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Una nuova legge sull’immigrazione (*)

Programmazione e gestione dei flussi per ovviare alla scarsa corrispondenza tra domanda e offerta di lavoro, semplificazione delle procedure per la concessione e il rinnovo dei permessi di soggiorno, riforma dei Cpt, diritto di voto alle elezioni amministrative: sono i tratti principali del disegno di legge delega sull’immigrazione. La riforma punta a creare le condizioni per la piena integrazione degli immigrati e delle loro famiglie. Ma riuscirà a limitare l’irregolarità? Molto dipenderà dalla capacità di prosciugare l’economia sommersa.

Il cammino del disegno di legge delega sull’immigrazione, predisposto dai ministri Amato e Ferrero, non sarà né breve né facile. Il provvedimento ha lo scopo di modificare parti importanti della normativa in vigore e rappresenta il punto di arrivo di un percorso che il governo Prodi ha avviato sin dai primi mesi di attività, intervenendo su diversi aspetti della materia.
Gli obiettivi principali del disegno riguardano la programmazione e la gestione dei flussi per ovviare alla scarsa corrispondenza tra domanda e offerta di lavoro; la semplificazione delle procedure per la concessione e il rinnovo dei permessi di soggiorno, estendendone la loro validità; la concessione del diritto di voto alle elezioni amministrative dopo cinque anni di soggiorno legale; la riforma dei centri di permanenza temporanea per stranieri (Cpt); il potenziamento degli interventi in tema di integrazione. Concentriamo qui l’attenzione sull’aspetto lavoro, che è poi il motore dell’intero e più complesso fenomeno migratorio.

Canali legali di accesso più articolati

Il centrodestra aveva fatto dell’immigrazione un forte elemento di mobilitazione politica prima delle elezioni del 2001 e nel 2002, attraverso la legge Bossi-Fini, aveva cercato di rafforzare il carattere di temporaneità del fenomeno, legando strettamente arrivi e presenze alle esigenze del mercato del lavoro. Diverso è l’orientamento del centrosinistra, che punta a sviluppare le condizioni per la piena integrazione degli immigrati e delle loro famiglie, per farli diventare parte attiva e costitutiva della nostra società.
Con la Bossi-Fini, il canale legale per eccellenza era quello della chiamata numerica o nominativa del candidato-lavoratore straniero, presupponendo che il datore di lavoro – impresa o famiglia – fosse in grado di individuarlo e di avviare le pratiche per la chiamata. L’esperienza insegna che per gran parte dei datori di lavoro – le famiglie, ma anche gli esercenti, gli artigiani, i piccoli imprenditori – l’incontro personale con il lavoratore è essenziale per deciderne l’impiego. È così che un gran numero di stranieri, per lo più arrivati regolarmente con un visto turistico, ha cercato e trovato un lavoro, andando ad alimentare la schiera degli irregolari. La proposta governativa affianca dunque, al tradizionale canale della chiamata, la possibilità di entrare in Italia con un permesso di ricerca di lavoro con sponsorizzazione di enti territoriali, associazioni professionali, di categoria o sindacali che prestino adeguata garanzia finanziaria, sostituendo allo sponsor privato o associativo della legge Turco-Napolitano del 1998, uno sponsor di tipo “istituzionale”. Si aggiunge anche la possibilità di “autosponsorizzazione” per chi è in grado di prestare adeguate garanzie monetarie. Per categorie specifiche, come lavoratori domestici e di assistenza alla persona o personale particolarmente qualificato, la legge delega prevede l’ingresso al di fuori delle quote.

