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Perchè l’Unione riparta

L’Unione Europea è in crisi profonda. Perché l’equilibrio originale è stato profondamente alterato dai successivi allargamenti, paralizzando le decisioni sulle grandi questioni. E perché è sceso il sostegno pubblico alle istituzioni comunitarie, a causa di politiche nazionali inadeguate ad affrontare le sfide dell’integrazione e della globalizzazione. Occorre una nuova iniziativa in tre settori critici: un disegno credibile di politiche economiche coordinate; un accordo sulla riforma del bilancio; una discussione aperta sulle questioni istituzionali. Una sintesi e, in allegato, il documento integrale.

L’Unione europea è in crisi profonda per due ragioni principali. In primo luogo, l’equilibrio originale degli interessi tra gli Stati membri è stato profondamente alterato dai successivi allargamenti, paralizzando le decisioni sulle grandi questioni. In secondo luogo, il sostegno pubblico alle istituzioni comunitarie è andato diminuendo a causa di politiche nazionali inadeguate ad affrontare le sfide dell’integrazione e della globalizzazione.

Coraggio e determinazione

Invece di affrontare i problemi, i leader nazionali in seno al Consiglio europeo hanno guadagnato tempo, inviando all’opinione pubblica messaggi ambigui; ciò riflette in molti casi le difficili relazioni con l’opinione pubblica a livello nazionale. Dunque, i problemi dell’Unione europea non possono essere risolti pienamente finché la democrazia e i governi non riprendono a funzionare in modo soddisfacente a livello nazionale.
Ciononostante, migliorare il funzionamento dell’Unione può costituire un primo importante passo per migliorare la qualità delle istituzioni rappresentative. È ora che il Consiglio europeo ritrovi il coraggio e la determinazione per guidare l’Unione. Occorre una nuova iniziativa in tre settori critici: un disegno credibile di politiche economiche coordinate; un accordo sulla riforma del bilancio dell’Unione europea; una discussione aperta sulle questioni istituzionali.

Le questioni economiche

Il principale obiettivo del Trattato CE è l’integrazione economica, che si realizza attraverso le libertà di circolazione – di beni, servizi, capitali e persone – nel mercato interno. Le rigidità e le protezioni presenti nelle nostre economie sono incompatibili con tale obiettivo; l’incapacità di rimuoverle, in particolare nelle grandi economie continentali, rappresenta una minaccia mortale per il mercato interno, l’euro e la stessa Unione. Il coordinamento europeo delle politiche economiche può aiutare a contrastare questa minaccia.
L’intento è quello di convincere le opinioni pubbliche spaventate della necessità di riforme strutturali orientate al mercato. La protezione rigida del lavoro deve essere sostituita da una combinazione di protezione temporanea del reddito e di politiche attive, che accompagnino coloro che perdono il lavoro verso nuove occupazioni. La riduzione della protezione accompagnarsi all’introduzione di un reddito minimo garantito europeo. Ciò servirebbe a contrastare la pressione dell’immigrazione sui salari dei lavoratori non qualificati, agirebbe come rete di sicurezza generale contro la povertà, allevierebbe le distorsioni derivanti dalle diverse regole del mercato del lavoro negli Stati membri. Un sistema di selezione a punti dei lavoratori immigrati ne innalzerebbe il grado medio di qualificazione.
Attualmente, il bilancio dell’Unione alimenta sfiducia e risentimento dell’opinione pubblica perché non ne riflette le priorità e i bisogni. Oltre il 40 per cento della spesa è destinato al sostegno all’agricoltura, un settore in declino che impiega meno del 5 per cento della forza lavoro totale. La spesa per la ricerca e l’innovazione, il principale motore per la crescita della produttività, è troppo bassa per produrre effetti significativi. Inoltre, non vi è spazio nel bilancio per i nuovi beni pubblici della sicurezza interna ed estera, sempre più richiesti dall’opinione pubblica. Ciò mina la credibilità dell’Unione.
Sono necessari cambiamenti radicali nella struttura delle spese e nelle procedure decisionali. Queste ultime sono il presupposto delle prime. Solo con nuove procedure decisionali, in cui domini l’interesse europeo, l’Unione potrà ottenere un bilancio in linea con le sue priorità politiche. Il Parlamento europeo, diretto rappresentante dei cittadini europei, dovrebbe avere la principale voce in capitolo sull’allocazione delle spese, mentre il Consiglio europeo dovrebbe stabilire il tetto per le entrate. Cambiamenti in questa direzione potrebbero iniziare immediatamente.

