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Questione di metodo

Al di là dei contenuti, è il metodo che rappresenta la vera, piacevole sorpresa del decreto Bersani: il Governo nato sbandierando il ritorno della concertazione ha esordito con il suo opposto. Il nuovo esecutivo deve però dimostrare ora di sapersi smarcare dai sindacati, da Confindustria, e da altre categorie professionali, quali giornalisti, professori universitari e piloti dell’Alitalia, finora risparmiate da tutti i governi. Altrimenti anche la meritoria iniziativa di questi giorni rimarrà troppo isolata per incidere effettivamente.

“Non siamo stati consultati”: è il lamento quasi unanime dei dirigenti delle categorie (farmacisti, assicuratori, avvocati, tassisti…) toccate dal decreto Bersani. Al di là dei contenuti, è il metodo che rappresenta la vera, piacevole sorpresa del provvedimento: il governo che era nato sbandierando il ritorno della concertazione ha esordito con il suo opposto. I tavoli di quindici metri per lato con decine di ministri, sindacalisti, imprenditori, e rappresentanti delle professioni, più altre decine di assistenti assiepati lungo i muri, sono un’indicazione certa che nessun provvedimento incisivo uscirà da quel confronto. Per questo provvedimento il governo sembra aver scelto una strada diversa, e i risultati si vedono.
Vendere i farmaci da banco nei supermercati o abolire il divieto di pubblicità per gli studi legali non aumenterà istantaneamente il tasso di crescita del PIL italiano. Ma da qualche parte si deve iniziare, ed è giusto riconoscere che questo provvedimento va al di là di ogni aspettativa; soprattutto, è difficile sottovalutare il suo enorme valore simbolico.

Le riforme e il consenso

Le riforme incisive possono essere fatte ricercando il consenso e l’unanimità a tutti i costi, oppure tagliando il nodo gordiano degli interessi corporativi. I governi deboli o incompetenti privilegiano il primo metodo, quasi sempre invocando l’argomento della “sensibilità sociale”, che in realtà maschera semplicemente la propria incapacità di agire. Ma quando si ha a che fare con incrostazioni corporative medievali quali l’ereditarietà delle farmacie o i balzelli dei notai su innocue transazioni private, la concertazione non porta da nessuna parte: farmacisti e notai non hanno nulla da offrire in cambio della difesa dei propri privilegi.
In questa occasione, il ministro Bersani sembra averlo capito, al contrario del governo Berlusconi che in questo campo ha pochi risultati da esibire, perché non ha saputo né voluto liberarsi dai veti incrociati delle lobby professionistiche. Il miglior tributo al pacchetto Bersani è l’amaro commento dell’ex sottosegretario al Tesoro Giuseppe Vegas: “Un governo liberale come il nostro doveva incidere molto di più in materia”.

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Dove ha fallito Berlusconi

Ovviamente le riforme, se efficaci, hanno un costo politico: l’ostracismo delle categorie riformate. Ma ci si dimentica troppo spesso che hanno anche un beneficio: l’apprezzamento dei cittadini in quanto consumatori. Poche migliaia di voti di farmacisti e tassisti contro centinaia di migliaia di voti di consumatori.
Ma per essere presi sul serio e guadagnarsi il rispetto (e i voti) dell’elettorato, è fondamentale dimostrare di non avere alcun timore reverenziale per certe categorie. È qui che ha fallito clamorosamente il governo Berlusconi. Esso esordì, e giustamente, cercando di intaccare i privilegi e le incrostazioni del mercato del lavoro; ma si fermò lì, e sindacati e opposizione ebbero buon gioco nell’accusare il governo di attuare riforme a senso unico.

