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LA RISPOSTA DI NINO NOVACCO, PRESIDENTE SVIMEZ

Il prof. Massimo Bordignon, rispondendo ad una nota della SVIMEZ, definisce l’interpretazione data al comma 4 dell’art. 119 come perniciosa per gli enti territoriali di qualunque latitudine, in quanto renderebbe di fatto impossibile il federalismo fiscale, ed incostituzionale ogni autonomia attribuita agli enti locali.

NON BASTANO DUE “COMMI” PER COSTRUIRE UN FEDERALISMO SOSTENIBILE

E’ evidente che dell’art. 119 si possono dare diverse interpretazioni, dal momento che il testo, come ammette il prof. Bordignon, cerca di contemperare due esigenze contraddittorie nella realtà italiana: dare autonomia effettiva agli enti territoriali e, nel contempo, evitare che il meccanismo di finanziamento comporti l’incapacità di alcuni enti di fornire – in un Paese economicamente dualista – i servizi che essi devono assicurare alle popolazioni. A questa contraddizione Bordignon risponde ritenendo fondamentale il comma 3, che viene prima del 4, e che si limita ad attribuire risorse compensative ai territori con minore capacità fiscale, e proponendo, come nel disegno di legge delega del precedente Governo, un’applicazione parziale del finanziamento integrale delle funzioni previsto nel comma 4, introducendo una distinzione – che è del tutto assente nel testo costituzionale – tra funzioni che riguardano diritti fondamentali di cittadinanza, ed altre funzioni.
Il problema viene affrontato in sostanza con la sola lettura di tale articolo, e viene visto come prevalenza dell’uno o dell’altro comma, quando è invece l’intero articolo che deve essere letto nel contesto complessivo in cui si colloca, che è e resta la Costituzione Italiana. Ed è questo il rilievo della SVIMEZ: l’interpretazione dell’art.119 che si vuole far prevalere – e non solo nelle più accese sedi leghiste – lede gli articoli 2, 3 e 53 della nostra Costituzione, in quanto va ad intaccare il principio dell’uguaglianza dei cittadini dovunque risiedano, che è elemento fondante della nostra convivenza civile.
Quanto agli spazi di autonomia degli enti, poi, essi non risulterebbero certo sacrificati dall’interpretazione della SVIMEZ. Tutti gli enti potrebbero infatti esercitarla al di fuori e in aggiunta alle funzioni finanziate integralmente, ricorrendo alla propria leva fiscale, escludendo comunque meccanismi di piè di lista, e quindi stimando il fabbisogno sulla base dei costi standard ed avendo a riferimento le capacità fiscali degli enti. E’ piuttosto la posizione di Bordignon, riflessa nel disegno di legge delega del precedente Governo, e ancor più in quella espressa nella proposta del Consiglio regionale della Lombardia, a rendere impossibile l’esercizio dell’autonomia, ma solo da parte degli enti del Mezzogiorno. Soltanto essi sono infatti costretti ad utilizzare tutti gli spazi a loro disposizione per coprire spese e fornire servizi importanti che altrove sono finanziati con livelli di pressione fiscale più bassi, che si applicano a basi imponibili più elevate. Per contro, non si hanno spazi di autonomia quando non vi sono sufficienti entrate e non si possono chiedere sacrifici a popolazioni a basso livello di reddito, come è generalmente il caso del Mezzogiorno.
Questi, ad avviso della SVIMEZ, i motivi reali e gravi del contendere.

