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OLTRE IL CASO MASTELLA *

L’eccessiva durata dei processi enfatizza il ruolo delle indagini preliminari. Le informazioni raccolte e divulgate in questa fase tendono fisiologicamente a rappresentare le posizioni di una sola delle parti processuali: l’accusa. Così, la loro divulgazione danneggia il politico in uno degli aspetti che più gli sta a cuore: la popolarità. L’ironia del caso Mastella sta nel fatto che il ministro ne è stato colpito proprio quando si accingeva ad annunziare provvedimenti che, accorciando i tempi del processo, avrebbero dovuto avviare a soluzione il problema.

Il 16 gennaio il ministro Mastella avrebbe dovuto riferire in Parlamento sullo stato della giustizia in Italia. In quella relazione il ministro si presentava come fautore del “dialogo” con la magistratura per superare i conflitti del passato e affrontare insieme i mali della nostra giustizia. Il ministro si mostrava fiducioso della collaborazione con il Csm e orgoglioso del recente lusinghiero giudizio del Consiglio d’Europa sui programmi del governo. La relazione non è stata pronunziata. Al suo posto, il ministro ha annunziato le sue dimissioni, denunziando “frange estremiste della magistratura” che si sarebbero accanite contro di lui, la sua famiglia e il suo partito, dando così l’avvio a una difficile crisi di governo.
È naturalmente difficile dare oggi un giudizio ponderato sulle indagini che hanno investito Clemente Mastella e l’Udeur. Comunque, finora non si era riprodotto il conflitto fra magistratura e politica della legislatura precedente. Le tensioni non erano mancate: nel caso Abu Omar o in quelli che avevano visto come protagonisti il giudice Forleo e il pubblico ministero De Magistris. Non avevano però compromesso i rapporti sostanzialmente buoni fra la nuova maggioranza e la magistratura associata. Del resto, il centrosinistra non si era certo mostrato insensibile alle domande della magistratura, modificando in più parti la riforma dell’ordinamento giudiziario varata dal centrodestra. Lo stesso Mastella, nell’assegnare gli incarichi ministeriali, aveva ritenuto opportuno dare spazio alle varie correnti giudiziarie, procedendo a quella che è sembrata una lottizzazione. (1)

PERCHÉ LE TENSIONI?

Tensioni fra magistratura e politica avvengono in molti paesi democratici, anche se in Italia con una frequenza e un’intensità più elevate. Le ragioni possono essere molte, ma bisogna ricordare almeno un aspetto: i magistrati del pubblico ministero possono esercitare le loro funzioni in piena autonomia dal potere politico e dispongono direttamente della polizia giudiziaria per le indagini che ritengono opportuno sviluppare. Il principio di obbligatorietà dell’azione penale li esenta poi da qualunque forma di responsabilità che sia esterna al sistema giudiziario. Il tutto si traduce così in una libertà d’azione nettamente maggiore di quella presente in altri paesi. (2)
A ciò va aggiunta, fra l’altro, una tendenza della magistratura a interpretare in senso estensivo reati già esistenti. Proprio nell’inchiesta Mastella vi è una propensione a inquadrare in termini giudiziari comportamenti di solito considerati caratteristici della lotta politica. Fra i capi d’accusa vi è, infatti, la concussione ai danni del presidente della Regione Campania Bassolino, “costretto” a certe nomine da campagne di stampa e minacce di mettere in crisi il governo regionale. La prospettiva di un Bassolino in stato di soggezione a opera dei coniugi Mastella può far sorridere, ma un altro caso recente si muove nella stessa direzione: l’indagine della procura di Napoli che ha considerato istigazione alla corruzione i tentativi di Berlusconi di far passare dalla propria parte alcuni senatori del centrosinistra, con promesse di benefici di natura non solo economica ma anche politica: candidature “sicure” alle prossime elezioni e posti in eventuali futuri governi di centrodestra. Se le indagini avessero successo, il tradizionale strumento per valutare questi comportamenti politici – la responsabilità del parlamentare verso gli elettori – sarebbe sostituito da una responsabilità di tipo giudiziario, con un inevitabile allargamento del raggio d’azione della magistratura.