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E quelle istituzionali

Le istituzioni europee sono impopolari; ciò riflette principalmente la debole accountability. Lo spostamento di competenze esecutive verso la Commissione e i comitati esecutivi del Consiglio ha indebolito il controllo sul loro esercizio da parte dei parlamenti nazionali. L’iniziativa legislativa è nelle mani della Commissione, un organismo non eletto, e del Consiglio, i cui membri sono spesso felici di decidere a Bruxelles le questioni per sfuggire al bilanciamento degli interessi nell’ambito del governo nazionale. I meccanismi creati dagli interessi coinvolti per garantire i propri obiettivi hanno reso i processi decisionali opachi e hanno confuso le responsabilità.
La parola ‘costituzione’ ha suscitato forte opposizione, perché si è data l’impressione che lo scopo fosse soprattutto di fornire nuove basi legali a tutte le politiche e le leggi esistenti. Molti chiedevano esattamente l’opposto: una costituzione che fissasse i limiti dei poteri pubblici a livello comunitario; un’Unione più concentrata nelle attività dove i benefici della sua azione siano chiaramente identificati.
Non può esservi progresso nel dibattito istituzionale finché le questioni della semplificazione, della riduzione del peso burocratico dell’Europa, della sussidiarietà non verranno riportate al centro della discussione. Decisioni rapide sulle istituzioni saranno possibili se gli Stati membri riusciranno ad accordarsi su una ‘riforma minima’ limitata alle disposizioni chiave della Parte I del Trattato costituzionale.

IN ALLEGATO IL TESTO INTEGRALE CON TUTTE LE PROPOSTE

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Sommario 12 dicembre 2006

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Tre anni dopo Parmalat

  1. Paolo

    L’autore dell’articolo si sofferma sulle problematiche economiche dell’Unione e sulla loro riforma per farla ripartire.
    In realtà per come è strutturata, L’Unione Europea dovrebbe essere rifondata dalla base per trasformarla in una entità realmente politica e dei cittadini invece che delle banche e specificatamente delle oligarchie finanziarie neoliberiste.
    Perchè questa Europa schiava della globalizzazione e del neoliberismo anglosassone non ha fatto e continua a non fare niente per fare innamorare di sè gli europei, inaugurando invece politiche che affossano il già disastrato sistema sociale europeo tipo l’approvazione della direttiva Bolkestein, vero mostro giuridico neoliberista che permetterebbe di privatizzare senza limiti, compresi i servizi essenziali per i cittadini e che invece DEVONO essere di esclusiva competenza del pubblico, che affosserebbe i diritti dei lavoratori, che cancellerebbe ogni diritto residuo di uno Stato ad opporsi alle sue clausole capestro.
    In fondo l’UE continua ad essere quello che era la vecchia Europa delle nazioni all’indomani della fine del secondo conflitto mondiale, ovvero un insieme di stati clienti degli USA e del loro neoliberismo.
    Credere ancora in questa costruzione solo finanziaria dell’Europa non è più di moda…

  2. Fabio Pietribiasi

    Per prima cosa, voglio dire che l’articolo mi è piaciuto. Non capita spesso di leggere una sintesi così convincente delle cause della crisi europea: ambiguità dei Paesi membri, burocratizzazione, deficit di democrazia rischiano di precipitarla ai limiti estremi.
    Faccio un solo appunto critico. Ancora una volta le questioni sociali sono presentate come un aspetto di quelle economiche, quando si parla di riforme strutturali orientate al mercato. La proposta di introdurre un reddito minimo garantito europeo è sotto la voce “questioni economiche” ed il titolo successivo è per quelle istituzionali. Forse per eccesso di sintesi, ricompare la concezione che risolvendo preliminarmente le questioni economiche (reddito, occupazione…), quelle sociali si assesteranno da sole.
    Tuttavia l’integrazione economica in 50 di storia ha fatto passi giganteschi, sono sparite le dogane, abbiamo la moneta unica e la Banca centrale europea. Quella sociale non ha fatto un percorso parallelo e, se adeguatamente considerata, può essere una opportunità per riprendere il percorso di integrazione politica.

