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Come funziona (o non funziona) il contrasto di interessi

Si ha contrasto di interessi fra un venditore e un compratore quando la convenienza a evadere dell’uno trova un ostacolo nella convenienza a rendere nota la transazione al fisco da parte dell’altro. Ecco alcuni esempi. Dalla situazione attuale di una convergenza di interessi a evadere alla piena deducibilità dal reddito imponibile del compratore della spesa sostenuta. L’ampiezza dell’intervallo di contrattazione tra i due attori dipende criticamente dalle rispettive aliquote dell’Irpef. Mentre in diversi casi lo Stato non incassa alcun gettito.

Si ha contrasto di interessi fra un venditore e un compratore quando la convenienza a evadere dell’uno trova un ostacolo nella convenienza a rendere nota la transazione al fisco da parte dell’altro. Le modalità attraverso cui il sistema fiscale può generarlo possono essere analizzate mediante alcuni esempi.

Situazione attuale: nessun contrasto, anzi convergenza, di interesse a evadere

Consideriamo il caso di un venditore (si pensi a un artigiano o un libero professionista) che vende una sua prestazione del valore di 100 a un consumatore finale. Se a fronte di questa operazione sostiene costi per 20, il suo profitto, al lordo delle imposte, è pari a 80. Se la sua aliquota Irpef è il 40 per cento il venditore dovrà quindi pagare un’imposta pari a 32 e gli resterà un profitto netto di 48.
Sul prezzo della prestazione è dovuta l’Iva con l’aliquota ordinaria del 20 per cento. Poiché l’Iva è a carico del consumatore finale, il prezzo lordo della prestazione sale per lui a 100*(1+0,20)=120. Il consumatore sostiene quindi un onere di imposta (Iva) pari a 20.
Lo Stato incassa complessivamente 32+20=52.
In questa situazione l’evasione è conveniente per entrambi i soggetti coinvolti: accettando di pagare senza richiedere fattura (evasione totale), il compratore risparmia 20 di Iva e fa risparmiare al venditore 32 di Irpef.
Lo Stato non incassa alcun gettito.

Detrazione al 19 per cento: interesse all’evasione da parte del solo venditore; ancora nessun contrasto

Ipotizziamo adesso che, dietro presentazione della ricevuta fiscale, il consumatore possa beneficiare di una detrazione fiscale (cioè una riduzione dell’imposta pagata) e che, in analogia a quanto già oggi avviene per spese considerate meritevoli (sanitarie, di istruzione, per interessi passivi relativi al mutuo prima casa, eccetera), la detrazione sia pari al 19 per cento dell’ammontare della prestazione stessa.
Se l’operazione fosse pienamente dichiarata a fini fiscali, il venditore dovrebbe pagare, come nel caso precedente, un’Irpef di 32. Il consumatore pagherebbe un’Iva pari a 20 ma beneficerebbe di una minore Irpef di 19.
Lo Stato otterrebbe un gettito complessivo netto di 33.
L’interesse per il compratore a evadere l’imposta verrebbe praticamente annullato: il suo onere complessivo si ridurrebbe solo all’1 per cento. Resterebbe alto quello del venditore.
Quest’ultimo sarebbe allora incentivato a cercare un accordo con il compratore per non fare emergere fiscalmente l’operazione, proponendogli uno sconto sul corrispettivo in cambio della sua complicità. Nel nostro esempio il massimo sconto che il venditore può concedere al compratore è pari a 32, l’Irpef che non versa allo Stato. Se dovesse praticare uno sconto superiore a tale ammontare l’evasione non gli darebbe più alcuna convenienza.
In caso di accordo (collusione) fra le parti, il guadagno connesso all’evasione (pari alla sottrazione dell’intero gettito allo Stato e cioè 33) verrebbe ripartito fra compratore e venditore, e allo Stato non andrebbe alcun gettito.

