbe sicuramente meglio.

(1)Imf, Sovereign Wealth Funds – A Work Agenda,  2008, sul sito www.imf.org  
(2)S. Chesterman, “The Turn to Ethics: Disinvestement from Multinational Corporations for Human Rights Violations – The Case of Norway’s Sovereign Wealth Fund”, sul sito www.ssrn.com
(3)P.J. Keenan, “Financial Globalization and Human Rights”, sul sito www.ssrn.com
(4)A. Mattoo, A. Subramanian, “Currency Undervalutation and Sovereign Wealth Funds: a New Role for The World Trade Organization”, January 2008, sul sito www.petersoninstitute.org.

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  1. michele

    Primo dubbio: serve davvero un "rating" come questo, o non rischia di confondere ancora di più? Se già quelli in uso, pur riferiti a parametri "oggettivi", e comunque di natura quantitativa, hanno saputo causare i noti danni, quanti di più potrebbe farne uno riferito a parametri la cui natura "politica" rende discutibile qualunque rioultato? E chi avrà le informazioni, la forza, il prestigio,le risorse umane e l’esperienza per assumersi la responsabilità dei giudizi? Il WTO? Mi pare difficile. Secondo dubbio: i norvegesi hanno fatto una scelta tanto nobile quanto soggettiva. Il mercato lo sa, e questo è tutto. Ciascuno sceglierà liberamente di lavorare con loro o no. Chi vuole, li imiti, ma non serve una patente: basta farlo sapere. Terzo dubbio: come potrebbe un tale "rating" trascurare la politica estera dei Paesi di appartenenza, le alleanze più o meno palesi, la politica militare ecc., almeno per stabilire se vi sia un nesso con gli investimenti? Non è chiedere troppo? Il fatto è che il mondo pone problemi nuovi, ma l’attrezzatura esistente resta vecchia. Speriamo che la riflessione del Forum aiuti. Ma per riuscirci, dovrà osare parecchio…

    • La redazione

      La ringrazio per il commento che mette opportunamnete in evidenza alcuni aspetti indubbiamente critici e dei quali ho piena consapevolezza, ma mi sembra che questri aspetti non possano frenare la prospettiva che indicavo. E’ vero che i tradizionali rating non hanno sempre funzinato a dovere, ma questa non è una ragione per la quale quelli "etici" da me proposti non debbano, invece, funzionare. Lei stesso dice che il mercato consoce la scelta nobile norvegese e allora perchè il mercato non dovrebbe avere qualche strumento per conoscvere eventuali altre scelte nobili (o meno nobili)? Ancora; nessuno mette in dubbio il fatto che le organizzazioni internazionali abbiano difficoltà ad individuare standards comunemente accettati e con un efficiente grado di enforcement, ma proprio il terreno da me indicato potrebbe rappresentare un utilissimo laboratorio. In altri termini, se da un lato si tratta di tenere bene i piedi per terra e di considerare tutti gli ostacoli su una strada non certo facile , dall’altro non bisogna, a mio parere, peccare del solito "benaltrismo" (c’è bisogno di ben altro!) che poi, alla fine, significa non fare niente!
      Un saluto cordiale.

  2. Andrea

    Non capisco perchè definire un rating per dei diritti solo per i fondi sovrani. Cosa dire allora di banche italianiche prestano soldi a aziende che sviluppano armi la cui produzione e vendita in italia è vietata? O delle aziende anche italiane che producono vestiti violando i diritti umani? Forse perchè italiane possono farlo?

    • La redazione

      La ringrazio per le osservazioni, ma il tema al quale Lei fa riferimento è in parte diverso. Vi possono essere rating di "eticità" che vincolano l’attività industriale e finanziaria e in parte molte aziende li hanno adottati su base volontaria (ad esempio non finanzio chi fabbrica armi) e nulla vieta che possano essere recepiti in rating internazionali, ma i fondi sovrani hanno il problema specifico della proprietà pubblica e cioè di Stati all’interno dei quali vengono violati i diritti umani e che indirettamente con i loro ingenti investimenti possono condizionare
      le economie di tutto il mondo.Di qui l’esigenza di una particoalre attenzione.
      Un cordiale saluto

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