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SE LO SPINELLO FA MALE ALLA SCUOLA*

I ragazzi che consumano cannabis hanno risultati scolastici peggiori e abbandonano la scuola presto, soprattutto se iniziano prima dei quindici anni. Tutto ciò ha conseguenze sui loro futuri guadagni e sul tipo di lavoro che andranno a svolgere. Ma si riflette anche sull’intera società, che ne paga i costi in termini di potenziale di crescita e di tassi di occupazione. Un problema da affrontare con urgenza vista la sua diffusione tra gli studenti delle scuole superiori europee e americane. Attraverso campagne di informazione, ma anche un innalzamento dei prezzi.

Una delle maggiori preoccupazioni dei genitori è che i loro figli facciano uso di droga. Dietro questo timore c’è la convinzione che il consumo di droga comporti risultati scolastici deludenti, con conseguente fallimento sul mercato del lavoro, e che senza un buon lavoro sul quale ancorare la propria vita, ci si avvii a un futuro di infelicità. Visto nell’ottica del capitale umano, è uno scenario plausibile. Per esempio, l’uso di droga può indurre gli adolescenti a sostituire il tempo destinato allo studio con quello passato sotto l’effetto di droghe, con due conseguenze: risultati scolastici mediocri e uscita precoce dal percorso di istruzione. Le preoccupazioni si concentrano in particolare sulla cannabis perché generalmente si inizia a farne uso negli anni dell’adolescenza, ovvero a un’età che coincide con il momento delle decisioni fondamentali per l’investimento in istruzione formale, sia ai margini estensivi che intensivi. È dunque possibile che il consumo in gioventù di cannabis abbia effetti di lunga durata, attraverso il suo impatto sui risultati scolastici.

Cannabis e risultati scolastici

In un recente lavoro abbiamo cercato di capire se l’uso di cannabis comporta risultati scolastici peggiori. (1) La nostra ricerca utilizza informazioni raccolte dall’Australian National Drug strategy Household (Ndshs). La nostra analisi si limita alla fascia di età 25-50 anni, proprio per focalizzarci sulle persone che presumibilmente hanno concluso il loro percorso scolastico. La tavola 1 mostra l’uso di cannabis nel campione: più della metà degli uomini e poco meno della metà delle donne affermano di aver fatto uso di cannabis in un qualche momento della vita. Tra questi, il 46 per cento dei maschi e il 42 per cento delle femmine afferma di averlo fatto per la prima volta prima dei 17 anni.

Tavola 1. Diffusione del consumo di cannabis

(25-50enni)

Consumo di cannabis uomini donne
No 46.4 54.3
53.6 45.7
  100 100
Se sì, età di inizio    
<15 17.5 18.0
16-17 28.4 24.2
18-25 47.9 50.1
>25 6.2 7.7
  100 100

È un modello di età di inizio dell’uso di droga che si ritrova in molti paesi. Molti individui iniziano a consumare cannabis tra i 15 e i 25 anni, mentre sono ben pochi quelli che iniziano dopo i 25 anni.

La tavola 2 illustra la relazione tra uso di cannabis, età di inizio e risultati scolastici, misurati come “età in cui si lascia l’istruzione formale”.

Tavola 2 – Consumo di cannabis ed età in cui si lascia la scuola (25-50enni)
Consumo di cannabis uomini donne
No 18.1 17.8
Sì, età di inizio    
<15 17.3 17.3
16-17 17.8 17.7
>18 18.1 18.4

