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Nuove banche e nuova governance alla prova

Intesa e San Paolo hanno scelto di sperimentare, per la nuova banca che nascerà dalla fusione, un nuovo sistema di governance. Con un consiglio di sorveglianza e uno di gestione. Si rischiano però cortocircuiti che si dovranno evitare utilizzando l’autonomia statutaria.

Intesa e San Paolo hanno scelto di sperimentare, per la nuova banca che nascerà dalla fusione, un nuovo sistema di governance. Con un consiglio di sorveglianza e uno di gestione. Si rischiano però cortocircuiti che si dovranno evitare utilizzando l’autonomia statutaria.

Il sistema dualistico

La banca che nascerà dalla fusione tra Intesa e San Paolo sarà governata da uno dei nuovi sistemi di amministrazione introdotti dalla riforma societaria, quello dualistico che prevede la presenza di un consiglio di sorveglianza e un consiglio di gestione. Finora le uniche notizie disponibili riguardano la ripartizione delle presidenze dei due nuovi organi ed è quindi prematura ogni valutazione sugli assetti di governance, ma è innegabile l’interesse (e inevitabile qualche interrogativo) per il primo caso di una grande banca italiana che sceglie un modello di amministrazione alternativo a quello tradizionale.
Anche perché finora questo modello non ha riscosso grande successo nelle società, grandi e piccole, che nella stragrande maggioranza continuano ad utilizzare i vecchi e sperimentati consiglio di amministrazione e collegio sindacale
Nel sistema dualistico il consiglio di sorveglianza, nominato dall’assemblea, ha compiti analoghi a quelli del collegio sindacale, ai quali si sommano il potere di approvazione del bilancio e, qualora lo preveda la statuto, la possibilità di deliberare in ordine alle operazioni strategiche e ai piani industriali e finanziari della società. A sua volta il consiglio di sorveglianza nomina i membri del consiglio di gestione che amministra la società.
Il modello di riferimento è quello tedesco che però, come sottolinea Marco Onado (1), trova la sua ragion d’essere soprattutto nell’esigenza di dare rappresentanza nell’organo di sorveglianza ai lavoratori, ipotesi volutamente esclusa dal nostro legislatore. In Germania si discute molto della reale funzionalità di questo sistema, anche se non esistono riscontri empirici su una sua presunta inefficienza (2). In Italia l’obiettivo dovrebbe essere quello di agevolare il governo societario in presenza di compagini sociali diffuse e laddove in maggior misura si “realizza la dissociazione tra proprietà (dei soci) e potere (degli organi sociali)” (3).

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Troppo vicini controllori e gestori?

E’ evidente che vengono alleggeriti i poteri dei soci, spossessati della approvazione del bilancio, mentre nel consiglio di sorveglianza si concentrano poteri para-assemblari (appunto l’approvazione del bilancio) e di controllo sull’amministrazione ai quali lo statuto può aggiungere competenze di macro-gestione (deliberare su operazioni e piani strategici).
Il rischio è che questa commistione di competenze incida soprattutto sulla reale capacità di “sorveglianza” dell’organo, perchè oggettivamente si attenuano le caratteristiche di distacco e terzietà necessarie per un auspicabile e buon funzionamento dei controlli interni (per esempio, il consiglio di sorveglianza potrebbe essere chiamato a valutare la regolarità di operazioni che lui stesso autorizza).
E’ questo un rischio particolarmente sentito nel settore bancario, dove la disciplina speciale ha da tempo individuato in un efficiente apparato di controlli interni sull’ adeguatezza dell’assetto amministrativo, organizzativo e contabile degli intermediari: uno, se non il principale, dei presidi portanti del principio della “sana e prudente gestione”. Ed infatti, dopo la riforma societaria, le autorità di vigilanza hanno imposto alle banche che scelgono sistemi di amministrazione diversi da quello tradizionale di “adottare idonee cautele statutarie, regolamentari e organizzative, volte a prevenire i possibili effetti pregiudizievoli per la correttezza e la regolarità della gestione derivanti dalla compresenza nello stesso organo di funzioni gestorie e di controllo” (4).
E recenti studi consigliano alcune misure come la rigida delimitazione dei poteri macrogestori del consiglio di sorveglianza soltanto per le operazioni che più incidono sul patrimonio della società e l’introduzione di uno specifico comitato di controllo interno (5). Altri interventi potrebbero riguardare la composizione del consiglio, particolarmente attenta nel rafforzare i requisiti di professionalità e soprattutto di indipendenza dei suoi membri.