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Deduzione integrale: contrasto di interessi

Si potrebbe pensare che il riconoscimento di una detrazione del 19 per cento abbia un esito potenzialmente così insoddisfacente nel combattere l’evasione e, quindi, per le casse dello Stato, perché l’incentivo offerto all’acquirente è molto basso: non lo compensa neppure pienamente dell’Iva da pagare.
Ipotizziamo allora che al compratore sia offerta la piena deducibilità della spesa sostenuta dal suo reddito imponibile.
Se l’operazione fosse pienamente dichiarata a fini fiscali, il venditore dovrebbe pagare, come nel caso precedente, un’Irpef di 32, mentre il consumatore pagherebbe un’Iva pari a 20 ma beneficerebbe, se ipotizziamo per lui un’aliquota marginale Irpef del 25per cento, di una minore Irpef di 25. Il consumatore otterrebbe quindi un sussidio dallo Stato, a sostegno della sua “onestà”, pari a 25-20=5.
Il gettito complessivo netto per lo Stato sarebbe pari a (32-5)=27.
In questo caso il compratore avrebbe un sicuro interesse a ottenere la ricevuta dal compratore, che continuerebbe ad avere invece interesse a non rilasciarla (da qui il termine “contrasto di interessi”).
Anche in questo caso però si aprirebbe un ampio margine di contrattazione fra le parti. Il venditore può infatti proporre al compratore uno sconto sul prezzo della prestazione, che lo compensi per il sussidio fiscale a cui rinuncia non usufruendo della deduzione. Nell’esempio, ciò avverrebbe con uno sconto almeno pari a 5. Se il compratore accettasse, il gettito per lo Stato sarebbe, anche in questa ipotesi, azzerato dall’evasione.
Lo spazio per la possibile collusione tra le due parti è piuttosto ampio: lo sconto praticato dal venditore potrà andare dal minimo di 5 a un massimo di 32 (ammontare che, come nel caso precedente, rende indifferente il venditore tra evadere o meno, in quanto esattamente pari al suo debito Irpef).
L’ampiezza dell’intervallo di contrattazione dipende criticamente dalle aliquote dell’Irpef del venditore e del consumatore. È ad esempio interessante notare che, nel caso in cui le aliquote marginali di imposta fossero invertite (40 per cento quella del compratore e 25 per cento quella del venditore) il riconoscimento di una deduzione integrale annullerebbe il gettito per lo Stato anche in caso di assenza di evasione. L’imposta dovuta dal venditore sarebbe infatti pari a 20 (il 25 per cento di 80) e al compratore verrebbe riconosciuto un sussidio di identico ammontare (un’Iva da pagare di 20 meno una deduzione di 40, 20-40 = – 20).
Se poi, l’aliquota del venditore si ponesse a un livello inferiore al 25 per cento o quella del compratore a un livello superiore al 40 per cento, in assenza di evasione lo Stato registrerebbe addirittura un gettito negativo: il sussidio, pagato al compratore per la sua onestà, che è tanto più elevato quanto più alta è la sua aliquota marginale, non sarebbe compensato dalla somma dell’Iva e dell’Irpef pagata dal venditore (che è tanto minore quanto minore è l’aliquota marginale del venditore stesso). In questo caso, paradossalmente, allo Stato converrebbe l’evasione fiscale.
Ovviamente il fatto che l’incentivo riconosciuto al compratore sia tanto più elevato quanto più alta è la sua aliquota marginale andrebbe adeguatamente valutato sotto il profilo dell’equità fiscale.

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23 commenti

  1. Giacomo Morandi

    Ottima l’analisi sulla quale conmcordo. In ogni caso non mi pare attuabile nella pratica. Occorrerebbero controlli a tappeto di centinaia di agenti del Fisco. Vi immaginate gli agenti che spulciano miliardi di scontrini, ricevute fiscali, fatture, bonifici, assegni.
    Io credo invece che la soluzione sia nei controlli a scandaglio molto approfonditi anche sul rtenore di vita, sulle spese, sugli investimenti e in punizioni esemplari a chi è scoperto.