Ora i sindacati, e tutti gli altri

Ovviamente, da questo punto di vista il pacchetto Bersani è solo un primo passo. Il nuovo governo ha dimostrato di sapere intaccare gli interessi di certe lobby professionali. Ora deve dimostrare di sapersi smarcare dalla propria lobby interna, i sindacati, che finora hanno di fatto impedito una qualsiasi discussione seria su politica fiscale, pensioni, mercato del lavoro e politiche del Mezzogiorno. Da Confindustria, per esempio affrontando l’ argomento dei tantissimi sussidi alle imprese, quasi tutti inutili o dannosi, che si sono accumulati nel corso degli anni senza alcuna ratio apparente. Infine, da altre categorie professionali, quali giornalisti, professori universitari e piloti dell’Alitalia, finora risparmiate da tutti i governi.
Ovviamente, questa parte dell’azione governativa sarà molto più difficile: gli imprenditori sono potenti; i giornalisti scrivono sui quotidiani e invitano i politici in TV; i professori universitari influenzano milioni di giovani; i sindacati rappresentano molti più voti che farmacisti e società di assicurazione, e hanno già occupato molti posti di potere. Ma solo affrontandoli tutti insieme si può sperare di mostrare agli elettori che l’intento non è punire certe categorie, ma favorire tutti i cittadini in quanto consumatori.
Ed è una leggenda che affrontare i sindacati sia sempre e comunque un suicidio politico. La reazione sindacale fece cadere il governo Juppé, ma il governo Thatcher sopravvisse e anzi, nel lungo periodo, guadagnò popolarità; e in California il governatore Schwarzenegger ha buone probabilità di essere rieletto dopo aver affrontato i potentissimi sindacati pubblici.
In ogni caso, senza un’ulteriore azione a tutto campo un’iniziativa pur grandemente meritoria come il pacchetto Bersani rimarrà troppo isolata per incidere effettivamente. Ed esattamente come già successe al governo precedente, essa rischia di trasformarsi in un boomerang politico, fornendo argomenti a chi ora accusa questo governo di essersi mosso solo con intenti punitivi verso certe categorie.

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Sommario 27 giugno 2006

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Continuate così!

  1. Guido Di Massimo

    Concordo pienamente. Se Berlusconi fosse stato un po’ più Thatcher e meno Berlusconi avrebbe anche vinto le elezioni.
    Speriamo che Bersani continui, con il nosttro plauso ed i nostri auguri.

    Aggiungo i miei auguri e ringraziamenti alla Voce.

    Guido Di Massimo

  2. gianni mazzarella

    Limitare alcuni privilegi e favorire gli utenti, o clienti come si usa oggi, era una cosa che aspettavamo da tempo. Penso a quelle categorie che fanno lo “sconto” se non chiedi la fattura. Bene ha fatto il governo; quello che mi irrita è l’ipocrisia della Cdl che oggi reclama la “concertazione” che non ha mai utilizzato.
    Buon lavoro alla Voce

  3. carlo poggio

    Le argomentazioni presentate dall’autore sono interessanti, la novità definita piacevole dell’assenza di un “tavolone” inefficace anche: è del tutto evidente che nessuna categoria si riforma contro i propri privilegi: Sarei contento che l’analisi fosse estesa a una categoria della quale siamo tutti “consumatori” insoddisfatti: la magistratura. Il sistema giudiziario italiano è pessimo, i tempi biblici, il danno al “consumatore” enorme, la categoria privilegiata ed impunità per i propri sbagli. Perchè non applicare gli stessi principi logici ai più protetti fra i protetti?

  4. Marigia Maulucci

    Ha ragione Bersani:sulle regole che il soggetto pubblico detta ai soggetti che svolgono funzioni di servizio pubblico, non può esserci concertazione.Politica economica, fiscale, interventi per lo sviluppo, occupazione e mercato del lavoro ecc.:queste materie sono -devono essere -oggetto di concertazione con le parti sociali che sono associazioni di rappresentanza,non gestori di servizi.Un governo che voglia concertare, prova a realizzare intese, i soggetti sociali hanno il diritto di proposta.In assenza di accordo,il governo comunque decide e il sindacato pure.

  5. Antonio Longo

    Andiamoci piano con l’augurarci che Prodi sia un emulo della Tatcher…I suoi 13 anni di governo hanno smantellato tante corporazioni, è vero, ma hanno anche lasciato enormi disuguaglianze sociali (che sono cresciute) e hanno distrutto alcuni servizi come le Ferrovie, privatizzate in modo selvaggio e rimaste senza investimenti sulla sicurezza e la manutenzione. La scelta di decidere senza prima concertare nel caso del decreto Bersani, con tassisti-farmacisti-avvocati, va bene, perchè si tratta di categorie refrattarie ad ogni superamento delle logiche corporative. Ma non facciamone una regola valida sempre e con tutti.

