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Il prelievo inevitabile

Circa un terzo dell’aggiustamento complessivo previsto dalla Finanziaria proviene dall’aumento delle entrate ordinarie. Non c’erano alternative perché gli impegni comunitari impongono interventi di tipo permanente e sarebbe stato impossibile concentrare tutto sulla spesa. Nonostante la dichiarata volontà di riportare sotto controllo i conti pubblici, resta il rischio che l’inasprimento fiscale di oggi sia seguito da ulteriori sgravi che renderanno inevitabili nuovi aggravi domani, in un circolo vizioso da cui non possono più salvarci le una tantum.

Circa un terzo dell’aggiustamento complessivo previsto dalla Finanziaria (7,5 su 24 miliardi di euro) proviene dall’aumento delle entrate ordinarie (dirette e indirette). Il ministro dell’Economia poteva evitare questo impopolare inasprimento fiscale?

L’andamento delle entrate

Dopo aver deciso di fornire un quadro più attendibile dell’andamento dei conti della finanza pubblica, il ministro Siniscalco non aveva molte alternative: gli impegni comunitari impongono, per il 2005, che due terzi della manovra siano di tipo permanente e sarebbe stato impossibile concentrare tutto l’aggiustamento sulla spesa: la scarsa capacità fino ad ora mostrata dal Governo nel tenere sotto controllo questa componente del bilancio, e l’incertezza degli esiti del “nuovo metodo” alla Gordon Brown rendono già dubbio il raggiungimento degli obiettivi fissati, che dovrebbero consentire un risparmio di spesa pari 9,5 miliardi di euro nel 2005. Ma gli inasprimenti fiscali contenuti nella Finanziaria sono anche una risposta al tendenziale calo del prelievo ordinario osservato negli ultimi anni e fino ad ora mascherato dagli incassi una tantum ottenuti dai condoni. La tabella riporta gli incassi delle amministrazioni pubbliche dal 2000 al 2003 e le previsioni contenute nel Dpef 2005-2008, per il 2004 e 2005.

                  Entrate delle Amministrazioni pubbliche (dati in milioni di euro)

2000

2001

2002

2003

2004

2005

DPEF

DPEF e LF 2005

Entrate

Imposte dirette

170.547

182.690

178.964

177.370

181.507

188.000

Imposte indirette

175.171

176.492

185.116

188522

196.630

203.500

Manovra per il 2005 (LF)

7.500

Imposte dirette e indirette

345.718

359.182

364.080

365.892

378.137

399.000

Imposte in conto capitale

1.117

1.065

2.986

20.204

7.548

350

Totale entrate tributarie

346.835

360.247

367.066

386.096

385.685

399.350

Contributi sociali

148.083

153.905

161.325

171.028

178.401

184.000

Altre entrate correnti

35.489

40.090

40.613

41.345

42.588

43.000

Entrate in conto capitale non tributarie

3.993

2.337

2.600

4.294

7.367

5.000

Totale entrate

534.400

556.579

571.604

602.763

614.041

631.350

Pressione fiscale

0,424

0,422

0,419

0,428

0,418

0,414

Pressione fiscale al netto imposte in conto capitale

0,423

0,421

0,417

0,413

0,412

0,414

 

Come si nota, a fronte di una tenuta delle imposte indirette e dei contributi sociali, le imposte dirette subiscono un vistoso calo, nel 2002 e nel 2003. In percentuale del Pil passano dal 15 per cento nel 2001 al 14,2 per cento nel 2002 e al 13,6 per cento nel 2003. Nel 2004 se ne prevede una ripresa, ma, nonostante i provvedimenti di luglio, il loro valore assoluto resta ancora inferiore a quello del 2001, e la loro incidenza, in percentuale del Pil, continua a calare leggermente (13,4 per cento). Contestualmente si osserva un rilevante aumento delle imposte in conto capitale, che includono gli incassi per sanatorie fiscali di vario tipo. Gli introiti sono eccezionalmente elevati nel 2003 (circa 20 miliardi di euro), ma anche nel 2004 forniscono un contributo significativo alla determinazione delle entrate tributarie complessive. La pressione fiscale (dirette, indirette, contributi sociali e imposte in conto capitale) aumenta dal 41,9 per cento nel 2002 al 42,8 per cento nel 2003 per poi tornare a scendere al 41,8 per cento, secondo le previsioni per il 2004. Al netto delle imposte in conto capitale, tuttavia, il trend è sempre decrescente. Cosa ha determinato il calo delle entrate ordinarie, e in particolare delle imposte dirette osservato dal 2002? Concorrono diversi fattori, ma certamente il calo è imputabile solo marginalmente al deludente andamento dell’attività economica. Le basi imponibili delle imposte dirette e indirette sono infatti definite in termini nominali e dovrebbero, in assenza di provvedimenti di sgravio fiscale o altri fattori specifici, seguire grosso modo l’andamento del Pil nominale. Tra gli sgravi fiscali che concorrono a determinare il calo delle entrate nel 2002 e nel 2003 vi è certamente la prima tranche della riforma dell’Irpef, il cui costo stimato era pari a 5,5, miliardi di euro, e che è stato solo parzialmente finanziato dalla mancata restituzione del fiscal drag. A ciò si aggiungono i costi di incentivi quali la Tremonti bis e la Tecno Tremonti i cui oneri effettivi non sono mai stati resi noti. Pur tenendo conto anche di altri fattori (ad esempio, il limitato importo delle imposte sostitutive sulle attività finanziarie connesso all’andamento dei rendimenti sui mercati finanziari), i conti non sembrano ancora tornare. Il sospetto è che abbia contribuito al calo delle entrate anche la minor propensione dei contribuenti a rispettare i propri obblighi tributari, a seguito del susseguirsi di condoni fiscali.