  2. hominibus

    Finché lo Stato pretenderà la sua quota parte nella transazione tra venditore e compratore ogni sforzo sarà vano proprio nella misura della sua partecipazione come terzo incomodo.
    Provate ad immaginare quante risorse umane e materiali si risparmierebbero se lo Stato si limitasse a controllare la ricchezza statica e i movimenti di capitale verso l’estero !
    Riflettete, gente, la società potrebbe progredire con idee semplici, che spesso risultano essere le migliori.

  3. Molinaroli

    Egregi autori,

    dal punto di vista matematico i ragionamenti esposti non fanno una grinza. Rilevo, tuttavia che:

    – l’aliquota del venditore, che di norma evade, è artificialmente bassa. Quindi il contrasto, opportunamente supportato da studi di settore e controlli, funziona sempre (per lo Stato) se l’aliquota del venditore si situa al 41 o al 43%
    – è vero che lo strumento può risultare non improntato a criteri di progressività: tuttavia, visto che i “dichiaranti” ricchi spendono di norma di più e sono più tentati pertando a colludere con il venditore, tanto vale derogare al principio astratto per ottenere reddito certo
    – non ho ancora visto idraulici, dentisti e pittori fare sconti del 30%. Portare la deducibilità al livello marginale IRPEF, fissando un massimale, correlato al reddito, mi sembra un ottimo compromesso per stanare 300 e passa mld. di Euro di PIL occulto.
    Avanti con coraggio con il contrasto!! Un popolo di evasori e senza senso civico capisce la legalità solo se toccato nel portafogli

  4. giancarlo

    Se il ragionamento fatto non fa una piega da un punto di vista strettamente matematico, esso non considera alcuni aspetti che oggi in economia stanno assumendo un importanza rilevante. Ad esempio, non è detto che tutti gli agenti economici coinvolti debbano assumere atteggiamenti razionali. Provate a googlare “ultimatum game” e vedrete che la risposta che la risposta razionale non è quella che si osserva in realtà .

  5. Arturo Camillacci

    In linea di massima sarei d’accordo sulla proposta di usare il contrasto di interessi per stanare gli evasori, ma chi ci garantisce che non ci sarà qualcuno che fabbricherà scontrini e fatture false per intascare rimborsi di imposte mai pagate? Succede già adesso…

  6. Conciliatore

    Credo che sarebbe assai utile che si facesse una campagna educativa generalizzata spiegando che un cittadino che paga mediante assegno, carta bancomat, carta di credito, bonifico e in futuro borsellino elettronico (in sostanza non utilizzando il contante) fà sì che il percettore non si dimentichi di inserire quelle entrate tra i ricavi/corrispettivi/compensi. Rammentiamo che l’evasione è fatta sia a livello di dettaglio ma anche a livello di società medio-grandi o meglio di Gruppi che sfruttano le possibilità di legge per arrivare a coprire le proprie operazioni oltre il limite dell’elusione.

  7. vonbarcella

    Apprendo da voi che anche il contrasto di interessi , come ogni “strumento umano”, si rivela per essere un mezzo potenzialmente inefficace. Ciò nonostante sono convinto che questo strumento debba essere utilizzato il prima possibile.
    L’analisi che avete condotto rappresenta il tipico scambio in presenza di un regime di concorrenza perfetta dimostrando come spesso accade che gli economisti si dimenticano di avere a che fare più con una disciplina di carattere umanistico che con una disciplina di carattere scientifico.
    Penso che un impiego del “contrasto di interessi” genererebbe dei risultati aggregati del tutto inaspettati solo per il fatto che c’è un governo che dice di voler eliminare l’evasione fiscale e mette in campo degli strumenti dedicati ; ponendosi così nel ruolo del genitore severo , ma giusto più che nel ruolo del genitore permissivo. (Ndr. L’evasione fiscale nei ultimi 15 anni è stata trattata dai politici e dai media dapprima come un tabù e addirittura come una cosa lecita/morale negli ultimi 5 anni)

  8. montagnana/zagnoli

    Concordo nell’analisi, tuttavia non è sempre vero che (nel caso di regolare fatturazione) il 19% di detraibilità delle spese si compensa con la maggior spesa derivante dal pagamento del 20% di IVA. Questo infatti è vero solo quando la spesa è assoggettata ad IVA. Ad esempio le spese dentistiche e medico specialistiche sono esenti dall’IVA. Ne deriva che il risparmio del 19% è totale. E’ vero che qualche specialista fa lo sconto se non emette fattura, ma ve ne sono alcuni che inducono il cliente a credere che lo sconto sia rappresentato dal non pagamento dell’IVA che, in realtà, come abbiamo già visto non è dovuto. In questo caso, sono loro, a risparmiare un buon 40% di IRPEF.

