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NON E’ UN PAESE DELLA RULE OF LAW

Nei loro programmi elettorali i due principali partiti propongono una trasformazione completa dell’Italia, senza però indicare alcuna sequenza delle riforme che vorrebbero attuare. Ma le priorità esistono. Secondo il rapporto sulla libertà economica curato dall’Heritage Foundation, il nostro paese è agli ultimi posti per corruzione e tutela dei diritti di proprietà. Alla giustizia Pdl e Pd dedicano una certa attenzione e il tentativo di dare risposte alle deficienze del nostro sistema giudiziario dovrebbe trovare ampio sostegno in quasi tutta la società.

Nei programmi dei due maggiori partiti sono elencate le riforme che dovrebbero “rilanciare l’Italia” o farla “nuova”. Riforme che, per quanto enunciate genericamente, se fossero tutte realizzate determinerebbero una discontinuità senza precedenti, forse proprio un miracolo, nelle politiche pubbliche del nostro paese.

LA SEQUENZA DELLE RIFORME

La cautela è d’obbligo, e non per sfiducia nella politica: approcci tipo big bang sono rari e difficili da realizzare. Infatti un governo che apra più fronti contemporaneamente contro lo status quo provoca l’effetto di coalizzare vasti interessi contrari, mentre il gradualismo può consentire di costruire alleanze per proseguire nel processo di riforma. Anche la sequenza è rilevante: le capacità di un governo possono risultare indebolite se all’inizio si scelgono le politiche che non producono benefici percepibili o dove i perdenti sono in grado di porre in atto interdizioni efficaci.
Di sequenza delle riforme, di dove concentrare lo sforzo legislativo, quasi che questo non fosse una risorsa scarsa e fosse possibile realizzarle tutte e tutte insieme, non v’è traccia nella discussione attuale. Ma è proprio al momento dell’insediamento di un governo che si apre “una finestra di opportunità” per realizzare le riforme. Può essere quindi un esercizio utile proporre possibili  priorità tra i sette punti indicati nel programma del Pdl e i dodici di quello del Pd.
Un suggerimento per la scelta ci viene dai risultati del recente rapporto sulla libertà economica curato dall’Heritage Foundation. Possiamo naturalmente essere scettici sui fondamenti analitici delle graduatorie tra paesi, anche se poi queste vengono ampiamente utilizzate nella ricerca economica applicata. Ma rappresentano comunque un indicatore dello stato delle istituzioni.
Sui dieci indicatori proposti, siamo relativamente peggiori in quello sulla corruzione e in quello sui diritti di proprietà (vedi tabella). Finiamo quasi in fondo alla graduatoria dell’Europa dei 15 – peggio di noi fa solo la Grecia e colmare il divario con la Spagna ci richiederebbe un miglioramento del 10 per cento – non perché abbiamo una economia poco liberalizzata, ma perché siamo un paese corrotto, dove si rispettano poco le leggi e i contratti, che poi sono classici segni di arretratezza. Non siamo un paese dove vige la Rule of Law, pur nella varietà delle possibili definizioni (si veda l’Economist del 15 marzo 2008). Considerato l’impatto che le variabili istituzionali hanno sulla crescita, queste evidenzei dovrebbero sollecitare anche una riflessione autocritica tra gli economisti, sugli indirizzi dei loro impegni di ricerca e delle loro energie: forse sarebbe più utile occuparsi delle proprietà di efficienza delle retribuzioni dei magistrati o delle norme che possono ridurre i tempi dei processi invece che delle licenze dei taxi.

GIUSTIZIA E PROGRAMMI

Il programma del Pdl non parla della corruzione e quello del Pd ne parla solo relativamente alla non candidabilità dei cittadini condannati per questo reato. Eppure l’Heritage Foundation ci ricorda che l’Italia è quarantacinquesima su 163 paesi nel Transparency International’s Corruption Percepetions Index.
Maggiore attenzione viene riservata nei due programmi, e con un certo grado di dettaglio, alla riforma della giustizia, a cui possiamo ricondurre la tutela dei diritti di proprietà. L’Heritage Foundation definisce questa tutela come “il grado in cui le leggi di un paese proteggono i diritti della proprietà privata e il grado in cui il governo fa rispettare le norme (…) e analizza la capacità degli individui e delle imprese di far rispettare i contratti”.
Non entro nel merito delle singole proposte. D’altra parte le deficienze del sistema giudiziario italiano non sono una novità come ricordava Daniela Marchesi su queste colonne già più di un anno fa.
Si può forse aggiungere che, nella sequenza delle riforme, dare priorità alla tutela dei diritti di proprietà e quindi alla riforma della giustizia e alla sicurezza, dovrebbe presentare il vantaggio di trovare ampio sostegno in quasi tutta la società (potremmo definirle “quasi Pareto improving” in quanto non dovrebbero mancare le resistenze nelle categorie professionali che dai ritardi della giustizia traggono vantaggio). Anche i tassisti sarebbero contenti anche se forse non arriverebbero a scambiare l’aumento della sicurezza nelle città  con la  liberalizzazione delle licenze o con tariffe un po’ più basse.