IL CIRCO MEDIATICO-GIUDIZIARIO

I rapporti fra magistratura e politica sono poi influenzati dal “circo mediatico-giudiziario”, cioè dal ruolo crescente dei media nell’amministrazione della giustizia. (3)
È un fenomeno che si è sviluppato grazie all’interesse congiunto dei media – le notizie giudiziarie sono merce richiesta – e degli investigatori, contenti che la propria azione venga enfatizzata. Quando vi è di mezzo la politica, l’interesse dei media è ancora più elevato, mentre per i magistrati il sostegno di stampa e televisione è d’aiuto in inchieste politicamente delicate. Del resto, il fenomeno che più ha caratterizzato i tempi recenti – la diffusione di intercettazioni di conversazioni telefoniche – è accaduto con maggiore frequenza quando coinvolti erano politici.
L’impatto della diffusione di notizie ricavate dalle indagini preliminari è amplificato dalla durata dei processi. Quando una sentenza arriva a distanza di anni dalle indagini, queste ultime acquistano un rilievo elevatissimo: diventano in realtà il “vero” processo. Si avverano così i pericoli già da tempo segnalati (4), perché nel processo mediatico non vi è molto spazio per le tradizionali garanzie processuali, che hanno come principale obiettivo non tanto di ricostruire la verità, ma di evitare errori e di garantire i diritti degli accusati.

Torniamo così al punto di partenza. L’eccessiva durata dei processi enfatizza il ruolo delle indagini preliminari. Le informazioni raccolte e divulgate in questa fase tendono fisiologicamente a rappresentare le posizioni di una sola delle parti processuali: l’accusa. Così, la loro divulgazione danneggia il politico in uno degli aspetti che più gli sta a cuore – la popolarità – e questo spiega la reazione di Mastella e dello stesso Parlamento. L’ironia del caso sta nel fatto che il ministro ne sia stato colpito proprio quando si accingeva ad annunziare provvedimenti che, accorciando i tempi del processo, avrebbero dovuto avviare a soluzione il problema.

* L’intervento è parte di un articolo che verrà pubblicato sul prossimo numero de “Il Mulino” (2008, n. 1).

(1) Vedi M. Cappato et al., La pax mastelliana strangola la giustizia, in www.marcocappato.it, sito visitato il 10.12.2007.
(2) Vedi C. Guarnieri, Giustizia e politica, Bologna, Il Mulino, 2003.
(3) D. Soulez-Larivière, Il circo mediatico-giudiziario, Macerata, Liberilibri, 1994.
(4) Vedi ancora Soulez-Larivière e A. Garapon, Del giudicare, Milano, Cortina, 2007.

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17 commenti

  1. de santis umberto

    E’ pacifico che, per la teoria degli opposti, usando gli stessi argomenti di Berlusconi contro i magistrati essi si annullano a vicenda e quindi gli argomenti usati sono fasulli; e c’è da chiedersi se al contrario nel medio-lungo periodo proprio i responsabili delle mancate riforme non giovino dell’effetto simpatia persecutoria visto che gli italiani sono per natura bastian contrari. Il potere politico in Italia e quindi per non generalizzare tutti i politici con nome e cognome presenti in Parlamento non hanno interesse a una riforma giudiziaria che delinei netti i confini di lecito e illecito poichè verrebbe a mancare la linfa del proprio potere feudale. Infatti tutte le leggi fatte dal Parlamento italiano sono di completa inchiarezza vuoi per il vezzo di voler accontentare tutti, vuoi perchè trovato l’inganno dietro la facciata possono continuare a fare i fatti loro.