  9. Studente

    Concordo pienamente con la vostre analisi, solamente bisognerebbe formalizzare meglio la funzione di utilità del venditore mettendo al suo interno la possibilità di essere scoperto e la pena prevista in caso di evasione. Ciò renderebbe, forse, minore il range di prezzo nel quale ad entrambi conviene accordarsi.

  10. rocco

    Immaginiamo il contrasto di interessi vada in vigore per, supponiamo, 3 anni con lo stato che nella peggiore ipotesi ha gettito 0.
    Nel frattempo molto nero e’ emerso e chi dichiarava 15000 euro ora ne dichiara 50000.
    Il quarto anno dubito che si torni ad evadere dichiarando 15000. Il timore sarebbe tale che si tornerebbe si’ ad evadere ma magari per “soli” 20000 euro. E il saldo finale per lo stato sarebbe comunque positivo.
    Il senso di questo esempio e’ che non si tratta di mera matematica. Vi sono anche considerazioni di ordine etico e psicologico.

  11. Riccardo Papaleo

    Egregi Autori,
    la vostra analisi è sicuramente analiticamente e matematicamente ineccepibile. La parte negativa però si basa sull’assunto che per principio il cittadino debba cercare un accordo con il venditore. Io credo che la maggior parte dei cittadini ha capito e capisce che il pagamento delle tasse Dovrebbe essere strettamente connesso alla quantità di gettito fiscale ricevuto dallo stato. E’ quindi interesse comune che le tasse siano pagate e pagate da tutte. Il contrasto potrebbe essere un semplice incentivo per stimolare il pagamento delle tasse di quelle categorie che “sembrano” maggiormente propense all’evasione.
    Il principio che “a priori” l’italiano deve imbrogliare per non pagare le tasse e che quindi qualunque azione ha come conseguenza un tentativo di evasione non credo porterà questo paese a crescere negli anni futuri.

  12. Alessia

    Gentili signori e signore,
    Il modello presentato è molto utile per spiegare in una situazione ideale il comportamento che dovrebbe avere lo Stato. Non tiene conto della di una realtà che conosco molto bene. Abito in un grosso centro della provincia di Napoli. Ho un negozio di abbigliamento molto centrale, tra spese fisse (- non pago l’affitto perchè il locale è mio – che consistono nella mensilità alla ragazza commessa che prende 500 euro netti al nero 42 ore settimanali; telefono tangente alla securitas 200 euro al mese ecc.. ) mi entrano circa 2500 euro netti mensili. Faccio questo lavoro da 12 anni e da 12 anni è così. Anzi gli affari vanno meglio da due anni a questa parte. Volete sapere una cosa non ho mai pagato un euro di tasse!! Mai! Eppure vado dal medico e all’ospedale, la mia bambina va alla scuola comunale ecc…Per anni non pagato l’acqua. Nessuno è mai venuto a controllare. Gli scontrini li facciamo a fine serata, battiamo due scontrini di 9 euro e questo è tutto. E sapete un’altra cosa qui nella strada è fanno tutti, ma proprio tutti così. Nessuno va a votare e se ne fregano ampiamente di quello che succede in regione al comune o al parlamento.
    Cordiali saluti
    Alessia

