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Dove volano le tasse di Alitalia

Nella vicenda Alitalia e della sua possibile cessione ad Air France bisogna tener conto anche degli aspetti fiscali. Perché dopo la ristrutturazione la compagnia tornerà probabilmente a creare valore. La convenzione Ocse contro le doppie imposizioni dispone che la tassazione avvenga solo nel luogo in cui è localizzata la sede di direzione effettiva. Oggi è ovviamente l’Italia, ma domani? Il ministero dell’Economia deve pretendere adeguate garanzie in merito. Magari prendendo esempio dal governo olandese, che ha fatto bene i conti prima dell’accordo per Klm.

Della vicenda Alitalia si sono occupati, anche su lavoce.info, esperti di finanza, d’’azienda e giuristi. Ma molti sono gli investitori stranieri che si fanno avanti con progetti più o meno condivisibili, più o meno convenienti. E allora è importante considerare anche un altro aspetto della questione, quello relativo alla fiscalità internazionale, le tasse.

Perché se è vero che oggi la compagnia di bandiera sembra più che altro un pozzo senza fondo, che macina perdite giorno dopo giorno, è opinione comune che Alitalia (o per i pessimisti, almeno una sua porzione) possa essere rilanciata sul mercato dopo una ristrutturazione, o una sensibile riduzione del personale unitamente ad altri correttivi, che sarà onere del prossimo proprietario configurare in modo conveniente.
Insomma, tornerà a creare valore.
E se questo accadrà, bisogna fin dalle trattative di cessione tenere conto anche delle regole fiscali per evitare che la cessione di Alitalia (oggi) determini anche la cessione della redditività che la compagnia produrrà (domani).

LA CONVENZIONE OCSE

Il modello di convenzione Ocse contro le doppie imposizioni, che regola i rapporti fiscali fra Stati, dedica un articolo particolare, l’’articolo 8 alle compagnie di trasporto aereo, disponendo che esse debbano essere tassate solo nel luogo in cui è localizzata la sede di direzione effettiva (place of effective management). (1)
Significa che i proventi di una compagnia come Alitalia, che opera in due Stati che hanno stipulato una convenzione conforme al modello Ocse nell’’articolo 8, come Italia e Francia, sono tassati solamente nel luogo ove è localizzata la sede della direzione effettiva della compagnia. Nel caso dell’’Alitalia di oggi, ovviamente, in Italia visto che la sua sede è a Roma. Ma in futuro ?
Che garanzie ci sono che il place of effective management della compagnia sia mantenuto nel nostro paese dai cugini d’oltralpe?
O forse l’’Italia dovrà abbandonare le sue pretese fiscali sulla nuova Alitalia, una volta risanata e lanciata sul mercato ?
Credo che la dirigenza del ministero dell’’Economia, alla quale il dettaglio non è sfuggito, dovrà far pesare sul tavolo delle trattative anche questo interrogativo, pretendendo dalla controparte adeguate garanzie, per così dire, dell’’interesse fiscale statale.
Non si tratta quindi solo di relazioni industriali, ma di una soluzione a un problema, quello di Alitalia, che deve necessariamente avvenire in modo aggregato, coinvolgendo anche aspetti che superano la mera convenienza hic et nunc dell’’operazione nel suo complesso.

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IL PRECEDENTE OLANDESE

Un precedente c’’è, ed è uno che pesa, visto che riguarda proprio Air France, quando a suo tempo ha condotto la trattativa per Klm nel 2003 -– 2004.
In quel caso l’’accordo fu raggiunto a tre, fra Air France, Klm e il governo dei Paesi Bassi, con la prima compagnia che si era espressamente impegnata a mantenere in Olanda il place of effective management per Klm fino a una successiva modifica proprio della convenzione fra Olanda e Francia. (2)
Insomma, gli olandesi hanno dimostrato di saper far bene i conti, anche e soprattutto dal punto di vista fiscale, continuando a garantirsi il gettito di Klm, seppur nella sua nuova veste francofona.
Credo che si possa e si debba imparare dalla lezione olandese per evitare che, oltre agli aerei, prendano il volo anche le tasse pagate all’’erario.

(1) Il primo comma nella versione del 2005 del modello Ocse recita: “Profits from the operation of ships or aircraft in international traffic shall be taxable only in the Contracting State in which the place of effective management of the enterprise is situated”.
(2) Letteralmente “Klm, Air France and the State of the Netherlands have agreed separately that Air France and Klm shall ensure that the place of effective management of Klm’s existing transport enterprise will be retained in the Netherlands for purposes of Dutch tax and the France-Netherlands double taxation convention at least until the bilateral treaty is ratified or the current convention is amended.”Come si legge nell’ultima comunicazione annuale AirFrance-Klm alla Sec statunitense, consultabile qui.

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L’ACCORDO CHE NULLA CAMBIA*

  1. Marco Giovanniello

    Da tutte le città a nord di Firenze, che generano la maggior parte dei margini, sarà sempre più veloce volare nel mondo con AF via Parigi o KLM via Amsterdam, tra l’ altro su aerei migliori e con maggiori frequenze. AZ mantiene in pratica solo voli verso il nord America e il Giappone, le cui rotte vanno verso nord e rendono più lento fare scalo a Fiumicino. Certo, si può intervenire sulle tariffe, ma a scapito dei margini.

    Quasi tutti i voli portati a Fiumicino si dovranno confrontare con un concorrente, come American Airlines per Chicago, Air Canada per Toronto, Aerolineas per Buenos Aires, mentre l’ assenza di concorrenza a Malpensa permetteva di calcare la mano sulle tariffe dei voli diretti, sfruttando l’ innegabile maggior presenza di traffico business nell’ area milanese.

