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Tutti i danni della legge elettorale

Già senza padri a pochi mesi dalla sua approvazione, la nuova legge elettorale rende incerto il formarsi di una maggioranza conforme in entrambe le Camere. Ma non solo. Chiunque vinca avrà a disposizione pochi voti di margine per portare avanti il suo programma. Messi in discussione bipolarismo e alternanza, aumenterà il potere di veto e di ricatto dei partiti più piccoli. E il sistema delle liste bloccate ci consegna una classe politica meno responsabilizzata e meno efficiente. Una legge da cambiare, ma non sarà facile trovare i numeri per farlo.

E finalmente si vota. Dopo una campagna elettorale penosa, svolta a colpi di insulti piuttosto che di proposte e con l’inevitabile contorno di inchieste giudiziarie, episodi di intolleranza, violenza gratuita.

Le incertezze del dopo-voto

Votiamo con notevole incertezza su che cosa le due coalizioni effettivamente intendono fare se ottengono o mantengono il potere, visto che il rapporto tra vaghe promesse e contenuti appare elevato in entrambi i programmi. Anche in quello dell’Unione, che pure (in 300 pagine) almeno qualche sforzo propositivo lo fa.
Votiamo con notevole incertezza sul fatto che ci sia davvero un vincitore, perché il sistema nuovo elettorale rende dubbia perfino la formazione di una maggioranza conforme in entrambe le Camere. Ma i guasti della nuova legge elettorale non sono solo questi: produrrà perniciosi effetti duraturi per tutto il corso della prossima legislatura.
Anche se godrà di una chiara maggioranza in entrambe le Camere, chi vincerà potrà usufruire comunque di una leva maggioritaria inferiore a quella garantita dal precedente sistema elettorale: chiunque vinca avrà a disposizione pochi voti di margine per portare avanti il suo programma.
Nonostante le varie “soglie” previste, il proporzionale rende in ogni caso più forti le formazioni più piccole, perché ne consente la sopravvivenza anche al di fuori delle coalizioni. Assisteremo dunque all’esercizio continuo di un potere di veto e di ricatto da parte dei partiti più piccoli, per i quali la difesa degli interessi o delle issue specifiche rappresenta una fonte di visibilità e una garanzia di sopravvivenza. Ne abbiamo già avuto testimonianza durante la campagna elettorale, con una conflittualità tra alleati che a volte ha superato quella con gli avversari politici. Certo, questo ha riguardato soprattutto la coalizione di centrodestra. Ma resta da vedere se con un sistema proporzionale, questo comportamento non risulterà alla fine più pagante di quello più unitario dell’Unione, e dello stesso Ulivo, per i partiti che hanno scelto di federarsi alla Camera.
Aggiunto al precedente, questo effetto renderà la vita grama a chiunque si trovi a dover governare. E questo è davvero un problema serio per un paese nelle condizioni dell’Italia di oggi.
Può magari essere comprensibile promettere solo gioie a tutti in campagna elettorale, ma dopo le elezioni, se davvero si intende rimettere in moto l’economia e risanare le finanze pubbliche, qualche interesse lo si dovrà ledere per forza, e coalizioni rissose e disomogenee rendono tutto più difficile.
Ancora, una delle poche conquiste faticosamente raggiunte dal paese con le riforme del passato, il bipolarismo e l’alternanza di Governo, è fortemente rimesso in discussione dal nuovo sistema. Nulla impedisce, in assenza di esplicite norme antiribaltoni, che le coalizioni si sfaldino e si ricompongano in Parlamento, se non nell’immediato, almeno in prospettiva. Se non ci sarà un chiaro vincitore, ne vedremo le conseguenze già all’indomani del voto.