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Immigrazione e irregolarità

Le proposte segnano una rottura netta con la Bossi-Fini e un cambiamento sensibile rispetto alla legislazione precedente. Appaiono però funzionali al caso italiano come a quello degli altri paesi mediterranei dell’Unione Europea, che hanno avuto una crescita straordinaria dell’immigrazione, avvenuta, in larga parte, al di fuori dei canali ufficiali di ingresso. E ha così alimentato precarietà ed evasione fiscale e contributiva, solo parzialmente sanate con le numerose regolarizzazioni che hanno riguardato 3 milioni di persone negli ultimi dieci anni nei quattro paesi euromediterranei.
L’esperienza della Bossi-Fini dimostra l’inefficacia delle procedure attuali, formalmente molto severe. Se, infatti, gli oltre 650mila regolarizzati dalla legge n. 189/2002 e dai provvedimenti collegati potevano essere attribuiti al “lassismo” dei governi precedenti, non si può dire certo altrettanto per i 540mila irregolari presenti nel paese nel luglio 2005, tre anni dopo l’entrata in vigore della Bossi-Fini (figura 1). (1) Va inoltre ricordato che, su un valore annuo di circa 120mila persone individuate in stato di clandestinità o irregolarità, meno della metà è stata effettivamente respinta o espulsa dal paese, e la proporzione è diminuita negli ultimi due anni. Gli altri hanno, sì, ricevuto un’intimazione ad allontanarsi dal paese, ma non lo hanno fatto e sono rimasti in stato di irregolarità, in attesa di un’eventuale sanatoria, assieme agli altri irregolari, molto più numerosi, che non incappano nelle maglie dei controlli.
L’altra innovazione del disegno di legge delega è costituito dalla semplificazione delle procedure per la concessione e i rinnovi dei permessi di soggiorno e dall’allungamento della loro durata. Questi interventi, oltre a rendere meno vessatori (e umilianti) i rapporti tra l’immigrato e la nostra amministrazione, convengono al mercato del lavoro e rispondono anche a esigenze di razionalizzazione della spesa.

Liste all’estero e qualità dell’immigrazione

La proposta di legge delega ha anche qualche ambizione destinata a restare tale a lungo. (2)
Prevede infatti che nei paesi di origine si predispongano liste di candidati all’emigrazione, tenute dai consolati o da altri enti convenzionati, con indicazione del grado di conoscenza dell’italiano, delle credenziali formative, delle capacità professionali. Le liste, che potrebbero riguardare un numero altissimo di candidati, richiedono però capacità tecniche, aggiornamenti continui, verifiche accurate, e molti soldi. Assai difficile porle in essere in decine di paesi diversi, spesso in contesti di grave sottosviluppo. Chi sarà poi in grado di operare una certificazione adeguata della conoscenza della lingua, o delle qualifiche professionali, secondo standard omogenei?
Potrà la nuova legge “migliorare” la qualità dell’immigrazione? Si riafferma la possibilità di escludere dai tetti numerici chi è portatore di alte qualifiche: bisognerà vedere come sarà articolata la normativa per realizzare questa finalità, ad evitare che gli eventuali candidati rimangano impaniati nel sistema burocratico, come avviene adesso. C’è l’accenno alla conoscenza dell’italiano e alla professionalità da ascrivere ai possibili candidati iscritti nelle liste, a prefigurare una sorta di “selezione” operata dalla domanda. Tuttavia gli accenni sono timidi, anche perché gran parte della domanda di lavoro, nel nostro paese, è per le basse qualifiche, come ad esempio l’aiuto domestico. Infine: la riforma potrà limitare l’irregolarità? Sì, abbiamo detto, perché una normativa degli accessi più articolata permette un più fluido incontro della domanda e dell’offerta di lavoro. Sì, perché si potrà migliorare la programmazione degli ingressi, rendendola più flessibile e adeguandola alla domanda e alle capacità effettive di inserimento nel contesto sociale.
Molto però dipenderà da circostanze diverse, e soprattutto dalla capacità di prosciugare un’economia sommersa che coinvolge il 17 per cento del Pil e una quota ancor più alta di lavoro, e che funge da calamita per quello straniero.

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Per saperne di più

C. Bonifazi, L’immigrazione straniera in Italia, Bologna, Il Mulino, 2007.
M. Livi Bacci, Una regolare irregolarità. Vivere da immigrati fuori delle regole, Il Mulino, vol. 45, n. 3, 2006.

(*) L’articolo è presente anche su http://www.neodemos.it/

(1) Il dato è stato stimato nell’ambito di un’indagine condotta dall’Ismu e promossa dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali. La stima è in G.C. Blangiardo, “La presenza straniera in Italia”, saggio dell’undicesimo rapporto Ismu (Franco Angeli 2006).
(2) Una volta approvata la legge delega, il governo dovrà emanare le leggi attuative entro un anno, per dare gambe ai principi in essa espressi.

