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Una rivoluzione copernicana per il traffico urbano

I blocchi del traffico servono nell’immediato a ridurre le polveri sottili nell’aria e le loro conseguenze sulla salute dei cittadini. Ma un dibattito serio dovrebbe puntare a convincere l’opinione pubblica che gli attuali trend di traffico non sono sostenibili. E partire dal problema del congestionamento invece che dall’inquinamento. Un utile strumento sono le politiche di prezzo. Ticket d’ingresso e pedaggi differenziati non sono tasse inique e regressive, ma il pagamento di un servizio. Soprattutto se i proventi vanno a potenziare il trasporto pubblico.

Mentre attendiamo, un poco rassegnati, l’assalto del caldo estivo, vale la pena volgere lo sguardo all’indietro e riconsiderare il dibattito, a tratti stucchevole, sullo smog causato dal traffico urbano e sui blocchi alle auto, le targhe alterne e quant’altro. Un dibattito che è durato parecchio perché non sarà sfuggito che quest’anno l’emergenza è durata più a lungo che in passato e le condizioni di pioggia e vento favorevoli all’attenuazione del fenomeno sono arrivate con ritardo o sono state insufficienti. Speriamo che nel prossimo inverno la discussione, prima ancora che i provvedimenti, si riveli più costruttiva.

Dell’utilità del blocco

Quest’anno, opinionisti, esperti e amministratori locali hanno a lungo disquisito sull’utilità o meno dei provvedimenti di limitazione temporanea o selettiva del traffico urbano. Sono serviti i blocchi della circolazione? Noi crediamo di sì. In attesa di altri provvedimenti più radicali, dai tempi necessariamente più lunghi e con effetti di più ampio respiro, hanno svolto la funzione per la quale sono stati istituiti: ridurre ancorché temporaneamente i livelli di polveri sottili nell’aria. Con ciò attenuando le conseguenze sulla salute dei cittadini. Altre alternative nell’immediato non v’erano.

Cambiare la mentalità degli automobilisti

In realtà, un dibattito serio e informato dovrebbe iniziare diversamente: dovrebbe convincere l’opinione pubblica a cambiare radicalmente mentalità in materia di mobilità urbana e suburbana. E dovrebbe basarsi su una serie di elementi che vale la pena riassumere.
La libertà di movimento individuale su gomma genera una duplice esternalità negativa: inquinamento e congestionamento. L’utilizzo delle strade è gratuito: tutti sono così indotti a farne liberamente uso, con il risultato che si rallentano i movimenti di tutti e che si inquina, con le attuali tecnologie di trasporto, peggiorando l’aria che tutti, pedoni compresi, respirano. Gli automobilisti pagano solo in minima parte i costi di questi effetti negativi. Le due esternalità sono interdipendenti, ma la relazione non è biunivoca. Infatti, se si riduce il congestionamento da traffico, a parità di tutto il resto, si riducono anche le emissioni inquinanti. Ma si possono ridurre le emissioni, passando per esempio ad auto a Gpl, senza ridurre il congestionamento. Quando si investono fondi pubblici per la ricerca in tecnologie di trasporto basate sull’idrogeno, dunque a emissioni zero, va tenuto presente che questa soluzione potrebbe in realtà aggravare il problema del congestionamento. Di conseguenza, la ricerca delle possibili soluzioni dovrebbe partire dal problema del congestionamento, anziché da quello dell’inquinamento.
I fatti sono noti. A fronte di una domanda di trasporto crescente, l’offerta di nuove strade è aumentata poco o è rimasta stazionaria. Secondo il Rapporto 2005 su Ambiente Italia di Legambiente, in questo decennio si è consolidato nel nostro paese il dominio del trasporto su gomma (+43 per cento, pari al 77 per cento del totale) mentre stazionarie sono mobilità su rotaia (-5 per cento sul 2001, +12 per cento sul 1993) e cabotaggio (+7 per cento sul 2001, +2 per cento sul 1993). Tra i grandi paesi europei, l’Italia presenta il massimo squilibrio a favore del trasporto su gomma e più elevata quantità pro-capite di mobilità motorizzata: 15.200 km/abitante annui, +22 per cento sulla media europea, +44 per cento rispetto alla Germania. Poiché costruire nuove strade è diventato politicamente e praticamente difficile, gli ingorghi sono destinati ad aggravarsi o lo spazio stradale deve essere razionato. Attualmente, solo una parte dei costi connessi ai problemi ambientali, agli incidenti e al congestionamento sono sostenuti direttamente da coloro che li provocano. Ciò è inefficiente e iniquo. Un ormai datato libro verde della Commissione europea dedicato alle politiche volte a internalizzare i costi esterni dei trasporti, stima che il congestionamento costi all’Unione il 2 per cento del Pil ogni anno, gli incidenti un altro 1,5 per cento e l’inquinamento e il rumore un altro 0,6 per cento. (1)
In Italia, delle 240 opere definite dal Governo prioritarie, meno di una decina riguardano la mobilità urbana. E questo nonostante che il 64 per cento del traffico automobilistico si svolga nel raggio di cinque chilometri dal centro delle città e il 19 per cento entro un raggio di dieci chilometri. Anche le Ferrovie ci mettono del loro privilegiando l’Alta velocità per 4 miliardi di euro su 6,4 del loro piano di investimenti.

