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IL TRAMONTO DELL’ISPANO-TEDESCO

Al di là dei potenziali effetti e delle sue implicazioni sistemiche, difficilmente il Vassallum sarà adottato. Molti partiti non accettano che l’assegnazione dei seggi sia appesa a un meccanismo non manipolabile e non prevedibile come il voto personale nei collegi uninominali. Per approvare una legge elettorale simile, i due maggiori partiti dovrebbero mettere sotto tensione i rapporti con gli alleati e turbare parte del loro elettorato. Il ciclo infinito dei tentativi di riforma è destinato a continuare. E tra un anno dovrà essere convocato il referendum.

Approfitto dell’invito de lavoce.info per fornire qualche chiarimento sui potenziali effetti del cosiddetto “Vassallum”, per discutere le sue implicazioni sistemiche, oltre a dire perché, sulla base dell’osservazione ravvicinata del processo decisionale delle ultime settimane, credo sia improbabile che venga adottato. Non c’è bisogno che descriva gli elementi caratteristici del sistema “ispano-tedesco” (d’ora in poi It), perché lo hanno già fatto accuratamente su queste stesse pagine Paolo Balduzzi e Massimo Bordignon. D’altro canto, chi fosse interessato può anche vedere il documento nel quale la proposta è stata originariamente spiegata .

SEGGI POSSIBILI

Dell’It si è detto, alternativamente, che è troppo proporzionale o troppo maggioritario. Come è ovvio, è questione di preferenze normative e utilità degli attori. È certamente un sistema elettorale meno distorsivo di quelli adottati in Gran Bretagna e Francia, dove con meno del 40 per cento dei voti si possono ottenere larghe maggioranze parlamentari; è certamente più distorsivo del sistema tedesco. Chi è interessato, e abbia familiarità con le funzioni di calcolo di Excel, può verificare direttamente se gli effetti meccanici di questo sistema gli aggradano, usando il file allegato. Il file contiene i risultati elettorali per la Camera del 2006 disaggregati in 46 circoscrizioni, in cui si assegnerebbero in media 13,4 seggi. La delimitazione delle circoscrizioni e la riaggregazione dei dati è frutto di un lavoro dell’Ufficio studi della Camera dei Deputati, che ha ricalcato i criteri indicati nel nostro modello.
Per chi non ha tempo o voglia di giocare con i dati, le tabelle 1 e 2 danno un’idea. Dicono quanti seggi otterrebbe ciascun partito, date due diverse distribuzioni dei voti. Nel leggerle si deve tener conto che il vantaggio dei partiti maggiori è funzione dell’entità del voto disperso verso partiti troppo piccoli per essere equirappresentati. Grosso modo, l’It sottorappresenta in misura decrescente i partiti fino a che non raggiungono una soglia intorno al 12 per cento e li sovrarappresenta in misura crescente quando superano quella stessa soglia. In questo modo incentiva le aggregazioni. Prevede che i parlamentari siano scelti in collegi uninominali, sia quelli eletti in base alla formula plurality (first-past-the-post), sia quelli ripescati in base alla quota di compensazione proporzionale tra i migliori perdenti. In questo modo (ri)stabilisce una maggiore prossimità tra elettori ed eletti. Prevede che lo stesso voto valga sia per eleggere il candidato del proprio collegio uninominale su basi maggioritarie, sia per influire sulla ripartizione dei seggi ai fini della compensazione proporzionale. In questo modo, tende a trasporre sulla “quota proporzionale” la propensione degli elettori a concentrarsi sui candidati più competitivi nei collegi, favorendo una dinamica bipolare imperniata intorno a due grandi partiti tra loro antagonisti.

Partito % Voti Seggi %Seggi Diff   Partito % Voti Seggi %Seggi Diff
Sin 10,2 57 9,2 -1,0   Sin 10,2 55 8,9 -1,3
Pd 34,6 255 41,3 6,7   Pd 34,6 238 38,6 4,0
Fi 27,3 192 31,1 3,9   PdP 37,8 274 44,4 6,7
An 11,1 59 9,6 -1,5            
Udc 6,8 30 4,9 -1,9   Udc 6,8 28 4,5 -2,2
Lega 4,6 20 3,2 -1,3   Lega 4,6 18 2,9 -1,7
Svp 0,5 3 0,5 0,0   Svp 0,5 3 0,5 0,0
Udeur 1,4 1 0,2 -1,2   Udeur 1,4 1 0,2 -1,2
Altri 3,6 0 0,0 -3,6   Altri 4,2 0 0,0 -4,2
Totale 100,0 617,0 100,0 0,0   Totale 100,0 617,0 100,0 0,0

