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UN’ASSICURAZIONE CONTRO LA FAME

L’aumento di prezzo degli alimentari colpisce la povera gente, ma allo stesso tempo aiuta gli agricoltori poveri. La volatilità dei prezzi, in compenso, danneggia gli uni e gli altri. Forse è arrivato il momento di cambiare e di creare servizi finanziari internazionali destinati ai popoli più poveri. I governi potrebbero, ad esempio, creare assicurazioni per garantire le popolazioni contro le impennate dei prezzi, con trasferimenti ad alcuni, quando i prezzi sono alti, e ad altri, quando sono bassi. Non sono soluzioni nè
semplici nè chiare. Ma qualcosa va fatto.

La settimana scorsa, a Haiti, si sono registrati incidenti molto gravi, provocati dalla rabbia della popolazione, causata dall’aumento dei prezzi dei generi alimentari di base. Anche in Indonesia, Guinea, Marocco, Senegal, Uzbekistan e Yemen si sono verificate sommosse popolari. Numerosi grandi produttori di riso, come il Vietnam, l’India, l’Egitto, hanno imposto severe restrizioni all’esportazione del prodotto.
Dopo essere stati stabili per decenni, i prezzi dei generi alimentari hanno cominciato a salire nel 2005 e, nel 2007, si sono impennati. Dal marzo 2007 al marzo 2008 il prezzo medio del mais è aumentato del 30 per cento, quello del riso del 74 per cento, quello della soya dell’87 per cento e quello del grano del 130 per cento.

PREZZI ALTI

Sono molti i fattori che spiegano la tendenza al rialzo dei prezzi, tra cui la domanda di biocarburanti, la cui produzione consuma un’elevata percentuale dei cereali prodotti nel mondo, nonché la crescita e l’arricchimento della popolazione mondiale, e in particolare l’incremento della domanda di carne in Cina: paradossalmente ci vogliono più cereali per produrre una caloria sotto forma di carne, che sotto forma di grano.

Ma vi sono altri fattori che agiscono a breve termine e spiegano la recente impennata dei prezzi. Poiché i principali consumatori di riso sono anche produttori, la quantità di riso immessa sui mercati è bassa, se comparata alla quantità di riso prodotto: solo il 7 per cento del riso viene commercializzato. Le restrizioni imposte dai grandi produttori, come l’India, possono pertanto avere un forte impatto sul prezzo del riso, perché colpiscono soprattutto la quota di riso posto sui mercati. In tal modo, l’India riesce a mantenere, sul mercato interno, il prezzo del riso a un livello abbordabile, indipendentemente da ciò che avviene nel resto del mondo. I raccolti di grano sono stati scarsi nella maggior parte dei paesi produttori; in Vietnam il riso è stato colpito da un misterioso parassita; e vi sono state accuse generalizzate di corruzione e disorganizzazione, indirizzate ai governi che, per stabilizzare i prezzi, hanno bruscamente ridotto le scorte di cereali, al loro livello minimo dal 1984. Risultato: non solo i prezzi sono elevati, ma anche assai variabilitanto che si prevede una brusca caduta dopo i raccolti in India e in Indonesia. Anche la crisi finanziaria mondiale ha un ruolo fondamentale: nell’attuale catastrofica situazione dei mercati finanziari le commodities rappresentano un’interessante possibilità di speculazione.