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I ticket d’ingresso

Tradizionalmente, le politiche dei trasporti hanno utilizzato la regolamentazione diretta, ma ci si orienta ora verso politiche di prezzo, con soluzioni che forniscono ai cittadini e alle imprese l’incentivo a trovare rimedi efficienti al problema. Se gli automobilisti che viaggiano nelle ore di punta fossero obbligati a pagare un pedaggio (o un pedaggio più elevato), coloro che avessero altre opzioni – viaggiare in orario differente, scegliere altra modalità di trasporto – rinuncerebbero. È noto l’esempio del congestion charge introdotto a Londra dal sindaco Ken Livingstone. Nella capitale inglese il “ticket” funziona, con un traffico che si è ridotto del 20 per cento e velocità medie che sono significativamente aumentate. (2)
Ma sono molte le esperienze in giro per il mondo: da Singapore ai progetti in corso in una dozzina di Stati americani, passando per le città norvegesi di Oslo, Bergen e Trondheim. (3)
Anche a Milano, nel cuore della pianura padana, una delle aree più chiuse d’Europa e perciò particolarmente esposta ai problemi di inquinamento, si è dibattuto per un po’ di tariffa di ingresso, ma i propositi sono stati presto abbandonati anche a causa di visioni divergenti all’interno della stessa maggioranza comunale. Presumibilmente, la regolamentazione, dalle targhe alterne ai blocchi del traffico, è più facile da “vendere” agli elettori ed è uno strumento comunque valido in determinati contesti come la protezione di centri storici. Ma è uno strumento rozzo, che non può essere aggiustato a livelli variabili di domanda e soprattutto non produce entrate Chi si oppone al ticket d’ingresso sostiene che si tratta di un’ennesima tassa. Questa affermazione non è corretta: è il pagamento da parte dell’utente di un servizio che gli viene fornito, così come si paga il trasporto pubblico con l’autobus e il metro. Un altro tipico rilievo è che il provvedimento è iniquo e regressivo. Ciò discende dalla visione che la strada è un bene pubblico che dovrebbe essere fornito in misura uguale a tutti. E dopotutto cosa c’è di più egualitario di un bell’ingorgo? In realtà, l’equità del ticket di ingresso dipende in modo cruciale da come i ricavi sono spesi. Se sono impiegati per sussidiare servizi, come i bus, utilizzati in primo luogo da fasce di cittadini a basso reddito, allora il ticket verrà visto favorevolmente. Vale ancora l’esempio di Londra: Livingstone ha concesso generosi sussidi al sistema di bus londinesi con il risultato che la città dispone ora di 280 chilometri di corsie riservate (la metà in più rispetto al 2000) mentre i viaggi dei bus sono aumentati dell’8 per cento annuo. (4)
In sintesi, è importante che la pubblica opinione, e gli automobilisti in particolare, comprendano che gli attuali trend di traffico non sono sostenibili. Allo stesso tempo, i nostri amministratori, centrali e locali, si devono convincere che assumersi la responsabilità di provvedimenti flessibili come il pedaggio di ingresso, darà ritorni elettorali positivi. Come racconta Elserino Piol, la tecnologia può dare un aiuto importante alla soluzione dei problemi di congestionamento e quindi di inquinamento, purché si mostri un po’ di coraggio e di determinazione. (5)

