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Il Dpef 2008-2011: un aiuto alla lettura

Il Dpef 2008-2011 presenta alcune novità. In primo luogo, la costruzione dell’elenco di “spese eventuali” è un passo avanti in trasparenza e leggibilità. In particolare, gli impegni elencati danno una idea della dimensione del tendenziale a “politiche invariate” invece che a “legislazione vigente”. In secondo luogo, dall’elenco emerge come la Finanziaria 2008 debba reperire risorse per almeno 11 miliardi, solo per fare fronte a impegni già sottoscritti o prassi consolidate. Con l’impegno a trovarle sul versante della riduzione della spesa primaria.

Il Dpef 2008-2011: un aiuto alla lettura

Il compito principale del Dpef è individuare quale sarebbe l’andamento dei conti pubblici in assenza di ogni intervento (andamento tendenziale) ed esplicitare poi gli obiettivi programmatici e la manovra di finanza pubblica, per il quadriennio successivo.
La Legge finanziaria, che concretamente definisce la manovra, ha la funzione di modificare gli andamenti inerziali (tendenziali) delle spese e delle entrate per renderli conformi agli obiettivi stabiliti nel Dpef, con riferimento all’anno successivo.
Come assolve a questi compiti il Dpef 2008-2011?

Il quadro tendenziale: legislazione vigente e politiche invariate

È opportuno innanzi tutto ricordare che prima del 1999 il quadro tendenziale dei conti pubblici era costruito a politiche invariate: le previsioni includevano anche gli effetti di quegli impegni politici assunti che, nonostante non si fossero ancora tradotti in provvedimenti normativi, si consideravano vincolanti per l’azione futura di governo e Parlamento. Dal 1999 il tendenziale è invece costruito a legislazione vigente, tiene cioè conto unicamente degli effetti delle politiche che si sono già tradotte in leggi.
Come ricorda il Dpef 2008-2011, che affronta espressamente la questione, ciascun metodo ha vantaggi e svantaggi. Il principale inconveniente di un bilancio tendenziale a legislazione vigente è di non considerare maggiori spese o minori entrate con elevata probabilità di realizzazione (per esempio, perché derivanti da accordi già sottoscritti), rischiando così di fornire un quadro più ottimistico del reale. Nella misura in cui verranno realizzate, queste spese (o minori entrate) dovranno trovare copertura all’interno dell’obiettivo programmatico fissato dal Dpef per l’indebitamento delle amministrazioni pubbliche.

Le previsioni-obiettivo per il 2007

Il quadro tendenziale a legislazione vigente è costruito tenendo conto del Ddl di assestamento di bilancio e del decreto legge 81/2007 emanato contestualmente al Dpef. Tale decreto ha disciplinato l’utilizzo delle maggiori entrate tributarie emerse per il 2007 in sede di assestamento del bilancio dello Stato e pari a 7,4 miliardi di euro. L’extra-gettito, rispetto alle previsioni originarie, è destinato in parte alla realizzazione degli obiettivi di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche e in misura più consistente, per un importo complessivo pari a 5,6 miliardi, al finanziamento di spese che rispondono a impegni già sottoscritti o a nuove iniziative di “sviluppo ed equità sociale“.
La previsione-obiettivo per l’indebitamento 2007 viene così fissata al 2,5 per cento, una soglia inferiore a quanto originariamente previsto nel Programma di Stabilità presentato, nel rispetto degli impegni assunti in sede comunitaria, nel dicembre 2006 (2,8 per cento) e ben inferiore alla soglia massima del 3 per cento. Tuttavia, il saldo è superiore a quanto sarebbe emerso se, seguendo anche le indicazioni della Commissione europea, tutte le maggiori entrate fossero state destinate interamente a migliorare l’indebitamento netto (e cioè la differenza fra le entrate totali e le uscite totali delle amministrazioni pubbliche nel loro complesso). In questo caso, infatti, il disavanzo sarebbe sceso, già nel 2007, al 2,1 per cento del Pil.