CHI VINCE E CHI PERDE

Robert Zoellick, presidente della Banca Mondiale, Jacques Diouf, direttore dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, e molti altri suonano campanelli d’allarme. Secondo l’Indagine sullo Standard di Vita, condotta dalla Banca Mondiale (1) la spesa destinata al cibo di una famiglia povera, che vive sulla base delle convenzioni internazionali con meno di un dollaro al giorno, oscilla tra il 50 e il 77 per centodel bilancio familiare, a seconda del paese di riferimento. Il che ovviamente rende tali nuclei familiari estremamente sensibili alle oscillazioni di prezzo dei generi alimentari: non sorprende quindi che la recente impennata dei prezzi li ponga in seria difficoltà, creando una voragine nel loro bilancio.
Due o tre anni fa vennero aspramente criticati i sussidi concessi dai paesi ricchi ad allevatori e agricoltori: tenere i prezzi artificialmente bassi, si argomentava, costringeva i contadini africani a vendere i loro prodotti a un prezzo bassissimo, mantenendoli così in condizioni di miseria. Ciò può sembrare, a prima vista, contraddittorio, ma sfortunatamente non lo è. L’aumento del prezzo dei generi alimentari avvantaggia quei produttori netti che producono più di quanto consumano, a detrimento dei consumatori netti. Il che è vero sia a livello individuale, che a livello nazionale. Tuttavia, a livello nazionale, l’incremento di prezzo dei cereali migliora la bilancia dei pagamenti dei paesi esportatori e peggiora quella dei paesi importatori, inclusi gli stati dell’Africa sub-sahariana. A livello individuale, le popolazioni più colpite vivono in aree urbane, ma anche nelle zone rurali sono spesso i più diseredati a soffrire di tale situazione, in quanto consumatori netti. 
Uno studio sulla Tailandia, condotto da Angus Deaton, dimostrava che, in genere, le famiglie rurali beneficiavano dell’aumento del prezzo del riso, ma con profonde differenze da una famiglia all’altra. (2)Quelle che ne traevano maggior vantaggio non erano né povere né ricche.
Pertanto, quando il prezzo dei cereali aumenta, vi sono alcune popolazioni indigenti che, a breve termine, ne traggono beneficio, mentre altre no.
Lo sconvolgimento dei prezzi riflette una realtà politico-economica fondamentale: quando c’è chi vince e c’è chi perde, si fa sentire sempre più forte la voce di coloro che perdono. E ciò è particolarmente vero nel caso in cui aumentano i generi alimentari, perché tale aumento colpisce innanzitutto i poveri, che vivono nelle città. Ma, a medio termine, l’aumento della volatilità dei prezzi colpisce chiunque. I nuclei familiari poveri dei paesi in via di sviluppo devono sempre affrontare rischi enormi. Si tratta spesso di famiglie di lavoratori autonomi, la cui sopravvivenza dipende dagli imprevisti meteorologici e che, per giunta, soffrono di salute precaria; e non esistono assicurazioni contro questo tipo di imprevisti, a parte il risparmio o la rete informale di solidarietà. Per giunta, quando si tratta di famiglie povere, che riescono con gran fatica a procurarsi il minimo indispensabile, questi rischi sono più gravi. Un qualsiasi imprevisto può significare il dover rinunciare all’istruzione dei figli, o l’impossibilità di salvare la vita di una bimba piccola, affetta da diarrea acuta. Il bel saggio di Elaina Rose evidenzia come, in periodi di siccità, diminuisca drammaticamente la probabilità di sopravvivenza delle bambine. (3)Difficoltà transitorie possono provocare danni permanenti.

SOLUZIONI

A parte gli aiuticoncessi, senza indugi per ora, dalla comunità internazionale, quando si verificano emergenze, è essenziale stabilire misure atte a combattere la variabilità dei prezzi, così da poter aiutare le popolazioni più povere. Secondo alcuni, il miglior modo per conseguire tale risultato consiste nel bloccare gli scambi commerciali, stimolando così i paesi poveri a divenire “autosufficienti”, per quanto riguarda i generi alimentari di prima necessità. Tuttavia, così facendo, si finirebbe con l’abbandonare a se stessi quei paesi, che spesso soffrono di condizioni meteorologiche infauste. Non si capisce poi bene cosa ne sarebbe di quei paesi che sono importatori netti di generi alimentari: a lungo andare, secondo i sostenitori della tesi dell’autosufficienza, sarebbe la miglior soluzione, perché tali paesi migliorerebbero per forza di cose la loro produttività. Anche se, considerando ad esempio il clima del Senegal, produrre lì il riso costerebbe molto più che in Thailandia. Il metodo tradizionalmente impiegato dai governi dei paesi in via di sviluppo, vale a dire accumulare enormi scorte di cereali, comprando quando i prezzi sono bassi e vendendo quando sono alti, comporta una buona dose di problemi. Sembrava che in India, vi fossero sufficienti scorte per andar sulla luna, ma poi si sono verificate importanti perdite in quelle immagazzinate, imputabili a fenomeni di corruzione. In alternativa, i governi possono manipolare i prezzi, per mezzo di tasse e sussidi. O forse è giunto il momento di cambiare e di creare servizi finanziari internazionali, destinati ai popoli più poveri: i governi potrebbero, ad esempio, creare assicurazioni atte a garantire tali popolazioni contro le impennate dei prezzi, sotto forma di trasferimento-fondi ad alcuni, quando i prezzi sono alti e ad altri, quando i prezzi sono bassi. Quei paesi che non sono né venditori netti, né compratori netti potrebbero concedere tali sovvenzioni sul mercato interno, mentre quelli che non comprano e non vendono dovrebbero essere in grado di piazzare queste assicurazioni sul mercato mondiale. Certo, tali soluzioni non sono né chiare, né semplici. Ciò non toglie che è arrivato il momento di escogitarne qualcuna.

(1)Vedi Abhijit Banerjee e Esther Duflo “The Economic Lives of the Poor Journal of Economic Perspectives21(1): 141 – 167, Inverno 2007.
(2)Angus Deaton (1989). "Rice Prices and Income Distribution in Thailand: A Non-parametric Analysis" Economic Journal, 99(395):1 – 37.
(3) Elaina Rose (1999). "Consumption Smoothing and Excess Female Mortality in Rural India," Review of Economics and Statistics, 81(1): 41-49, Febbraio.