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Partecipazioni bancarie, un segnale per il mercato

  1. Giacomo Oddo

    Un recente articolo di Giovanni Peri (2005) dell’Università della California, analizza i flussi di immigrazione verso le principali economie sviluppate e trova che l’Unione Europea importa sopratutto manodopera poco qualificata; tale forza lavoro immigrata non è un complemento, ma un sostituto della manodopera interna all’Unione stessa. In parole più semplici: gli Stati Uniti sono relativamente abbondanti di lavoratori con educazione secondaria, e meno abbondanti di lavoratori con educazione primaria e terziaria; ebbene la distribuzione dei migranti in ingresso negli USA ha due picchi proprio nelle categorie relativamente meno abbondanti nel Paese: gli immigrati appartengono prevalentemente al primo o al terzo gruppo, vanno cioè a complementare, non a sostituire la forza lavoro nativa. Questo significa che i vantaggi derivanti dall’immigrazione negli USA sono molto elevati e beneficiano tutti i gruppi sociali nazionali, ed in particolare la maggioranza dei cittadini americani che appartiene al secondo gruppo (educazione secondaria).
    In Europa questo non avviene (una eccezione notevole è il Regno Unito) e l’immigrazione, quando non risulta dannosa, non porta alcun beneficio economico alle categorie maggioritarie nella forza lavoro, ma solo alle categorie più scarse, quindi “elitarie” altamente qualificate. L’Europa, che avrebbe bisogno di attirare talenti stranieri, importa manodopera poco qualificata che si sovrappone alla già abbondante riserva di manodopera poco qualificata presente all’interno dell’Unione. Sarà per questo che la disoccupazione è elevata soprattutto fra gli immigrati, come il fenomeno delle banlieues insegna?
    Avrei piacere che il forum della Voce prendesse a cuore questo problema delicatissimo e cruciale per il futuro del mercato del lavoro europeo.
    Cordiali saluti

    Un dottorando in economia dell’Università di Roma II

  2. riccardo boero

    L’uomo dell’Illuminismo e dei diritti umani si chiede con sgomento quale sia il principio filosofico in base al quale si nega l’accesso o la permanenza di un individuo in una nazione, valutando come nullo e controproducente il contributo che puo’ fornire, ancora prima di conoscerlo. E ripensa alla fortuna che l’umanita` ha avuto quando a personaggi come Fermi, Noether, Einstein e tantissimi altri non fu negato l’ingresso in USA.
    D’altro canto i numerosi e massici “entitlement” che parecchi Stati propongono a milioni di loro sfaccendati non potrebbero essere ragionevolmente estesi ai miliardi di immigrati che, a casa loro, non ne godono (anche per via dei protezionismi e delle sovvenzioni degli stati ricchi a molti dei loro settori produttivi, che impediscono il decollo dei paesi poveri).
    Ecco dunque che il Welfare nella sua molteplicita` di aspetti provoca il problema irresolubile dei flussi migratori: e del loro controllo. Un giorno si capira` che bloccarli e` impossibile, ma subendoli si finisce per sottoporre le classi piu’ deboli ad una pressione concorrenziale insostenibile da parte degli immigrati, che deprime i salari, restringe l’accesso al lavoro e provoca forti tensioni (vedi banlieues parigine).
    Dov’e` il nostro futuro? Lo vediamo nei paesi europei soggetti da piu’ lunga data al fenomeno immigrazione, come appunto la Francia. In reazione ai disagi provocati dall’immigrazione, si ingigantisce cola` l’ondata repressiva e xenofoba, Se le ultime presidenziali hanno visto un ballottaggio Le Pen – Chirac, quest’anno ci riservera` forse un Sarkozy – Le Pen, e i cugini d’oltralpe sceglieranno come Presidente tra l’ex torturatore della guerra d’Algeria e il milionario che propone di ripulire le banlieue della “racaille” (non oso tradurre).