  13. Claudia

    L’articolo è interessante. Però mi sembra che manchi il “principio di realtà”. Mi spiego, considerata questa testimoninaza come esemplificativa di centinai di migliaia di commercianti, soprattutto del Sud perché lo conosco meglio, ma penso anche dei colleghi del Nord.
    Il commerciante non vuole pagare. Mai, mai mai.
    2) Troverà sempre un accordo con l’acquirente, ma soprattutto col commercialista che farà risultare il bilancio sempre “pari pari” come si dice qui da noi.
    3) Quando vengono i finanzieri, da me mai venuti ma per esempio vanno dal negoziante di scarpe qui accanto, oppure al bar, se ne tornano sempre con una busta. Vi giuro li ho visti un sacco di volte
    4) Legge Biagi o pacchetto Treu c’è sempre gente qui che lavora nero per 400 o 500 euro al mese (40 ore settimanali). Le categorie che accettano questo lavoro sono ragazze tra i 16 ed i 26 anni, fidanzate, che aspettano di sposarsi. Conservano tutto quello che guadagnano per comprarsi la dote e poi quando uno le manda a casa se ne trova subito un’altra.
    5) Contratta di locazione inesistente. Non conosco nessuno qui che abbia un contratto.
    6) Tutti pagano il pizzo. Questo dà sicurezza e si lavora tranquillamente. Da noi rapine, scippi ecc… non avvengono perché sta tutto in mano alla camorra. Tu paghi il mensile (a 150 a 300) e non ti succede nulla.
    Per ulteriori informazioni per case studies sul comportamento razionalissimo di un commerciante medio, non esitate a contattarmi via mail.
    ciao!!

  14. Carlo

    L’evasione fiscale interessa redditi alti; la totale detrazione da parte del compratore, che il più delle volte ha redditi inferiori al venditore, permetterebbe di portare alla luce i redditi più elevati. Quello che lo stato perde per la detrazione dell’acquirente, lo guadagna facendo emergere redditi elevati su cui applicare aliquote alte. Pensiamo ad alcuni professionisti…

  15. cosetta

    Beata sincerità. Una imprenditrice che usufruisce e fa usufruire alla sua famiglia tutti i servizi forniti dallo Stato senza contribuire con un solo euro. Complimenti! Sembra perfino che vada fiera della sua furbizia, della sua astuzia. No lei sta rubando, lei sta commettendo un furto continuato a danno di tutti i suoi connazionali, si suoi, che invece le tasse le pagano, perchè credono in un sistema sociale che garantisca il necessario anche ai più deboli, a quelli che non hanno nè negozi, ne case di proprietà. Io spero tanto signora che lo Stato non dichiari forfait, perchè la prossima volta che o lei o qualche suo famigliare avrà bisogno di una operazione urgente, sarà necessario per lei “mangiarsi” tutto quello che ha indebitamente rubato, per poter sopravvivere.

  16. Pier Giovanni Dal Mas

    L’analisi quantitativa sul contrasto di interesse è interessante ma ritengo si dovrebbe aver maggior coraggio nell’affrontare l’analisi qualitativa della evasione. La quale non è il frutto di scelte del singolo operatore economico bensi un accordo (=contratto) fra due parti (entrambe evasori): il consumatore finale, che evade l’IVA e l’operatore economico che vade le proprie imposte. Strano che nessuno studioso abbia notato come ad evadere l’IVA sia soprattutto il consumatore finale (sul quale effettivamente pesa l’imposta) e non l’operatore economico (per il quale l’IVA è generalmente neutra). Questo accordo è dibolico perchè non è a somma zero: infatti entrambe le parti si avvantaggiono a spese della collettività. Per ovviare bisogna agire sul contrasto di interessi ma anche sulla consapevolezza del funzionamento. Nel parlare quotidiano quando non chiediamo la fattura diciamo che abbiamo risparmiato l’IVA non che ‘abbiamo evasa, e ci beamo del gioco della identificazione delle categorie degli evasori dimenticando che come consumatori finali siamo i primi evasori dell’IVA. Ricordo di aver letto negli anni 70/80 di una analisi del Ministero delle Finanze che le aree di maggior evasione erano in ordine (allora): 1) la grande industria con le transazioni internazionali (impossibili da scoprire) 2) il lavoro dipendente con lo straordinario ed il doppio lavoro in nero (ma per la polverizzazione del fenomeno l’azione accertatrice sarebbe stata antieconomica) 3) il lavoro autonomo che per le proprie caratteristiche rendeva l’azione accertatrice economicamente conveniente. Da allora il ll.aa. è l’evasore per definizione, ma questa convinzione non aiuta a comprendere il fenomeno e quindi ad individuare le soluzioni ottimali. In sintesi le imposte dell’operatore economiche sono pagate dal consumatore finale, che paradossalmente è il vero evasore . Far pagare le imposte agli altri significa rinunciare ad un nostro risparmio: questo è il costo della collettività onesta.