La tabella 2 mostra che in media gli uomini che iniziano a far uso di cannabis prima dei 15 anni completano 0,8 anni di istruzione formale in meno rispetto a coloro che non l’hanno mai consumata. Per le donne, la differenza tra i due gruppi è 0,5 anni. La tabella 2 mostra anche che più "vecchie" sono le persone quando iniziano a far uso di cannabis, più a lungo restano all’interno della scuola.
Il modello non è valido solo per l’Australia. Esiste un’ampia evidenza empirica sul fatto che il consumo precoce di cannabis sia associato a un più basso livello di istruzione. Quello che è meno chiaro è come questa relazione rifletta l’impatto causale dell’uso di cannabis sui risultati scolastici. Per esempio, i consumatori di cannabis possono essere più amanti del rischio e valutare più il presente del futuro rispetto a chi non ne fa uso, fattori che possono portare anch’essi a un abbandono scolastico precoce. In questo caso, la relazione tra consumo di cannabis e abbandono scolastico non è causale perché entrambi i comportamenti sono indotti dall’attitudine verso il futuro e dalla predisposizione al rischio delle persone. Questo scenario è conosciuto come "selezione degli inosservabili" proprio perché attitudine verso il futuro e predisposizione al rischio non sono generalmente osservabili. Ma la relazione tra consumo di cannabis e abbandono scolastico ha anche un’altra spiegazione: i giovani che lasciano presto la scuola tendono ad avere più tempo libero e un minor controllo da parte degli adulti, è ciò offre più opportunità all’uso di cannabis: una situazione indicata come causalità inversa. La presenza di selezione degli inosservabili o di causalità inversa (o di entrambe) agisce da fattore di disturbo, cosicché la relazione tra uso di cannabis e risultati scolastici illustrata nella tabella 2 non può essere interpretata come un rapporto di causa-effetto.
Nel nostro lavoro, utilizziamo una tecnica che tiene conto dei potenziali effetti di disturbo per ottenere una stima affidabile dell’impatto dell’età in cui si inizia a far uso di cannabis sui risultati scolastici. E verifichiamo che coloro che hanno iniziato presto subiscono effetti negativi maggiori in termini di risultati scolastici. Per esempio, l’assunzione di cannabis prima dei 15 anni riduce i risultati scolastici tra 1,2 e 1,8 anni per le ragazze e tra 0,3 e 0,8 anni per i ragazzi. Invece se l’inizio si sposta in avanti – dopo i 17 anni per i maschi e dopo i 19 per le femmine – sembra non avere alcun effetto negativo sull’istruzione.

Una giusta preoccupazione

I nostri risultati suggeriscono dunque che i genitori hanno ragione a preoccuparsi se i figli fanno un uso precoce di cannabis, almeno per quanto riguarda i risultati scolastici, che si riducono considerevolmente. Le stime tradizionali del tasso di rendimento dell’educazione indicano un incremento di salario del 7-10 per cento per ogni anno di istruzione in più. Così una riduzione degli anni di istruzione dovuta al consumo di cannabis danneggia l’individuo perché abbassa notevolmente i suoi futuri guadagni. Inoltre, poiché le prospettive di lavoro tendono a essere migliori per chi ha una istruzione migliore, è probabile che anche il futuro lavoro ne sia influenzato negativamente. Guadagni e tipo di lavoro non sono rilevanti solo per gli individui (e i loro genitori) ma anche per la società nel suo insieme. Un più alto numero di lavoratori con un basso livello di istruzione impone costi alla società, in termini di tassi di occupazione più bassi e potenziale di crescita.