Le entrate nel 2005

Venuti meno gli effetti dei condoni, con la legge Finanziaria per il 2005 si è reso necessario trovare copertura agli sgravi permanenti operati nel passato e compensare il tendenziale calo del prelievo. La pressione fiscale al netto delle imposte in conto capitale arresta il suo declino e anzi mostra un’inversione di tendenza. Ciò è il risultato, da un lato di una previsione di crescita del prelievo superiore al 3 per cento circa (3 per cento per i contributi sociali e 3,5 per cento circa per imposte dirette e indirette), dall’altro dei nuovi provvedimenti introdotti con la legge Finanziaria, il cui gettito previsto (7,5 miliardi di euro) dovrebbe essere sostanzialmente in grado di compensare il venire meno del gettito delle imposte in conto capitale (da 7,5 miliardi nel 2004 a poco più di 300 milioni nel 2005) ancora imputabile, nel 2004, a provvedimenti di sanatoria fiscale. Nel complesso, tenendo conto delle previsioni di crescita spontanea del prelievo e delle nuove disposizioni della Finanziaria, il prelievo ordinario diretto e indiretto dovrebbe crescere del 5,5 per cento. Un obiettivo ambizioso, sia per la crescita spontanea prevista (per le imposte dirette è 3,6 per cento rispetto al 2,3 per cento del 2004 e all’andamento negativo degli anni precedenti), sia per le specifiche disposizioni che dovrebbero consentire di prelevare i 7,5 miliardi di euro, il cui esito e la cui efficacia suscitano non pochi dubbi.

È davvero una svolta rispetto al passato?

In conclusione, data la situazione della finanza pubblica non si può che concordare con l’esigenza di rimettere sotto controllo i conti pubblici e di agire, a tal fine, anche sulle entrate. Al di là delle specifiche misure va anche apprezzata, in linea generale, l’intenzione di recuperare base imponibile tramite una ripresa della lotta all’evasione: un’ulteriore positiva inversione di tendenza rispetto agli anni passati. Ma analogamente al passato, manca un’analisi delle cause dell’andamento delle entrate negli ultimi anni, che farebbe emergere con evidenza il concorso al peggioramento dei conti pubblici di sgravi fiscali effettuati senza adeguata copertura. Manca poi una corretta informazione sulle modalità con cui sono state fatte le previsioni delle entrate attese per il futuro e sulla capacità delle norme previste di garantire il raggiungimento dell’obiettivo di incasso prefissato. In particolare, l’attendibilità delle stime sugli effetti della manovra potrà essere verificata solo quando sarà disponibile la Relazione tecnica e soprattutto solo al termine dell’iter parlamentare: le controversie sulle misure proposte, anche all’interno della maggioranza, e le recenti dichiarazioni dello stesso ministro dell’Economia lasciano intendere che gli interventi contenuti nella Finanziaria potranno essere ampiamente modificati. A rendere particolarmente incerto il quadro è però l’annunciato provvedimento di riduzione dell’Irpef e dell’Irap, del quale non si conoscono ancora né le modalità con cui “affiancherà” la legge Finanziaria, né le forme di copertura degli sgravi da esso previsti, , che per il 2005 dovrebbero raggiungere i 6 miliardi di euro. In sostanza, è vero che il nuovo ministro dell’Economia ha fatto inizialmente chiarezza sui conti pubblici e ha dichiarato a più riprese l’intenzione di volerne riprendere il controllo, ma non sembra aver fatta altrettanta chiarezza su come intende attuare il risanamento fiscale e conciliarlo con le reiterate promesse di riduzione della pressione fiscale. Il rischio tangibile è che l’inasprimento fiscale, reso necessario oggi dagli sgravi di ieri, non solo non sia credibilmente realizzato dai provvedimenti inseriti nella legge Finanziaria, ma venga seguito a brevissimo termine da ulteriori sgravi che renderanno inevitabili nuovi aggravi domani, secondo un circolo vizioso da cui non possono più salvarci ulteriori interventi una tantum.

