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Come promuovere l’Italia. E il commercio

Torna il vecchio ministero del Commercio estero. Ma il problema principale non è tanto stabilire in quale dicastero debbano confluire le burocrazie competenti, quanto piuttosto individuare un assetto complessivo delle politiche per l’internazionalizzazione più ordinato ed efficiente di quello attuale. Una possibile riforma corre lungo quattro linee: ridare allo Stato centrale la competenza esclusiva della promozione internazionale, costituire una cabina di regia, trasformare l’Ice in una agenzia governativa, proseguire nella creazione di “sportelli unici” all’estero.

Come promuovere l’Italia. E il commercio, di Beniamino Quintieri

Lo “spacchettamento“di diversi ministeri attuato dal nuovo Governo Prodi ha portato alla nascita del “ministero delle Politiche europee e commercio internazionale”: di fatto è stato ripristinato il vecchio ministero per il Commercio con l’estero, peraltro arricchito dalle competenze che nel precedente esecutivo facevano capo al ministero delle Politiche comunitarie.
È una ulteriore sconfessione della riforma Bassanini, la quale, tra i vari accorpamenti, aveva unito il Commercio estero al ministero dell’Industria, sulla base del presupposto che le politiche commerciali costituissero una parte sempre più rilevante delle politiche industriali di un paese. La scelta appariva coerente con quella, peraltro discutibile, effettuata dallo stesso ministro, di inserire nella riforma del Titolo V della Costituzione anche la promozione commerciale all’estero da parte delle Regioni.

Il quadro attuale

Come valutare questo nuovo assetto organizzativo voluto dal Governo Prodi? La risposta non è semplice, né credo esista una soluzione ottimale al problema. Negli altri paesi, le competenze delle politiche commerciali sono assegnate per lo più ai ministeri dell’Industria e in qualche altro caso ai ministeri degli Esteri. Tuttavia, l’importanza che il commercio estero riveste in un paese come l’Italia, nonché la complessità del nostro sistema istituzionale, fa sì che la scelta di un ministero a se stante non debba necessariamente essere considerata una soluzione inefficiente.
In realtà, il problema principale non appare tanto quello di stabilire in quale ministero debbano confluire le burocrazie competenti, quanto piuttosto di individuare un assetto complessivo delle politiche per l’internazionalizzazione più ordinato ed efficiente di quello attuale. Da questo punto di vista, c’è molto da fare e c’è da sperare che il nuovo Governo proceda con decisione.
In questi ultimi anni si è assistito a una poderosa crescita del numero degli attori pubblici impegnati a vario titolo nell’attività di promozione all’estero, con nove enti e con ben sette ministeri che svolgono azioni in favore dell’internazionalizzazione del paese. A livello locale, poi, l’attivismo intorno a eventi promozionali ha assunto caratteri patologici: non solo le Regioni con proprie agenzie e spesso con sportelli all’estero, ma anche province e comuni, per non parlare delle Camere di commercio locali.
Questo fermento determina la dispersione delle risorse pubbliche in una miriade di attività la cui utilità effettiva si rivela pressocché nulla e che certo non contribuisce a rafforzare l’immagine del “sistema Italia” all’estero. Di recente, qualche passo avanti è stato fatto: l’accordo tra ministero degli Esteri, delle Attività produttive e Istituto per il commercio estero per la creazione di sportelli unici all’estero, sta portando in alcuni paesi a un graduale accentramento logistico delle diverse istituzioni in una unica sede operativa.
Tuttavia, un altro elemento di particolare debolezza caratterizza le politiche per l’internazionalizzazione: l’attuale assetto giuridico-amministrativo che governa le istituzioni deputate allo scopo. Il processo decisionale è eccessivamente lento e caratterizzato da numerosi e spesso inutili passaggi burocratici: tavoli, commissioni, cabine di regia vengono istituite a livello ministeriale con troppa frequenza finendo per rallentare e complicare decisioni che per loro natura dovrebbero essere agili e tempestive. Inoltre, meccanismi decisionali basati su modalità di tipo “concertativo” rendono più difficile scelte selettive e strategiche favorendo, al contrario, meccanismi inerziali basati su una distribuzione a pioggia delle risorse su un numero elevato di azioni promozionali.
Allo stesso tempo, le attuali norme che regolano i rapporti di lavoro all’interno della pubblica amministrazione e un elevato tasso di sindacalizzazione ostacolano un processo di selezione dei nostri rappresentanti nei vari uffici italiani all’estero basato esclusivamente sul merito.
La soluzione più efficiente di questi problemi sarebbe, presumibilmente, quella di trasformare enti come l’Ice e l’Enit da enti pubblici non economici in agenzie governative a capitale pubblico, sottoposte a una attenta valutazione di efficacia e di efficienza da parte di un organismo neutrale.

