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LA RESPONSABILITA’ DEL FALLIMENTO

Il fallimento del governo Prodi non è colpa della cosiddetta sinistra radicale. E non solo per il fatto ovvio che la sua caduta non è avvenuta per opera di questa componente. Era necessario e possibile uno scambio coraggioso fra un liberismo deciso e una forte redistribuzione a favore del lavoro dipendente dei giovani e delle famiglie più in difficoltà. Ma il governo non ha saputo farlo: basta guardare come sono stati distribuiti gli aumenti delle pensioni minime. O chi ha pagato l’abolizione dello scalone.

La responsabilità del fallimento del governo Prodi non è della cosiddetta "sinistra radicale". E non solo per il fatto ovvio che la sua caduta non è avvenuta per opera di questa componente della coalizione di governo. Non è vero infatti che il programma di riforme che Prodi avrebbe voluto attuare fosse incompatibile con la presenza della sinistra radicale nella maggioranza di governo.

LO SCAMBIO POSSIBILE

Una sintesi tra riformisti e radicali era possibile, ma Prodi l’ha perseguita al livello più modesto: gli aggiustamenti al margine, i continui rinvii, le ripetute promesse di sgravi fiscali, sempre annunciati ma mai varati, mentre le risorse venivano spese per accontentare un po’ tutti tranne chi è davvero in difficoltà. Era necessaria (e possibile) una sintesi più ambiziosa, uno scambio coraggioso fra un liberismo deciso e una forte redistribuzione a favore del lavoro dipendente, dei giovani e delle famiglie più in difficoltà. L’evidenza del fallimento è nel grafico di Massimo Baldini che lavoce.info ha pubblicato il 12 luglio a commento dell’accordo sugli aumenti delle pensioni minime. Di fronte a risorse limitate il governo non le ha destinate prevalentemente alle famiglie più povere: del provvedimento hanno beneficiato un po’ tutti, anche le famiglie appartenenti al decile più ricco della distribuzione del reddito e soprattutto quelle dei decili 2 e 3, i più difesi dal sindacato. Al decile più povero è andato solo il 12 per cento delle risorse totali. Lo stesso è accaduto quando è stato abolito lo "scalone", pagato per quasi una metà tassando i giovani precari. Con queste premesse era difficile chiedere alla sinistra di appoggiare un liberismo deciso.
Oggi che l’alleanza fra sinistra e riformisti è fallita, il partito democratico deve chiedersi con chi altro fare le riforme. Non è affatto evidente che esistano alleati migliori di quelli che in questi due anni Prodi ha di fatto tradito.

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IL DECLINO

16 commenti

  1. marco dolci

    Una delle cose mancate è quella che ansiche sperare risorse per abolire lop scalone con un costo che mi pare sia ancora da quantificare definitavamente,gli stessi importi si sarebbero potuti usare per detassare una parte dei redditi da lavoro dipendente dando un po distimolo ai consumi mi piacerebbe avere un commento

  2. Giacomo Costa

    Come sarebbe bello se fosse così. Potrebbe essere una conclusione importante per un prossimo centro-sinistra (quando ci sarà.)
    E forse è così. Ma. Prodi h dovuto fare i conti con le burocrazie sindacali non con un’atratta istanza seriamente redistributiva. E quando Rifondazione non ha sostenuto i sindacati, lo ha fatto per sue esigenze che ancora meno andavano nelle direzione da te indicata.

  3. Luca Guerra

    Perchè sempre a favore del lavoro dipendente? non sono già abbastanza privilegiati e favoriti? pensate che sia così che si favorisce l’impresa, l’impenditoria? pensate che forse tutti i professionisti registrati come tali lo siano effettivamente o siano (e sono tanti) dei finti lavoratori dipendenti, che per esempio gli studi professionali non possono permettersi di assumere? e poi perchè favorire i dipendenti statali, che oltre ad uno stipendio sicuro possono contare sulla certezza della impunità e la cui produttività è pressochè nulla? forse perchè l’estensore dell’articolo è anch’egli un dipendente statale ? (non lo so, ma la forma mentis è quella).

  4. Massimo GIANNINI

    A me pare che si dovrebbe smettere di cercare responsabilità o peggio parlare di fallimento. Il governo é stato in carica meno di due anni e non é che “non ha saputo fare” ma semplicemente non ha potuto visti i numeri e il “tipo” e qualità dei senatori e politici, ognuno che dettava un’agenda. L’ultima agenda ultimatum fu quella di Dini che con solo 3 senatori sembrava rappresentasse l’Italia e infatti fa cadere il governo. Tuttavia la caduta del governo non ha avuto nessuna motivazione di politica economica e infatti non é avvenuta con una votazione su un provvedimento. Ma in Italia tutti hanno il brutto vizio di dire cosa si deve fare ma non come e quando e con quali priorità. Ogni volta c’é una parte che rilancia mischiando tutto e negoziando politiche economiche contro, aborto, giustizia, famiglia, nomine, Alitalia, rifiuti e chi più ne ha più ne metta. Quanto alla redistribuzione, lo dicono i dati Banca d’Italia, non é stata fatta dal 2000 al 2006 esattamente sotto il governo Berlusconi e nessuno ne parlava. Ora si pretendeva che il governo Prodi la facesse in poco tempo…