Un’abitudine diffusa

Si tratta di un problema urgente? E che cosa dovrebbero fare i politici per affrontarlo?
A renderlo urgente è la vasta diffusione del consumo di cannabis tra i ragazzi delle scuole superiori: negli Stati Uniti, i tassi di diffusione sono di circa il 32 per cento tra i ragazzi che frequentano il secondo anno della scuola superiore e del 42 per cento tra quelli del quarto anno. (2) In Europa i tassi di diffusione tra gli studenti di diciassette-diciotto anni variano fra il 59 per cento della Francia e il 49 per cento dell’Italia al 15 per cento di Grecia e Svezia. (3) In alcuni paesi, dunque, quasi la metà dei giovani potrebbero abbandonare l’istruzione formale a causa del consumo di cannabis. Mentre le implicazioni politiche degli studi sulle conseguenze dell’uso di droga spesso non sono affatto univoche (4), siamo convinti invece che i risultati della nostra ricerca siano molto chiari. Suggeriscono che a) prevenire il consumo di cannabis migliora i risultati scolastici dei giovani; b) ma anche se non si può impedirlo, spostare in avanti l’età in cui si inizia a farne uso ha un effetto positivo sull’istruzione. Ma come si possono ottenere questi risultati? Nonostante l’elevato numero di ricerche sulle determinanti del consumo di droghe, ben poco si sa del processo di inizio. Tuttavia, gli studi dimostrano che in generale la diffusione dell’uso di cannabis si può ridurre con politiche di innalzamento del prezzo(5), mentre la sua diffusione nelle scuole può essere ridotta attraverso campagne di informazione sui rischi legati al consumo di cannabis, organizzate a livello locale. (6) 

(1) Van Ours, J.C. e Williams, J. (2007b) “Why Parents Worry: Initiation into Cannabis Use by Youth and their Educational Attainment”, Cepr Discussion Paper, n. 6449.
(2) Johnston, L. D., O’Malley, P.M., Bachman, J. G. e Schulenberg, J. E. (2006) “Teen Drug Use Continues Down in 2006, Particularly Among Older Teens”. University of Michigan New and Information Services: Ann Arbour,MI [On-Line] Available:www.monitoringthefuture.org; accessed 18 August 2007.
(3) Andersson, B., Hibell, B., Beck, F., Choquet, M., Kokkevi, A., Fotiou, A., Molinaro, S., Nociar, A., Sieroslawski, J., e Trapencieris, M. (2007) “Alcohol and Drug Use Among European 17-18 Year Old Students, Data from the ESPAD Project. The Swedish Council for Information on Alcohol and Other Drugs (CAN) and the Pompidou Group at the Council of Europe. Stockholm: Sweden.
(4) Bretteville-Jensen, A.L. (2006) “Drug Demand — Initiation, Continuation and Quitting”, De Economist, 154, 491-516.
(5) Van Ours, J.C. and Williams, J. (2007a) “Cannabis Prices and Dynamics of Cannabis Use”, Journal of Health Economics, 26, 578-596.
(6) Duarte, R., Escario, J.J. e Molina, J.A. (2006) “Marijuana Consumption and School Failure among Spanish Students”, Economics of Education Review, 25, 472-481.

* Il testo inglese dell’articolo è disponibile su www.voxeu.com

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18 commenti

  1. Alessandro Condina

    Con tutto il rispetto, ma questo vo sembra uno studio scientifico? Basato su dati australiani che prendono in considerazione le affermazioni degli intervistati? Probabilmente le conclusioni dei ricercatori valgono per quelli che riconoscono di aver fatto uso di cannabis in contrapposizione a quelli che lo negano (e sono un po’ più furbi). Il resto è un esercizio di stile

  2. Alessandro Mongili

    Consiglierei agli stimabili autori di questo pezzo di dare uno sguardo a un classico della sociologia contemporanea (H.S. Becker, Outsiders. Saggi di sociologia della devianza, 1963. The Free Press of Glencoe, in italiano EGA Libri, Torino 1987), e in particolare al celeberrimo capitolo "Come si diventa fumatori di marijuana". E’ probabile, anche se non ci scommetterei neanche un euro, che venga loro in mente qualche altra ipotesi interpretativa sul legame uso della cannabis/scarso rendimento scolastico. Cordialità, Alessandro Mongili

  3. irene

    Si discute da anni riguardo la limitazione dell’uso dello ‘spinello’ tra i giovani, e spesso chi propone provvedimenti come quello italiano, dove si sono in pratica equiparate le pene per droghe leggere e pesanti, favorendo la diffusione delle seconde, da giovane ne faceva uso. Ora, a parte l’opinabilità del modello usato (l’evidenza in Australia non significa molto) mi sembra quantomeno improbabile la soluzione: lo sanno i due autori che la cannabis NON E’ controllata (o almeno non dovrebbe esserlo) dallo Stato quindi lo Stato non può aumentarne il prezzo per diminuirne il consumo? Inoltre: anche per le sigarette il prezzo è stato aumentato ma il consumo non è diminuito. Ci vorrebbe, a parte tutto, un pò di realismo.