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(1) Commissione Europea “Towards Fair and Efficient Pricing in Transport”, COM(95)691, Brussels, disponibile all’indirizzo http://europa.eu.int/en/record/green/gp9512/ind_tran.htm.

(2) “Ken Livingstone’s Gamble”, The Economist, 15 febbraio 2003.

(3) Robert Atkinson, “The Role of Road Pricing in Reducing Traffic Congestion”, testimonianza davanti al Joint Economic Committee of the US Congress, 8 maggio 2004, disponibile all’indirizzo http://www.ppionline.org/ndol/print.cfm?contentid=251568.

(4) “Fares, please”, The Economist, 1 gennaio 2005.

(5) Vedi il supplemento Affari e Finanza di Repubblica del 4 aprile 2005

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17 commenti

  1. Leonardo LIBERO

    Gli esperti di questi temi sostengono che i provvedimenti tipo targhe alterne e domeniche a piedi servono a zero, se non a far finta di fare qualche cosa. Sostengono anche – esami chimici alla mano – che una buona parte delle famigerate polveri sottili NON proviene dagli scarichi dei veicoli bensì dalle loro ruote, che la sollevano dalle strade. Le quali quindi andrebbero semplicemente lavate, come si fa per esempio a Parigi, dove il traffico non è certo minore che a Roma o Milano, ma il problema inquinamento non si pone con la stessa gravità che ci viene dichiarata qui, ammesso che ci si dichiari il vero. Certo, il lavaggio delle strade sarebbe a carico dei bilanci comunali, mentre i blocchi totali o parziali del traffico pesano solo sui cittadini, che qui sono abbastanza pazienti, e disinformati, da sopportarli.

    Grazie dell’attenzione e cordiali saluti.

    Leonardo Libero
    (direttore di Energia dal Sole e collaboratore de La Stampa-Tuttoscienze)

    • La redazione

      Il ticket d’ingresso potrebbe servire a finanziare, tra l’altro,
      anche il lavaggio strade.

  2. Marco Ferrari

    Caro Galeotti,

    sono d’accordo con quanto da lei scritto. L’unica cosa che non mi convince è la non regressività del ticket. Io ho l’esempio di Milano. Pur avendo un’utilitaria (una Twingo), mi muovo con i mezzi pubblici e la Vespa perché un sorta di ticket a Milano c’è già: il costo dei parcheggi a pagamento (pubblici, “strisce blu” in strada e privati, le autorimesse).
    Infatti in centro a Milano si vedono solo Mercedes, BMW e i cosidetti “SUV”, che occupano spazio, rovinano le strade per il loro peso, e soprattutto inquinano per via delle grosse cilindrate, molto più di un’utilitaria catalizzata.
    Perché questo? Perché chi ha i soldi per una Porsche Cayenne, i 5-10 euro per un parcheggio non sono niente!
    Quindi il ticket, affinché sia equo, deve assolutamente essere proporzionato al reddito. Chi entra in città con una Cayenne, deve pagare 10 volte chi entra con una FIAT Seicento. Sia perché inquina e occupa spazio maggiore, sia perché sia posto nelle stesse condizioni di chi la Cayenne non se la può permettere.
    Altrimenti il centro sarà ancor più appannaggio dei soli ricchi (che, selezione avversa, hanno auto più consumanti e inquinanti).
    Cordialità,
    Marco Ferrari

