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La finta equità dell’università gratuita

Secondo dati desunti dall’inchiesta sulle famiglie della Banca d’Italia, il 24 per cento degli studenti universitari italiani proviene dal 20 per cento più ricco delle famiglie. Solo l’8 per cento appartiene al 20 per cento più povero. Nel Sud la disparità è ancora più evidente. Nel sistema attuale la fiscalità generale finanzia prevalentemente lo studio dei ricchi. Un aumento delle tasse universitarie, accompagnato da meccanismi di finanziamento per i meno abbienti, servirebbe anche ad accrescere l’efficienza degli atenei.

Secondo dati desunti dall’inchiesta sulle famiglie della Banca d’Italia, il 24 per cento degli studenti universitari italiani proviene dal 20 per cento più ricco delle famiglie; solo l’8 per cento proviene dal 20 per cento più povero. Nel Sud la disparità è ancora più evidente: il 28 per cento contro il 4 per cento.
Questi dati da soli dovrebbero mettere a tacere il mito che l’università gratuita sia un pilastro della giustizia sociale: al contrario, il sistema attuale usa le tasse di tutti per finanziare prevalentemente gli studi dei ricchi. Lo ha ben compreso il primo ministro laburista inglese Tony Blair, che di recente ha aumentato le rette universitarie prevalendo su una durissima opposizione congiunta dei conservatori di destra e di sinistra.

Tasse più alte, università migliori

Ma aumentare le rette universitarie non è solo una misura elementare di equità sociale: renderà anche l’ università più efficiente. Gli studenti avranno più incentivi a sostenere esami, contribuendo così a risolvere il problema dell’università-parcheggio. E pagando di tasca propria, faranno pressione perché le università offrano corsi rispondenti alle loro esigenze, e si disfino dei professori incapaci o assenteisti.
L’obiezione ovvia a tutto ciò è che i poveri rimarranno esclusi da un’università a pagamento. Questo è un timore infondato. Le rette universitarie dovranno essere graduate, più alte per i più facoltosi, più basse per i meno abbienti. E niente impedisce di istituire un sistema di borse di studio, l’equivalente del sistema attuale di accesso gratuito, ma solo per i più bisognosi.

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Altre forme complementari di finanziamento che promuovano l’equità sociale possono essere pensate. Da anni l’Australia ha un sistema di prestiti da restituire dopo la laurea in base al reddito: i risultati in termini di equità di accesso sono concordemente considerati ottimi. La Gran Bretagna ha ora introdotto un sistema simile.
Anche in questo caso, un efficace sistema di prestiti e borse di studio – insieme ad una riforma del sistema di finanziamento delle università e di promozione dei professori (che ho descritto in un altro
articolo su lavoce.info) – contribuirà ad aumentare non solo l’equità, ma anche l’efficienza del sistema. La maggiore mobilità studentesca contribuirà a rompere il quasi monopolio delle università sugli studenti locali, un altro motivo di inefficienza del sistema attuale. Per sopravvivere, le università saranno infatti costrette a competere per gli studenti migliori di tutta Italia, quelli che hanno la motivazione per finire gli studi assicurando rette per tutta la durata del corso, e che attraggono altri studenti in futuro.
Nella Finanziaria per il 2004, il governo ha introdotto un fondo di garanzia per prestiti d’onore agli studenti di 10 milioni di euro – una goccia nel mare. L’ordine di grandezza delle cifre necessarie è molto superiore; ma gran parte se non tutto può essere finanziato con le maggiori rette. Se necessario, si potrà anche reperire altri fondi per questa meritevole iniziativa cominciando a licenziare ì professori inetti – un’altra iniziativa meritevole di per sé.

Una proposta “politicamente scorretta”

Sono perfettamente cosciente che tutto quello che ho scritto in questo articolo è politicamente improponibile: i professori sono impiegati statali praticamente illicenziabili, e l’ipocrisia dell’istruzione universitaria aperta a tutti è profondamente radicata nella classe dirigente e nella intellighenzia europee.  Ciò che forse risulta più difficile da comprendere è come la retorica del diritto allo studio per tutti continui a perpetuare entusiasticamente questa ipocrisia ignorando sistematicamente i dati sopra riportati.

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Il pedaggio si fa strada

  1. Luca

    Nel mondo occorre più istruzione. In Italia specialmente, saremo anche bravi nell’arte di arrangiarci ma nelle tecnologie e innovazioni siamo un po’ indietro. L’istruzione deve essere disponibile e aperta a tutti: gratis, abbondante, libera, sempre disponibile, accessibile ovunque. Utopia? Costa troppo? Eppure cose costosissime come sport, tv e politica sono finanziati. Inoltre università costose e private come Luiss e Bocconi sono pessime.

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