  4. Diego d'Andria

    Benissimo le campagne di informazione. Mi domando, invece, quale strumento gli autori dell’articolo abbiano in mente, quando parlano di "aumentare il prezzo" della cannabis. Essendo un bene il cui commercio è illecito, non si può certo imporre una banale accisa, stile sigarette e alcolici. Allora come fare? Aumentando i controlli di polizia, le sanzioni penali, insomma tutte quelle attività di repressione e controllo dell’offerta? Se questa è l’idea, consiglio una lettura più approfondita dei dati, ad esempio quella proposta da Paul De Grauwe (in questo abstract: https://www.econ.kuleuven.ac.be/ew/academic/intecon/Degrauwe/PDG-papers/Discussion_papers/Globalization%20and%20drugs%20-2007.pdf), dove si evidenzia l’effetto-spiazzamento che le strategie sul lato dell’offerta subiscono in conseguenza dell’aumentare del "premio di rischio" agli intermediari. Aumentare il rischio per i trafficanti significa regalare maggiori profitti alle criminalità organizzate. Siamo sicuri che questa scelta porti benefici, in termini di minor consumo di stupefacenti, sufficienti a controbilanciare questo alto costo sociale per la comunità? Personalmente, punterei soprattutto sulle campagne di informazione. Poi certo, c’è sempre la possibilità di legalizzare alcune sostanze psicotrope, in modo da renderle soggette a controlli e fiscalità… ma questa è un’altra storia.

  5. Luca Mazzone

    Giusto qualche puntualizzazione: – chi ha detto che "consumo di cannabis prima dei 15 anni" non significhi, magari, famiglie complessivamente meno attente verso quello che fanno i figli in genere? A questo proposito, credo che le ore di Playstation e simili possano dire molto di più sugli under 15 del consumo di cannabis – ciclicamente vengono fuori ricerche che, in buona sostanza, partono col presupposto che la cannabis faccia male e non vanno molto avanti. Credo sia stato dimostrato in più modi e in più luoghi che la soluzione, per contro, visti sopratutto i livelli di consumo, non può essere altrove che nella liberalizzazione. Altrimenti rinunciamo a qualunque problema di controllo del fenomeno, e sopratutto aspettiamo i ringraziamenti delle mafie.

  6. aris blasetti

    Ci voleva proprio una indagine "scientifica" per scoprire che fumare la cannabis rincitrullisce? Ma siamo seri! A quando una analoga indagine sui danni della coca dell’eroina o del’ alcool? Le indagini scientifiche confermano quello che si sapeva da sempre in compenso il nostro ministro della Sanità vuole aumentare le dosi non punibili.

  7. Lorenzo

    Sono un lettore molto giovane e ho trovato interessante questo articolo, molto vicino e ben rappresentativo di quella realtà che ho percepito per anni nella scuola.Ma credo incompleto. Manca secondo me una fondamentale variabile: le aspettative. Chi usa droga e lascia la carriaera scolastica è perchè non ne ha dal suo futuro. Quindi il problema dovrebbe essere risolto senzibilizzando i giovani al loro futuro. Comunque non credo che continuane a "informare" i giovani che la droga è veleno e se la usi diventi stupido possa aiutare, ci sarà sempre qualche disobbadiente che scoprendo che non è vero corerà a dirlo agli altri. A qualsisi età questo avvenga.

