Un assegno da 2.500 euro l’anno per ogni bambino, fino ai diciott’anni. La proposta di Prodi anticipa la necessaria riforma degli istituti di sostegno dei redditi familiari. La misura riunifica assegni familiari e deduzioni, ha carattere strutturale, è universale e selettiva allo stesso tempo. Nell’immediato, l’onere per lo Stato è contenuto, mentre gli effetti distributivi sono virtuosi: l’incidenza percentuale del beneficio è più elevata per i decili inferiori della distribuzione e decresce all’aumentare del reddito. Più problematica la copertura a regime. La proposta avanzata da Romano Prodi di varare, in caso di vittoria del centrosinistra, con la prima Finanziaria della nuova legislatura, un assegno di 2.500 euro allanno fino al conseguimento della maggiore età per i bambini oggi in età 0-3 anni nonché per i nuovi nati, apre la partita della riforma degli istituti di sostegno dei redditi familiari, su cui si sofferma anche il programma dellUnione. Del resto, vanno in questa direzione le caratteristiche stesse della proposta. Verso luniversalismo dei trattamenti Il nuovo assegno ha natura strutturale: al contrario del bonus una tantum introdotto nellattuale legislatura, implica una riforma degli istituti di spesa e di sgravio fiscale esistenti, riunificando, per i beneficiari, lattuale assegno al nucleo familiare, lassegno per nuclei con tre o più figli e la deduzione Irpef per figli a carico. Ha carattere universale perché si rivolge sia ai lavoratori dipendenti che agli autonomi e sostiene anche i cosiddetti incapienti, cioè quanti oggi non godono dei benefici della deduzione in quanto hanno un reddito inferiore al minimo imponibile. Ma è anche selettivo perché varia con il reddito e quindi premia in misura maggiore le famiglie con redditi bassi e medi. Andrà infine generalizzato a tutti i minori via via che il risanamento del bilancio pubblico libererà le risorse necessarie. La copertura e la generalizzazione Sulla proposta avanzata da Prodi restano da discutere due questioni essenziali : lonere per la finanza pubblica e le modalità della sua graduale generalizzazione. (1) Alcuni, tra cui chi scrive, parlano con riferimento al trasferimento a favore degli incapienti di “imposta negativa”, altri preferiscono qualificarlo come assegno tout court.
Che di una riforma dei trattamenti dei redditi familiari in direzione delluniversalismo (selettivo in funzione delle condizioni economiche della famiglia) vi sia bisogno nel nostro paese è stato sostenuto a più riprese e da più parti. Il nostro sistema di welfare è infatti caratterizzato dalla “categorialità“, ossia da istituti ancorati a particolari status per lo più legati alla specifica posizione nel mondo del lavoro. Con leffetto di produrre trattamenti differenziati anche a parità di condizione economica, e di lasciare senza sostegno adeguato fasce rilevanti della popolazione, specie di giovane età, in una situazione che ha visto crescere incertezza e precarietà delle fonti di reddito. Ma vi è consenso anche sul fatto che un passaggio fondamentale in questa direzione sia la costruzione di un coerente assetto tra istituti di spesa e di prelievo, che nel caso in questione consiste proprio nella riunificazione di assegni familiari e deduzioni in un unico istituto di sostegno alle responsabilità familiari. Al di là di questioni in parte terminologiche (1), il punto chiave è, nella sostanza, comune: in base alle condizioni economiche e indipendentemente dallo specifico status lavorativo, i cittadini con redditi più bassi godono di un trasferimento netto a loro favore e quelli con redditi più alti pagano una imposta netta.
Sul primo punto, la nostra valutazione è di un costo pari a circa 790 milioni di euro al primo anno, e non si discosta quindi significativamente da quello indicato dallo stesso Prodi. La cifra è riconducibile allincremento del trattamento per i beneficiari rispetto allattuale importo sommato di assegno familiare e risparmio dimposta dovuto alla deduzione; allestensione del trattamento agli autonomi; alla sua erogazione piena agli incapienti.
Si tratta di un onere contenuto, di poco superiore a quello del bonus una tantum disposto dallultima Finanziaria che prevedeva un costo di 696 milioni. Gli effetti distributivi sono decisamente virtuosi: lincidenza percentuale del beneficio è più elevata per i decili inferiori della distribuzione e decresce allaumentare del reddito (vedi tavola).
Lonere peraltro è destinato a crescere per circa 260 milioni di euro ogni anno, fino a raggiungere i 4,7 miliardi di euro su base annua una volta che il trattamento sarà esteso a tutti i minori di diciotto anni.
Si tratta di una cifra non trascurabile, che porrà quindi un problema di copertura futura. Va anche detto però che si tratta di un ammontare di risorse che, nellarco della legislatura, può risultare compatibile con processi di risanamento della finanza pubblica e di riequilibrio del carico fiscale. Del resto, il secondo modulo di riforma dellIrpef dellattuale Governo, i cui benefici sono andati prevalentemente ai redditi medio-alti, è costato da solo circa 6 miliardi di euro.
Fin qui, il ragionamento assume che la struttura del nuovo assegno ricalchi, con un incremento dei trattamenti, landamento in relazione al reddito (riduzione del sostegno allaumentare del reddito) degli attuali assegni al nucleo familiare e delle attuali deduzioni Irpef.
Il limite principale di questa struttura riguarda il decalage “a scalini” che caratterizza gli assegni al nucleo familiare: riduzione secca dellassegno al passaggio dello scaglione di reddito familiare, costanza allinterno dello scaglione. È una struttura che implica un andamento irregolare dellaliquota implicita nella riduzione degli assegni, con salti di aliquota in corrispondenza dei passaggi di scaglione.
Due le soluzioni possibili del problema. La prima è di definire un decalage lineare dellassegno in funzione del reddito, eliminando gli scalini. La seconda è di definire lassegno in cifra fissa incorporandolo nella base imponibile e affidando alla progressività dellIrpef il compito di scremare il beneficio netto allaumentare del reddito.
La prima soluzione consente di commisurare il decalage al reddito complessivo del nucleo familiare, mentre la seconda affida la riduzione del beneficio alla progressività dellimposta su base individuale. La prima ha il pregio di legare lassegno alle condizioni economiche complessive della famiglia. La seconda ha però due vantaggi rilevanti dal punto di vista di chi scrive: supera lattuale doppia progressività di Irpef e assegni familiari ed evita il cumulo dei redditi che tende a innalzare laliquota implicita sul reddito della donna lavoratrice (in genere più basso di quello del coniuge).
Ma si tratta, appunto, di questioni di prospettiva, su cui sarà opportuno tornare con maggiore ponderazione per impostare la configurazione a regime della riforma.
Decili di reddito disponibile equivalente | Percentuale famiglie beneficiate allinterno di ogni decile | Incidenza % del beneficio sul reddito per le famiglie beneficiate |
Primo decile | 15.7 | 18.7 |
Secondo decile | 4.5 | 6.7 |
Terzo decile | 5.7 | 1.9 |
Quarto decile | 5.7 | 1.3 |
Quinto decile | 5.8 | 1.0 |
Sesto decile | 6.6 | 0.8 |
Settimo decile | 7.7 | 0.6 |
Ottavo decile | 3.9 | 0.4 |
Nono decile | 3.9 | 0.4 |
Decimo decile | 1.4 | 0.2 |
Totale | 6.1 | 2.4 |
Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.
5 Commenti