Nell’ordinamento italiano dei mercati finanziari sembra non solo necessaria una riscrittura di molte norme, ma anche qualche modifica delle scelte a suo tempo effettuate. E’ forse opportuno abbandonare la soglia del 30 per cento come presupposto per l’Opa totalitaria, prevedendone l’obbligo ogni qualvolta muti il controllo. Il governo dovrebbe assumere un’iniziativa di coordinamento delle leggi esistenti e di un loro aggiornamento per evitare che i vizi della normativa incidano sull’efficienza della industria finanziaria italiana.

Alla fine degli anni Novanta, l’ordinamento italiano dei mercati finanziari sembrava aver raggiunto un assetto abbastanza stabile, fondato sui due testi unici: quello bancario del 1993 e quello sul mercato mobiliare del 1998.
I primi anni Duemila hanno profondamente inciso su quell’assetto, sia per la progressiva e necessaria attuazione di direttive comunitarie, sia per fronteggiare meglio fenomeni che avevano fatto dubitare della bontà di alcune delle scelte normative effettuate nel decennio precedente.

Come è cambiato l’ordinamento

Queste, in un rapido e lacunoso elenco, le “nuove norme“: le riforme del diritto societario e del processo societario del 2003, l’attuazione della direttiva sugli abusi di mercato del 2005, la legge sulla tutela del risparmio del 2005, il codice delle assicurazioni ancora del 2005, l’attuazione della direttive sui conglomerati finanziari, nel 2004, sulla vigilanza prudenziale, nel 2006, sui prospetti di quotazione, nel 2007, il decreto legislativo sulle forme pensionistiche complementari, nel 2005, l’attuazione delle direttive sulla commercializzazione a distanza dei prodotti finanziari, nel 2005, e sui contratti di garanzia finanziaria, sempre del 2005, l’imminente attuazione della direttiva Mifid e di quella sull’Opa.
Il governo ha poi elaborato un disegno di legge di riforma delle Autorità di vigilanza sui mercati finanziari che prospetta modificazioni molto profonde dell’ordinamento vigente, anche dal punto di vista delle norme che regolano l’attività delle banche, delle assicurazioni, delle forme pensionistiche complementari e dei servizi di investimento.
Sono numerosissimi i problemi di coordinamento che queste discipline, dettate in contesti e per scopi molto specifici, sollevano sia reciprocamente sia con i testi unici bancario e dell’intermediazione finanziaria.

Regole e coerenza

A sottolineare la mancanza di coerenza interna dell’ordinamento oggi vigente basti uno sguardo alle norme che fissano gli scopi che la vigilanza può perseguire e le materie sulle quali la stessa si esercita.Questi scopi e queste materie sono individuati in modo diverso a) dall’articolo 5 del Tub (“le autorità creditizie esercitano i poteri di vigilanza a esse attribuiti dal presente decreto legislativo, avendo riguardo alla sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, alla stabilità complessiva, all’efficienza e alla competitività del sistema finanziario”); b) dall’articolo 5 del Tuf oggi vigente (“la vigilanza sulle attività disciplinate dalla presente parte ha per scopo la trasparenza e la correttezza dei comportamenti e la sana e prudente gestione dei soggetti abilitati, avendo riguardo alla tutela degli investitori e alla stabilità, alla competitività e al buon funzionamento del sistema finanziario”); c) dall’articolo 5 dello stesso Tuf così come si progetta di riscriverlo dando attuazione alla direttiva Mifid (“la vigilanza sulle attività disciplinate dalla presente parte ha per obiettivi: a) la salvaguardia della fiducia nel sistema finanziario; b) la tutela degli investitori; c) la stabilità e il buon funzionamento del sistema finanziario; d) la competitività del sistema finanziario; e) l’osservanza delle disposizione in materia finanziaria”); d) dall’articolo 3 del codice delle assicurazioni (“la vigilanza ha per scopo la sana e prudente gestione delle imprese di assicurazione e di riassicurazione e la trasparenza e la correttezza dei comportamenti delle imprese, degli intermediari e degli altri operatori del settore assicurativo, avendo riguardo alla stabilità, all’efficienza, alla competitività e al buon funzionamento del sistema assicurativo, alla tutela degli assicurati e degli altri aventi diritto a prestazioni assicurative, all’informazione ed alla protezione dei consumatori”); e) dall’articolo 18 del decreto legislativo sulle forme pensionistiche (“il ministero del Lavoro e delle politiche sociali vigila sulla Covip ed esercita l’attività di alta vigilanza sul settore della previdenza complementare, mediante l’adozione, di concerto con il ministero dell’Economia e delle finanze, di direttive generali alla Covip, volte a determinare le linee di indirizzo in materia di previdenza complementare); f) dagli articoli 1, 3° comma (“restano ferme le funzioni di indirizzo generale e di alta vigilanza del governo e dei ministri nelle materie di cui alla presente legge e le competenze di regioni ed enti locali previste dalla normativa vigente”) e 9 (il Comitato per la stabilità finanziaria “anche al fine di consentire l’esercizio dei compiti di cui all’articolo 1, comma 3, promuove, attraverso la collaborazione e lo scambio di informazioni, la stabilità finanziaria e la soluzione delle crisi delle società e dei gruppi bancari e finanziari che possono influire sull’intero sistema finanziario”) del progetto governativo di riforma delle Autorità.
Alcune di queste norme danno indicazioni molto impegnative all’Autorità di vigilanza, ma solo per determinati settori (così per il mercato mobiliare l’Autorità deve adottare, come criterio per la propria attività, quello della “salvaguardia della posizione competitiva dell’industria italiana”).
E per quanto riguarda i mercati alcune norme si preoccupano di garantirne “l’integrità”, ma altre tendono ad assicurarne “il buon funzionamento” e altre ancora vogliono promuoverne “la sana e prudente gestione”.
A me pare che sia necessaria una rilettura coordinatrice di questa massa straripante di norme, dal punto di vista sia dei contenuti sia delle tecniche legislative (1), sia dei limiti entro i quali è opportuna la delegificazione. Oggi è già un’impresa rintracciare le norme in vigore.

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Non solo coordinamento: la nuova Opa

Ma, in realtà, sembra non solo necessaria una riscrittura di molte norme, ma anche qualche modificazione delle scelte a suo tempo effettuate: così è forse opportuno abbandonare la soglia del 30 per cento come presupposto per l’Opa totalitaria, prevedendo il relativo obbligo ogni qualvolta muti il controllo.
Il governo dovrebbe assumere un’iniziativa di coordinamento delle norme esistenti e di un loro “aggiornamento” per evitare che i vizi dell’ordinamento incidano sull’efficienza della industria finanziaria italiana.


(1)
Sono state riprodotte nel nostro ordinamento espressioni contenute nelle direttive senza misurarne la compatibilità con il lessico giuridico italiano.

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