  8. Federico Ferro-Luzzi

    La ricerca è molto interessante ma ho paura che sia stato sbagliato il “capo” ove cominciare a sbrogliare l’intricata matassa: e se andare male a scuola fosse la causa e non l’effetto?

  9. Roberto

    Mi pare pretenzioso affermare, come fate verso la fine dell’articolo, che "quasi la metà degli studenti in alcuni paesi potrebbe abbandonare la scuola a CAUSA dell’uso di cannabis". Ho letto i dati che proponete prima e, per dirla in termini econometrici, potrebbe trattarsi di un problema di distorsione da variabile omessa. Come si può sostenere che esista una correlazione totale fra uso di cannabis e abbandono della scuola? Sull’abbandono della scuola incidono ben altre cause, della natura più disparata. E stesso discorso vale per il rendimento sui voti scolastici: l’uso di cannabis DI PER SE’ non incide secondo me eccessivamente sui voti. E’ semmai sullo stile di vita di (alcuni) studenti che usano cannabis che occorrerebbe focalizzare l’attenzione. Non è infatti specificato cosa si intenda per "uso" di cannabis. Se per uso intendete farsi 10 canne al giorno e perdere solo nell’attività in se stessa buona parte della giornata, allora può avere un senso l’analisi e sicuramente tali soggetti impiegano ben poco tempo nello studio. Ma se per "uso" di cannabis intendete anche chi fuma occasionalmente, perlomeno non tutti i giorni, non capisco come si possa affermare che un tale comportamento incida così tanto su voti e quant’altro (occupazione et cetera).

  10. Maurizio

    Dall’analisi sembrerebbe che il consumo di cannabis sia una causa diretta del fallimento degli studi e dei conseguenti problemi nel futuro dei giovani. Per me l’anasili è incompleta, si devono osservare le cose in un’ottica più ampia. Dipendenze da alcool, fumo, internet, televisione, disturbi del comportamento e disturbi psicologici.Tutti questi fenomeni sono in aumento tra i giovani e causano ritardi negli studi. Bisogna chiedersi: perchè i ragazzi iniziano a fumare? L’uso di droghe è solo un sintomo di problemi più complessi. È quindi inutile cercare di rimuovere gli effetti senza affrontare le vere cause del fenomeno.

  11. de santis umberto

    Pur vivendo nella piccola realtà di Siena, posso confermare che l’uso di droga da parte degli studenti della media superiore è notevole anche in provincia e gli esiti sono spesso disastrosi come commentato dall’articolista. Bisogna agire non tanto sul prezzo ma sulla convenienza economica degli spacciatori : se non guadagnano molto non vanno per le scuole o nei luoghi di ritrovo a cercare nuovi clienti. E’ la più elementare legge di mercato. Non basta la sola educazione degli studenti la forbice del prezzo selezionerebbe solo i clienti più abbienti e aumenterebbe i profitti degli spacciatori. Notiamo bene che l’industria del lusso nel mondo non conosce crisi!

  12. giovanni

    Nutro molti dubbi – dubbi peraltro espressi dalla maggiorparte dei commentatori – sulle conclusioni dell’articolo: come incidere sul consumo di cannabis e derivati attraverso "politiche dei prezzi" quando nella (quasi?!) totalità dei paesi occidentali la "vendita al consumo" di cannabis è illegale (obiezione che vale anche per i Paesi Bassi, dove la vendita è tollerata solo per i maggiorenni)? Credo inoltre sia sufficiente l’evidenza empirica a dimostrare che l’uso/abuso di sostanze psicotrope incida negativamente sul rendimento scolastico:per esperienza personale ritengo che l’uso ( o meglio l’abuso) di cannabis e derivati influisca moltissimo sul rendimento degli studi universitari nonostante siano stati ottenuti ottimi risultati nelle medie superiori, ma credo che ad incidere in maniera più decisiva siano altri fattori quali la disparità qualitativa nei percorsi formativi e nella preparazione di base delle scuole medie superiori tra Nord e Sud Italia (cosa che ho immediatamente percepito una volta giunto a Bologna provenendo dalla Calabria), la totale assenza di un serio programma di "orientamento" agli studi universitari che condiziona profondamente le scelte dello studente e i suoi risultati futuri, e il mancato sostegno economico del percorso di studi, che in Italia è eccessivamente vincolato a criteri burocratici e al rendimento di breve periodo dello studente, per cui chi ottiene una borsa di studio sacrifica "la qualità dello studio" al fine di confermare la borsa negli anni successivi, cosa a cui non tutti gli studenti -soprattutto coloro che provengono da famiglie con basso livello d’istruzione – riescono prontamente ad abituarsi.

