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Sole, vento e nucleare

I problemi del sistema energetico italiano sono sostanzialmente tre: l’inquinamento, la sicurezza degli approvvigionamenti e i prezzi. Non basta dire “aumentiamo la concorrenza”. I tre temi sono profondamente intrecciati e richiedono scelte energetiche di fondo, soprattutto se si vuole diminuire la nostra dipendenza dall’estero. La soluzione del nucleare sembra impraticabile, almeno nel breve periodo. L’energia solare non risolve la questione. Se non vogliamo risparmiare energia, dobbiamo essere pronti ad accettare un aumento dei costi, già oggi elevati.

I problemi del sistema energetico italiano, in estrema sintesi, sono tre: l’inquinamento, la sicurezza degli approvvigionamenti e il prezzo dell’energia.

I prezzi

Partiamo dai prezzi. Secondo tutti i dati disponibili, i prezzi italiani dell’energia elettrica sono ai massimi europei (primo posto non contestato) sia per i grandi consumatori, sia per le utenze domestiche (a parte la “fascia sociale”, che protegge in realtà anche migliaia se non milioni di consumatori piuttosto abbienti). Scarsa concorrenza? Certo, ma anche le scelte energetiche del paese (molte centrali vecchie che bruciano olio combustibile, per citare un tema) pesano in modo assolutamente decisivo.
Nel gas i dati sono più controversi. Il prezzo per i piccoli utenti è altissimo grazie soprattutto al fisco: quasi il 50 per cento della nostra bolletta è costituita da imposte. Altrettanto certo è che i profitti di Eni fanno segnare record continui e imbarazzanti: se la teoria economica non mi inganna, i profitti sono molto elevati quando i prezzi sono molto superiori ai costi, quindi anche qui i margini di miglioramento sono consistenti.
Basta aumentare la concorrenza? Nell’elettricità, intanto, non è chiaro come questo possa essere fatto. Fin quando saprà di essere “pivotale” – ovvero necessaria a evitare di spegnere le luci – un’impresa avrà molto potere di mercato. Se anche si dimezzasse la capacità produttiva controllata da Enel, ad esempio, il problema in larga parte resterebbe. Possiamo eliminare questo elemento solo se la capacità di vendere energia è molto superiore alla domanda, e questo significa o aumentare a dismisura la capacità produttiva (il che costa tantissimo) oppure aumentare la nostra capacità di importare elettricità. Forse è in questa direzione che dobbiamo andare, ma significa dipendere dall’estero in misura crescente, e il black out del 2003 ha mostrato quali conseguenze può comportare.
Nel gas, ove il 90 per cento di quanto consumiamo proviene dall’estero, il vero nodo è separare la funzione di approvvigionamento (che ha una dimensione imprescindibile di politica estera) da quella di vendita: fin quando il maggiore venditore (Eni) sarà anche l’impresa che controlla quasi il 90 per cento dei contratti di import non sarà facile imporgli proprio nulla. Per ora, dovremmo cercare di costruire più impianti per importare gas in forma liquida e rigassificarlo in Italia. (1)
I diversi progetti allo studio, però, hanno tutti tempi biblici, tra difficoltà di finanziare i progetti in situazione di grande incertezza sulle regole e la opposizione delle autorità locali. Nel breve periodo, non ci possiamo aspettare gran che.

