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CRISI FINANZIARIE E CONTROLLI: SBAGLIANDO S’IMPARA

Il mae culpa dell’Fsa sulla vicenda Northern Rock è un raro esempio di trasparenza. L’Autorità di controllo inglese avrà sicuramente le sue colpe, ma bisogna ammettere che maneggiare le crisi di questi tempi è diventato molto complicato. Le ricette proposte sono attente a garantire adeguati presidi prudenziali, ma anche a non imbavagliare troppo i mercati. Ed è un equilibrio difficilissimo da raggiungere. La speranza è che lo si trovi prima di nuovi e sempre più dolorosi bagni di sangue per le tasche dei contribuenti.

Non è frequente trovare sul sito di una Autorità di controllo un rapporto nel quale la stessa Autorità, dopo un audit interno, confessa i propri errori e si impegna a correggerli.

IL MEA CULPA DELL’FSA

La vicenda era sicuramente troppo importante per passare inosservata, si tratta della crisi della Northern Rock e di una vigilanza intervenuta quando ormai le frittata era fatta, ma il mea culpa della Fsa, Financial Services Authorithy del Regno Unito, fa un certo effetto e non solo per una piacevole sensazione di trasparenza, oggettivamente rara in certe occasioni dove spesso lo spettacolo è, al contrario, quello dell’arroccamento e del rimpallo delle responsabilità.
Il rapporto preliminare della Fsa, infatti, richiama alcune carenze in attività che  dovrebbero rappresentare, se fatte bene, una sorta di vademecum per una vigilanza  preventiva efficace. (1) Si va da uno scarso monitoraggio del funzionamento dei controlli interni della banca, a una mancanza di consapevolezza della vulnerabilità del suo modello di business di fronte ai mutamenti dei mercati, a qualche falla nei flussi informativi e a valutazioni troppo affrettate dei rischi di liquidità.
L’Fsa non vuole certo rinnegare la sua filosofia “light touch” fondata sulla principle based regulation, ma comunque si impegna a migliorare in queste aree, e ne ha ben donde visto che è stata apertamente accusata di trasformare il “light” in “soft touch” (2) e qualcuno già propone di riportare la vigilanza bancaria nelle braccia della vecchia signora, la Bank of England.

DAI RISPARMIATORI AL MERCATO

L’Autorità inglese avrà sicuramente le sue colpe, ma bisogna ammettere che maneggiare le crisi, se è sempre stato un mestiere difficile, in questi tempi è diventato difficilissimo. Il problema è sempre lo stesso: bisogna convincere i depositanti che non c’è da preoccuparsi e tenerli il più lontano possibile delle lunghe code davanti agli sportelli della banca per ritirare i propri soldi. Cambiano, invece, le tecniche di prevenzione (della crisi) e le modalità di convinzione (dei depositanti).
E cambiano perché è cambiato il rischio, ora disperso e spalmato sui mercati e difficilmente valutabile, anche per l’eccessivo affidamento nei rating: è il noto modello originate to distribuite e cioè la concessione di crediti, successivamente impacchettati e messi in circolazione dai tristemente famosi veicoli. Il rischio è talmente esteso che per tutelare la stabilità del sistema c’è chi propone di sostituire il tradizionale prestatore in ultima istanza, arrivato nel caso Northern Rock dopo qualche iniziale reticenza, in un Liquidity Provider of Last Resort. (3) In una sorta, quindi, di prestatore “governativo” pronto non a immettere liquidità nella banche, ma ad acquistare titoli nei mercati quando il panico si materializza. Èuna proposta con vantaggi e limiti, ma bisogna riconoscere che alla luce di quanto è successo oltreoceano, dove la Federal Reserve (e il contribuente americano) si è dovuta occupare di una grande banca di investimento per paura che di lì partisse il contagio, il problema del rischio di mercato effettivamente esiste. Un noto studioso aggiunge, poi, che il modello originate to ditribute è più complesso di quanto appaia e dovrebbe chiamarsi originate and pretend to distribute (4) perché le banche, anche per ragioni reputazionali, rimangono comunque legate ai veicoli nei quali sono trasferiti i crediti, non li lasciano al loro destino e ne subiscono le perdite, aggravando così la situazione.