  13. Vito A.

    Seppur a favore della legalizzazione delle droghe, tutte, credo che la diffusione dello spinello tra i minorenni vada stigmatizzata, tanto quanto l’uso di qualsiasi altra sostanza dall’alcool alle sigarette. Il proibizionismo ha fallito e sarebbe molto piu’ facile se fosse lo stato a controllare e limitare l’uso di qualsiasi sostanza.

  14. Mauro

    Mi stupisco come un sito come Lavoce possa aver dato risalto ad un articolo simile. Mi permetto di fare notare che dalla tabella 2 oltre ad osservare “che in media gli uomini che iniziano a far uso di cannabis prima dei 15 anni completano 0,8 anni di istruzione formale in meno rispetto a coloro che non l’hanno mai consumata”, si evince anche che l’uso di cannabis per per le donne sopra i 18 anni andrebbe incentivata ed agevolata, in quanto permetterebbe di avere 0,6 anni di istruzione formale in più rispetto a chi non ne ha mai fatto uso!
    Se proprio si vuole demonizzare la cannabis, che almeno si cerchino argomentazioni più convincenti e criteri di causa-effetto meno pretestuosi.

  15. Roberto Sormani

    Consumare cannabis implica una serie di relazioni sociali non usuali e un insieme di comportamenti che certo distraggono dallo studio. Come si può separare l’effetto diretto (quello “chimico”) da quello indiretto? Ho il dubbio che il secondo avrebbe la meglio.

  16. paola

    I cosiddetti fattori di disturbo, o rapporti di causalità inversa, e/o tutte le eccezioni giustamente evidenziate nell’articolo stesso, sembrano proprio troppi per rendere questo uno studio attendibile.
    Mi sembra più una pippa mentale se mi permettete.

    Inoltre il controllo del prezzo, dei giovani, dell’uso che si fa di certe sostanze, e una bella stangata a uno dei maggiori introiti per la mafia organizzata potrebbe essere garantito benissimo dalla semplice legalizzazione..

  17. Mirko Serra

    Ma questo articolo cosa vorrebbe esattamente dimostrare? cioè dove vuole esattamente andare a parare? Perchè queste considerazioni fatte sulla cannabis – alcune molto discutibili, perchè il problema non è farne uso o meno, ma in che quantità – si potrebbero fare altrettanto per sigarette, alcool e abuso di psicofarmaci!! E allora perchè si guarda solo ad un aspetto della questione e non alla sua interezza?

  18. pax

    So che non è statisticamente rilevante, ma io fumo da quando avevo 14 anni, e la cosa non mi ha impedito di diplomarmi con 57/60, laurearmi con 110 e lode e concludere un dottorato triennale. Il tutto prima dei 27 anni. Questo articolo è una volgarissima presa in giro. Non sono indicati gli errori sulle stime, il modo con cui è stato selezionato il campione, nè mille altre cose. E’ semplicemente scandaloso che un sito come la Voce possa pubblicare queste buffonate solo perchè "dimostrano scientificamente" ciò che piace credere. La Scienza, cari signori, è prima di tutto onestà.

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