    • La redazione

      Quanto lei afferma mi sembra indulga un poco alla demagogia. Sondaggi e verifiche alla mano, il ticket di ingresso non fa circolare in centrocittà solo i ricchi e le macchine grosse (che non è detto siano più inquinanti). Il ticket di ingresso fa circolare coloro che hanno disponibilità marginale a pagare più elevata.
      Questa non è correlata solo al reddito ma ad altri elementi come le alternative al viaggio, alla modalità di trasporto prescelta ecc. Infine: il ticket d’ingresso riguarda l’attraversamento della città, il costo del parcheggio riguarda la sosta. Non sono la stessa cosa.

  3. Vincenzo Antonuccio

    Credo che qualunque persona ragionevole sia d’accordo sulla necessita’ che vengano adottate politiche che disincentivino l’utlizzo sistematico di autiovetture private e contemporanemanete invoglino ad un maggior utilizzo dei mezzi pubblici. Dubito pero’ che la soluzione possa risiedere nei ticket d’ingresso. A Napoli e’ stata adottata da alcuni anni una misura che ricorda il ticket d’ingresso: cioe’ un rialzo notevole dei costi del biglietto orario del parcheggio (strisce blu). E’ facile notare che questo non scoraggia l’uso del mezzo privato, anche perche’ l’abuso (cioe’ il non pagare il parcheggio) e’ diffuso e tollerato.
    Io credo che il major di Londra sia stato eletto anche perche’ ha promeso che avrebbe alleviato il congestionamento del traffico. Nessun politico italiano si sognerebbe di fare altrettanto, soprattutto di spiegare come vorrebbe farlo. La triste verita’ e’ che certe misure (ticket d’ingresso/ parcheggi costosi) funzionano laddove la popolazione ha un livello culturale ed una consapevolezza civica sufficientemente elevati da premiare politiche e politici responsabili. Tuttavia, e’ bene che qualcuno (come Lei) parli di questi problemi: chissa’, forse i miei pronipoti avranno qualche speranza….

  4. stefano minguzzi

    Mi permetto di dissentire. Cioe’ concordo con l’analisi sui blocchi del traffico: sono dei palliativi ad una emergenza, ma non affrontano il problema ne’ nel medio ne’ nel lungo termine.
    D’altronde concordo anche che la chiave di volta di una qualsiasi politica di risparmio e’ quella che si focalizza sugli usi e le modalita’ dei consumi. Pertanto bisogna cambiare le abitudini dei consumatori (in questo caso automobilisti).
    Concordo infine sul fatto che il problema della mobilita’ e’ duplice: inquinamento e congestionamento. migliorando i motori possiamo pensare di ridurre il primo, ma non il secondo.
    Come fare? Qui le divergenze. La sua proposta e’ quella di introdurre il road-pricing ossia “pagare per circolare”. Una sorta di pedaggio autostradale pero’ urbano. A Londra e’ vero ha funzionato e oggi il “rosso” Ken Livingstone sta pensando di alzare il costo del pedaggio per aumentarne gli effetti (e gli incassi). In effetti se per entrare in centro devi pagare ci pensi 2 volte a prendere l’auto.
    D’altronde pero’ cosi’ si crea un doppio diritto: chi puo’ paga una “tassa” di accesso al centro, gli altri a piedi. E’ un principio fondamentalmente ingiusto che discrimina gli automobilisti in base al reddito invece che in base allo stile di consumo.
    Meglio la ZTL come fatta in Italia: chiusura oraria che penalizza chi usa l’auto in certe ore del giorno, ma consente comunque una fruizione della citta’ in altre a tutti.
    Il problema purtroppo, a voler essere equi, richiede un intervento piu’ radicale e cioe’ l’obbligo per legge di avere un posto auto. A Monaco di Baviera l’acquisto di una casa e’ subordinato alla presentazione di una dichiarazione di quante auto si possiede e dove verranno parcheggiate. Il posto auto gratis per strada e’ il vero alleato alla proliferazione delle auto.
    In questo modo si scoraggerebbe l’acquisto di seconde o terze macchine che poi restano tra le 10 e le 12 ore parcheggiate in strada. Occupazione del suolo pubblico, riduzione della mobilita’, ostacolo alla circolazione, etc etc.
    Una nuova politica del posteggio potrebbe favorire maggiormente su politiche di riduzione delle auto in circolazione come il car-sharing (garage con macchina in affitto ad ore) o il car-pooling (ad es. taxi collettivo).

