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Un argine agli affidamenti in house

In Italia il fenomeno della costituzione di società controllate dalle Regioni e dagli enti locali si è allargato a macchia d’olio, con il rischio di creare nicchie protette dalla concorrenza. Il fenomeno dell’affidamento in house va invece circoscritto entro stretti limiti, seguendo i criteri già indicati dalla Corte di giustizia europea. Non a caso il diritto comunitario lo caratterizza come una modalità eccezionale di acquisizione di forniture, servizi e lavori da parte delle amministrazioni, in deroga alle regole generali di trasparenza e concorrenza.

Gli acquisti di beni e servizi delle pubbliche amministrazioni, di regola, devono avvenire attraverso gare pubbliche. Il rispetto dei principi di trasparenza e di concorrenza, infatti, vincola gli amministratori pubblici a comportamenti efficienti di spesa nell’interesse della collettività, impedendo favoritismi e distorsioni nei mercati in cui operano le imprese fornitrici.

Regole di concorrenza e affidamento in house

Ciò non esclude che in alcune circostanze per le pubbliche amministrazioni sia efficiente provvedere alle esigenze istituzionali mediante i propri strumenti tecnici e organizzativi, senza rivolgersi al mercato. Ad esempio, l’autoproduzione può comportare minori costi di transazione. La costituzione da parte delle amministrazioni di società dedicate, se confrontata con l’alternativa di provvedere con le strutture organizzative interne, può presentare vantaggi di maggiore flessibilità contrattuale e di trattamento fiscale.
È per questo motivo che per gli affidamenti cosiddetti in house si è prevista una deroga alle regole sugli appalti pubblici, sia nel diritto nazionale sia nel diritto comunitario.
Ultimamente, però, in Italia il fenomeno della costituzione di società controllate dalle Regioni e dagli enti locali si sta espandendo a macchia d’olio, oltre che per la prestazione di servizi pubblici anche per attività normalmente fornite dal mercato quali ad esempio i servizi informatici, la piccola manutenzione, la formazione, la consulenza, l’organizzazione di convegni, i servizi di ingegneria, i servizi per il territorio e l’ambiente, persino i call center.
Se a questa evoluzione si accompagna l’elusione delle regole sulle gare e, quindi, la creazione di nicchie protette dalla concorrenza, vi sono seri pericoli. Le garanzie circa l’efficienza delle politiche di spesa delle amministrazioni locali cedono il passo ai benefici per i soggetti coinvolti e si favorisce lo sviluppo di diffuse reti di clientele. I concorrenti privati sono esclusi da fette rilevanti del mercato e possono trovarsi in posizione di artificioso svantaggio, rispetto ai soggetti protetti, nella partecipazione a gare in mercati contigui. Vi è il rischio concreto di una nuova ingiustificata espansione della presenza pubblica nelle attività economiche.

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Il freno europeo

Per evitare degenerazioni bisogna porre un freno. In particolare, il fenomeno dell’affidamento in house va circoscritto entro stretti limiti.
La Corte di giustizia europea ha già indicato la strada, con una serie di sentenze che subordinano la compatibilità dell’affidamento in house con il diritto comunitario al rispetto di precise condizioni. Anzitutto, nel diritto comunitario questo tipo di affidamento viene chiaramente caratterizzato come una modalità eccezionale di acquisizione di forniture, servizi e lavori da parte delle amministrazioni, in deroga alle regole generali di trasparenza e concorrenza.
L’affidamento può solo avvenire a favore di una società sulla quale l’amministrazione aggiudicatrice esercita “un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi”.
Tale requisito va inteso in senso sostanziale. Non si tratta della nozione di controllo societario: occorre che il soggetto pubblico abbia un potere assoluto di direzione, coordinamento e supervisione dell’attività della società, tanto che questa sia una vera e propria manus dell’ente pubblico. La partecipazione di un privato, anche minoritaria, al capitale della società partecipata dall’ente locale contraddice tale condizione. Nemmeno la proprietà interamente pubblica è condizione sufficiente: occorre verificare in concreto i poteri dell’organo di amministrazione e l’assenza di una “vocazione commerciale” della società. La Corte di giustizia richiede anche che la società pubblica svolga la parte prevalente della propria attività in favore dell’amministrazione. Se non si verificano tali condizioni, l’attività deve essere appaltata a privati secondo le regole procedurali e sostanziali degli appalti pubblici.
Questi principi comunitari dovrebbero essere incorporati nella normativa nazionale, in materia sia di appalti sia di gestione dei servizi pubblici locali.
Per i servizi pubblici, in realtà, qualche adeguamento in questa direzione è già stato realizzato, in seguito agli interventi delle istituzioni comunitarie. Nel Testo unico delle disposizioni sugli enti locali manca ancora, tuttavia, una importante precisazione: il ricorso all’affidamento in house deve costituire un’eccezione, che le pubbliche amministrazioni devono giustificare. Dimostrandone caso per caso la necessità, nonché i vantaggi che ne derivano in termini di minori costi e maggiore efficienza, ma anche l’impossibilità di soluzioni diverse e meno restrittive della concorrenza.
La disciplina nazionale potrebbe essere ulteriormente rafforzata introducendo la presunzione che l’amministrazione non eserciti un controllo equivalente a quello fatto valere sui propri servizi, quando la società partecipata non è soggetta ai controlli contabili in vigore sulla pubblica amministrazione.

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  1. Filippo Crescentini

    A proposito del controllo analogo cui è subordinato l’affidamento in house, lo stesso è da escludersi quando il soggetto cui si vorrebbe affidare il servizio è costituito in forma di s.p.a., regolata dal diritto societario e quindi in termini che escludono che l’ente affidante possa esercitare su di essa un controllo analogo a quello che esercita sui propri uffici (vedasi sentenza Corte Giustizia europea de 13 ottobre 2005).

  2. Lorenzo Sandiford

    Sarei curioso di verificare quante amministrazioni locali rispettano questi principi.
    Davvero ci vorrebbero indagini e verifiche a tappeto su questo tema.
    Vi propongo di mandare questo articolo a tutte le testate locali: chissà che non si sveglino e comincino a fare inchieste su queste faccende.
    Sarebbe utile al Paese.
    Lorenzo Sandiford

  3. Anonimo

    Il ricorso agli affidamenti c.d. in house è in forte crescita in quanto grazie ad esso si superano i vincoli imposti all’amministrazione in termini di traparenza ed imparzialità. In altri termini mediante le società in house si afidano incarichi e consulenze senza vincolo alcuno favorendo il ricorso alle pratiche clientelari.

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