Il quadro programmatico per il 2008

Le scelte programmatiche sono di analogo tenore. L’indebitamento tendenziale, inclusivo degli effetti del decreto di luglio, è stimato per il 2008 pari al 2,2 per cento del Pil. Quello previsto dal piano di rientro prospettato a maggio dalla Commissione europea era dell’1,5 per cento (e avrebbe richiesto una manovra, finalizzata al risanamento, di circa 10 miliardi di euro). Il Dpef assume invece che 2,2 per cento sia un obiettivo sufficiente e non prevede nessuna ulteriore manovra finalizzata al risanamento. Il rispetto dell’impegno al pareggio di bilancio per il 2011 viene quindi affidato alle manovre degli anni successivi.
La storia però non finisce qui. Ci sono altre misure che dovranno/potranno essere prese, sia in ragione di impegni già sottoscritti, sia per scelte di politica economica del governo e che costituiranno l’oggetto della Legge finanziaria per il 2008.
Il Dpef compie a questo proposito una scelta importante. Non solo chiarisce che queste misure dovranno essere finanziate, nel rispetto del saldo programmatico, che è, come si è detto, il 2,2 per cento del Pil. Ma, soprattutto, afferma che esse dovranno trovare il loro finanziamento nella rimodulazione delle spese tendenziali, ed esclude che si possa invece ricorrere a inasprimenti fiscali. Diversamente dal passato, oltre all’impegno sul saldo obiettivo, vi è una indicazione dei principali interventi, elencati in una apposita tabella seguendo un preciso ordine di priorità, e un impegno a finanziarli con riduzioni della spesa primaria.

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La tabella con le priorità di intervento

L’elenco degli interventi previsti per la prossima Finanziaria è contenuto nella tabella III.13 a pagina 35 e riguarda tre gruppi di cosiddette “spese eventuali”.
Il primo gruppo comprende un insieme di impegni considerati ineludibili, che dovranno quindi essere finanziati per primi. Si tratta di impegni già sottoscritti con le parti interessate: l’accordo siglato per il contratto del pubblico impiego, e quello per la modernizzazione della Pa, la riforma degli ammortizzatori sociali e per le carriere discontinue, e gli impegni internazionali già sottoscritti dal nostro paese (Aids, Ida, eccetera). La quantificazione di questi impegni per il 2008 è di 4,1 miliardi ed è accurata.
Il secondo gruppo, che va sotto il nome di “prassi consolidate” riguarda un insieme eterogeneo di impegni che come i primi, sono considerati ineludibili, ma che, a differenza di questi non sono ancora precisamente quantificabili. Si tratta del rinnovo di contratti di servizio, di opere pubbliche già previste dalla Legge obiettivo, di un insieme di agevolazioni fiscali che da più di dieci anni vengono inesorabilmente riproposte dalla Legge finanziaria (per esempio, le agevolazioni per l’agricoltura), ma anche dei futuri contratti del pubblico impiego, che arrivano a scadenza. La quantificazione degli impegni è in questo caso più incerta e viene stimata, come ordine di grandezza, nel Dpef, in 7,1 miliardi, per il 2008.
Il terzo gruppo riguarda un insieme di ipotesi che sono state discusse negli ultimi mesi in sede al governo e alla sua maggioranza, primo fra tutti l’intervento sull’Ici. Ma anche alcuni provvedimenti contenuti nel decreto di luglio, il cui finanziamento va integrato se si intende riconfermarli per gli anni futuri. In questo caso, non è solo il costo degli interventi, stimato indicativamente in 10 miliardi nel 2008, a essere incerto, ma è l’elenco stesso a non essere oggettivamente determinato.

