Se non si usano le statistiche corrette si rischia di dare un’immagine fuorviante dell’economia di un paese a tutta la comunità internazionale, investitori compresi. E’ quanto è successo al Financial Times che ha pubblicato un articolo sull’Italia con dati sbagliati su debito pubblico, stock di investimenti diretti dallestero e occupazione. In una lettera al direttore del quotidiano britannico, la redazione de lavoce.info analizza gli stessi concetti utilizzando fonti più attendibili. Ne esce un quadro diverso della nostra economia.
Egregio direttore,
i commenti del Financial Times sono molto importanti nel formare lopinione degli investitori internazionali e della comunità internazionale nel suo complesso. Per queste ragioni, ci sentiamo obbligati a rilevare che un articolo pubblicato sul Ft del 20 marzo 2006 contiene una serie di statistiche sulleconomia italiana non corrette e potenzialmente fuorvianti.
Nellarticolo si parla di debito pubblico, e si dice che alla fine dello scorso anno ammontava al 125 per cento del Pil. Questa cifra, ripresa dai dati dellOecd, è di molto superiore rispetto a quella che viene comunemente utilizzata nei dibattiti pubblici. Infatti, se facciamo riferimento alla difinizione di debito pubblico utilizzata da Maastricht, la quale viene utilizzata dalla Banca d’Italia ed Eurostat, e pubblicata anche dall’OECD, troviamo che alla fine del 2005, il valore del debito pubblico italiano era soltanto del 106 per cento del Pil. (Naturalmente, un valore ancora troppo alto, e quel che è peggio, in crescita).
Larticolo del Ft mostra anche che alla fine del 2004 lo stock di investimenti diretti dallestero in percentuale sul Pil era più alto in Italia che in Germania. E per la verità questo è ciò che fanno pensare i dati Unctad utilizzati dagli autori dellarticolo. Tuttavia, in questo caso i dati Unctad non permettono un confronto a livello internazionale, perché riuniscono una molteplicità di fonti nazionali e di definizioni (spesso calcolano gli investimenti diretti dallestero al costo storico). Per gli investimenti diretti dallestero, i dati del Fondo monetario internazionale (e dell’OECD) sono generalmente considerati come la fonte più attendibile. E i numeri dellFmi indicano che lo stock di investimenti diretti dallestero in Italia era solo del 12 per cento del Pil: circa la metà del valore della Germania (24 per cento) e ancor meno (un quarto) di quello della Francia (46 per cento del Pil).
La tesi che lItalia attira relativamente pochi investimenti diretti dallestero sarebbe stata rafforzata dallutilizzo della fonte corretta.
Il Ft ha pubblicato un grafico sul tasso di partecipazione delle forze di lavoro (occupazione più disoccupazione in percentuale alla popolazione tra i 15 e i 64 anni). Ma si dovrebbe prendere in considerazione anche il tasso di occupazione (loccupazione in rapporto alla popolazione in età lavorativa, che non include la disoccupazione), che fra laltro è uno degli obiettivi di Lisbona.
Se lo si fa, il quadro cambia notevolmente perché in Italia il tasso di occupazione è salito negli ultimi dieci anni di 6-7 punti percentuali, molto più che nel resto dellEurozona, riducendo così considerevolmente la distanza con Francia e Germania. Pur considerando il lieve calo nel tasso di occupazione registrato dallIstat in questi giorni, la differenza tra Italia e Germania in termini di tasso di occupazione era del 13,5 per cento nel 1995 ed è ora dell8 per cento. La distanza con
La redazione de www.lavoce.info
Ps
Il grafico e la tabella allegati riportano i dati su cui si basano le nostre considerazioni.
The commentaries of the FT are very important in shaping the opinion of international investors and the international community at large. For this reason, we feel obliged to point out that an article, published by the FT on
The article refers to public debt, which is said to amount to 125 % of GDP at the end of last year. This figure, drawn from the OECD, is much higher than the one which is commonly used in the policy debate. Indeed, if we rely on the
The FT article also shows that end-2004 the stock of foreign direct investment (FDI) as a % of GDP was higher in
Finally, the use of inappropriate statistics leads the FT to overlook the one bright spot of the Italian economys evolution over the last decade, namely its relatively high rate of employment creation. The FT presents a chart with labour force participation rates (employment plus unemployment as a percentage of the population aged 15 to 64), but one should also be looking at employment rates (employment over the working age population, which then do not include the unemployed), which are also
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Maria Scarpetta Clavarino
Confrontando lo standard delle lettere “di protesta” che si usano nel mondo anglosassone, questa è di una “signorilità” – passatemi il termine – superiore.
Il Financial Times dovrebbe non solo pubblicarla, ma provvedere all’errata corrige che si conviene. Le lettere di protesta normalmente accusano i danni in forma molto esplicita e chiedono una monetizzazione. Un interlocutore corretto, non potendo provvedere ad un risarcimento in moneta, dovrebbe comunque avvertire la gravità del caso e adoperarsi con il massimo impegno per rimediare!
Maria Scarpetta Clavarino
Claudio Resentini
Ben ha fatto il Financial Times ad utilizzare il tasso di partecipazione come indicatore reale dello stato dell’occupazione.
I sistemi di rilevazione vigenti (non solo in Italia) trasformano, come prestigiatori, pseudo-lavoratori precari e/o in nero in occupati (basta un’ora di lavoro nella settimana precedente all’intervista, non importante se regolare o no) e trasforma di converso disoccupati in inattivi (perchè hanno rinunciato a mettere in atto qualsivoglia inutile, date certe condizioni, azione concreta di ricerca).
Per questo il tasso di partecipazione (o di attività) ed il complementare tasso di inattività sono una misura importante dello stato di salute dell’occupazione.
Per quanto riguarda il tassso di occupazione, così come è rilevato non significa più nulla, vista la inconsistente linea di confine tra lavoro e non lavoro. Bisognerebbe accoppiarlo a qualcosa del tipo “tasso di sottoccupazione” per distinguere tra occupazione vera e occupazione taroccata come tale.
Sono sicuro che tra i redattori dell voce non mancano le intelligenze per trovare indicaori in tal senso. Spero solo non manchi loro la volontà politica.
Cordiali saluti.
Claudio Resentini