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Sicurezza e ambiente

Per entrambi i mercati, quindi, il nodo sembra essere una scelta fondamentale di politica energetica, che rimanda anche al tema della sicurezza. Si pensi che l’85 per cento dell’energia consumata in Italia proviene dall’estero – soprattutto petrolio, ma la percentuale del gas è in rapida ascesa, e questo ci lega a doppio filo a paesi nelle zone politicamente più instabili della terra.
Per ovviare al problema serve costruire nuove centrali elettriche? Il problema non è quello, sia perché la dipendenza elettrica è solo una parte della storia, sia perché quasi tutte le nuove centrali elettriche in corso di progettazione o costruzione richiedono a loro volta gas.
Per dare un’idea del trend, nel 1990 il 20 per cento dell’energia prodotta in Italia richiedeva che si bruciasse gas, ora siamo oltre il 40 per cento. E nel 2010 si stima che potremmo essere attorno al 60 per cento. Non è in questo modo che riduciamo la dipendenza dall’estero.
Oltre tutto, c’è il problema ambientale. Alcuni dati recenti sono a dir poco allarmanti. Un altissimo dirigente del ministero dell’Ambiente ha dichiarato in sede pubblica che possiamo “toglierci dalla testa” l’idea di costruire nuove centrali in Pianura Padana perché gli inquinanti (Nx in particolare) sono già oltre i livelli delle normative sulla qualità dell’aria. Vero? Falso? Certo è che la fonte è molto autorevole. Così come secondo la stessa fonte dobbiamo “toglierci dalla testa” l’idea di convertire a carbone alcune grandi centrali.
Si noti che queste affermazioni riguardano anche una serie di progetti che hanno in realtà già avuto l’autorizzazione dei ministeri competenti.

Scelte ineludibili

In sostanza, ambiente, sicurezza energetica, prezzi si intrecciano in modo ineludibile e richiedono scelte di fondo non rinviabili:il nucleare? Il sole (con varie tecnologie possibili)? L’energia eolica (il vento)?
Il dibattito di questi giorni sul nucleare mi sembra ai limiti del ridicolo. In primo luogo, conviene veramente? L’energia francese costa poco solo perché il Governo francese intende porre i costi (enormi) dello smantellamento delle centrali dimesse a carico del bilancio dello Stato. Se sommiamo tutti i costi, il nucleare – con le tecnologie odierne – non è un grande affare, anche se è vero che non dovremmo importare materie prime dall’estero.
Ma è un dibattito ridicolo soprattutto perché la questione nucleare non ha a che fare con una parte politica, ma con la capacità di chiunque sia al Governo di gestire i processi. Quale Governo, di destra o di sinistra, sarebbe oggi capace di imporre la costruzione di una centrale nucleare superando le opposizioni locali, quando ci sono voluti venti anni per costruire alcuni pezzi della rete elettrica (tralicci e cavi, niente di più)? E le scorie? Se non riusciamo neppure a costruire discariche “ordinarie”, pensiamo veramente di riuscire ad avere quelle per stipare le scorie nucleari? Aspettare il nucleare pulito temo sia l’unica alternativa: solo allora, forse, riusciremo a farlo accettare dalle comunità locali; a prescindere da chi governa.
Quanto all’energia solare, arrivare al livello tedesco sarebbe una bella cosa, ma in realtà questo sforzo (titanico) riguarderebbe comunque una frazione abbastanza piccola dell’energia consumata. Nella Germania indicata come esempio di irraggiungibile virtù, il solare copre circa l’1 per cento – dicesi uno per cento – del consumo totale. (2)
Non illudiamoci che questo basti; serve uno sforzo articolato, fatto di risparmio energetico, e molto altro.
E comunque, quali sono i costi? Anche tenendo conto dei vincoli di Kyoto, che tra poco cominceremo a pagare per la nostra incapacità di limitare i consumi, un aumento dei costi è da preventivare.
Scelte energetiche di fondo e prezzi dell’energia sono strettamente interrelati. Se siamo pronti ad accettare un aumento dei costi dell’energia, oggi già elevati, non c’è problema. E forse è la cosa giusta da fare, se è vero che la qualità dell’aria è già oltre i limiti tollerabili. Basta non illudersi di potere avere botte piena e moglie ubriaca.

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(1) Al momento abbiamo solo un impianto di questo tipo, casualmente dell’Eni. Il progetto di Brindisi è ancora, come è noto, oggetto di un pesante contenzioso con le autorità locali pugliesi.