La vera sfida

In sostanza, non bisogna certo preoccuparsi se, anche per un problema di equilibri interni, vengono sperimentati i nuovi modelli che l’ordinamento mette a disposizione, ma all’ autonomia statutaria spetterà il difficile compito di superare le loro “criticità”. E’ questa, al di là degli annunci, la vera sfida per le banche ma anche per le autorità di vigilanza, sul terreno della governance.

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1)  M. ONADO, Un progetto europeo e i dubbi da sciogliere, Il Sole 24 Ore, 26/8/2006
2)  B. CATTERO, Codeterminazione:il caso Germania, Il Mulino, 2005, p. 1125 ss.
3)  Così la relazione di accompagnamento alla riforma societaria ( decreto legislativo n 6, 17/ 1/2003).
4) Decreto del Ministero del Tesoro,n. 1419 del 26/8/2004
5)  G.D. MOSCO, Rafforzamento dei controlli interni e indebolimenti sistematici degli organi di sorveglianza, in AGE, Analisi Giuridica dell’Economia, n. 1/2006, p. 43.

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Sommario 21 agosto 2006

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La pecora nera è giovane dentro

  1. Federico Parmeggiani

    In seguito ad una fusione di cospicue dimensioni come quella tra San Paolo e intesa, se davvero detta fusione ha come finalità quella di un’espansione oltre confine e di un’affermazione come banca dal respiro europeo, si potrebbe arguire che forse il mercato europeo ed internazionale stesso rappresenterebbe la spinta per risolvere eventuali problemi di governance. In altri termini potrebbe essere lo stesso mercato a spingere ad adottare una governance più efficiente e affidabile. Perchè posto che una governance che garantisca una sana e prudente gestione è un grande valore aggiunto, nè l sistema a tre aorgani nè quello dualistico di per sè mettono la società al riparo da evenutali abusi, dipende dal modo in cui sono modellati sulla singola impresa. Se infatti si guardano i modelli di corporate governance adottati dalle maggiori multinazionali italiane (non solo bancarie, si pensi ad es. all’Eni) si vede come il sistema classico a tre organi è una struttura basilare sulla quale sono necessariamente innestati apparati organizzativi propri del sistemi anglosassoni, quali l’internal audit o il compensation committee. Perchè se ci si vuole imporre come soggetto di mercato internazionale è inevitabile essere spinti ad adottare gli standards di governance che richiedono i regolamenti dei mercati finanziari, le autorità di vigilanza, le società di rating e soprattutto gli investitori. Forse la penalizzazione e l’esclusione dal fruttuosi investimenti operata dal mercato può configurarsi come la “compulsory rule” più efficace.

    • La redazione

      La ringrazio per le osservazioni. Indubbiamente il “controllo” del mercato può avere eefftti positivi , aggiungo, però, che non sempre gli attori del mercato hanno dimostrato adeguate capacità di spingere le società verso strutture di governace più efficienti. E’ da tempo, ad esempio, che si discute dello scarso attivismo degli investitori istituzionali, anche se alcune recenti iniziative mostrano positivi segnali.
      Un cordiale saluto.

  2. Lukas Plattner

    Speriamo che l’adozione del modello dualistico sia l’occasione per trasferire in seno al consiglio di sorveglianza le prerogative ora attribuite agli organi del patto parasociale tra i maggiori di Intesa.