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LA RISPOSTA AI COMMENTI

  1. Ettore Jorio

    Trovo interessante il confronto Bordignon/Novacco. Offre l’occasione per una partecipazione costruttiva. Quindi, ci ritorno. Al di là delle legittime aspirazioni istituzionali di SVIMEZ di rivendicare il diritto del mio Sud di pretendere la corretta esigibilità dei Lep dei diritti civili e sociali, non sono molto d’accordo con le conclusioni cui è pervenuto Novacco nell’ultimo periodo della sua originaria dichiarazione. Quella che ha stimolato l’interessante “disputa” intepretativa. Ciò in quanto ritengo le risorse – individuate nell’art. 119, c. 4 – straordinarie e, in quanto tali, destinate a soddisfare irrinunciabili e ben individuate esigenze (speciali, quanto alla individuazione dei territori beneficiari; ordinarie quanto a scopo) avvertite in particolari aree del paese. Dunque, una sorta di "perequazione vincolata", indipendente dalla perequazione generale (c. 3) volta a garantire l’esigibilità delle prestazioni essenziali a tutta la collettività nazionale.

  2. FRANCO

    L’argomento mi sembra portare ad una delle tante contrapposizioni da risolvere (quasi degli ossimori) come federalismo e solidarietà, sicurezza e libertà, mercato e protezione ecc. Detto rozzamente, al di là delle questioni giuridiche, è da vedere come gli enti locali si pongono verso la spesa pubblica: come un condominio, chiuso all’esterno ma che fa assegnamento solo sulle proprie quote condominiali (lega) o come un istituto di beneficienza che attende le elargizioni e che a sua volta elargisce (sud). P.S.: grande importanza viene data alla Lega Nord mentre si parla poco della Lega Sud di Lombardo che, però, pretende il ponte sullo stretto che farà diventare, definitivamente, l’Italia, la Cuba di Batista del 21 secolo.

  3. luigi zoppoli

    Mi pare piuttosto convincente ed opportunamente fondata sul piano giuridico la considerazione del Presidente Novacco. Credo che, come per ogni norma venga ipotizzate e/o proposta, bisognerebbe fosse chiara sia la motivazione che ne sollecita la nascita, sia lo scopo che tramite essa si intende conseguire. Se questo è vero mi pare evidente che la proposta Bordignon conseguirebbe il risultato della rottura dell’unità nazionale. Che questo possa esere ritenuto desiderabile da qualcuno, posso capirlo. Sarebbe stato utile aver avuto l’onestà intellettuale di affermarlo. Le posizioni del neoministro Tremonti d’altronde lasciano pochi spazi al dubbio e sono tranquillamente complementari allo spirito della proposta Bordignon. luigi zoppoli

  4. Roberto Marsiano

    Al di là di quello che dice una Costituzione di 60 anni fa, la paura che alcune zone, non solo del sud, non siano in grado di sopportare un localismo fiscale, comporta una scelta di bloccare per sempre il paese in una fissità demografica che è assolutamente contraria all’economia moderna. Se alcune zone non sono in grado di erogare i servizi alla popolazione residente vuol dire che non si produce sufficiente reddito, e gettito, e quindi che è una parte della popolazione deve emigrare verso zone, non necessarimanete italiche, dove le occasioni di lavoro e di investimento ci siano. Mantenere in vita zone senza futuro, se non per pochi, fa solo aumentare il livore di chi crede di pagare per tutti. Se si tagliassero i trasferimenti a chi è in deficit tributario, come la Liguria, è chiaro che le popolazioni si sposterebbero verso zone migliori e sarebbero queste a dover produrre reddito per pagare per servizi necessari ai nuovi arrivati; le zone abbandonate troverebbero un equilibrio ad un livello più basso per avere meno popolazione. La Costituzione non può stabilire ope legis che la Campania debba avere 5,7 milioni di abitanti. Una parte deve emigrare! E’ l’economia.

  5. FRANCO

    Non ho la competenza per entrare nel merito ed osservo che un parlamento in cui è determinante la Lega Nord e l’ "autonomia" siciliana, non rispetterà la parità dei cittadini. Temo un federalismo nordista, molto rumoroso, accompagnato da silenziose leggi ad hoc per Sicilia e Mezzogiorno, magari anche per Roma. Alla fine pagheranno le ex regioni rosse, con buona pace dei toscani ed emiliani che hanno votato Lega.

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