Oggi il sistema tributario italiano, a parità di condizioni, incentiva a investire in capitale fisico anziché in ricerca e sviluppo. Anche con le agevolazioni proposte dal Governo, la convenienza a effettuare tali investimenti rimarrebbe inferiore rispetto ad altri paesi. I benefici dovrebbero comunque essere riservati ai soli nuovi investimenti. Sarebbero così più efficaci e avrebbero un costo inferiore per l’erario. Dovrebbero poi essere affiancati da una misura specifica di carattere permanente.

Incoraggiare gli investimenti in ricerca e sviluppo è un obiettivo motivato principalmente dalla considerazione che, senza il sostegno pubblico, il livello prodotto dal mercato è sub-ottimale: a causa delle esternalità positive di tali attività, infatti, il tasso di rendimento privato è inferiore rispetto a quello sociale. Il sostegno finanziario pubblico aumenta gli incentivi a intraprendere attività di R&S, avvicinando il primo tasso al secondo (vedi l’articolo di Francesco Daveri “Innovazione cercasi“).

Un trattamento di favore

Per questa ragione nella maggior parte dei paesi il sostegno pubblico all’attività di ricerca e sviluppo privata è considerevole. Lo strumento prevalentemente utilizzato è costituito dai sussidi diretti, ma negli ultimi anni è cresciuto fortemente il ruolo delle agevolazioni fiscali.
Misure di questo genere hanno generalmente dimostrato di essere efficaci nell’aumentare il volume degli investimenti, ma incontrano alcune controindicazioni. Ad esempio, la possibilità che si generino pratiche elusive, in cui le imprese sono indotte a riclassificare le loro attività in modo da qualificare come spese in R&S esborsi di altra natura.
Per capire come, in generale, un sistema tributario influisca su questi incentivi, è importante innanzitutto ricordare che nel tipico investimento in R&S la componente di spesa corrente (costituita da salari e stipendi) è generalmente preponderante. Nella generalità dei paesi Ocse, mentre il costo dei beni capitali è ammesso in deduzione in più periodi d’imposta secondo le quote d’ammortamento, le spese correnti in R&D sono immediatamente deducibili nell’esercizio in cui sono sostenute, pur essendo anch’esse costi a utilità pluriennale.
In genere pertanto, il trattamento fiscale si configura come agevolativo, con benefici fiscali in termini di tax deferral. Se un paese riconosce anche un’agevolazione fiscale specifica, il favor fiscale verso gli investimenti in R&S rispetto ai normali investimenti in capitale fisico è ancora più marcato.

Cosa accade in Italia

Nel nostro paese, i costi relativi al personale impiegato in attività di R&S sono deducibili dall’Ires, ma non dall’Irap, in quanto ricompresi nel valore netto della produzione che rappresenta la base imponibile di questa imposta.
In questa situazione, se si confronta il costo del capitale di un generico investimento in capitale fisico (macchinari) e di un investimento in R&S (1), si vede che il costo del capitale di un investimento in R&S è sempre superiore a quello di un investimento generico (vedi tabella). Ad esempio, un investimento in R&S finanziato con utili accantonati deve rendere il 6,35 per cento al lordo delle imposte per essere remunerativo, mentre un investimento generico deve rendere soltanto il 5,86 per cento. Ciò significa che a parità di condizioni il sistema attualmente incentiva a investire in capitale fisico anziché in R&S.

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Tasso di interesse: 5 per cento


Tra le misure di carattere fiscale allo studio del Governo, vi è la proposta di rendere deducibili dall’Irap i costi relativi al personale impiegato in attività di R&S. Come si vede dalla tabella, il costo del capitale per gli investimenti R&S si ridurrebbe, assumendo valori sempre inferiori a quelli del generico investimento in capitale fisico.
Il nostro paese riconoscerebbe così un vantaggio fiscale agli investimenti in R&S analogo a quello esistente negli altri paesi. Ma la convenienza a effettuare tali investimenti continuerebbe a essere inferiore rispetto ad altri paesi come Francia, Regno Unito e Spagna dove esistono agevolazioni fiscali esplicite (crediti di imposta oltre alla deducibilità delle spese). Per ottenere un grado di incentivazione comparabile a quello esistente nel Regno Unito, ad esempio, si dovrebbe associare alla deducibilità dei costi dall’Irap, un credito d’imposta o una deducibilità addizionale dei costi in misura pari a circa il 20 per cento.
Non a caso, nei paesi in cui l’agevolazione si è rivelata più efficace, il suo costo è spesso consistente: sempre nel Regno Unito è stimato in circa 800 milioni di euro l’anno.
Secondo quanto è dato sapere, la misura proposta dal Governo sarebbe invece finanziata solo fino a 300 milioni.

Agevolazioni a basso costo

Si possono ridurre i costi dell’agevolazione, conservandone l’effetto di incentivo?
Un elemento importante della proposta governativa è di ammettere alla deducibilità il complesso dei costi del personale impiegato nella R&S e non soltanto i costi incrementali (ossia relativi ai nuovi assunti). Verrebbero pertanto a beneficiarne non solo i nuovi investimenti (marginali) in R&S, ma, almeno in parte, anche quelli che l’impresa ha già compiuto (quelli inframarginali).
Ciò significa che una parte del costo sopportato dallo Stato potrebbe non avere impatto sugli incentivi a investire in R&S, ma si tradurrebbe in un windfall gain per l’impresa beneficiaria. Un’agevolazione che fosse invece parametrata ai soli investimenti nuovi (nuovi assunti) produrrebbe gli stessi incentivi al margine, ma a un costo inferiore per l’erario. Per potere generare un volume soddisfacente di investimenti aggiuntivi in R&S, andrebbe comunque associata a un’agevolazione specifica di carattere permanente. Anche questa agevolazione andrebbe preferibilmente disegnata in forma incrementale: ad esempio commisurando l’incentivo alla spesa per il personale impiegato in R&S che risulti aggiuntiva rispetto a quella registrata a una certa data.

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(1) Il costo del capitale, secondo l’approccio originario di King e Fullerton, esteso ed adattato agli investimenti in R&S (cfr. Bloom et al., 1999, Do R&D Tax Credits Work? Evidence from an International Panel of Countries 1979-1994, IFS w.p. No. W99/8; Griffith et al., 1996, Tax Incentives for R&D, in Fiscal Studies, vol. 16, 21-44; Hall, B. and Van Reenen, J., 2000, How Effective Are Fiscal Incentives for R&D? A Review of the Evidence, in Research Policy, vol. 29, 449–69), è inteso come rendimento al lordo delle imposte necessario a garantire un prefissato rendimento netto in capo all’investitore. Nelle normali assunzioni l’investimento R&S è composto per il 90 per cento da salari e stipendi e per il restante 10 per cento da macchinari ed edifici; inoltre, il tasso di deprezzamento economico della spesa corrente è pari al 15 per cento. Nella tabella per semplicità si è assunto che l’investimento R&S sia interamente composto da spesa per salari e stipendi.
 

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