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Linee per una riforma

Una riforma del commercio estero italiano dovrebbe perciò essere incentrata su quattro linee di intervento.
1) Riportare allo Stato centrale la competenza esclusiva della promozione internazionale: le Regioni contribuirebbero comunque alla definizione delle linee guida nazionali e potrebbero competere liberamente nell’attrazione degli investimenti dall’estero e nel marketing territoriale.
2) Creare una cabina di regia presso la presidenza del Consiglio per la formulazione delle linee guida e per il controllo sull’attività degli enti. Vi parteciperebbero sia i ministeri e gli enti interessati che i rappresentanti del mondo imprenditoriale e delle Regioni.
3) Trasformare l’Ice in una agenzia governativa con competenze esclusive su promozione del commercio e investimenti italiani all’estero e degli investimenti esteri in Italia, promozione del turismo. Ciò implicherebbe l’eliminazione di “doppioni” (Enit, Buonitalia) e un più stretto collegamento con le agenzie specializzate nella promozione del territorio.
4) Proseguire nella creazione di “sportelli unici” all’estero con la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti e nel rispetto delle relative specializzazioni. Si richiederebbe la chiusura degli uffici esteri delle Regioni le quali, tuttavia, potrebbero avere una presenza all’interno degli “sportelli Italia”. Le ambasciate e i consolati, la cui distribuzione sul territorio andrebbe ridisegnata, dovrebbero concentrarsi su attività di diplomazia economica, lasciando agli altri enti compiti di diplomazia più strettamente commerciale di promozione e di consulenza.

Come Promuovere l’Italia, lettera dell’ambasciatore italiano a Riad*

L’intervento del Prof. Quintieri (La Voce 8-6-06) è particolarmente stimolante, soprattutto per quanti si trovano a vivere all’estero il vero e proprio dramma di un “sistema Paese” evocato da tutti ma alla cui realizzazione ben pochi contribuiscono nei fatti.
Ho atteso per alcune settimane lo svilupparsi di un vero e proprio dibattito sulla questione e sono un po’ deluso, lo confesso, che si sia registrato sino ad ora un solo intervento (se non sbaglio).
Sull’analisi del Prof. Quintieri, in particolare per quanto riguarda la dispersione delle risorse pubbliche (per di più in una fase di crescenti tagli alle spese), non credo vi sia molto da aggiungere; né si può dissentire allorché viene evidenziata la “poderosa crescita” – temo solo per gli aspetti quantitativi – degli attori impegnati nelle attività di promozione all’estero. Non più tardi dello scorso gennaio o febbraio è stato addirittura necessario “firmare” una sorta di “trattato” tra gli Enti che si occupano dell’internazionalizzazione per chiarire – almeno sulla carta – le rispettive competenze e promuovere le consuete sinergie!

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Le proposte formulate dal prof. Quintieri meritano peraltro alcune precisazioni:

– riportare la competenza esclusiva della promozione internazionale allo Stato centrale significa individuare un unico Ministero di riferimento;

– a tale Ministero dovrebbe essere attribuita la “Segreteria” della cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio, per assicurare il necessario ed indispensabile collegamento fra la fase di formulazione delle linee guida, quella attuativa di tali linee e quella finale di verifica degli obiettivi conseguiti;

– pur nel pieno rispetto del ruolo di un organismo neutrale preposto – secondo la proposta del Prof. Quintieri – alla valutazione di efficacia e di efficienza della costituenda agenzia, rimane il problema del raccordo degli Uffici del nuovo organismo con la(e) rete(i) già operanti all’estero, in particolare quella diplomatico – consolare;

– la creazione degli “sportelli unici” all’estero è di fatto bloccata dall’insufficienza / inesistenza di risorse da destinare a tal fine e dalla mancata emanazione del regolamento di attuazione delle Legge sull’internazionalizzazione approvata lo scorso anno.

E’ quindi quanto mai opportuno l’invito al Governo a procedere con decisione e rapidità: a condizione che si individuino con precisione le risorse da impiegare e che il progetto non preveda la fantasiosa e consueta ricerca di modelli esteri da imitare (come in un recente passato) ma piuttosto un’impostazione “centralisitca” che – non se ne dispiacciano i fautori di un decentramento spinto –consenta di inserire le risorse immediatamente disponibili (MAE – ICE – ENIT – Regioni – Camere di Commercio) in un organico quadro programmatico con competenze e, soprattutto, responsabilità ben individuate.