  17. Michele

    Interessante analisi matematica che spiega come il gettito (quello addizionale, ben inteso) dall’operazione CDI (contrasto di interessi) potrebbe essere zero o perfino negativo, nell’ipotesi remota che chi beneficia delle deduzioni abbia aliquote marginali molto più alte delle aliquote marginali dell’attuale evasore che emerge.
    Manca però un punto essenziale, di qualità e non di quantità: A potenziale gettito zero lo stato restituirebbe significative imposte a chi oggi le paga, cioè soprattutto ai lavoratori dipendenti, prelevandole da chi oggi le evade.
    Mi sembrerebbe un obiettivo di equità fiscale sufficiente a se stesso, da perseguire con tenacia, senza se e senza ma.
    Inoltre, una volta restituite imposte agli attuali tartassati, si potrebbero elevare leggermente le aliquote per generare un gettito addizionale per lo stato (quando e se serva) andando a prelevarlo in modo equo sui redditi di tutti, dato che i redditi di tutti sarebebro accertati con accuratezza infinitamente migliore di oggi.
    Per chi oggi paga tasse elevatissime il vantaggio sarebbe duplice: dal punto di vista etico il vedere una uniformità maggiore, dal punto di vista strettamente matematico un beneficio netto tra aliquote più alte e detrazioni.
    La via perseguita oggi è invece velleitaria sull’evasione, come del resto da 40 anni, e tartassante ulteriormente sui soliti noti. Fa cassa nell’immediato, certo, ma a prezzo della pervicace iterazione dell’iniquità fiscale.

  18. Leonardo Rosselli

    Credo fermamente che l’introduzione di forme di contrasto d’interessi sia l’unico modo per far contrastare seriamente l’evazione fiscale solo che va selezionato.
    Potremmo iniziare con introdurre deduzioni al 100% su singoli settori: cure mediche prestate da liberi professionisti, privati che si rivolgono a liberi professionisti( comercialisti, avvocati, geometri), e i lavori di manutenzione ordinaria su immobili (idrulico, imbianchino, antennista elettricista) infine gli affitti. Introdurre deduzione per questi quattro settori indubbiamente farebbe emergere base imponibile. Basta introdure apposite sezioni nei modelli dichiarativi analoghe al quella per il 36/41 %. E’ inutile, e concordo con l’articolo poter dedurre lo scontrino del supermercato. Nella valutazione generale occorre tenere conto di alcune questioni. Uno di giustizia economica. Ognuno pagherebbe sul reddito netto e non sul teorico. Pagando sul teorico disponibile o ci sono forme di trattenuta alla fonte o è finanziariamente insostenibile. E nella mia esperienza è questo che porta artigiani e commercianti a sottodichiarare il reddito. Non avendo forme di trattenute alla fonte non hanno disponibilità finanziarie sufficenti al momento del pagamento delle imposte perchè le aliquote sommate agli acconti e contributi pensionistici sono troppo elevate. Sicuramente estendendo a tutti i piccoli imprenditori in semplificata il sistema di ritenute d’acconto in vigore per professionisti e rappresentanti miglioreremo la situazione. Inoltre nel saldo per lo stato occorre computare oltre all’eventuale calo di gettito il fatto che molti cittadini dichiarando di più uscirebbero da forme di assistenza ( mense scuole ticket, tasse univeristarie) direttamente collegate al reddito dichiarato.
    Saluti,