  2. Massimo GIANNINI

    Mi sembra che non si siano considerati molti aspetti importanti: a)la divulgazione danneggia anche le indagini stesse e il processo dopo; b)la divulgazione alcune volte non sono altro che fatti non più coperti da segreto istruttorio c)la divulgazione é fatta non necessariamente dalla parte che accusa o da un giudice ma semplicemente da persone che hanno visto o letto le carte o ad esempio l’avviso di garanzia prima che questo giunga a destinazione; d)il politico italiano non vuole essere giudicato dalla magistratura ma accetta solo, e nemmeno quello, il giudizio del popolo, e) i fatti seguenti alle dimissioni di Mastella dimostrano che all’onorevole della riforma della giustizia non gliene fregava nulla. Non si tratta di contestare il raggio d’azione della magistratura ma semplicemente d’inquadrare e limitare la deontologia del politico. D’altronde in raccomandazioni e favori per il penale manca solo la merce di scambio: voti e posti.

  3. Gabriele Filipelli

    Se davvero l’avviso di garanzia fosse un gravissimo disastro d’immagine per un politico, come l’articolo presuppone, il clima di arbitrio e intimidazione giudiziaria che l’autore descrive sarebbe un pericolo mortale per la democrazia italiana. Ma il presupposto è falso. Come potrebbero questi politici mantenere il potere per decenni, smaccatamente corrotti e clamorosamente impuniti, se la magistratura fosse così potente, temuta e onnipresente? Abbiamo imparato che la sudditanza dei media nei confronti dei partiti (o, semplicemente, dei loro proprietari) è perfettamente in grado di far passare sotto silenzio le accuse, o addirittura di mostrarle come prove di una persecuzione, sfruttando con successo il vittimismo a scopi elettorali. Perché, se non per una sudditanza simile, l’autore dell’articolo si allinea presentando la magistratura come un organo terrorista e destabilizzante e la corruzione come uno strumento di sana lotta politica? Mi piace immaginare che un sussulto di pudore (e di senso del ridicolo) avrebbe colto perfino Machiavelli, nel consigliare al Principe di piazzare alla televisione di Stato le giovani amiche di senatori in compravendita.

  4. enzo pace

    Una possibile formula di dimissioni in questi casi potrebbe essere: "Rassegno, con rammarico, le dimissioni dall’incarico che ho avuto l’onore fin qui di ricoprire. Sono mortificato per il semplice fatto che un Magistrato abbia soltanto potuto ‘sospettare’ che, durante l’espletamento dell’importante incarico conferitomi, io abbia abusato della Legge violandone previsioni penalmente perseguibili. Chiedendo scusa di tanto, mi dichiaro, fin da domani, disponibile perché si accerti rapidamente la verità, rinunciando ad ogni termine di difesa in mio favore nel superiore interesse dello Stato ed anche mio personale. La camera vorrà fissare un termine breve e ragionevole, anche in deroga a particolari prassi processuali, perché il giudizio abbia a svolgersi e pervenire ad una decisione di cui -se di assoluzione- consentirà di dare solenne lettura a cura del Presidente". Sono sicuro che l’uomo comune (man of the street) apprezzerebbe…

  5. luca

    Tutti sanno che i processi sono lenti, lentissimi, praticamente vanno quasi tutti in prescrizione, specie se contro i potenti. I perchè sono molteplici. 1) tutti gli esposti presentati non possono essere filtrati a monte da giudici ad hoc, evitando intasamenti inutili. 2) ad ogni condanna ci si può opporre nei gradi di giudizio successivi, senza che ci siano nuovi elementi processuali, creando una convenienza a ricorrere all’infinito. 3) gli studi di avvocati, pagati dai clienti prima, durante e a fine processi, hanno interesse che questi durino all’infinito. 4) gli avvocati, sommersi da cause, sono costreti a rimandare continuamente le stesse. 5) la polizia giudiziaria lavora a marce ridotte, solo per le indagini, potendo solo in rari casi sostituire il P.M. nel processo. 6) mentre il PM è obbligato a fornire gli indizi a discarico dell’indiziato/imputato, il difensore non è obbligato a fornire indizi a carico. 7) gli orari di lavoro delle Procure sono troppo limitati. 8) non vengono fatti controlli sull’operato dei magistrati. 9) non si incentiva la professionalità di magistrati e p.g. 10) la P.G. a chiamata si dimostra clientelare.

