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E SULLA BANCA D’ITALIA LA FINANZIARIA PASTICCIA

Nel nobile intento di far vedere che sulla riduzione dei costi e sul contenimento delle retribuzioni nella pubblica amministrazione, non si praticano sconti a nessuno, nella Finanziaria è spuntato dal nulla un nuovo comma che disciplina il finanziamento della Banca d’Italia. Ma la disposizione è in contrasto con le norme comunitarie che prevedono particolari garanzie a tutela della sua indipendenza organizzativa e finanziaria. E corre il rischio di essere un ostacolo che si aggiunge ai tanti che già lastricano la strada della riforma delle Autorità indipendenti.

Ogni anno il solito rito: il Parlamento approva una Finanziaria monstre con il solenne impegno a modificare una tecnica legislativa antitetica a qualsiasi principio di semplice buon senso e l’anno successivo puntualmente ritorna il provvedimento con le tradizionali centinaia di commi e con la altrettanto tradizionale volata finale per metterci dentro tutto il possibile.
Così, chi si avventura nei meandri oscuri della Finanziaria può fare qualche scoperta sorprendente su norme e disposizioni sconosciute e che non si capisce come e da dove siano spuntate.
Negli ultimi mesi si è discusso al lungo, e qualcuno ha anche minacciato la crisi di governo sull’argomento, dei limiti alle retribuzioni nella pubblica amministrazione e nelle società controllate dallo Stato, adesso disciplinati, dopo faticoso compromesso, dal comma 44 dell’articolo 3.
Solamente che, dopo il 44, è spuntato un altro comma, il 45, dedicato alle Autorità indipendenti secondo il quale "per la Banca d’Italia e le altre autorità indipendenti la legge di riforma delle stesse autorità disciplina in via generale i modi di finanziamento, i controlli sulla spesa, nonché le retribuzioni e gli emolumenti, perseguendo gli obiettivi di riduzione di costi e contenimento di retribuzioni ed emolumenti di cui al comma 44".

I RISCHI DELLA DEMAGOGIA

Probabilmente, il nobile intento è quello di far vedere che, quando c’è da stringere la cinghia, non si praticano sconti a nessuno, ma è questo un terreno dove il "messaggio" corre il rischio di scivolare nella facile e inutile demagogia con conseguenze davvero singolari.
Infatti, nel disegno di legge di riforma delle Autorità presentato dallo stesso governo, e ancora arenato nelle secche parlamentari, c’è una norma (l’articolo 17) che disciplina l’organizzazione e il finanziamento delle Autorità: disciplina che però, stabilisce l’ultimo comma, non si applica proprio al primo destinatario della Finanziaria 2008 e cioè la Banca d’Italia.
La ragione di questa esenzione è molto semplice: la Banca d’Italia in qualità di membro della Banca centrale europea, usufruisce in base allo statuto del sistema europeo delle banche centrali, di particolari garanzie a tutela della propria indipendenza organizzativa e finanziaria.
La preoccupazione della Bce è di evitare che la disciplina delle modalità di finanziamento si risolva in un potenziale condizionamento politico da parte dei governi degli Stati membri sull’operatività della singole banche centrali.
Questo è il motivo per il quale ogni legislatore, prima di adottare simili provvedimenti, è sottoposto all’obbligo di consultazione della Bce, obbligo che il nostro Parlamento ha disatteso.

TROPPA CONFUSIONE

Come qualcuno ricorderà, la Bce fece sentire la sua voce quando si discuteva della modifica degli assetti proprietari della Banca d’Italia, così come la fa sentire in tutta Europa: una visita sulla parte del sito della Banca centrale dedicato ai pareri resi a tutti gli Stati membri sulle proposte di modifica della disciplina delle banche centrali, e sulla organizzazione della vigilanza fa capire quanto sia importante la sua funzione di presidio e protezione dei criteri di indipendenza e autonomia delle banche nazionali.
E la Bce nel giugno del 2007 aveva dato un parere positivo sul disegno di legge del governo italiano. (1)
L’articolo 45 della Legge finanziaria sembra adesso fare marcia indietro. Sembra, perché in realtà contiene un rinvio "alla legge di riforma delle autorità" che però a sua volta fa riferimento al principio generale (articolo 10 lett. g) della salvaguardia dell’indipendenza dell’Autorità di vigilanza, principio, non a caso, particolarmente apprezzato dalla Bce .
E il governo, nel decreto "mille proroghe" di fine anno, ha tentato di mettere la classica pezza, prevedendo che comunque qualsiasi intervento di attuazione della norma dovrà tener conto dei vincoli comunitari.
Insomma, una grande confusione della quale proprio non c’era bisogno: probabilmente nella convulse fasi "dell’ultimo minuto" tipiche delle leggi finanziarie non ci si è accorti di nulla, oppure qualcuno si è lasciato tentare dalla furia demolitoria degli slogan, un po’ abusati in verità, sui costi della politica. Ma il poco lusinghiero risultato finale corre il rischio di essere un inatteso, ulteriore ostacolo che si aggiunge ai tanti che già lastricano la strada della riforma delle Autorità.