    • La redazione

      Nell’articolo ho cercato brevemente di spiegare perchè il
      pedaggio di ingresso non è in realtà una misura iniqua, quando i proventivengano spesi per “non fare andare a piedi” coloro che non sipossono permettere il pedaggio. Dai lavori che cito emerge inoltre chenon sono solo li automobilisti facoltosi a pagare il pedaggio per attraversare il centro. Sono convinto che sia un falso problema. Bene econcordo sul posto auto.

  5. biagio di lernia

    le auto che circolano in italia sono molte, rispetto alle reali necessità degli utenti. La tassazione dovrebbe essere alta per le auto di cilindrata superiore a 1300 ed ai gipponi. I soldi ricavati a vantaggio dei trasporti pubblici.

  6. Adriano Sala

    A mio avviso, il ticket di ingresso alle città non sarebbe altro che una nuova tassa, di cui dubito fortemente l’utilizzo per migliorare il servizio pubblico: servirebbe a coprire i soliti tagli dello stato nel trasferimento agli enti locali. Gli automobilisti pagano già pesanti tasse: quante di queste tasse sono utilizzate per migliorare la viabilità? se questo è accaduto fino ad ora, per quale motivo non dovrebbe più accadere? I nostri amministratori devono tirare fuori le idee e, soprattutto, devono attuare politiche coerenti e lungimiranti. Alcuni esempi. Sono spariti i negozi di vicinato, sostituiti da grossi centri commerciali lontano dalle abitazioni e causa di notevole incremento nella produzione di rifiuti. La vita nei piccoli centri ha un livello di qualità più elevato delle città e i costi delle abitazioni sono abbordabili: il risultato è che la popolazione attiva si sposta nei piccoli centri e si muove verso le città per lavoro. Per usufruire dei più banali adempimenti amministrativi ci si deve recare negli uffici pubblici, aperti solo in orari di lavoro. Le licenze di taxi sono contingentate (al limite della borsa nera) e i costi sono proibitivi. Potrei continuare. Allora gli amministratori locali devono tirare fuori le idee, non le tasse, in modo da produrre vantaggi nel lasciare l’auto in garage. Vuole un esempio? Mi capita abbastanza spesso di recarmi a Milano da Modena. Devo usare l’auto, perchè i servizi ferroviari sono carenti.Ma non mi reco certo in centro con la mia auto. Parcheggio al capolinea della metropolitana 3, in un quarto d’ora sono in piazza Duomo: costo, andata e ritorno con parcheggio, quattro euro scarsi. Questo sì che è un vantaggio. Allora gli amministratori pensino alla pianificazione territoriale, a migliorare la qualità della vita nelle città, a fornire servizi a domicilio o via internet, a migliorare i trasporti pubblici in generale, non solo autobus e tram. Ma per fare questo necessitano idee, difficili da trovare.