  6. martnio

    L’analisi del prof. guarnieri è corretta e condivisibile il problema è che non mi sembra ci sia un dibattito pubblico, libero e non ideologico sui possibili rimedi, anche se questi dovessero toccare dei tabù come l’obbligatorietà dell’azione penale. resta fuori di questo "circo" il problema delle giustizia civile, che se da una parte appare meno nelle cronache politico-giudiziarie, dall’altra è indubbio che rivesta grande importanza sul piano economico.

  7. Roberto

    Se le cose scritte nella premessa dell’ articolo fossero giuste, ci si potrebbe porre il problema se il nostro sistema giudiziario sia riformabile ed in che modo sarebbe possibile salvare il principio giuridico che “la Legge è uguale per tutti”.
    L’ obbligatorietà dell’ azione penale serve a tutelare l’ indipendenza della Magistratura dinanzi a chiunque: il rinunciare ad essa equivarrebbe a costruire un sistema giudiziario forte con i deboli, ed inesistente con i potenti! I processi si possono accorciare stanziando fondi per la Giustizia, in modo che lavori meglio! Ma è una cosa che non si fa mai! Oltre a questo si possono introdurre degli automatismi, come la segretezza delle accuse nei confronti di un politico, ma con la cancellazione di quell’obsoleto marchingegno che è la “giunta parlamentare per le autorizzazioni a procedere”. In fin dei conti, della pseudo mala-giustizia, se ne parla solamente quando personaggi di spicco, come Mastella, ne vengono coinvolti, ma è un sistema mediatico cha ha la sua giustificazione nella delegittimazione costante dell’ opera della Magistratura presso la popolazione!

  8. marco savini

    Salve! Il nostro è un Paese che ha bisogno di riforme strutturali in tutti i settori, da quello politico a quello finanzairio, passando – OVVIAMENTE – per quello giudiziario. Ma le corporazioni sono troppo forti e “ognuno fa da sè”.. Il caso Mastella pone un problema di fondo, quanti cittadini riescono a capire la differenza tra un arresto cautelare e una detenzione. O quanti colgono la differenza tra un mezzo di acquisizione di una prova e una prova? Credo pochissimi, così come pochissimi cronisti giudiuziari conoscono il diritto. Occorre in uno Stato di diritto dare compiutezza del principio della presunzione d’innocenza sino a Sentenza. Ma i politici sono il miglior capro espiatorio che esista. E chi è in malafede confonde il bisogno di un politico di evitare processi sommari attraverso la pubblicazioni sui giornali degli atti e delle tesi di una parte processuale con la volontà d’impunità che informa la classe “politica”. Non è democratico consentire che siano i magistrati e i giornalisti a scegliere la vita o la morte di un politico. Ciò lo devono fare i cittadini e la legge, e la nostra Legge prevede che sia un giudice terzo a stabilire le responsabilita di un singolo.

  9. Luciano

    Sembra inverosimile che in Italia si sia giunti
    allo stadio di “Repubblica delle Banane”. Nessuno ha timore reverenziale nei confronti della Cosa Pubblica, con il bel risultato che nel nostro Paese a forza di decidere come decidere, dopo 60 anni, sembra di essere di nuovo alla Costituente, con la (quasi) stessa situazione dello Stato di allora.

  10. Fabio Vivian

    Mi sembra doveroso sottolineare alcuni aspetti peculiari della Giustizia italiana:

    1) La tendenza a processare sui media tramite avviso di garanzia il politico o potente di turno dura da molti anni ed e’ una follia tipicamente italiana.
    2) L’ inaccetabile durata dei processi rende ancora piu’ critico il problema: tra un’ accusa e la relativa condanna spesso passa un’ era geologica. lo scalpore creato da una ipotetica notizia di reato e’ spesso molto piu’ devastante per l’ immagine del politico di un’ eventuale futuribile condanna;
    3) La farraginosita’ dei meccanismi processuali complica le cose: tra rinvii, prescrizioni varie, gradi di processo ed altro la carcerazione preventiva rischia spesso di essere l’ unica forma di punizione per reati ipotetici e tutti da dimostrare.