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Un Parlamento “predeterminato”

Ma ci saranno sicuramente riflessi dannosi anche sui processi di selezione della classe politica. In assenza di un voto di preferenza, il posizionamento dei candidati sulle liste già prefigura in larga misura chi verrà eletto. Come la stampa non ha mancato di sottolineare, ci sono fondati sospetti che le dirigenze dei partiti abbiano utilizzato questo potere per selezionare tra i vincenti i più fedeli, piuttosto che i più abili o le personalità più rilevanti. Né queste hanno avuto la possibilità di mettersi in evidenza, visto che era del tutto inutile fare campagna elettorale nei proprio collegi. È probabile che avremo dunque una classe politica meno responsabilizzata e meno efficiente che in passato. Del resto, questi stessi aspetti già emergono dall’analisi dell’articolo  pubblicato qui accanto, sulle diverse caratteristiche dei parlamentari eletti nelle precedenti legislature con il sistema maggioritario o con la quota proporzionale.
È infine interessante notare che la riforma elettorale, votata massicciamente dalla maggioranza solo pochi mesi fa, già non ha più padri. Con la finezza che lo contraddistingue, il suo principale ideatore l’ha già definita una “porcata”. E lo stesso presidente del Consiglio uscente ne ha potuto misurare di persona gli effetti, sottoforma di continue e striscianti polemiche con i suoi principali alleati. Nel suo programma, l’Unione ne denuncia i difetti, ma si impone di modificarla solo con un ampio consenso. È tuttavia improbabile che si arrivi a raggiungerlo, l’ampio consenso, perché il sistema oggettivamente avvantaggia molti dei componenti della coalizione, anche se svantaggia il paese.
È troppo sperare che, passato il terremoto delle elezioni, si formi uno spirito bipartisan, almeno tra le principali forze politiche che sicuramente non sono avvantaggiate dalla nuova legge elettorale, per porre rimedio all’errore compiuto?

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Sommario 1 Aprile 2006

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Ironia, ironia, per piccina che tu sia

  1. Alessio Calcagno

    Sono perfettamente d’accordo con quanto scritto dal dott. Bordignon nell’articolo precedende.
    Anzi, mi sbilancio nel prevedere un governo neocentrista con l’appoggio dei DS entro 1 anno dalle elezioni.
    L’unico rimendio, a questo punto, sarà capire la forza dei 3 partiti in grado di riformare la legge elettorale (AN, FI e DS).
    Le leggi elettorali si valutano su due fronti: la rappresentitività che danno della preferenza dell’elettore mediano (ovvero quanto sono democratiche..) e il grado di decisionismo che le maggioranze vincitrici hanno uscendo dalle urne.
    E’ innegabile che vi sia un trade off tra i due, ma in Italia la seconda caratteristiche è sempre stata trascurata a scapito della prima.
    Personalmente ritengo che proprio per la sua frammentarietà la società italiana necessiti di un sistema più decisionista che rappresentativo.
    L’unica soluzione è un sistema elettorale a doppio turno.
    Arrivarci non sarà per niente facile ma per me resta il primo punto di qualunque programma elettorale.
    Cordiali Saluti,
    Alessio Calcagno

  2. loredana rondelli

    I risultati delle elezioni confermano le previsioni contenute nell’articolo, con la variante (di non poco conto) che la nuova legge sia una sorta di autogol della cdl soprattutto per quel che riguarda gli italiani all’estero.
    Credo però che per arrivare a questa conclusione sarebbe necessario quantificare quali sarebbero stati i risultati in termini di posti in parlamento applicando il precedente sistema elettorale.
    Chiedo all’Autore: è possibile effettuare questa valutazione e comparare i due risultati?
    Grazie

    • La redazione

      E’ possibile farlo e lo faremo, nel senso che pubblicheremo presto un articolo quantificando i risultati alternativi che si sarebberto ottenuti se la legge elettorale non fosse stata cambiata. Si tratta tuttavia di esercizi, interessanti ma da prendere con grande cautela. Se la legge elettorale fosse stata diversa, la campagna elettorale sarebbe stata diversa, diverse, almeno in parte le alleanze, e probabilmente diversa anche la partecipazione al voto. Inoltre, con sistema maggioritario per collegio, la qualità dei candidati e del loro impegno sul territorio può influenzare molto il risultato, come dimostra per esempio il fatto che il centro-destra, tradizionalmente più forte sul proporzionale, ha avuto, nelle consultazioni elettorali precedenti, grandi difficoltà a trasferire questa maggior forza sulla quota maggioritaria

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