    • La redazione

      Grazie per l’osservazione. Bisogna, peraltro, tener conto che oltre a quelle indicate nell’articolo lo statuto non può attribuire altre competenze “gestorie” al Consiglio di sorveglianza.

  3. Navida79

    Aiutatemi a capire, si discute di Consiglio di Gestione e Consiglio di Sorveglianza, vengono fatte proposte su come meglio poter evitare i “mancati controlli”, al riguardo vorrei invitarVi a riflettere sulla cronologia su ciò che sta avvenendo…
    primo, c’è un continuo aumento dei tassi d’interesse da parte della BCE per contenere l’inflazione, questo dovuto soprattutto all’aumento del prezzo del petrolio, di conseguenza peggioramento del debito pubblico italiano; secondo, avviene la fusione tra due grandi banche italiane; terzo, il governo subito dopo l’accordo tra quest’ultime decide di diminuire di 5 miliardi la manovra finanziaria.
    Alla luce di questo, non Vi sorge il dubbio che dietro il tutto ci sia la politica?
    riflettete un attimo, siamo di fronte al controllo-non controllo dei due Consigli, gestione e sorveglianza,
    questo fa pensare che alla fine la banca fa ciò che vuole, allo stesso tempo, le menti più maliziose potrebbero pensare che, il nuovo governo, avendo il “controllo” su una banca di questa portata, potrebbe: 1) aumentare le pressioni in seno alla BCE per cercare di attenuare la politica intrapresa del continuo aumento dei tassi d’interesse, 2)grazie a questo evitare di attuare un dpef rigido trovando così l’accordo con le varie forze politiche ed evitare a sua volta un aumento del debito pubblico.

    E’ vero che non esiste solo l’Italia all’interno dell’ UE, ma è anche vero che uno stop della BCE sui tassi farebbe comodo a molti paesi.

    Forse mi sbaglierò… ma ci sono troppe coincidenze.

  4. Ettore Andreani

    Ho letto con estremo interesse il Suo intervento pubblicato su LaVoce.info ed avente ad oggetto la Governance Bancaria ed il Sistema Dualistico.
    In un saggio pubblicato nel Dicembre 2003 sulla Rivista Banca Impresa e Società ho analizzato la composizione dei Consigli di Sorveglianza di un campione 40 banche tedesche, analisi che, tra le altre cose, utilizzo per delineare una breve riflessione in merito al Suo contributo.
    I dati da me raccolti dimostrano che una delle principali distorsioni al funzionamento del Consiglio di Sorveglianza è dovuta alla presenza nello stesso degli ex amministratori (ovvero gli ex membri del Vorstand) che rappresentano circa il 7% del totale dei membri nominati dagli azionisti. A titolo di esempio cito il caso, di scuola, di un Consiglio di Sorveglianza, del quale è membro un ex amministratore cessato il 31/12 dell’anno N, che nell’anno N+1 sia chiamato ad approvare il bilancio dell’anno N. Il conflitto di interessi mi sembra evidente. Ovviamente abbondano i casi giurisprudenziali, e gli aneddoti, relativi a questo ed altri casi di evidente conflitto di interesse, in particolar modo relativi alle operazioni straordinarie (questione da Lei stesso sollevata).

    Ettore Andreani

    • La redazione

      La ringrazio per il commento e ricordo bene il Suo articolo. In effetti il problema che Lei richiama è di estremo rilievo e andrà attentamente valutato nella sperimentazione in Italia. Proprio con riferimento alla autonomia statutaria, si potrebbero, ad esempio, prevedere particolari
      requisti per i membri del consiglio di sorveglianza che o pongano espliciti divieti, o quantomeno garantiscano adeguati periodi di “raffreddamento” rispetto alle cariche ricoperte nel passato in organi di gestione.

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