(2) Il totale delle rinnovabili in Germania produce l’8 per cento della richiesta nazionale. Si noti che il 50 per cento dell’energia ivi prodotta brucia carbone, una delle fonti più inquinanti ma a costo “diretto” minore. Anche la “virtuosa” Germania si preoccupa dell’economicità. Per dati più completi si rinvia a http://www.grtn.it/ita/Pubblicazioni/fontirinnovabili/StatisticheFontiRinnovabili2004.pdf

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18 commenti

  1. Francesco Colonna

    Nonostante l’ampia discussione sul nucleare, non riesco a formarmi un’opinione solida perche’ mi mancano alcune informazioni. Approfittando di lei, vorrei sapere:

    1) Quanto costa rimettere in funzione le centrali esistenti e quanto costa costruirne di nuove? Quanto tempo ci vuole?
    2) Quali sono i costi della produzione di enegia e dello smaltimento delle scorie (per unita’ di energia).
    3) Quanto materiale fissile c’e’ nel mondo? Chi lo ha? Quanto durera’ (ai ritmi attuali e a queli previsti)?
    4) E per quanto riguarda le altre fonti?

    Cordiali saluti,
    Francesco Colonna

    • La redazione

      caro lettore,
      lei mi chiede una serie di informazioni che le potrei dare facilmente – se fossi una enciclopedia…
      Rimettere in funzione le centrali oggi presenti in italia pare essere – secondo la maggioranza degli osservatori – impossibile o quanto meno molto anti-economico. Anche se le opinioni divergono, credo che sia vero.
      Teniamo conto che si tratta di strutture molto vecchie, e ormai – anche con le tecnologie tradizionali – le costruiremmo comunque in modo molto diverso anche quanto a criteri di sicurezza.
      Quanto costa smantellarle? Giusto per darle un’idea, secondo un quotidiano economico gli investimenti necessari per sostituire l’intero parco centrali francese ammonterebbe a 130 miliardi di euro.
      Altre informazioni: se interessa, consiglio
      http://www.yale.edu/ynhti/curriculum/units/1981/5/81.05.02.x.html#c
      Partendo da lì un po’ di informazioni aggiuntive si trovano sul sito di http://www.Enea.it o quella della http://www.IEA.org. ma trovare tutte queste informazioni non è questione di un minuto, temo…
      Cordiali saluti
      carlo scarpa

  2. Paolo Fornaciari

    Ma perché la scelta nucleare dovrebbe essere impraticabile nel breve periodo ? Vorreste avere la bontà di spiegarlo? Le nostre prime tre centrali nucleari, Latina, Garigliano e Trino Vercellese, furono costruite in circa 50 mesi, quando le competenze non erano certo maggiori di quelle di oggi. Il contratto tra Areva francese e TVO finlandese, prevede un tempo complessivo di 4 anni e la Wetinghouse offre le proprie centrali nucleari AP1000, largamente prefabbricate in officina, con un tempo di costruzione dal primo getto di calcestruzzo in cantiere all’avviamento, di 36 mesi. Caorso e Trino Vercellese con una spesa pari al 6% di quanto costerebbe agli utenti elettrici lo “smantellamento accelerato” inventato in assenza di autorizzazione preventiva dall’allora Ministro all’Industria, On. Pierluigi Bersani, possono esser riavviate in 15/20 mesi per generare elettricità ad 1 Eurocent/kWh, quando a noi costa 12 volte tanto produrla con gas o petrolio. E non si dica che non si può fare : é stato fatto dopo 10 e più anni anche altrove, a Browns Ferry negli USA e. ironia della sorte, a Medzamor, dai nnostri tecnici della SOGIN, in Armenia.

  3. Tommaso Sinibaldi

    Finalmente qualcuno che dice che non è la “concorrenza” la strada per abbassare i prezzi dell’energia elettrica in Italia.
    Ma quale “concorrenza”? Avevamo pochi anni fa in Italia un solo operatore monopolista, adesso ne abbiamo 4 o 5. E’ più probabile che si facciano concorrenza o che mettano in atto comportamenti oligopolistici?
    Vorrei portare all’attenzione due questioni che di attenzione e considerazione mi sembra ne abbiano avuta poca.