    Quanto sopra non e’ pero’ applicabile al caso Mastella ed alla crisi di governo: non si era mai visto un ministro motivare una crisi con la (presunta) mancata solidarieta’ per vicende riguardanti sua moglie! In altre parole, credo che Mastella cercasse un “casus belli” idoneo seppur improprio e l’ abbia trovato anche grazie all’ evidente ed inaccettabile commistione tra frange della magistratura e media.

  11. michele

    Non mi dilungo su quanto ha gia fatto osservare Giannini nel suo post: la divulgazione di fonti riservate oltre che poter esser fatta da tanti soggetti non sempre identificabili sta quasi – a mio giudizio – per trasformarsi singolarmente in una puntuale e metodica parastrategia di difesa che ai politici indagati non credo dispiaccia. Tant’è che la applicano anche a sproposito (quando le notizie sono ormai pubbliche per diritto) sicuri non solo del ritorno mediatico favorevole che ne avranno, ma anche della facilità autistica con la quale i media replicano sempre il medesimo copione: scandalo, attacco, retromarcia, difesa a spada tratta dell’indagato. Risulta davvero singolare che in questo contesto tanto evidente nella sua logica e ripetitività, Guarneri scriva che a parlare sia prevalentemente, nella fase delle indagini preliminari, l’accusa. Durante quella fase, com’è noto, non parla nessuno, se non le fughe di notizie commentate a trombe spiegate dagli imputati e dai loro avvocati in diretta tv, mentre ai giudici non tocca neppure un minimo diritto di replica. Che la popolarità del politico diminuisca, direi che è del tutto da dimostrare…Son gli stessi da secoli.

  12. Fabrizio

    Riguardo alla lungaggine della giustizia italiana e ai conflitti che questa genera non sarebbe più semplice convertire in legge il principio secondo cui il processo è prescritto se il reato viene scoperto dopo un numero ragionevole di anni, e viene invece portato a termine senza prescrizione del reato se lo stesso si palesa in precedenza? Si eviterebbe così la rincorsa al cavillo burocratico per allungare i processi nell’attesa che gli stessi vadano in prescrizione. Che cosa ne pensa?

  13. Diego Meloni

    Mi sono trovato davvero poco d’accordo con una serie di argomentazioni. Tra queste c’è sicuramente il fatto che chi indaga abbia piacere ad avere l’attenzione dei media, non mi risulta. Altra cosa sulla quale non sono d’accordo è che le sole indagini preliminari danneggino, e danneggino troppo, il politico: la storia dei processi degli ultimi anni mostra che il potere dei media ha completamente ribaltato questo fatto. Purtroppo, infatti, assistiamo ad una totale assenza di notizie sui grandi mezzi riguardo ai fatti accertati e si tende a fare molta confusione su ogni cosa. Quindi rimane un grosso chiasso iniziale, lo scandalo e poi la distruzione delle poche notizie fornite al cittadino che si convince che la magistratura abbia sbagliato e sia politicizzata. Ovviamente l’interesse dei media, essendo tutti in mano ai poteri forti, a sottolineare i fatti risultanti dal dibattimento è assolutamente nulla. Il corto circuito mediatico-giudiziario risulta, quindi, esattamente rovesciato rispetto a quel che molti credono e rispetto a quel che mi par di capire che lei abbia descritto nel suo articolo.