  5. aris blasetti

    Mi permetto di dissentire dal Prof. Giavazzi.Quelli che hanno veramente pagato l’abolizione dello scalone sono stati i famigerati pensionati d’oro (sic)a cui è stata bloccata la già misera indicizzazione e che per anni hanno pagato contributi d’oro e sempre indicizzati al costo della vita. Come aumentava lo stipendio cosi aumentavano le trattenute e non hanno mai evaso le tasse (tanto il ministro Padoa Schioppa ha l’improntitudine di definirle belle). Misura tanto più odiosa in quanta rivolta al ceto sociale che, prevedibilmente, se ne è ben guardata dal votare la maggioranza che finalmente se ne è andata a casa. Dalla nuova maggioranza non mi aspetto nulla di buono ma che almeno non metta in atto dei provvedimenti cosi’ smaccatamente classisti. Se il governo aveva bisogno di entrate per coprire i costi dell’abolizione dello scalone avrebbe potuto per l’ennesima volta aumentare qualche imposta ( tanto è una specialita’ in cui si è dimostrato maestro) almeno in qualche misura l’avrebbero pagata quasi tutti e non i soliti fessi che hanno pagato per una vita fior di contributi e poi vengono presi in giro ed additati come pensionati d’ ORO .2500 euro netti che cifra enorme!!!!!! ORO

  6. PIERLUIGI SQUILLANTE

    Il progetto di uno scambio fra un liberismo coraggioso e una forte redistribuzione sara´ a mio avviso ancora piu´ difficilmente realizzabile da parte del prossimo Governo, a parte la questione delle alleanze politiche, a causa del significativo indebolimento del tasso di crescita del PIL -ora in corso- e di conseguenza della riduzione delle risorse disponibili in bilancio.
    Vorrei anche aggiungere che il principale fallimento del Governo Prodi probabilmente e´ stato quello della mancata riduzione della spesa pubblica, pur a fronte di un significativo aumento della pressione fiscale.

  7. Piero Bini

    L’attuazione di uno “scambio coraggioso fra un liberismo deciso e una forte redistribuzione” è un’idea interessante che oltretutto presenta il pregio di smuovere le acque stagnanti dell’attuale dibattito di politica economica in Italia. A differenza di quanto Giavazzi forse ha inteso sostenere, ritengo tuttavia che una simile operazione risulti maggiormente in linea con un programma (potenziale) di un rinnovato centro-destra al governo, piuttosto che di un centro-sinistra che si emancipa dai propri errori.
    Detto questo, c’è però da chiedersi se una simile strategia potrà essere possibile, e se sì, fino a che punto potrà essere attuata. Una forte redistribuzione dei redditi in una fase in cui il PIL non cresce è destinata a produrre forti contestazioni politiche e sociali provenienti da varie parti, ivi incluso quelle sindacali. D’altra parte, difficilmente la nostra finanza pubblica potrà assecondare una tale operazione redistributiva.
    In conclusione: a me piace l’idea di Giavazzi. Ma: sarà possibile? sarà sufficiente?

  8. martino

    A me sembra invece, e proprio che lo "scambio coraggioso fra un liberismo deciso e una forte redistribuzione a favore del lavoro dipendente dei giovani e delle famiglie più in difficoltà" sia stato impedito proprio dal sindacato e dalla sinistra radicale che, in italia, non difende i poveri (intesi come eredi dei proletari) bensì posizioni ideologiche – la sinistra italiana ha notoriamente in odio la famiglia, questo è evidente – che finiscono per tutelare i dipendenti, anche pubblici, che già sono ipertutelati (sebbene anche ipertassati, forse). in proposito concordo con la proposta del prof. giavazzi secondo cui anche i dipendenti dovrebbero pagare direttamente, e senza sostituto, le imposte così da rendersi conto del prelievo. mi domando, da elettore non ideologico, le riforme profonde chi le farà?

  9. valentino compagnone

    La "caduta" invero è dovuta alla ristettezza del margine della maggioranza al Senato incapace di buffering erosioni della maggioranza stessa (Mastella Dini), altra questione è lo scarno bilancio che La Voce sottolinea di una azione di governo confusa e sempre insoddisfacente, incalzata, aggiungiamo noi, da diatribe interne e una demagogia della opposizione implacabile, il tutto condito,in partenza, da una mancanza di leadership della coalizione.