Conclusioni

Il Dpef 2008-2011 presenta alcuni elementi di novità.
In primo luogo, la costruzione dell’elenco di “spese eventuali” rappresenta un passo avanti nella trasparenza e leggibilità del Dpef. In particolare, gli impegni elencati nei primi due gruppi danno una idea della dimensione del tendenziale a “politiche invariate” invece che a “legislazione vigente”.
In secondo luogo, da questo elenco emerge come la Finanziaria 2008 non sarà a costo zero, in quanto dovrà reperire risorse per almeno 11 miliardi, solo per fare fronte a impegni già sottoscritti o a cosiddette “prassi consolidate”. Ogni nuovo intervento, destinato all’equità e allo sviluppo, comporterà una manovra lorda più elevata e dunque la necessità di trovarne di ulteriori.
Infine, ci si impegna a reperire queste risorse sul versante della riduzione della spesa primaria, dato l’obiettivo prioritario di contenere e gradualmente ridurre la pressione fiscale. E’ questo l’impegno più difficile, come è testimoniato dai fallimenti fino ad ora accumulati da tutti i governi che hanno provato a finanziare nuove spese senza aumentare le entrate o il disavanzo. I 2,2 miliardi di ridefinizione di spese contenuti nel decreto di luglio e finanziati con l’extra-gettito sono l’ultimo esempio in proposito.

Il decreto legge n. 81 del luglio 2007

Il decreto legge 81/2007, si articola in 18 articoli di non facile lettura. Interviene infatti su un numero molto ampio di temi, ciascuno dei quali comporta maggiori spese per importi spesso molto contenuti. Nel complesso, stando alla valutazione della Relazione tecnica, esso avrà conseguenze per l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche pari a 5.621 milioni di euro nel 2007, e a 1.624 milioni di euro nel 2008.
L’indebitamento netto tendenziale delle amministrazioni pubbliche del 2007 passa, dopo l’emanazione del decreto in questione, dal 2,1 a 2,5 per cento del Pil e quello del 2008 dal 2,1 al 2,2 per cento del Pil.

Le principali tipologie di intervento

1) La prima tipologia di intervento, che conta per più del 40 per cento del totale, segnala le difficoltà che si sono incontrate, nel 2007, a tenere sotto controllo la dinamica della spesa pubblica, laddove si era cercato di intervenire con vincoli all’utilizzo o tagli percentuali.
La voce quantitativamente più rilevante del decreto (1.500 milioni) riguarda infatti il disaccantonamento di una quota consistente di fondi che erano stati bloccati con il comma 507 della Legge finanziaria per il 2007. Vanno nella medesima direzione i 300 milioni per l’eliminazione di vincoli alle riassegnazioni di entrate fissate da precedenti Leggi finanziarie, l’eliminazione (150 milioni) della riduzione del 20 per cento delle spese per consumi intermedi disposta dal decreto Bersani del luglio 2006, le integrazioni rispettivamente per 160 e 130 milioni dei fondi di cui alle tabelle A e C della Finanziaria.

2) Gli interventi che rispondono invece a scelte di politica economica, in questo caso “per l’equità”, compiute dal governo sono quelli in materia pensionistica, a cui sono destinati 900 milioni. Questi milioni serviranno, già a partire dall’anno in corso, a incrementare i trattamenti delle pensioni basse. L’individuazione effettiva dei beneficiari e in particolare del limite al disotto del quale gli importi pensionistici, al netto dei trattamenti di famiglia, devono essere considerati “bassi”, è affidata a un decreto interministeriale che dovrebbe essere emanato in tempi rapidi, sentite le parti sociali. Attraverso la creazione di un apposito Fondo, si vincolano, inoltre, risorse per il 2008 (1,5 miliardi) con tre diverse funzioni: garantire la continuità nel finanziamento del sostegno alle pensioni basse; ridefinire, in termini migliorativi, la disciplina della perequazione dei trattamenti di importo fino a cinque volte il trattamento minimo mensile vigente nell’assicurazione generale obbligatoria; finanziare misure volte a facilitare il riscatto degli anni di laurea a fini pensionistici e a ampliare le possibilità di totalizzazione dei diversi periodi contributivi maturati nei vari regimi pensionistici. Queste ultime misure dovrebbero interessare in particolare i giovani, interessati dal nuovo regime contributivo e più coinvolti in rapporti di lavoro atipico.

