Il caso Telecom Italia è più che mai aperto. Molte le questioni irrisolte. La separazione di rete e servizio fra diverse imprese potrebbe bloccare future innovazioni. Siamo proprio sicuri che lo Stato sia il soggetto più adatto a possedere la rete? Una cosa è certa: questa vicenda mette in luce la fragilità del capitalismo italiano e l’assenza di un disegno di policy making. E l’utilizzo dei poteri speciali del governo nelle società privatizzate non è proponibile nel caso Telecom: l’Europa e la giurisprudenza hanno spinto la golden share sul viale del tramonto. Il presidente del consiglio si è lamentato di non essere stato informato preventivamente dei progetti. Ma ne aveva davvero il diritto? L’analisi delle norme sulla trasparenza del mercato mostra che se Telecom avesse rivelato i piani al premier, avrebbe rischiato l’illecito penale per insider trading. Torna poi d’attualità la tutela delle minoranze azionarie; la legislazione vigente non attribuisce loro strumenti efficaci per contrastare operazioni che cambiano radicalmente la struttura del gruppo. A presidio degli interessi di tutti i soci rimangono solo gli amministratori indipendenti.

La riunione annuale del Fondo Monetario Internazionale non ha risolto i problemi di questa istituzione. Non ci sarà da stupirsi se alcuni paesi decideranno di organizzarsi tra di loro e di ignorare il Fondo.

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