    Cordialmente

  7. Roberto Cecchinato

    Nel periodo in cui Ken Livingstone introdusse il pedaggio all’ingresso nel centro di Londra vivevo nell’Essex, ad una quarantina di km dalla capitale britannica. L’effetto fu immediato e percepibile, si parlò di una diminuzione del 30% del traffico urbano, e confermo l’aumento di vivibilità della città.
    Ritengo però che il sistema abbia funzionato perché, tagliati i viaggi evidentemente non indispensabili, chi effettivamente in città ci doveva andare aveva un’alternativa reale: una vasta rete di metropolitana, ferrovia, linee di autobus, funzionante in varia misura 24 ore al giorno.
    Tutto quello insomma che molte città italiane non riescono ad offrire oggi.
    Ho vissuto per un certo periodo nei pressi di Dusseldorf, in Germania: lì, come in tutte le grandi città e aree urbane tedesche, c’è un’efficiente servizio di metropolitana leggera, la “S-Bahn”.
    Un servizio di questo genere, vale a dire treni affidabili e frequenti che collegano l’hinterland alla città, permette di abbassare il numero di persone che percorrono i 10-20 km di strada al giorno in auto. A patto che il servizio sia efficiente e flessibile. Che non si debba scappare dall’ufficio perché il prossimo treno è fra due ore. A patto che non si guasti due volte alla settimana, perché i pezzi di ricambio originali degli anni ’50 non siano facili da reperire.
    A mio avviso il problema politico più grande è la gestione del periodo di alcuni anni che intercorrerebbe fra la proposta e l’avvio di lavori di costruzione o ristrutturazione di nuovi trasporti pubblici, ed il loro effettivo ingresso in servizio.
    Per fortuna qualche luce c’è: per esempio il nuovo tram di Padova, nel congestionato nordest, è l’inizio di una possibile soluzione.

  8. Massimo Famularo

    Premesso che in linea di principio le argomentazioni esposte sono assolutamente condivisibili, mi permetto di suggerire qualche indicazione di dettaglio per tradurle in pratica.
    Occorre indurre le persone a razionalizzare la propria mobilità facendo pagare loro i costi indiretti dell’utilizzo dell’auto.
    Dal momento che questo può risultare impopolare suggerisco di procedere per gradi.
    Un primo provvedimento relativamente facile da applicare e sicuramente accettabile è rendere più efficiente il monitoraggio delle infrazioni comuni in città (sosta selvaggia, violazione corsie preferenziali etc) usando web cam e macchine fotografiche digitali. Unendo a questo un efficace sistema di riscossione (possibilità di pagare su internet, mandato a società private di riscossione etc.) si ridurrebbero molte infrazioni che rallentano il traffico, si raccoglierebbero fondi per migliorare i mezzi pubblici e si incentiverebbe determinati soggetti ad usare di meno l’auto.
    Anche in autostrada, visto che è noto l’istante in cui si entra e si esce, si potrebbe multare chi ha una velocità media superiore ai limiti consentiti.
    Trovo difficilmente praticabile monitorare e far pagare in modo differenziato chi circola con auto ecologiche e chi con auto inquinanti e soprattutto in orari di punta o meno. La soluzione è consentire per legge la circolazione solo ad auto a basso impatto ambientale (magari solo a gas nei centri urbani). Si può poi introdurre una tassazione in base alla cilindrata e alla residenza come addizionale alla tassa di circolazione i cui proventi dovrebbero sussidiare i mezzi pubblici.
    Con mezzi pubblici che funzionano meglio, infrazioni perseguite, possesso ed uso dell’auto più costoso si dovrebbe ridurre il congestionamento

  9. Gennaro

    Vorrei conoscere l’opinione dell’autore sul telelavoro. A mio parere incentivare le imprese a incrementare il numero dei dipendenti collegati in rete dalle proprie abitazioni senza costringerli a recarsi ogni giorno in ufficio, faciliterebbe la riduzione del congestionamento del traffico e in via indiretta abbatterebbe i livelli di inquinamento nelle città. Inoltre credo che il telelavoro si tradurrebbe nel medio periodo anche in un notevole risparmio economico per i dipendenti e per le imprese (minor tempo sprecato nel traffico, minori spese di trasporto) e in un indubbio aumento della qualità della vita.

    • La redazione

      Confesso di avere riflettuto poco sul telelavoro e di saperne
      poco. Dal punto di vista della mobilità e del traffico i vantaggi
      sembrano evidenti. Ma bisognerebbe chiedere ad un economista del lavoro
      gli aspetti legati questo particolare assetto nel rapporto di
      collaborazione.