    1 – La crazione di “concorrenza” tramite vendita a privati di impianti esistenti dell’ENEL (le cosiddette Genco) ha comportato con tutta evidenza un forte aumento dei prezzi dell’energia prodotta da questi impianti. Infatti questi impianti erano quasi tutti completamente ammortizzati e quindi, sull’energia da essi prodotta, l’ENEL non poteva più caricare costi di ammortamento che, per un impianto termoelettrico, sono assai elevati (dell’ordine del 30% del costo totale).
    Chi li ha acquistati li ha pagati “come nuovi” e quindi scaricherà (e giustamente, ne ha tutto il diritto) sul consumatore l’ammortamento dell’investimento fatto.

    2- Gli impianti di nuova costruzione dei nuovi operatori (che saranno pressochè tutti a ciclo combinato) hanno costi di produzione più elevati di quelli esistenti ENEL . Ciò perchè il costo più elevato del combustibile gas non è compensato dai maggiori rendimenti, ma soprattutto perchè (anche qui) gli impianti nuovi sono gravati da ammortamento e quelli esistenti no.
    Conclusione su questo punto : la “politica” da molti enunciata (anche da Prodi nel suo recente incontro con Legambiente) di smantellare gli impianti ENEL ad O.C. per sostituirli con impianti nuovi a CC non porta certo ad una diminuzione dei prezzi dell’energia elettrica in Italia.

    Conclusione generale : il “mercato” della generazione elettrica è intrinsecamente oligopolista. L’unico modo per avere prezzi più equi (ed un assetto impiantistico del settore più razionale ed economico) è regolare i prezzi.
    Ci sarebbe lavoro per L’Autorità.

  4. stefano

    Gentile Scarpa,
    un impianto GNL potrebbe esser di interesse per i privati? Dove sono? Costruire l’impinato non basta, serve comprare il gas, le navi, saperlo processare e rivenderlo. Credo che i privati non volgiano prednersi poi cosi’ tanti rischi, preferiscono, come il recente esempio di Central Energy dimostra, sostare nell’ambito della mera distribuzione, quella dove i rischi sono nulli (solo marketing) e i profitti alti. E’ noto che i margini nell’energia sono nella distribuzione (vedere articolo su La voce) e nell’upstream.
    La sua analisi insomma, e’ molto superficiale, riporta la solita litania sulle liberalizzazione e sul mercato, senza indagare perche’ non ve ne sia uno.
    Cordialmente,
    Stefano P.

    • La redazione

      caro lettore
      diversi progetti di rigassificazione sono ormai in uno stato avanzato. Ad esempio abbiamo: Brindisi, Porto Levante (Rovigo), Taranto, Muggia (Trieste), Rosignano (Livorno), Livorno off shore, Gioia Tauro, Lamezia Terme, Corigliano Calabro, Vado Ligure. Tra i soggetti interessati abbiamo
      avuto Enel, Edison, British Gas, Falck, Exxon, ecc. Se tutti questi progetti vedessero la luce, la capacità annua di
      importazione aumenterebbe di oltre 50 mld di metri cubi, rispetto a un valore attuale di 70 mld via gasdotto e 3,5 per l’unico rigassificatore oggi esistente.
      I progetti ci sono. Le autorizzazioni tardano (molti dei progetti di cui sopra hanno più di 5 anni e sono ancora su carta), le opposizioni locali sono forti – si veda ad esempio quella di Brindisi (forse il progetto più avanzato), che è nota anche dalle prime pagine dei giornali.
      E’ evidente che di fronte a forti incertezze nel processo di autorizzazione e di “scarso entusiasmo” da parte dell’operatore dominante -che controlla ancora la rete, senza la quale il gas non arriva al cliente finale – non è
      facile mettere insieme il progetto dal punto di vista finanziario.
      Non è una litania. E’ la situazione di un settore.
      cordiali saluti
      Carlo scarpa