ALLEANZE PREVEDIBILI

Alcuni hanno criticato l’It perché non costringerebbe i partiti a dichiarare in anticipo le alleanze e non consentirebbe ai cittadini di “scegliere il governo”, oltre a non dare con certezza a chi vince una maggioranza sufficiente per governare. Queste osservazioni sono solo in parte corrette. Con due grandi partiti tra loro contrapposti in campo, tutti e due collocati a ridosso del centro, le alleanze, qualora si rivelassero necessarie, sarebbero abbastanza scontate e ampiamente prevedibili per gli elettori. Anche qualora il partito di centro dovesse giocare come pivot, lo farebbe in un quadro che attenua la sua capacità negoziale. È vero però che, in presenza di una forte stabilità del voto tra i blocchi, in assenza cioè di mobilità elettorale da un polo all’altro, gli effetti distorsivi del sistema possono essere a somma zero all’interno di ciascun polo. Potrebbero promuovere le aggregazioni, dare maggiore forza ai grandi partiti, ma non consentire di identificare con certezza un vincitore. Il premio «implicito» dato a entrambi i partiti maggiori potrebbe generare situazioni di stallo, anche se attenuate dall’assenza di un rigido vincolo pre-elettorale di coalizione. Il rischio, però, è linearmente correlato con il grado di disproporzionalità. Con un sistema puramente proporzionale è massimo, mentre è minimo con sistemi potenzialmente molto distorsivi. Ma non è escluso neppure con l’uninominale maggioritario semplice, come capitò nel 1974 in Gran Bretagna. È radicalmente escluso solo con leggi come la Calderoli, con un premio di maggioranza di dimensioni variabili, in presenza di una sola Camera.

PERCHÉ NON SARÀ ADOTTATO

Non è comunque per queste ragioni che l’It difficilmente sarà adottato.
Molti partiti, in primo luogo, non accettano che l’assegnazione dei seggi al loro interno sia appesa a un meccanismo aleatorio, non manipolabile e non prevedibile come il voto personale nei collegi uninominali. I partiti medi, il cui consenso è politicamente necessario per approvare la riforma, non vogliono correre il rischio di sprecare voti nelle circoscrizioni in cui dovessero rimanere sotto la soglia implicita, così come preferirebbero non dovere certificare il ruolo preminente dei due partiti maggiori. Alla fine dei conti, un sistema del genere può essere approvato solo sulla base di un solido accordo tra gli attori che la logica sistemica a esso sottesa tenderebbe a premiare. Ma i due maggiori partiti, per approvare una legge elettorale simile, dovrebbero prendersi il rischio di mettere sotto tensione i rapporti con i loro alleati e di turbare parte del loro elettorato. Silvio Berlusconi e Forza Italia hanno dato a vedere d’essere disponibili quando erano all’opposizione, si sono ritratti non appena hanno intravisto la possibilità di andare al voto con aspettative di vittoria. In questo modo, il ciclo infinito dei tentativi di riforma è destinato a continuare, e le difficoltà interne sperimentate dall’Unione a riprodursi tra un anno, al momento in cui dovrà essere convocato il referendum, anche qualora al governo ci fosse la Casa delle Libertà.

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IL DECLINO

  1. Paolo Vannucchi

    Sono contro l’attuale sistema elettorale e mi sembra superfluo dire perché. L’unico sistema che può garantire governi stabili è il sistema alla francese: prima tutti poi il ballottaggio. altra cosa importante, che i candidati si possano iscrivere in una sola circoscrizione elettorale e vi siano residenti da almeno un anno. Quindi candidati legati al territorio di appartenenza. I partiti propongono, i cittadini scelgono. Al bando premi di maggioranza e alchimie elettorali che impediscono alle persone comuni di capirci qualcosa. Vorrei che tutti quelli che la pensano come me si organizzassero per manifestare in piazza e rifiutare di votare con il sistema vigente o uno similare.

  2. Stefano Manestra

    Ho due perplessità sulla proposta del professor Vassallo:
    1) i collegi uninominali funzionerebbero a turno unico; perché non dovrebbero continuare ad essere decisivi i voti “marginali” dei piccoli partiti, come avveniva con il sistema Mattarella?
    2) Visto che la proposta incontra comunque il veto dei partiti medi, non è meglio cercare di “sbancare” e puntare direttamente al più semplice doppio turno?
    P.S.: si potrebbe smetterla con il latino maccheronico? “Mattarellum” era un termine simpatico e originale, ma quell’ “um” appiccicato ovunque è ormai stucchevole.