  6. giuseppe moncada

    Gent.mo prof Perotti,
    Mi consenta con amarezza di osservare che le dichiarazioni di Prodi non corrispondono alla realtà dei fatti. Infatti, come anche lei giustamente osserva, ” non può essere preso sul serio e quadagnarsi il rispetto dell’elettorato, se si opera con parzialità e non si tiene conto con serietà della dignità di chi esercita con scrupolo la propria professione e non si agisce su tutte le corporazioni, compreso i sindacaticonfederali. Nel decreto in oggetto, dietro richiesta del Ministro Nicolais è stato introdotto un emendamento, così riporta un quatidiano:” Messi alla gogna i consulenti d’oro. Non sarà consentito ai Dirigenti scolastici di rimanere fino ai 70 anni.
    Faccio rilevare che in data 6.6.2006 il Ministero dell’Economia autorizza la permanenza in servizio, di appena 150 dirigenti. Il Direttore generale della P.I il 13.6.06 emana una comunicazione ai Direttori generali regionali di procedere alla conferma.E’ possibile che dopo quasi un mese tutto ciò viene stravolto? Come mai ai docenti Universitari e ai magistrati si consente di rimanere fino ai 75 anni.
    Se nella scuola ci si auspica che entri nuova linfa, come dicve Nicolais , ciò non è utile per le professioni di cui sopra. Oppure bisogna dare ragione a chi dice che, a piccoli passi si vogliono annullare tutte le norme emanate dal centro-destra? Nella scuola si creerà altro precariato in quanto Dirigenti vincitori di concorso non ve ne sono e nemmeno il rpossimo anno vene saranno.
    Siamo così incapaci a 67 anni? Sono un elettore di sinistra e ho letto i suoi scritti sulla scuola.
    Posso avere il piacere di un suo commento. Il mio può sembrare lo sfogo di un professionista deluso dal modo come vengono considerati chi opera nella scuola. Ma è l’amara considerazione di chi pensa che in Italia non si può avere ceretzza nel prorio operare.
    Cordialmente Giuseppe Moncada Dirigente Scolastico, forse incapace di un liceo scientifico che da 280 è riuscito a farlo idventare di 830 alunni.

  7. M. Pizzolato

    Premetto che sono un (convinto) elettore del centrosinistra e non sono coinvolto direttamente da questa prima ondata di liberalizzazioni (non sono tassista, farmacista, notaio o altro). Premetto anche che non condivido in alcun modo alcune forme di “protesta” di questi giorni.
    Senza entrare nel merito, come peraltro l’articolo, vorrei solo fare alcune considerazioni sul metodo: il mio voto al centrosinistra è stato dato anche sulla ripresa della concertazione.
    Sotto questo profilo non si può non notare che la coerenza con il proprio programma, che in democrazia ha un qualche innegabile valore (anche in termini di voti), avrebbe richiesto altra metodologia: anche nel caso di specie la concertazione. Ripresa della concertazione sulla base della quale il centrosinistra ha preso qualche milione di voti e oggi governa.
    L’articolo in alcuni punti fornisce una rappresentazione caricaturale della concertazione (“tavoli di quindici metri …” – a mio avviso, peraltro, sono molto più preoccupanti tavoli di dimensioni più ridotte a cui veramente solo le lobby possono arrivare); mi chiedo se questa rappresentazione non tradisca fastidio per il coinvolgimento delle parti sociali del cui contributo, a mio avviso, anche l’economia, ma sicuramente la democrazia non può privarsi.
    Rimango poi, mi perdoni, un filo stupito su due governi portati ad esempio: Thatcher e Schwarzenegger. Ho votato il centrosinistra proprio perché rappresenti qualcosa di opposto a questi due “modelli” sul piano politico, sociale ed economico; ritengo che questa mia opinione sia condivisibile dalla maggioranza degli elettori di centrosinistra. Non mi sembra né realistico, né premiante in termini di voti un centrosinistra equivalente alle destre liberiste.
    Complimenti a LaVoce per l’iniziativa estremamente interessante!

  8. Penneca

    Sono un praticante notaio, amareggiato dal leggere che anche su un sito conosciuto per l’autorevolezza e la scientificità degli interventi si possano diffondere informazioni assolutamente prive di alcuna base tecnica, proprie + della politica da bar, come quella contenuta nell’articolo che definisce inutili balzelli quelli notarili sulle transazioni private. Provate invece a condurre un analisi economica seria – priva di pregiudizi populisti – sull’economicità per l’ordinamento della macchina notarile, magari comparandoli con quelli dei pochi paesi di diritto anglosassone che non li hanno (e che li stanno mettendo).

    Informazione corretta per favore, ne dovreste sentire la responsabilità;

    ciò significa analisi scientifica e non captatio benevolentie facile da perseguire, sfruttando la mancata percezione della funzione da parte dei non addetti ai lavori, dei quali evidentemente fa parte anche l’autore del contributo. Il non comprendere l’utilità di una cosa non significa che essa non la abbia, ma semplicemente che la elevata tecnicità del mestiere non ne rende comprensibile ai più (come è ovvio che sia) la estrema importanza e delicatezza. Comunque cordialmente, uno che vorrebbe diventare notaio.

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