  10. Mario Zen

    Non sono d’accordo che nella distribuzione degli aumenti si sia tenuto conto degli anni di contributi versati. Si trattava di distribuire risorse previdenziali, non fiscali. Se si vuole combattere la povertà si devono usare risorse fiscali, non previdenziali. E’ giusto che la gente comprenda che la sua pensione futura sarà proporzionale a quanto ha versato e non da misure politiche favorite da lobby. Si metta poi nei panni di chi ha versato contributi per 40 anni e si vede dare lo stesso aumento di chi ne ha invece versati per 15 anni, lavorando – magari – in nero per il resto della sua vita.

  11. umberto fossali

    La distribuzione delle risorse a pioggia non risolve i problemi dei ceti deboli e sembra piu’ uno spot elettorale che una manovra sociale; il vero problema è garantire una protezione sociale ai ceti deboli e spingere sul liberismo una volta garantita questa protezione; spingere sul liberismo pero’ vuol dire eliminare i tabu’ della uguaglianza sociale da raggiungere conla redistribuzione del reddito. complimenti a prof.Giavazzi per le sue analisi lucide e piene di buon senso

  12. Giuseppe Caffo

    Apprezzabile e molto incisivo l’articolo.Ma a mio avviso lo "scambio coraggioso", in Italia del tutto auspicabile, prevede un governo forte e autorevole numericamente e politicamente. Prodi con una maggioranza esile e poco coesa non ha avuto nessuna possibilità (e forse capacità) di predisporre politiche forti e autorevoli. Non credo che il problema sia di destra o di sinistra. Speriamo che il prossimo governo avrà la consapevolezza che lo "scambio coraggioso" è indispensabile al progresso del nostro Paese e avrà la forza per attuarlo.

  13. Salvo Andolina

    Il Prof. Giavazzi ha perfettamente ragione; il problema è che il parlamentarismo esasperato impedisce ad un governo di uscire dai vecchi schemi e di proporre forme nuove di aggragazione.Il nostro paese è spaccato perchè l’intera classe politica non ha un minimo progetto di rilancio e perciò preferisce buttarla nella rissa e nella demagogia.Le alleanze sono modellate sulle esigenze personali anzichè sui programmi L’Italia ha bisogno di un completo rinnovamento della propria classe dirigente (Politica, sindacale, Imprenditoriale, Universitaria) in modo da poter sanare i guasti combinati ( sia a livello economico che istituzionale) da una generazione egoista ed inconcludente.

  14. lodovico malavasi

    Più semplicemente perchè non aveva i numeri e la squadra era una accozzaglia di individui troppo diversi uno dall’altro: per generazione, per cultura, per ambienti frequentati. A questo si può aggiungere la lentezza dell’azione politica, sempre alla ricerca del consenso di confindustria e dei sindacati e la difficile comprensione dei suoi atti di cui si sarebbe vista la logica in futuro. Mi auguro che veltroni sia più chiaro, ma non mi sembra.

  15. mario lago

    Chiunque vincera le elezioni non ha nessuna possibilita, oltre la capacita, di ridurre il deficit dello stato. La macchina pubblica, la giustizia,etc in gran parte e incapace a modernizzarsi inquanto nel ns DNA, il pragmatismo e la capacita di seguire un obiettivo per ottenere il risultato lavorando in équipe, semplicemente non siste. L”educazione familiare e la formazione nelle scuole in generale non prepara dei cittadini capace di affrontare le difficolta con realismo. L’unica solzione potra essere : L’Italia esce dall’Euro per un periodo di 3/5 anni e svalutando la nuova Lira massicciamente riducendo cosi il debito con una forte inflazione alla SudAmericana tanto per intenderci. Dopodiche se riusciremo a comportarci seriamante potremo rientrare nell’Euro e riprendere il camino su basi diverse.. In fondo non siamo poi cosi differenti dagli Argentini!

  16. luigi curioni

    La difficoltà di un governo che voglia aiutare i più bisognosi sta nel fatto che le statistiche italiane sono inaffidabili. Quanti sono quelli che risultano incapienti e non lo sono? Quanti sono i pensionati al minimo che continuano a lavorare in nero? Quanti gli artigiani che fatturano una minima parte dei loro lavori? Mancano le case per i giovani: ma quanti sono gli affittuari delle case popolari, figli o nipoti dei vecchi assegnatari? Gente che oggi potrebbe pagarsi un affitto di mercato, gira in Bmw, e magari si lamenta anche della scarsa manutenzione delle loro case. Un’esperienza personale: un appartamento signorile degli anni 30 a Milano in zona vecchia fiera, in base al catasto milanese risulta di minore valore di un bilocale del 60 nella periferia di Genova! E quando Visco dice che bisogna rivedere il catasto (e quini l’Ici) si grida allo scandalo e, anzi, si deve abolire l’Ici a tutti!
    grazie
    luigi curioni

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