  19. Meda Giancarlo

    Maria Cecilia Guerra e Alberto Zanardi il tema sembra di grande interesse visto il numero di commenti inviati. Nessuna soluzione è in sé perfetta nella lotta all’evasione fiscale e occorrono più modalità che operino sinergicamente (contrasto d’interessi, controlli fiscali e barriere burocratiche). In base a quale è la causa maggiore di evasione occorre impiegare una idonea modalità. Se il fattore prevalente dell’evasione è il numero di evasori totali allora un sacrificio a breve nelle entrate, impiegando il conflitto d’interessi, sarà compensato da futuri benefici, se invece l’evasione dipende maggiormente da false basse dichiarazioni occorre rafforzare controlli mirati. Il sistema americano descritto sembra avere un importante effetto quello di equiparare le responsabilità davanti il fisco dei lavoratori autonomi e imprese con quelle dei lavoratori dipendenti. La riduzione dell’evasione fiscale non è voluta dalla politica solo per problemi di consenso o anche per timori di ripercussioni negative sul sistema economico? Ridurre l’evasione significa lotta reale alla criminalità organizzata ed equità nella distribuzione dei servizi sociali basati su dichiarazione fiscale.

  20. Alessio Di Cola

    Le considerazioni degli autori secondo me hanno il difetto di trascurare una manifestazione molto diffusa di evasione da parte dei dettaglianti; mi riferisco alle ipotesi di mancato rilascio di scontrino/ricevuta fiscale a seguito di vendita di beni (o fornitura di servizi) per i quali il consumatore finale corrisponde comunque l’IVA. Senza criminalizzare la categoria, un esempio si ha quando, recandoci al bar, paghiamo 1,20 (1,00 + 20%) per il caffè (prezzo di listino già comprensivo di IVA con supposta aliquota del 20%). In questo (frequente) caso l’unico a guadagnarci è il furbo barista. Ora, in caso di vantaggi fiscali (siano essi deduzioni dall’imponibile o detrazioni dall’imposta), per il consumatore ci sarebbe senz’altro interesse a vincere le sue timidezze e pretendere lo scontrino; difficilmente in queste situazioni si intavolerebbe un accordo collusivo tra fornitore e consumatore come descritto nell’articolo e comunque, qualora un’intesa ci fosse, si avrebbe almeno una più equa ripartizione dell’evasione tra le parti. Inoltre, avrei piuttosto rimarcato l’inutilità di quelle situazioni tale conflitto c’è; sempre a titolo di esempio si pensi alle spese mediche.

  21. Zen lento

    Un bel giochino, non c’e’ che dire. Quasi il dilemma del prigioniero. Peccato che questa dimostrazione perseguita fino in fondo abbia un corollario pratico paradossale e un po’ insensato : quello di eliminare la contabilità obbligatoria per qualsiasi tipo di impresa…. e qualsiasi documento probatorio ovviamente. Certo, così si diminuirebbero sistematicamente i costi di conto… Invece il C.d.I funziona bene se solo l’aliquota marginale venisse rimodulata a dovere (e difatto un tempo la detrazione di certe prestazioni funziono’ non poco, salvo che quando venne ridotta nessuno aveva alcun interesse ad esporla).

  22. Giancarlo

    Non conoscevo l’argomento, che ritengo stimolante. Ho fatto qualche ricerca e sembra che il sistema funzioni molto bene quando IRPEF ed IVA sono ccorpati

    https://it.wikipedia.org/wiki/Contrasto_di_interessi

  23. Eleonora

    L’esempio numerico riportato non mi sembra pienamente calzante, come altri commentatori hanno già segnalato. “Il contrasto funziona se l’aliquota sul reddito è al 41 o al 43% e si riduce l’IVA.” ” Non è applicata la progressività della tassazione, ma visto che i “dichiaranti” ricchi spendono di norma di più e sono più tentati pertanto a colludere con il venditore, tanto vale derogare al principio astratto per ottenere reddito certo.”
    “Gli economisti si dimenticano di avere a che fare più con una disciplina di carattere umanistico che con una disciplina di carattere scientifico.” “Vi sono anche considerazioni di ordine etico e psicologico.”
    Grazie! L’articolo e la discussione che ne è scaturita mi hanno chiarito molto le idee.
    PS Alessia è chiaramente un fake

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