(traduzione di Daniela Crocco)

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  1. Tarcisio Bonotto

    Exxon e Mobil nel 2002: 5 miliardi di $ di utile a testa. Dopo la fusione, nel 2007: 40 milioni di $. Dal 2002 al 2007 il prezzo del greggio è salito. Speculazione finanziaria e corruzione amministrativa hanno aumentato anche i prezzi dei cereali. Sfatiamo i dubbi sull’Autosufficienza Economica e l’apertura dei mercati Liberista. Perchè il Ghana e il Costa d’Avorio pur producendo cacao non si sviluppano? Non è permesso loro, dalle multinazionali di produrre in loco il cioccolato, generando occupazione e salari. Perché il Togo non si sviluppa, pur essendo il maggiore produttore di Fosfati, per concimi chimici? Perché le multinazionali non permettono la realizzazione di industrie locali di concimi da vendere all’estero, generando occupazione locale, reddito etc. etc. Regola economica per lo sviluppo: le materie prime non vanno esportate, vanno esportati i beni finiti o semilavorati generando occupazione.
    Autosufficienza? Strumento che normalizza l’economia locale. Anche a costi più alti, ma la sicurezza è molto maggiore del fluttuante mercato internaz. Il NAMA, trattato WTO è ridicolo: chiede che siano i compratori a fissare i prezzi delle materia prime, non i fornitori!!

  2. Lorenzo Marzano

    L’articolo pone in maniera chiara una serie di problemi di cui si comincia a parlare sempre più spesso (non tanto nei giornali italiani purtroppo ). Non sono un esperto ma leggendo alcuni articoli della rivista Internazionale ad es.di Ahrundati roy (traduzione da giornali indiani )mi sembra che una parte degli agricoltori indiani ultra -poveri (economia locale di sussistenza) in zone come l’Orissa e il Bihar non traggono alcun aiuto dall’alto prezzo degli alimentari . La nascita di movimenti nagaliti (maoisti) Non so se questo sia attribuibile alla volatilità dei prezzi .Circa la ottima proposta di "creare servizi finanziari internazionali destinati ai popoli più poveri" mi domando se implicitamente lei faccia riferimento a organismi da inventare ex novo visti gli scarsi risultati della FAO ,WFP etc che con i loro overhead mangiano molte risorse economiche facendone giungere poche ai destinatari e con la corruzione in loco pochissime ai veri bisognosi .La crisi dei mutui subprime mostra che anche in USA e UK quando si vuole "socializzando" le perdite i soldi si rendono disponibili .

  3. Corrado Finardi

    L’aumento dei prezzi alimentari non produce ipso facto una crescita del benessere degli agricoltori. Va infatti valutata, come suggerisce tra gli altri Loretta Napoleoni, la struttura dell’azienda (le dimensioni rispetto alla manodopera), il flusso delle derrate alimentari (destinate all’esportazione o al mercato interno), la proprietà della terra (se gli agricoltori sono braccianti salariati, il reddito rimane tendenzialmente fissato ad un livello basso ). Purtroppo, è vero il contrario: l’aumento dei prezzi avvantaggia gli agricoltori ricchi e chi può adottare comportamenti speculativi lungo la filiera agroalimentare. Vi sono in Italia esempi illuminanti in tal senso: nonostante il caro vita generato dagli alimentari, il reddito agricolo ha continuato la sua decrescita, in ragione dell’assorbimento dei costi degli input agricoli (fertilizzanti, mangimi, gasolio) da parte degli agricoltori, come ben testimoniato dai dati ufficiali Istat. La forma delle relazioni della filiera insomma assume un profilo determinante.

  4. Armando Pasquali

    Un articolo interessante. Per la prima volta dopo mesi, qualcuno che non dice che la liberalizzazione dei scambi agricoli risolverà come per magia tutti i problemi. Però i critici dell’attuale sistema non parlano di “autosufficienza”, concetto sbagliato perché pone già la soluzione del problema, ma di “sicurezza alimentare” e di “sovranità alimentare”. Come nessuno parla di eliminare gli scambi commerciali. E’ perché mai? Possono esserci vantaggi comparati anche in agricoltura, di cui possono beneficiare anche i piccoli agricoltori su scala familiare. Sono due miliardi di persone. Ma chi li rappresenta? Quando in Messico hanno portato da sei anni a un anno il periodo di graduale riduzione delle barriere al mais sussidiato statunitense, nessuno ha protestato. Ho un’amica che si occupa di cooperazione in Senegal, in un’area decentrata, e mi racconta che l’acqua, un tempo abbondante, ora comincia a scarseggiare. E’ arrivata una società che si è presa il terreno migliore e l’acqua. Ecco un meccanismo concreto, reale, per aumentare il Pil e la povertà. Solo che il Pil appare nelle statistiche, e la povertà è negli occhi di chi la vede e che nessuno ascolta.

  5. marco

    I derivati sono uno strumento di stabilizzazione dei prezzi di mercato, se non usati a fini speculativi. per cautelarsi dal rischio di un calo dei prezzi di mercato, i produttori possono sotoscrivere opzioni put che danno il diritto a vendere partite di merci a un prezzo prepattuito, e che eserciteranno se i prezzi di mercato scendono troppo. il derivato è un’alternativa all’assicurazione, e non ha intermediari. Anzi è l’unica alternativa, poichè nessuna assicurazione farà mai una polizza contro il rischio di carestie o calo verticale della domanda, essendo certa che prima o poi si verificherà per la totalità degli assicurati. i rischi in campo alimentare in pratica non sono assicurabili. ciò accade quando il bene sottostante, come grano o materie prime, realmente esiste ed è in posesso dell’acquirente.

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