  3. Giacomo Dorigo

    il primo problema dell’ Unione Europea è la confusione tra potere esecutivo e legislativo. Il potere esecutivo dei singoli stati nazionali quando entra nel Consiglio diventa potere legislativo, e il Parlamento Europeo essendo tagliato fuori da molte decisioni non fornisce alcun contrappeso significativo a ciò. Questo ha portato un deficit di democrazia non solo nell’ UE ma anche negli Stati dove i poteri legislativi (parlamenti) SONO COSTRETTI ad accettare provvedimenti decisi dagli esecutivi in sede comunitaria con votazioni che sono delle farse…
    Ci sono solo due possibili soluzioni a ciò: o si fa un vero Stato federale bicamerale dove la Commissione divenga un governo, il parlamento la camera degli eletti, e il consiglio venga trasformato in un senato che sia rappresentanza dei PARLAMENTI nazionali e non più dei governi, oppure si torna agli Stati nazionali ottocenteschi…
    stare nel mezzo ci fa solo che del male.

  4. Marco Solferini

    A mio neutrale avviso, l’articolo coglie il punto della situazione, con particolare riguardo all’impopolarità che le Istituzioni europee soffrono presso gli Europei: fatta l’Europa non si sono sentiti Cittadini della stessa coloro che l’Unione dovrebbero vivierla e sopratutto sentirla. Quanti parlano dell’Unione, che sembra un grande fratello presente, ma disapparente, spesso vengono trattati come favolisti dell’antica grecia, saggi per i racconti della buonanotte. Persino la spazio sui media sembra più un atto dovuto, una sorta di limbo, di lungimirante attesa affinché qualcosa accada, ma ciò che invece succede è che si alternano lotte intestine fra gruppi di interesse, e non di riforme bensì di interventi chirurgici mirati, si tratta: al prevalere di uno o di un altro dei sistemi che avendo interessi in causa, forse giustamente quando ci si rende conto che le ruote si muovono molto piano, cercano di risolvere la immediatezze delle proprie necessità operando a favore dei propri interessi. Ritengo che questo sia umano e condivisibile quantunque come tutti gli atteggiamenti tali, si presta anche alla critica, fisiologica fonte dell’eterna giovinezza qual’è il cambiamento. Se fosse Omero il primo Presidente dell’U.E.. Del resto nessuno vuol rimanere in balia della tempesta e quando un Istituzione perde di credibilità, si sà che è come un puzzle che va in pezzi: ciascuno prende i propri e li tiene per sé finchè non arriverà chi farà in modo che si voglia nuovamente provare a comporre la visione d’insieme. In ciò anche il filosofico diritto di commettere sbagli, l’Autore tuttavia traccia correttamente i punti più dolenti ed è condivisibile, l’auspicio è che sia letto ed ascoltato.

  5. Luca Beccaria

    La questione è aperta da anni. Altiero Spinelli aveva già proposto la creazione di una seconda camera che fosse immagine della volontà degli stati. Gli attuali impasti governativi e legislativi sono una vetrina della democrazia.
    Bisogna con urgenza definire cosa vuole essere l’unione europea. Ha la possibilità di diventare una federazione, ma bisogna guardare ad un modello diverso, per l’esegutivo, dagli Stati Uniti. La via migliore per noi dovrebbe essere il modello federale della Svizzera; dove l’esegutivo è eletto quando viene eletta il legislativo, ma non è da esso revocabile. Inoltre non vi è un capo specifico, ma un collegio di capi di stato che agisce nell’ambito di competenza. Ma sicuramente da copiare dagli USa sarà la particolarità del Senato…una camera in cui tutti gli stati hanno una parità indistinta per il numero di rappresentanti: due per ciascuno stato…il che non andrebbe male neanche per noi.
    Inoltre far in modo che sia questo “senato federale europe” a decidere sulle questioni di ratifica dei trattati internazionali, insieme all’esegutivo competente; mentre alla camera bassa, immagine della volotà dei popili europei (e non degli stati), si dà la capacità di iniziativa della legge di bilancio…Come in USA. Sarebbe decisamente un grande passo avanti.
    Inoltre la Costituzione sarebbe da scrivere in modo più semplice…il Trattato era una cosa pesantissima…non si riesce ad innamorarsi di una costituzione così.

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