Scostamento percentuale dalla media degli indici di libertà economica
 
    Indice Generale di   Economic freedom Business freedom Trade freedom Fiscal freedom Freedom from Government Monetary freedom Investment freedom Financial freedom Property rights Freedom from corruption Labor freedom
 
Indice di libertà economica Italia 63,38 73,7 76,6 68,5 46,6 80,8 70 60 50 50 57,6
Media Europa 67,6 76,2 74,4 79,4 57,0 79,4 63,7 65,1 61,7 56,6 62,0
Media UE15 72,7 86,3 76,6 69,4 46,7 82,6 76,7 71,3 80,0 77,3 59,7
 
Scostamento dalla media Scostamento da Media Europa -6,2% -3,3% 3,0% -13,7% -18,2% 1,8% 9,9% -7,8% -19,0% -11,7% -7,1%
Scostamento da Media UE15 -12,8% -14,6% 0,0% -1,3% -0,2% -2,2% -8,7% -15,9% -37,5% -35,3% -3,5%

Fonte: ns elaborazioni su dati Heritage Foundation

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  1. marco

    Non posso che concordare sul punto. La riforma della giustizia è una questione fondamentale non solo dal punto di vista del diritto, essendo questa la funzione principale dello stato, ma anche economica. Infatti se per far valere i propri diritti su un contratto in tribunale ci si rimette soldi e salute, visti i tempi biblici, l’effetto finale è che chi entra in una transazione di mercato è o cretino o malintenzionato. Riprendendo banalmente Coase con costi di transazione elevati, in questo caso legati all’enforcement, non si sfruttano efficientemente tutte le possibilità derivanti dallo scambio. Purtroppo noto che in entrambi gli schieramenti si pone l’attenzione in maniera populista sul processo penale perché legato alla sensazione di sicurezza, ma ben poco si parla dei processi civili. Sul fatto che la riforma della giustizia non dovrebbe trovare forti pressioni contrarie mi permetto di dire, sarà pure qualunquismo, che le pressioni maggiori avvengono proprio allinterno del parlamento. Altrimenti non mi spiego come sia possibile la costante degenerazione dei processi, e qui mi ripeto l’unica ipotesi ragionevole è che o sono dei cretini o dei malintenzionati. saluti

  2. Giacomo Dorigo

    Già, questo è un paese dove se sei "piccolo" e non vieni pagato (per un servizio reso o un bene venduto, ecc.) non hai nessuno strumento per riavere i tuoi soldi e spesso a non darteli o a darteli con un ritardo tremendo è lo Stato stesso, al sud come al nord…

  3. luca

    In Italia, a causa di una politica affidata al caso, di cui gli italiani sono gli unici responsabili, i politici eletti o nominati non rappresentano che se stessi ed i propri interessi. Nessuna legge può accontentare tutti, ma fissare regole certe è fondamentale. In Italia, partendo proprio dai politici (moltissimi vedono i propri nomi nelle liste dei condannati, dei prescritti, dei stranamente graziati, degli indultati etc…), si vede come la legge non è uguale per tutti. Diciamo pure che ai nemici la legge si applica, agli amici si interpreta. Il cittadino medio ha preso atto che, se non ha santi in paradiso, vedrà riconoscersi un diritto legittimo dopo anni ed inutili rinvii dibattimentali. A questo, oggi, nessuno ha dato risposte. Basta entrare in un tribunale per capire la lentezza burocratica e, soprattutto, la voglia di lavorare che hanno molti addetti. Eppure, Torino e Bolzano sono Tribunali in linea con la media europea. Come mai nessun politico si occupa di applicare modelli efficienti sperimentati a tribunali inefficienti. Ovviamente, in un tale contesto, uno stacanovista del lavoro incrocia le braccia. lo farei anche Io.

  4. rosario nicoletti

    Il più vivo apprezzamento all’autore, che richiama uno degli aspetti più profondi del declino del Paese. Non vi è dubbio che il basso tasso di legalità sia dovuto alla degenerazione dei rapporti tra i cittadini , non più guidati da leggi o regole. La campagna elettorale si sta svolgendo stancamente, senza che i protagonisti osino affrontare l’argomento. Solo qualche sporadico accenno da parte di personaggi minori, alcuni dei quali pensano di rendere più efficace la giustizia eliminando qualche garanzia residua. Serpeggia dunque solo il desiderio di consolidare la malagiustizia.

  5. Roberto O.

    Il trend dell’Italia è chiaro, personalmente lo chiamo "mediterranizzazione". Molti dei legami culturali con l’Europa vera stanno saltando, e la penisola sprofonda nel Mediterraneo. Consiglio a tutti la lettura del romanzo "Palazzo Yacobian" di Al-Aswany, per farsi un’idea di come la società italiana diventerà tra pochissimi anni.

  6. nicola di grazia

    Condivido certamente l’impostazione dell’articolo e la preoccupazione per la scarsa attenzione che tutte le forze politiche dimostrano per l’impatto della variabile giustizia sulla crescita economica del nostro Paese. Ma occuparsi "delle proprietà di efficienza delle retribuzioni dei magistrati", come auspica l’autore, a cosa servirebbe se non si valuta contestualmente come viene concretamente impiegato il volume di spesa dedicato al settore ed in che misura tale impiego può essere modificato per favorire la produttività?

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