* Lascio alla redazione la decisione in merito all’indicazione del mio nome e della mia qualifica, per comprensibili motivi di opportunità. Preciso in ogni caso che si tratta di considerazioni svolte a titolo personale, che non riflettono naturalmente la posizione dell’Amministrazione alla quale appartengo.
Mi sembra peraltro doveroso intervenire su una viceda così attuale e di rilievo strategico per il nostro Paese.

 

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  1. venturoli massimiliano

    Sono perfettamente d’ accordo con l’ autore dell’ articolo. Pongo un solo quesito: l’ Italia, non avendo visione unitaria di se stessa, come può dare un’ immagine unitaria all’ estero del ” sistema Italia”?
    Tutte le soluzioni prospettate sono interessanti, praticabili e giuste. Ma non sottintendendo un’ unità del paese, concretamente, dubito che sia praticabili. Personalmente non trovo che lo smembramento della Riforma Bassanini aiuti l’ immagine del Sistema Italia.

  2. claudio pasqualucci -direttore ICE Torino

    dell’argomento si dibatte da anni senza che in realtà sia stata trovata una soluzione che coniughi validamente la capacità di incidere a favore delle pmi italiane con le legittime prerogative di un sistema pubblico cui e’ demandata la prevalenza delle politiche a sostegno dell’internazionalizzazione delle pmi italiane.
    Il tema della forma giuridica o della natura degli enti ritengo sia secondario rispetto all’esigenza della loro effetitva funzionalità mentre credo che tre siano le principali direttrici da seguire da parte dell’attuale Governo:
    a)razionalizzazione della presenza all’estero di certo al momento non espressa dal caotico e ridondante disegno sugli sportelli unici all’estero proposta dall’uscente maggioranza.Chiarendo infine il limite netto che esiste tra le comptenze in materia di assitenza e promotion con quelle più’ nobili se vogliamo, della diplomazia economica.
    b)drastica riduzione delle competenze in materia di promotion da parte degli organismi territoriali a vantaggio di una loro piu’ radicata presenza sul territorio in collaborazione e non invece in antitesi come purtroppo spesso accade con gli uffici ICE italiani (anche se sull’argomento una serie riflessione dovrebbe essere intrapresa dall’Istituto che finora non e’ riuscito a dotarsi di una rete interna relamente funzionale)
    c)sviluppo di una decisa strategia di sistema paese che , come altri paesi europei nostri competitors, riesca ad esprimere una massa critica realmente di peso in occasione delle missioni commerciali condotte dal Governo in ruolo sopratutto di apripista.
    Questo a mio giudizio, sull’attività di promozione all’estero, che comunque non dovrà rimanere avulso da seri interventi in tema di R&d, supporto e stimolo alla creazione di distretti produttivi territoriali orizzontali , formazione di persoanale tecnico qualificato, ecc.

  3. Matteo MARIANI, funzionario del Ministero Commercio Internazionale

    Molto interessante e stimolante, direi, la proposta Quintieri, così come opportunamente corretta dall’Amb. D’Auria. Si vede la mano di chi opera ogni giorno sul terreno, al di la di tante belle chiacchiere. Come sarebbe utile se i politici ascoltassero di più chi sta sul terreno.
    Si il problema della riappropriazione del centro è forte e sentito. Però perchè non si concentra tutto alla Farnesina ? Gli sportelli all’estero dove stanno ? E da chi dipenderanno ? Ed allora non è meglio privarsi di questa foglia di fico e creare davvero un sistema Italia diretto da una sola mano ? “Coordianmento alla PdC con Segreteria al Mincomes” ? Ma non suona barocco ? Al MAE non ci sono già Direzioni che svolgono l’esatto doppione del ricostituito MINCOMES ? Ed allora facciamola finita una buona volta con tante finzioni. Accentriamo tutto nel MAE e li si decida tutto. Non si dimentichi che la promozione all’estero si fa anche, e forse soprattutto, con il sostegno sia dei fondi esistenti e gestiti dal MINCOMES, che con quelli della Cooperazione allo sviluppo, del MAE, con la politica di Assicurazione della SACE e con il sostegno alle joint-ventures della SIMEST, società ad intera partecipazione del MINCOMES. Non fermiamoci solo alle fiere e mostre all’estero. Infine, forse, sarebbe oltremodo determinante definire questi benedetti Sportelli all’estero cosa e chi deve fare. Il rischio serio è che si creino, ancora una volta, carrozzoni di lusso all’estero per amici, ed amici di amici. Sport che sembra essere dei più seguiti dai nosti Politicanti e loro coorti al seguito.

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