LE RICETTE

Il Financial Stabilty Forum nel corso dei suoi incontri, l’ultimo sabato scorso, recepisce queste preoccupazioni e dice che le banche centrali si devono comunque attrezzare per garantire liquidità, quando le banche, ma anche i mercati, sono sotto stress. (5) Per la prevenzione delle crisi la strada maestra è una maggiore trasparenza, senza però fidarsi troppo dei rating e, l’esperienza Fsa insegna, sono necessari solidi presidi patrimoniali, grande attenzione alla liquidità e soprattutto alla capacità delle banche di percepire e governare i propri rischi. Sono ricette attente a garantire adeguati presidi prudenziali, ma anche a non imbavagliare troppo i mercati, ed è un equilibrio difficilissimo da raggiungere perché alla fine, se le cose vanno male, devono comunque arrivare i soldi pubblici.
La sfida del futuro sta tutta qui: o gli intermediari trovano al proprio interno risorse e regole per controllare i rischi, e pervenire gli eccessi di avidità, oppure, inevitabilmente, la vigilanza sarà sempre più occhiuta e stringerà le maglie, con la speranza che la sfida si concluda prima di nuovi e sempre più dolorosi bagni di sangue per le tasche dei contribuenti.     

(1) Il rapporto Fsa si può leggere sul sito www.fsa.org.
(2)W.H. Buiter, “Lesson from the 2007 Financial Crises”, Cepr Policy Insights, n. 18/2007, su www.cepr.org.
(3)S.L. Schwarcz, “Markets, Systemic Risk, and the Subprime Mortage Crisis”, sul sito www.ssrn.com.
(4)C.A. Goodhart, “The Regulatory Response to the Financial Crisis”, sul sito www.ssrn.com.
(5)I documenti del Financial Stabilty Forum sul sito www.fsforum.org.

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CORDATE

  1. Lukas Plattner

    È di oggi la notizia di un intervento a Londra di Bart Chilton, membro della U.S. Commodity Futures Trading Commission, il quale ha stigmatizzato la mancanza di trasparenza del settore dei derivati britannico e ha richiesto alla FSA un forte impegno al fine porre in essere i necessari presidi per prevenire le manipolazioni e le frodi sul mercato dei derivati. Secondo Barton la FSA si affida in maniera eccessiva alle società di gestione del mercato, mentre occorrerebbe un "greater oversight and enforcement". Chilton ha espresso chiaramente le proprie preoccupazioni circa "a lack of transparency and the need for greater oversight and enforcement by the FSA of the derivatives industry".

  2. Marco Ullasci

    Penso che l’idea di introdurre in un mercato sempre piu’ dominato dal sentimento un investitore che sia razionale sia fondamentale. Il rischio maggiore e’ che questo intervento sia politico anziche’ realmente razionale: se uno strumento e’ sottovalutato e sta trascinando il mercato al tracollo deve essere acquisito ad un prezzo giusto per arrestarne la caduta, ma non devono essere sostenuti sul mercato titoli che non hanno alcun valore reale. Credo che un rischio importante di un simile approccio sia quello di ricreare, se applicato anche ai titoli azionari, una nuova stagione di partecipazioni statali in cui i manager delle aziende private siano incentivati a prendere grandi rischi confidando nel paracadute dell’investitore di ultima istanza. Sara’ quindi molto importante un contesto di regole che risulti fortemente punitivo per i gestori, i manager e i consigli di amministrazione che hanno ecceduto nel rischio cosi’ che l’investitore di ultima istanza risulti qualcosa di assolutamente indesiderabile per qualsiasi azienda. In breve la stabilita’ deve essere tutelata punendo al contempo chi prende dei rischi eccessivi, anche quando si tratti del piccolo risparmiatore.

  3. Finanzik

    Tutto corretto. Ma il problema di fondo non è solo quello dei controlli, che tutto possono vigilare e regolare, tranne che la produzione di carta finanziaria, diretta conseguenza di un sistema basato solo sui consumi.Si è tanto più ricchi quanto più si consuma,quanto più si consuma tanto più vale la carta emessa dagli emittenti, tanto maggiore è la sensazione di ricchezza di chi tale carta possiede, tanto più si consuma: innestando un circolo virtuoso, che però potrebbe essere perverso, in cui i consumi creano ulteriore ricchezza finanziaria che si alimenta da se. Un sistema del genere abbisogna di una estrema finanziarizzazione che deve mantenere costantemente investita in carta, la teorica ricchezza che i consumi autoalimentano. Ciò richiede non solo mercati sempre più sofisticati, ma anche una finanza sempre più sofisticata e virtuale, che mantenga investita una ricchezza che teoricamente si crea nell’atto stesso in cui si distrugge. La Perugina, per esempio, vale l’attualizzazione dei consumi di cioccolattini, cioè il valore attuale delle future deiezioni di cioccolattini. Un valore, allora, che si crea nello stesso momento in cui si distrugge. Finché dura va bene. Poi,i subprime.

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