  5. cesare santelia

    In riferimento al vs articolo sulla “questione energetica” la prima cosa a cui penso è che come sempre le proposte che sono state presentate riguardano il medio periodo, ma il problema sarebbe da risolvere fin da subito; quindi la domanda è “come fare?”
    la proposta forse è banale, ma probabilmente sarebbe opportuno partire dalle piccole cose;
    – passeggiando per Milano si vedono negozi con le porte spalancate in quanto la temperatura all’interno è insopportabile e lo stesso succede in estate con i condizionatori a temperatura polare: non sarebbe forse meglio regolare i sistemi di areazione?
    – la riforma degli impianti di distribuzione è ferma alla riforma bersani del 1997 (mai attuata): è davvero così difficile per il governo fissare un’agenda per risolvere la questione?
    – per le imprese che sviluppano la cogenerazione non possono essere previste forme di sgravio? (ad esempio con piccoli impianti si può recuperare l’energia delle acque di scarico e simili)
    forse sono un sognatore, ma a solo titolo di esempio, se i centri commerciali costruiti negli ultimi 5 anni in Italia avessero messo sui loro tetti impianti fotovoltaici, oggi la situazione sarebbe leggermente migliore;
    e stesso discorso può essere fatta per gli ospedali, le scuole, i municipi, le carceri,…
    è davvero così costosa questa forma di energia oppure il costo è ammortizzabile ma come sempre si preferisce ragionare sul breve periodo?
    Cordiali saluti
    Cesare santelia

  6. Francesco Di Giano

    Caro Professore,
    è sempre un piacere discutere con lei di energia. desidero apportare delle precisioni riguardanti i prezzi, il nucleare e le energie rinnovabili.
    per quanto riguarda i prezzi, mi ricordo una puntata di report del 2003 (visibile su internet) dove si parla di energia e soprattutto di una legge del 1992 (cip6) con la quale si concedevano strani incentivi alle energie rinnovabili e assimilabili… perchè dico strani perchè questi incentivi sono stati dirottati soprattutto verso la realizzazione di inceneritori-termovalorizzatori, dimenticandoci l’inquinamento che crea questo tipo di sito e i scoraggiamenti nella raccolta e riuso dei rifiuti (non desidero aprire un capitolo sui rifiuti). questi strani incentivi c’è li troviamo addebitati sulle nostre bollette tutti i mesi… questo è solo un esempio del continuo lobbismo energetico che esiste in Italia.
    passiamo al nucleare… ho appena finito di festeggiare i due anni della sana rivolta di scanzano. nel 1987 abbiamo fatto una scelta coraggiosa e se oggi riproponessimo il referendum credo che la gente direbbe ancora no. molti dicono che il nucleare è un energia che fa bene a Kyoto. si dimenticano però tutto il suo ciclo: estrazione dell’uranio, trasporto, realizzazione della centrale, realizzazione del deposito, militirazzione di entrambi, etc.. tutte queste opere-passaggi sono molto energivori e quindi produttori di CO2. le scorie dove le mandiamo??? in un deposito. che cosa scriviamo su quel deposito. teniamo presente che noi oggi abbiamo difficoltà a tradurre scritti di 5.000 anni fa (esempio i geroglifici…). veniamo poi al fusione nucleare. di fusione se ne parla da quando si è realizzata la bomba H e i scienziati sostenevano che in 10 anni avremmo avuto energia… ne sono già passati 40 anni e milioni di dollari buttati al vento… sempre per proteggere una lobby… petrolio, gas, nucleare appartengono e difendono lobby e ci portano instabilità sociale e ambientale…