 

(1) Parere della Bce del 18 giugno 2007.

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OLTRE IL CASO MASTELLA *

  1. michele Giardino

    La norma scoperta meritoriamente dal prof. Vella è un colpo di coda di posizioni emerse nella polemica di oltre due anni fa sull’operato del Governatore Fazio: un miscuglio infernale di buone intenzioni, manovre di potere ed enormi conflitti di interesse, che nelle mani di parlamentari per i quali non esiste distinzione fra il potere di fare le leggi e la capacità di farle bene, inflisse danni istituzionali enormi. Per liberarsi di un Governatore inviso a molti, il Governo "vero" di un Paese "normale" non ha bisogno di violare Statuti e leggi speciali. Ma poi l’ostilità contro le Autorità in generale, non protette come B.I. da Francoforte, è un "ever green" sin da quando alcune fra esse decisero di attivare davvero i propri poteri. Il primato e la centralità del Parlamento, mai rivendicati per fronteggiare responsabilità, sono argomenti sempre a disposizione. Di fatto, da decenni, la lotta politica non si cura di sfregiare le istituzioni, anche se cariche di gloria. Conta solo il potere. Ma una democrazia che non salvaguarda le istituzioni, nega sé stessa. Argomento troppo vasto, certo, ma spietatamente attuale. Basta leggere con cura la Finanziaria, appunto….

  2. Gianpaolo Favretto

    “Abbassarle solo se cala la spesa” questo dice sui giornali il Governatore Draghi riferendosi alla possibilità di abbassare le tasse.
    Quando sento la parola spesa vado subito col pensiero al mio relativamente magro stipendio di professore di scuola e comincio a trepidare: che si possa configurare come spesa? Ho il timore che sia proprio così! Scopro poi dallo scritto in commento del prof. Vella che mica tutte le spese sono uguali: ci sono spese che sono meno spese di altre.Che ci sono norme europee che non consentono di porre tetti alle spese?? della Banca d’Italia. Sicuramente è come dice Lui.
    Il fatto è che alla fine scopro di essermi definitivamente scocciato di sentire persone che dall’alto dei loro più che lauti stipendi (centinaia di migliaia di euro; sbaglio?) parlano di ulteriormente ridurre il mio già scarso.
    Proposta finale: chiunque proponga di ridurre le risorse altrui (spese) faccia previa proporzionale autoriduzione (non vengono così violate le norme europee) delle proprie che, anche nel caso di specie, sotto sotto sono anch’esse SPESE.

    • La redazione

      La ringrazio per Le ossevazioni, ma ribadiscco che la “tutela” della BCE nei confronti delle singole Banche  Centrali è molto importante perchè la conservazione della loro indipendenza è interesse di tutti i cittadini!

  3. hsfghsh

    "Per evitare una crisi economica, allora, ben venga, una riduzione delle imposte, soprattutto per famiglie a basso reddito, con una maggiore propensione al consumo." Le famiglie a basso reddito hanno una maggiore propensione al consumo? Ma cosa diavolo sta dicendo il Governatore della B.I?

  4. Francesco

    L’intervento del dott. Vella mi è piaciuto per tre motivi: uno perchè non ero a conoscenza di questa forma di garanzia per Bankitalia, un altro perchè ha fatto luce sull’incompetenza di molti tecnici di altissimo livello nelle istituzioni centrali (forse si è troppo indulgenti con gli amici.. vedi sorpasso Grecia-Spagna). Il terzo perchè è importante iniziare a ragionare sulla crescita esponenziale del delta tra stipendi normali e stipendi di alti dirigenti e burocrati. Come si può pensare che un responsabile della Banca d’Italia reputi di scarso livello una retribuzione di 500.000euro?Come si può pensare che un AD di una grande impresa statale non possa vivere con tale somma?Forse perchè i prezzi di vari generi, anche quelli di lusso, sono aumentati a dismisura?Se è stato necessario aumentare tali remunerazioni perchè non lo è stato per retribuzioni di gran lunga inferiori??? Nel caso in cui si parli della concorrenza del mercato vorrei si ricordasse che un AD di un’azienda pubblica o un dirigente della banca d’Italia non è sottoposto a una reale concorrenza come quelli di un’azienda privata di nome e di fatto come la Fiat (dirigente di 3000 persone, circa 3000euro netti al mese)!

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