3) Vi sono poi contributi stanziati a vario titolo, a favore di imprese pubbliche: un contributo di 700 milioni per la realizzazione di investimenti relativi alla rete tradizionale dell’infrastruttura ferroviaria nazionale; un contributo di 500 milioni all’Anas a titolo di apporto al capitale sociale, che ha la finalità di ripianare la perdita di esercizio relativa all’anno 2006; l’incremento di 250 milioni del Fondo per i trasferimenti correnti alle imprese pubbliche.

4) 250 milioni si sono resi necessari per finanziare il previsto contributo italiano al Fondo globale per la lotta contro l’Aids, la tubercolosi e la malaria.

5) 250 milioni sono stati destinati a consentire agli enti locali soggetti al patto di stabilità interno di non computare nel saldo finanziario, per il solo anno 2007, una quota parte delle spese di investimento finanziate attraverso l’utilizzo di una quota dell’avanzo di amministrazione (intervento che è stato considerato dall’Anci assolutamente inadeguato)

6) Segue una miscellanea di interventi nei settori più diversi, spesso di importo relativamente contenuto che, nel complesso, assorbono risorse per circa 500 milioni. Il più corposo è rappresentato dai 180 milioni di euro per le supplenze brevi del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario della scuola. Si possono poi ricordare, a titolo esemplificativo, il rifinanziamento delle missioni internazionali, per circa 27 milioni, il rifinanziamento del bonus bebè, per 40 milioni e gli 80 milioni per l’emergenza rifiuti in Campania.

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Decreto legge 81/2007

Disposizioni 

Effetti sull’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche

2007

%

2008

1) Interventi di ridefinizione di spese

2.259

40,2

Disaccantonamenti art.1 C.507 LF 2007

1.519

80

Eliminazione vincolo alle rassegnazioni

300

Eliminazione riduzione 20% spese consumi intermedi decreto Bersani)

150

20

Reintegro fondi Tab. A

160

30

Reintegro fondi Tab. C

130

2) Interventi in materia pensionistica

900

16,0

1.500

3) Interventi a favore di imprese pubbliche

1.450

25,8

RFI – Rete tradizionale

700

ANAS – Investimenti

500

Contratti di servizio imprese pubbliche

250

4) Cooperazione allo sviluppo – Fondo AIDS

260

4,6

5) Attenuazione del patto di stabilità interno per comuni medio-piccoli in avanzo

250

4,4

-6

6) Altri interventi

502

8,9

TOTALE

5.621

100

1.624

 

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  1. francesco russo

    Chiarissimo e guida molto utile alla lettura del DPEF.
    Ora io vedo due problemi: il primo e’ che la maggiore spesa di 11 Miliardi non mi sembra della migliore qualita’, ne’ organica ne’ strategica.
    Pero’ a questo punto ci si puo’ fare poco.
    Il secondo problema e’ dove trovarli questi 11 Miliardi, data la ben nota incomprimibilita’ della spesa pubblica italiana (altre tasse??).
    Credo che un altro contributo utilissimo de La Voce al paese sarebbe proprio mostrare quali sono le aree dove la spesa pubblica improduttiva si puo’ tagliare senza pregiudicare il servizio pubblico (e chissa’ anche migliorandone l’efficienza).
    Per dibattito politico. Poi i politici non lo faranno, ma almeno ci dovranno spiegare perché…

  2. simone lucchi

    In realtà gli 11 miliardi e oltre si potrebbero reperire con pochi provvedimenti, che avrebberò però lo svantaggio di innescare una serie di reazioni negative che, in un paese corporativista e campanilistico come il nostro, finirebbero per bloccare tutto, come sempre. Basterebbe eliminare tutti i comuni italiani e trasformare le 102 province in 102 comuni, meglio se 100. Poi accorpare le regioni più piccole arrivando a 15 e togliere l’autonomia. Infine portare il parlamento a 400 deputati equamente suddivisi tra i 2 rami. Un’utopia? Lo so ma è così bello sognare…

  3. Ermanno Tarozzi

    Grazie per la chiarezza dell’esposizione che a aiuta a far comprendere una materia complessa e a farne capire l’importanza rispetto alle “politiche” che vengono attuate nel nostro paese.

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