  7. Francesco Di Giano

    Mentre il risparmio energetico e le piccole centrali ad energia rinnovabili possono essere di tutti. tutti noi possiamo realizzare una casa sostenibile: il tetto con i pannelli, l’impianto di riscaldamento lo si ottiene attraverso il biogas (rifiuti organici e biomasse), la coibentazione della casa (permette un recupero del 30% dell’energia dispersa), etc… etc.. ma la prima cosa da fare è modificare i nostri stili di vita… non possiamo pensare che le energie rinnovabili e il risparmio energitico ci possino risolvere tutti i problemi… i nostri stili di vita non sono più accettabili da questo pianeta. non possiamo più permetterci di pensare che l’economia sia a ciclo aperto, ma dobbiamo incominciare a ragionare per cicli chiusi e definiti. Ma i nostri consumatori sono disposti a rinunciare ai loro stili di vita e a ridifinirli in modo sostenibili? consumare non significa stare bene ed essere felici. le nostre società sono quantitative e non qualitative. incomincerei un discorso molto lungo riguardante anche il nostro indice di riferimento: il PIL. Preferisco lasciarvi con un ricordo e un idea: Keynes quando invento il PIL ci disse questo indice va bene per economie appena uscite dalla guerra. sono passati 60 anni da quanto è finita la guerra. mentre l’idea è cerchiamo e tastiamo un nuovo indice per il mondo. oggi c’è sono diversi. ne cito i due più importanti: impronta ecologica e indice progresso genuino (GPI). secondo questo ultimo gli stati uniti è dal 1970 che non crescono più

  8. Alberto Brandolini

    Uno degli elementi più interessanti dell’economia tedeca degli ultimi anni è la liberalizzazione del mercato dell’energia, legato alla possibilità concessa ai “piccoli” produttori di commerciare l’energia da loro prodotta. Il tutto è vero soprattutto nel solare, le aziende hanno la possibilità di produrre elettricità mettendo i classici pannelli solari sul tetto – utili soprattutto nel periodo estivo in combinazione con i picchi di consumo dati dai condizionatori – oppure affittando il tetto ad aziende che gestiscono i pannelli e l’energia prodotta. L’eolico è invece una sorta di investimento privato per agricoltori interessati ad “arrotondare”.
    E’ interessante notare che in questo modo sono stati creati in germania 170.000 posti di lavoro (ed il governo tedesco, pur non avendo più i verdi in coalizione ha dichiarato di voler assolutamente proseguire nella stessa direzione). Si è inoltre data la possibilità alle aziende la possibilità di diventare più competitive valorizzando un loro asset (il tetto), senza ricorrere ad aiuti di stato…

    • La redazione

      Caro lettore,
      sottolineare le dimensioni del solare tedesco serve solo a sottolineare quanto altro resti da fare. L’1% del solare tedesco sarebbe il 2-3% in Italia (dove per altro partiamo da un valore sostanzialmente pari a zero – il che è una follia).
      Resta molto da fare? certo, e questo significa semplicemente che è giusto iniziare, ma senza illudersi che “raggiungere la Germania” in termini di energia solare basti a chiudere la partita… Giustamente è stato osservato che il fotovoltaico (o il solare termico) possono essere parti di una strategia, non sono soluzioni miracolistiche.
      Si noti che da anni si stanziano alcuni fondi a riguardo che passano attravero le regioni. Informazioni a riguardo le può trovare su http://www.ecoage.com/ambiente/fotovoltaico/energia-fotovoltaica-incentivi.asp con l’elenco dei bandi emessi o in corso.
      Cordiali saluti
      Carlo Scarpa

  9. Matteo Cherchi

    Per quanto riguarda i dati sui reali costi delnucleare segnalo l’interessante e ben documentato articolo di Emilio Novati apparso sul numero di settembre 2005 del mensile altreconomia e reperibile all’indirizzo http://www.altreconomia.it/modules.php?op=modload&name=Downloads&file=index&req=getit&lid=38
    Cordiali saluti