  3. Massimo GIANNINI

    Io credo che alla luce della situazione attuale due cose si debbano fare per rispettare la volontà popolare e la Costituzione e in caso Marini non riesca a mettere d’accordo i partiti. La prima é indire il referendum, che mi sembrerebbe un obbligo anche se in Italia c’é una tradizione a non tener conto dei referenda. La seconda é visto che la sfiducia é arrivata dal Senato e lì stanno i problemi maggiori e di tutti i tipi, sciogliere solo quella Camera come la Costituzione rende possibile (art. 88). Se al Senato verrà fuori una maggioranza diversa le larghe intese saranno obbligate…ma almeno si saranno seguite trasparenza, procedure e Costituzione smettendo di fare i giochi della politica…

  4. francesco iannello

    La crisi di governo ha aperto la strada a due possibili scenari: o elezioni anticipate con l’attuale sistema elettorale oppure un tentativo difficile quasi disperato di arrivare a una riforma della legge elettorale per poi andare alle elezioni; concordo con Giannini sulla possibiltà del referendum ma anche qui i margini sono molto stretti; riformare la legge elettorale é un’intenzione nobile ma non vorrei che si arrivasse con un accordo molto stretto soprattutto se l’approdo é la bozza Bianco. Il testo di Vassallo era ed è, attualmente, il miglior approdo possibile per ridurre la frammentazione e per tentare di preservare la dinamica bipolare.

  5. giovanni gisonda

    Spero che l’insistenza di gran parte dei partiti di centro-sinistra nel chiedere un più equo sistema elettorale sia solo strumentale, cioé teso a procurarsi un argomento polemico contro la destra ingorda nell’approfittare del momento favorevole più che dell’interesse nazionale. Se si da per scontato che la destra vinca le elezioni, una legge migliore le assicurerebbe una vittoria più facile e un governo più tranquillo. Perchè il porcellum é fatto a misura per la parte perdente; il CS dovrebbe restituire lo scherzo fatto dal CD nelle precedenti elezioni: concentrare tutti gli sforzi al senato, candidando li i suoi uomini migliori, a cominciare dallo stesso Veltroni e dai presidenti di regione allo scopo di rendere quella camera ingovernabile; allora si tutti tornerebbero a chiedere una nuova legge elettorale. Furbizie? In un Paese di furbi…

  6. franco benincà

    L’analisi del prof. Vassallo trova la mia approvazione. Vorrei solo aggiungere che la difficoltà di un accordo nella legge eletorale risiede anche in ragioni storiche. l’Italia dei partiti voluta dal Costituente è il portato ideologico di una cesura con il passato fascista, dove della libertà elettorale fu fatto strame. I meccanismi elettorali e la mutazione delle regole si adatta al contesto storico-sociale di ogni periodo in cui si è modificata la legge elettorale: proporzionale con il famoso "conventio ad excludendum" del PCI e dal 92 il tentativo di inserire un sistema anglosassone maggioritario bipolare. Ma ciò che in definitiva non è cambiato è l’elettorato. fortemente collocato in centro sul quale le due coalizioni giocano a rosicchiare i voti e spostare l’equilibrio dell’elettore mediano. I regolatori dei partiti lo sanno e certo non costruiranno regole così innovative da cedere il controllo su tale meccanismo che rende la scheda elettorale un foglio in balia del vento.

  7. Claudio Leporelli

    Non mi piace il termine "distorsione" usato da Vassallo: è distorsivo che i voti a Rifondazione facilitino un governo Berlusconi. L’ideale sarebbe: un diritto di tribuna in una camera iperproporzionale e la formazione di maggioranze coese in una camera che dà la fiducia. Il doppio turno o doppio voto è essenziale per dare a tutti la possibilità di scegliere "il meno peggio" senza rinnegare le proprie scelte "ideali". Per arrivarci è necessario tener conto del potere condizionante dei piccoli che paralizza il cambiamento. Un opportuno premio di maggioranza lo può fare, rendendo leggibile e limitata la distorsione. Un premio può "distorcere"meno di sistemi senza premio (inglese, francese, etc.). Se si modificasse l’esito del referendum limitando il valore massimo del premio e attribuendolo con un voto distinto (al partito più votato) i piccoli potrebbero sentirsi più protetti. Nel contempo i grandi potrebbero attuare politiche di "due forni bipolari". Salveremmo un bipolarismo distrutto perché l’astensionismo alle estreme oggi conta di più della mobilità al centro. Un consiglio alla sinistra: in cambio di coalizioni alla Camera consentite al PD di essere il solo presente al Senato.

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