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L’attività di fusione è di nuovo in crescita e le fusioni transfrontaliere non sono più un affare meramente anglosassone e riguardano ampiamente settori regolati. In questi settori, l’impatto delle fusioni sui consumatori dipende dalla qualità della regolazione. Se questa è buona, la nazionalità di chi gestisce i servizi è una scelta da lasciare al mercato.

Fusioni calde e fredde

Le fusioni transfrontaliere hanno contribuito ad incrementare il valore totale delle fusioni più che proporzionalmente e c’è stato un ruolo crescente e predominante dell’Europa continentale nelle operazioni internazionali. Molte di queste fusioni sono avvenute in settori regolamentati. Nel settore bancario, l’italiana Unicredito ha assunto il controllo della tedesca HVB e la spagnola Santander quello di Abbey. Il ritmo dell’attività nei servizi pubblici è stato particolarmente frenetico: la spagnola Ferrovial ha acquisito l’operatore britannico BAA, la francese Suez la belga Electrabel, la francese Telecom la spagnola Amena e la spagnola Telefónica ha acquistato la britannica O2.
Nello stesso momento, alcuni Paesi reagiscono con misure protezioniste. Nel settore energetico E.On vuole assumere il controllo di Endesa, mentre su questa era già stata avanzata un’OPA da Gas Natural. La Spagna reagisce facendo valere la sua funzione normativa. Enel sta scrutando Suez così come le spoglie della battaglia di Endesa. La Francia reagisce proponendo la fusione della pubblica GDF con Suez. Quando la BBVA e l’ABN- Amro tentano di assumere il controllo, rispettivamente, di BNL e Antonveneta, l’ex Governatore della Banca d’Italia si oppone all’accordo. La Commissione Europea valuta su che piano intervenire e finalmente la BNL viene acquistata da BNP e l’offerta relativa ad Antonveneta ha successo. Ora Abertis e Autostrade hanno un piano di fusione e si è creato un dibattito pubblico riguardo l’accordo.
Dietro alla tendenza alle fusioni vi è la liberalizzazione e l’integrazione del mercato in Europa così come tendenze internazionali nell’economia mondiale, quali la rivoluzione della tecnologia informatica e l’apertura dei mercati attraverso il processo di globalizzazione. Giocano anche un ruolo fattori a breve termine, come la forza dei profitti aziendali e la disponibilità di credito a minor costo. I redditi delle fusioni sono guidati dalla ristrutturazione e redistribuzione delle risorse sospinte dai cambiamenti tecnologici. La dimensione pesa nelle industrie caratterizzate da esternalità di rete, per investire in Ricerca e Sviluppo con mercati di capitale imperfetti e per guadagnare forza finanziaria e potere contrattuale nei mercati internazionali. Quei fattori si applicano anche ai settori regolamentati cui si riferiscono le fusioni sopra menzionate.

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I veri problemi delle fusioni per la politica

Una questione fondamentale di politica pubblica è se il processo di fusioni danneggerà la competizione e finirà con il provocar danni al consumatore. Questo è l’ambito in cui intervengono le autorità ed i regolatori politici della concorrenza. Il primo importante fattore da tenere in considerazione è che se l’industria è un monopolio naturale o ha segmenti di monopolio naturale, come l’energia e i trasporti, il regolatore manterrà il controllo dei piani d’investimento, costi e qualità nel segmento di strozzatura: la trasmissione e la distribuzione di energia o la concessione delle autostrade. L’impatto sui consumatori o sugli utilizzatori del segmento di strozzatura è inoltre fondamentalmente nelle mani del regolatore. Ad esempio, gli investimenti nell’espansione autostradale, gli strumenti e la manutenzione non sono stabiliti unilateralmente dal concessionario, ma in accordo con alcuni parametri determinati in base all’accordo di concessione e monitorato dal regolatore. Il contesto regolamentare deve essere stabile, così che si possano fornire incentivi all’investimento. Il regolatore deve poi monitorare adeguatamente che i piani di investimento, il livello qualitativo e il costo per il fruitore siano appropriati. Nelle industrie che non hanno segmenti di monopolio naturale, come il settore bancario, il ruolo delle autorità politiche della concorrenza è più diretta ad assicurare che l’azienda nata dalla fusione non abbia eccessivo potere di mercato. Santander poteva puntare a Abbey mentre altre banche britanniche erano esitanti a presentare la loro offerta perché le autorità sulla competizione nel regno Unito, che avevano bloccato la precedente offerta di Lloyd’s TSB su Abbey nel 2001, avrebbero cercato di bloccare tale mossa per eccessiva concentrazione.

Se il consumatore è al primo posto dalle fusioni si può guadagnare

Un aspetto di cui si discute spesso e che può star dietro alla reazione protezionista di alcuni governi europei alle fusioni transfrontaliere è la paura di una perdita di influenza del governo sulle nuove entità nate da tali processi di fusione con quartieri generali localizzati in altri paesi europei. Questo è un argomento di politica economica che punta sulla perdita di influenza del governo su importanti decisioni aziendali che hanno effetti esterni sull’economia nazionale. Tuttavia, per le fusioni in mercati regolamentati con segmenti di monopolio naturale questo argomento perde valore. In primo luogo, questo avviene perché il regolatore resta al comando dei parametri operativi di base dell’azienda e li controlla. In secondo luogo, perché le risorse dell’azienda non sono generalmente trasferibili da un paese ad un altro o, come nel caso delle autostrade, rimangono sempre di proprietà pubblica. In generale, i governi nazionali e i regolatori hanno considerevoli margini di manovra nell’influenzare la profittabilità di aziende regolamentate.
I paesi che mettono l’interesse del consumatore al primo posto finiranno in vantaggio. Aprendo il suo mercato, il Regno Unito ha dimostrato il giusto percorso nell’interesse del consumatore nel settore dei servizi, ossia quello bancario, le telecomunicazioni, la gestione di infrastrutture aeroportuali. In un settore regolamentato con segmenti di monopolio naturale, il ricavo per il fruitore o il consumatore dipende tanto dall’azienda di servizi quanto dalla qualità della regolamentazione. Le domande sul caso Abertis-Autostrade dovrebbero essere: chi può gestire meglio le risorse e come il consumatore italiano potrebbe trarne vantaggio?

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