  10. Francesco Parini

    Professore, i suoi interventi sono sempre stimolanti e soprattutto,pragmatici.
    Le scelte energetiche, a mio avviso, non hanno un colore politico, ma devono essere lungimiranti.
    Il nostro patrimonio edilizio,attuale, non brilla per qualità; la legge sul risparmio energetico del 1991 ha atteso quattordici anni per vedere un decreto attuativo, ancora carente, per alcuni aspetti. Molte centrali hanno rendimenti inferiori al 38%, preferiamo le discariche e inviamo i rifiuti all’estero per la termodistruzione.
    Le scelte energetiche italiane devono muoversi in alcune direzioni fondamentali:
    – certificazione energetica degli edifici, interventi di isolamento e manutenzione antisismica.
    – diffusione della cogenerazione e trigenerazione al fine di ridurre l’inquinamento e contenere la costruzione di nuove centrali termoelettriche.
    – sviluppo della produzione della biomassa e sfruttamento delle risorse disponibili (fanghi da impianti di depurazione,rifiuti agroindustriali,rifiuti agricoli,sfalci,ecc.)
    – introduzione di una Tobin Tax ecologica, legata al percorso delle merci, per favorire l’uso di prodotti nazionali.
    – ricerca sul nucleare, tanta ricerca.

  11. Massimiliano Cese

    I danesi posseggono la migliore tecnologia per la generazione di energia elettrica sfruttando la forza del vento. I tedeschi posseggono la migliore tecnologia per la generazione di energia elettrica sfruttando il sole ma…..noi continuiamo a favorire aziende domestiche che godono di protezioni di lobby ed ancora una volta i nostri investimenti saranno mal gestiti alimentando ancora una volta il magna magna italiano.
    “E’ mafiosa l’associazione i cui componenti usino l’effetto intimidatorio sprigionato dal vincolo associativo, con relative sudditanze ed omertà, o per commettere delitti, o per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o il controllo di attività economiche, concessioni, appalti e servizi pubblici, ovvero per ottenere vantaggi ingiusti per sè od altri.”

  12. Luca Tomazzolli

    Per quanto riguarda la questione energetica italiana, mi sembra di ripercorrere le strade già note delle privatizzazioni di IRI, SIP, FERROVIE DELLO STATO, AUTOSTRADE, ecc. dove sono i cittadini più deboli a farne le spese. E’ vero ci vuole un progetto d’insieme per promuovere un modo nuovo di pensare ENERGIA, ma non è una questione tecnologica è solo la volontà politica che manca. Soluzioni? Risparmio energetico – efficienza energetica – case passive – microgenerazione – biomassa – biocarburanti – energia rinnovabile…(Consiglio un bel libro: “Un futuro senza luce?” di Maurizio Pallante editori riuniti).

  13. Rinaldo Sorgenti

    Sono note le difficoltà negli approvvigionamenti del GAS, ancor più preoccupanti considerando la dipendenza del nostro Paese dalle importazioni di qualsivoglia fonte, per la quale non ci si è mai preoccupati di realizzare un’opportuna diversificazione, con la conseguenza che il sistema elettrico è rimasto prima dipendente per oltre 30 anni da un’assoluta prevalenza dell’Olio Combustibile (unico caso al mondo) ed infine re-impostato con un analogo assoluto sbilanciamento sul GAS.
    Se non si porrà rimedio a tale anomala e pericolosa situazione, nel 2010 il nostro Paese dipenderà per oltre il 60% dal metano.
    Tutto questo a causa di una asserita “politica di salvaguardia ambientale” che ha maliziosamente mistificato gli elementi di valutazione, stravolgendo i fatti e capovolgendo le condizioni di merito su cui invece hanno puntato e continuano a puntare tutti i Paesi più sviluppati, con:
    – il carbone (il 1° combustibile per produrre elettricità nel mondo ed in particolare
    in Paesi quali USA, Germania, Danimarca, Giappone, Australia, Spagna, Grecia, ecc.; ed
    – il nucleare (1° assoluto in Francia, Svezia, Belgio e 2° in Germania, Giappone, Spagna, ecc..
    Salvo poi far finta di non osservare che (se non vogliamo restare al freddo ed al buio), il 15% circa dell’elettricità distribuita in Italia proviene da quest’ultima fonte, prodotta da 13 impianti localizzati intorno alle Alpi a meno di 200 km. dai confini.
    Occorrono quindi i “rigassificatori”, ma per abbassare il costo dell’elettricità necessita un’opportuna diverfificazione delle fonti, portando il contributo del carbone in linea con i valori dei Paesi più sviluppati, dove l’attenzione ambientale non è inferiore alla nostra.
    Se riusciremo a fare questo, avremo fatto un passo avanti sostanziale per la sicurezza degli approvvigionamenti ed avremo realizzato le condizioni per riportare opportuni margini di competitività al nostro sistema economico e produttivo.