    Ma dire una volta per tutte che in Italia come in Francia lo Stato non regala niente di piu’ che in Algeria o in Ecuador o in Cina, non sarebbe il modo migliore per scoraggiare i costosi viaggi degli immigrati?

  3. Gianluca

    La legge Bossi-Fini e la maggioranza di governo che l’ha approvata pretendeva di controllare la permanenza degli immigrati considerandoli come provvisori. Infatti stabiliva delle quote annuali d’ingresso ridicole e costringeva i regolari a continui rinnovi del foglio di soggiorno. Ad aggravare la situazione non produceva i decreti-flussi, reiterando i precedenti, quindi mancando di aggiornarli in relazione alle mutate richieste di mano d’opera, e non ha messo in campo le risorse necessarie per snellire gli adempimenti burocratici cui costringeva gli stranieri. Ad esempio ha ridotto ad un anno la durata del permesso di soggiorno e ha mantenuto in capo alla polizia di stato il rilascio di tale documento. Sarebbe stato certamente più opportuno decentrare la mera operazione burocratica di ricezione delle istanze e la stampa del documento ad altri enti e concentrare l’attività della polizia sulla verifica delle dichiarazioni. Ma occorrerebbero più risorse e più mezzi (disporre di accesso alle banche dati per incrociare le informazioni disperse in più ambiti) che tocca anche l’arretratezza delle amministrazioni pubbliche rispetto all’informatizzazione di molti processi di attività. Viceversa si è proseguito a regolarizzare i clandestini (per soggiorno o per ingresso) a scapito di ingressi regolari, senza incidere a sufficienza sui clandestini e i delinquenti aumentandone le espulsioni. Proposito di fatto velleitario per mancanza di soldi e di accordi internazionali. Al contrario si è aumentato il carico di lavoro dell’autorità giudiziaria, prevedendo numerose fattispecie di reato nuove legate alla semplice condizione di clandestinità che richiedevano decisioni per direttissima, e conseguente distrazione di risorse già scarse anche per le forze dell’ordine.
    Credo che ci sia molto da cambiare nella legge sugli stranieri. Ma molto di più c’è da fare nella amministrazione pubblica italiana.

  4. stefano

    Per rinnovare un permesso di soggiorno bastano poco più di 5.000,00 euro di reddito e vi garantisco che per la quasi totalità degli stranieri presenti in Italia il mod. della dichi. dei redditi non si discosta di molto da tale cifra e poi si parla di precariato, ma quì bisogna capire come fanno certi stranieri con tale reddito a potersi permettere macchine di lusso, pagare l’affitto e tanto altro.Per esperienza personale vogli dire che sono stato diverse volte in romania e fatti efferrati come quello accaduto a roma ultimamente non accadono, lì succede che li mettono in galera a pane ed acqua veramente altro che rito abbreviato, patteggaimento, benefici di legge, liberazione anticipata, etc.etc.etc. P.S. alcuni cittadini stranieri che ho avuto modo di conoscere (diciamo personcine "per bene") prima di lasciare l’italia hanno risposto alla seguente domanda (ma per tutto quello che hai commesso in Italia ma diciamo solo per essere stato preso per aver fatto un furto cosa avresti rischiato nella tua patria?).. l’albanese ha detto che in Italia sarebbe tornato perchè in Albania per un furto gli fanno fare dieci anni e quì una notte in carcere, il tunisino ha detto che una volta dentro lo avrebbero portato in un carcere in mezzo al deserto senza sapere quando sarebbe tornato nè se gli avrebbero fatto il processo, il marocchino ha detto che non sapeva quanto tempo avrebbe passato in carcere ma aveva una evidente paura di finire nelle galere marocchine. a mio parere l’italia è sempre più meta di persone pericolose di ogni origine, nei confronti delle quali le varie questure d’Italia contrappongono un numero di uomini presso i vari uffici immigrazione delle questure assolutamente insufficienti, a volte persino uno solo che deve trattare la delinquenza straniera regolare e clandestina, per non parlare poi del sistema giudiziario italiano e di tutte la garanzie che bisogna assicurare allo straniero clandestino, anche se ha messo piede per la prima volta in Italia proprio ieri. Ma!

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