  10. ettore

    Il problema del traffico urbano e dell’inquinamento è complesso, per cui, per attenuarlo, occorre intervenire in diverse direzioni: 1)ticket d’ingresso, come è stato scritto; 2) potenziamento del trasporto pubblico urbano ed interurbano sull’esempio delle grandi città europee citate; 3) incentivare il più possibile i motori a gas e a gpl, e parallelamente, disincentivare i motori molto inquinanti e le auto di grossa cilindrata che occupazione molto spazio e inquinano parecchio. E’assurdo che i produttori di veicoli continuinino imperterriti a proporre prevalentemente i motori a benzina, e al diesel tradizionale; un’alternativa valida, in attesa dell’idrogeno, esiste già: il gas, il gpl, e il bio-diesel. Se fosse per me, obbligherei tutti i produttori a costruire solo auto di piccola e media cilindrata a bio-diesel e a gas.

  11. Ricardo Baldassarre

    sono pienamente d’accordo sul telelavoro, per un anno e mezzo ho potuto usufruire di questa possibilità, quella di lavorare a casa seguendo la mia azienda e i clienti direttamente tramite internet. Con le tecnologie oggi presenti quali connessioni a banda larga e VOIP non esistono limiti al lavoro, risparmiando costi non indifferenti di spostamento persone e sopratutto il rischio di rimetterci le piume per arrivare in orario in sede. Nel mio caso la mia azienda ha sostenuto i costi di attivazione di una linea ADSL diretta con il mio ufficio. I costi per una attivazione di una linea verso internet a casa al giorno d-oggi sono bassi, purtroppo non siamo come in Svezia dove si paga una semplice attivazione e non si paga alcun canone o traffico verso internet visto che e- pubblica.

  12. carfagni roberto

    Sono residente a Castelfiorentino, una cittadina di oltre 17.000 abitanti ( provincia di firenze) , con un estensione territoriale di circa 60 km2,tra capoluogo e frazioni, e mi sono convinto della necessità di costituire,da parte della pubblica amministrazione,un servizio di trasporto pubblico su modelli esistenti nelle città, provenendo da Firenze, forse ne sento la mancanza, e penso comunque che sia anche un fatto culturale legato all’esigenza di potersi muovere in maniera collettiva,cercando anche nei paesi o piccole città di imparare a fare a meno dell’auto, e non solo per un fatto ambientale, ma economico e sopratutto relativo alla sicurezza personale, perchè come dice Beppe Grillo, l’auto è la vera arma di distruzione di massa:

  13. david conotter

    Il miglior sistema di trasporto pubblico potrebbe essere quello di utilizzare i quattro posti vuoti di tutte le auto in circolazione che notoriamente viaggiano con una sola persona a bordo.Questo sarebbe il sistema di trasporto piu’ economico, frequente e capillare che si conosca, comprese le ore notturne e le zone periferiche.Anche nelle situazioni piu’ disastrate passa sempre un’auto ogni dieci minuti, mentre non è cosi’ con i mezzi pubblici.
    Se in certe zone ben detterminate fosse possibile passare solo con almeno due persone a bordo, a pena di una forte tassa, molti sarebbbero incentivati a fermarsi e raccogliere chi fa autostop.
    Io penso che dovrebbe funzionare, ma non è mai stato sperimentato, infatti con i blocchi della circolazione chi aveva un’auto nuova o a posto con le emissioni, non aveva nessun interesse a raccogliere chi fa autostop, per i piu’ svariati motivi.
    In questo modo si avrebbe un forte trasposto pubblico (le auto che raccolgono chi fa autostop) e una riduzione delle auto in circolazione perchè qualcuno pur di entrare in città non pagando, sarebbe disposto a fare autostop, e qualcun altro pur di non pagare, raccoglierebbe chi fa autostop.
    Provare per credere.Spero che qualche amministrazione lo faccia!

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