  14. roberto prato

    Ho avuto l’occasione di conoscere un signore che si occupa di impianti solari, ebbene mi ha detto che con 10.000 euro si possono installare dei pannelli solari per l’acqua calda che oltre a fornire tale servizio, possono, praticamente in ogni stagione, venire utilizzati per portare anche l’acqua dei sanitari di riscaldamento a 40 gradi, lasciando al gas l’onere di portare l’acqua a 60 gradi.
    10000 non sono pochi da sborsare, ma non si potrebbe coinvolgere gli istituti di credito, per il rilascio di prestiti a medio termine, con interessi variabili , ad esempio Euribor + 2 punti ,con piccole rate da 100 euro mensili (tipo credito al consumo) consentendo di scalare gli interessi in maniera integrale dal proprio reddito?
    Sarebbe un vantaggio per tutti, per l’ambiente, per il lavoro, per lo stato (un nuovo settore si espanderebbe) e per gli utenti, ed uno svantaggio per chi ci stringe sempre più il laccio al collo degli approvvigionamente energetici.
    Saluti e grazie di un’eventuale risposta.

  15. Luca Argenti

    Dai molti dibattiti in corso, emerge chiaramente che c’è uno schieramento, molto diffuso e trasversale, che pretenderebbe di affrontare il problema del risparmio energetico sperando di trovare una forma di energia che da sola sia in grado di risolvere il problema.
    Questo sarebbe auspicabile, ma nella realtà così non è, o perlomeno ad oggi non appare.
    Ripetere che “il solare non risolve, che la biomassa non risolve, etc.” risponde ad una logica ottocentesca dove si cercava una alternativa al carbone.
    Dalle mie parti i contadini sono usi dire che “il primo guadagno è il risparmio”.
    Forse sarebbe più proficuo affrontare il problema nella sua complessità, ovvero separarlo in sottogruppi: approvvigionamento/risparmio dell’industria, approvvigionamento/risparmio dei privati, approvvigionamento/risparmio degli impianti pubblici (es. ospedali, scuole, etc.).
    Per quanto concerne i privati.
    In effetti i pannelli solari potrebbero essere convenienti, a condizione che:
    – il costo di acquisto sia diluito nel tempo, ad es. creando dei consorzi comunali che contraggano mutui trentennali con la Cassa Depositi e Prestiti;
    – i costi di manutenzione siano calmierati.
    Ipotizzando un costo di acquisto e installazione di 10.000 euro, qualora sia mutuabile al tasso del 3.5% per 30 anni, si pagherebbero appena 45 euro al mese, 1,5 euro al giorno.

    Per far questo, ovviamente, servono persone lungimiranti che “aprona la strada” nelle loro rispettive comunità, magari prendendo esempio dalle realtà locali che già hanno fatto questo passo.
    Un flash sul risparmio nelle grandi strutture pubbliche ma anche private.
    Negli ospedali e nelle scuole così come in molti grandi condomini con riscaldamento centralizzato, è frequente vedere le finestre aperte per il troppo caldo.
    Siamo sicuri che una piccola elettrovalvola non possa risolvere il problema?

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