 

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  1. Riccardo Mariani

    Capita che nel corso di una brillante illustrazione dei fatti s’ insinuino giudizi di valore magari inconsapevoli. Sono da ringraziare le redattrici dell’ articolo perchè con chiarezza e semplicità mi mettono a disposizione dati che per me sarebbero altrimenti difficilmente reperibili. Ho l’ impressione però che alcuni comportamenti descritti come necessari (fatti) siano in realtà scelte politiche (valori): 1) quando si dice che “…non si può che concordare con l’ esigenza di rimettere sotto controllo i conti pubblici e di agire, a tal fine, anche sulle entrate” si sta avallando una scelta politica e non un fatto inevitabile. L’ attacco frontale alla spesa (e al welfare) forse dovremmo considerarlo almeno come ipotesi che si sceglie di scartare (per me colpevolmente) 2) pur non considerando l’ evasione alla stregua di una frode sono convinto che vada combattuta a fondo e lo si può fare in due modi: o abbassando per quanto necessario la pressione fiscale o investendo sull’ inasprimento dei controlli (nonchè di tutto l’ apparato di presunzioni relative ed assolute). Il fatto rilevante non è tanto che il Ministro punti sulla lotta all’ evasione ma che lo faccia seguendo la seconda strada, quella, secondo me, sbagliata (giudizio di valore).
    Le opinioni espresse sono discutibili ma penso siano esplicitate in modo da non sfuggire al giudizio di chi le legge.
    Cordiali saluti.

    • La redazione

      Gentile lettore, partendo dalla premessa che occorre rimettere sotto controllo l’andamento dei conti pubblici, ormai da tempo sfuggiti di mano a questo governo, concordiamo con lei che la scelta se procedere tramite una riduzione delle spese o un aumento delle entrate o un mix delle due misure, come intende fare il governo, è una scelta politica, che implica giudizi di valore. Tuttavia, data l’entità dalla correzione necessaria (24 mld di euro, a cui si aggiungono quelli che il governo dovrà reperire per l’annunciato provvedimento di riduzione dell’Ire e dell’Irap) ci sembra inevitabile che almeno parte dell’aggiustamento riguardi le entrate. La riduzione della spesa, anche qualora si fosse d’accordo con tale “soluzione politica”, richiede infatti tempo e una chiarezza di intenti che questa maggioranza non sembra avere, come mostra anche il fatto che da quando è al governo la spesa corrente è aumentata, invece di ridursi. Per ridurre la spesa non basta enunciare obiettivi (come la regola del 2%), ma occorre indivuduare i servizi che si intendono tagliare, le categorie a cui si intendono erogare minori trasferimenti a titolo di pensioni, assegni, contributi o altro e predisporre e rendere operativi i necessari provvedimenti. Occorrerebbe anche valutare attentamente le conseguenze economico-sociali di questi “tagli”. Se anche si ritenesse che la riduzione sia possibile senza intaccare i servizi, come spesso il governo afferma, ma solo riducendo gli sprechi, occorrerebbe individuare con attenzione dove e perchè questi sprechi si annidano e prendere i necessari provvedimenti per rimuoverli e modificare i comportamenti che ne sarebbero all’origine. Nulla di tutto ciò ci sembra essere stato fino ad ora fatto o quantomeno indicato con chiarezza dal governo.
      Lei ritiene inoltre che la lotta all’evasione debba avvenire riducendo le aliquote e non inasprendo i controlli. In realtà l’attività dell’Amministrazione finanziaria, tramite adeguate politiche di controllo e accertamento, è comunque ingrediente assolutamente necessario per rendere efficace il contrasto all’evasione. Se anche le aliquote fossero basse, in assenza di adeguati controlli l’evasione resterebbe un male endemico di questo paese. Il problema è come rendere l’attività di accertamento continuativa, efficace e non vessatoria nei confronti dei contribuenti, un compito peraltro reso molto difficile dopo anni di ripetuti condoni che certamente hanno contribuito a ridurre la lealtà dei contribuenti.

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