    Pochi notano che la ripartizione dei voli, soprattutto il taglio selvaggio di voli da Milano, da cui vengono tolti persino i voli verso Atene, presidiata dalla zombie Olympic Airlines, è stata fatta senza badare al mercato o ai costi, ma unicamente per utilizzare i dipendenti già presenti nelle due basi. Lo stesso scopo avrà Volare.

    Preoccuparsi di dove pagherà le tasse AZ è un esercizio accademico.

    • La redazione

      Gentile lettore,

      prendo atto delle sue osservazioni in merito alle previsioni sulla compagnia di bandiera. Se non ho inteso male, lei ritiene quantomeno difficile un qualsiasi
      futuro per l’Alitalia (in qualsiasi forma essa riemerga dopo la ristrutturazione) che sia diverso dalla pura e semplice liquidazione di tutti gli assets.
      Non sono d’accordo: nella compagnia lavorano anche grandi professionisti, piloti e assistenti formati e addestrati con investimenti italiani per parecchi anni. Li conosco per esperienza diretta. Sono un valore che, credo, se collocato nel giusto contesto possa tornare a creare ricchezza. Sarebbe bello che lo facesse per quello
      Stato che in loro ha creduto e investito. Per questo motivo non credo che si tratti di un esercizio accademico: se le sue previsioni non avverassero, rischieremmo di perderci comunque.

  2. Francesco Mendini

    Il rilievo mi pare cogliere perfettamente nel segno, ma bisogna considerare che in Olanda la tassazione attualmente vigente per le società operanti sul suo territorio è pari al 25% dei profitti, tant’è che grossi operatori internazionali hanno deciso di piantare radici proprio lì (es Vodafone NV). Mi sembra che al contrario il nostro paese sia decisamente meno competitivo. Quantomeno dovrebbe essere prevista la possibilità, in situazioni particolari come questa, di contrattare un regime fiscale ad hoc. Cordialmente. Francesco Mendini

  3. Massimiliano Guttadauro

    Gentile Professore, la speranza di tutti i cittadini italiani e’ che Alitalia non gravi piu’ sulle finanze pubbliche. Sarebbe in effetti una beffa che Alitalia in mani straniere producesse utili dopo (quanti?) anni di perdite. Tuttavia credo sarebbe il male minore.

  4. Marco Giovanniello

    Mi permetta di eccepire. Gli equipaggi di Alitalia e gli uomini della manutenzione sono dello stesso buon livello di tutti gli altri, perché gli standard sono internazionali. Purtroppo questo garantisce soltanto una cosa importantissima, che gli aerei Alitalia volino con lo stesso grado di sicurezza degli altri, ma non implica affatto che l’ azienda produca utili. Del resto i dipendenti di domani saranno gli stessi con cui ci sono le perdite oggi. Il piano Prato non è in grado di riportare in equilibrio i conti di Alitalia, è una barzelletta che basti eliminare Malpensa, l’ hub peggio congegnato (da Alitalia) del mondo. Alitalia andrebbe totalmente ristrutturata, ben oltre l’ attuale piano industriale, ma non lo si farà come non lo si è fatto fin adesso, per paura dei sindacati. La flotta è e resterà patetica, il management invece verrà da Parigi, per fortuna. Ma gli utili veri saranno sempre e solo quelli generati dai passeggeri intercontinentali del nord, che voleranno con Air France e KLM via Parigi e Amsterdam e con loro utili e tasse voleranno via dall’ Italia.

  5. marco di siena

    Gent.mo Professore

    ma ove pure fosse vero quello da Lei paventato Alitalia manterrebbe (e non vedo come non potrebbe essere così) una stabile organizzazione in Italia sostanzialmente corrispondente in termini economici alla sua attuale dimensione aziendale (che è principalmente domestica). Se così è (e La prego di smentirmi) perché ci si dovrebbe preoccupare? Gli utili realizzati dalla stabile organizzazione verrebbero comunque tassasi in Italia. Vi sarebbe – se del caso – un problema di determinazione del reddito della stabile organizzazione – ma poco più. Mi rendo conto che si tratta di una volontaria provocazione rispetto al suo articolo ma sarei interessato a conoscere il suo parere al riguardo. Cordialmente. Suo Marco Di Siena

    • La redazione

      Gentile Lettore,

      la ringrazio per l’attenzione e soprattutto per la domanda, tutt’altro che provocatoria, che mostra un particolare interesse alla questione. Innanzitutto spero anch’io che dell’Alitalia resti nel nostro Paese, almeno, una stabile organizzazione. Non tanto per motivi fiscali, quanto per ragioni, come dire, di opportunità sociale.
      In merito al suo quesito, ritengo che nel nostro contesto l’art.8 della Convenzione Italia – Francia, del tutto in linea con il Modello
      di convenzione OCSE, introduca una disciplina "ad hoc" per la tassazione del reddito di determinate imprese: come appunto le
      compagnie di trasporto aereo. Non è ovviamente questa la sede per citare la letteratura (dal Prof. Guglielmo Maisto in poi) che si è dedicata all’argomento, ma il senso è quello per il quale l’art.8 introduce un sistema di tassazione esclusiva in capo al paese in cui è localizzata (non tanto la sede ma) la gestione effettiva dell’impresa (Place of effective management: PoEM).
      Tassazione esclusiva in questo senso significa che solo in quel Paese gli eventuali profitti potranno essere tassati: si tratta, come vede di una disposizione speciale che deroga al criterio di tassazione sulla base della presenza di una stabile organizzazione.
      L’Amministrazione finanziaria olandese si è accorta di questa situazione, ed è corsa ai ripari nel modo che ho descritto
      nell’articolo. La nostra saprà fare (o riuscirà a fare) altrettanto?

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