  14. rosario nicoletti

    Gli argomenti portati in questo articolo sono in larga parte condivisibili: molto meno condivisibile, forse lievemente preoccupante, è il tono soave con il quale viene affrontato un argomento centrale per qualsiasi discorso sullo stato della giustizia. E’ preoccupante che comportamenti censurabili sotto la voce coerenza o correttezza politica, vengano rubricati come atti delittuosi. Se di questo si tratta – e pare che l’autore non abbia dubbi – siamo all’arbitrio ed allo stravolgimento del diritto: cose che dovrebbero far orrore in un paese con un minimo di civiltà giuridica. Una ciliegina sulla torta nel “caso Mastella” è rappresentata dalla incompetenza territoriale, secondo il parere di un esperto, già n. 2 del pool di Milano ai tempi di mani pulite. La preoccupazione cresce a dismisura leggendo alcuni commenti all’articolo, nei quali compare l’istinto forcaiolo. Se vi è un nutrito gruppo di italiani che non crede nello stato di diritto, qualsiasi riforma nascerà morta.

  15. gilda pisani

    In questo paese senza etica e senza società civile è rimasta solo la dimensione giudiziaria. In un paese normale tanti fatti e comportamenti non si verificherebbero, e soprattutto sarebbero valutati prima di tutto con il metro dell’etica e del vivere civile, e non solo per la loro valenza giudiziaria, la quale in una società sana non può che essere l’ultima ratio. I casi Mastella oggi e Andreotti ieri sono esempi illuminanti, ma sono bazzecole di fronte a quella che viene gentilmente definita l’anomalia italiana. L’Italia è l’unico paese al mondo in mano ad una persona (o chi per lui) che da sola riunisce i 3 poteri -economico, mediatico e politico- che governano il mondo. E che, guarda caso, è partito dal primo, si è consolidato con il secondo e solo in ultimo si è interessato alla politica, il meno influente fra i 3. Quando hai in una sola mano questi 3 poteri anche un’idea francamente idiota come quella dei magistrati comunisti funziona per seminare odio, martellare e ottundere i cervelli di un popolo già di suo menefreghista, e, male che vada, farsi leggi ad hoc per derubricare reati che nessuno si sogna di sanzionare prima di tutto sul piano morale e politico.

  16. Luigi

    Anche il Magistrato che sbaglia, come qualsiasi altro professionista, deve pagare. La responsabilità civile dei Magistrati fu voluta da un referendum votato da una maggioranza qualificata di Italiani. Nonostante tutto una legge che affronti il problema in maniera seria non è stata mai fatta. E’ ora, anche a tutela della stragrande maggioranza dei magistrati, seri, capaci, obbiettivi, non politicizzati, che una legge seria venga fatta. Tutti quei poilitici, imprenditori, professionisti durante tangentopoli(circa il 75% degli indagati) che in dibattimento sono stati prosciolti con formula piena chi li ripagherà dei danni morali, economici della carriera persa? riflettiamo per favore anche su questo aspetto!!

  17. A.Livio

    Non sono esperto in materia giudiziaria. Sono però convinto che nessun problema si risolve, o si migliora, "se non si misura". Se siamo convinti del danno enorme che paga il paese per un sistema giudiziario lumaca -e salto altri aggettivi applicabili- e vogliamo veramente (?) risolverlo, proviamo a quantizzare in una semplice tabella tutta una serie di indicatori sul sistema giudiziario nel suo complesso, in confronto con analoghi di altri paesi europei. Esaminiamoli con buon senso ed "onestà mentale". Forse scopriremo tante "anomalie"; per ciascuna, chiediamoci se solo noi "siamo nel giusto" e gli altri, poverini… incivili! Non intasiamo le aule di giustizia per "beghe di condominio" e simili; gli avvocati siano diffidati ad intraprenedere tali azioni (oltraggio alla corte). Chiediamoci se, nel terzo millenio, ha ancora senso spostare le cause avanti ed indietro ( magari dopo ANNI di sviluppo) da un tribunale all’altro per problemi di "competenza territoriale": lo scenario ormai è il mondo ! Chiediamoci pure se non abbiamo "sbilanciato" troppo la bilancia della giustizia: guai a chi tocca Caino (chi se ne frega di Abele!).

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