Alla luce dell’ennesima tragedia dell’immigrazione clandestina consumatasi al largo delle nostre coste, riproponiamo un contributo di alcuni studiosi dell’Università di Bari in cui si commentano le affermazioni del Ministero dell’Interno che paventava l’arrivo di “due milioni di poveracci” in Italia. Una cifra che non sembra fondata su alcun riscontro empirico. Meglio dosare le parole o spiegare su quali dati si fondano queste stime allarmistiche.

Ormai da anni ogni estate italiana porta con sé l’allarme di migrazioni bibliche verso il Bel Paese. A rilanciare la segnalazione di pericolo ha provveduto nei giorni scorsi il Ministro Pisanu, gettando sul tavolo della discussione un inquietante numero: vi sarebbero due milioni di clandestini in Libia pronti a essere traghettati in Italia. Vi è da chiedersi se una cifra così rilevante, prodotta dall’intelligence, sia effettivamente attendibile oppure la “volpe del deserto” (ce ne scusi l’anima del maresciallo Rommel) dei servizi segreti italiani abbia di gran lunga ecceduto nel gridare al lupo al lupo.

Un riscontro di massima può basarsi su un calcolo approssimativo che prende spunto da quanto rilevato da un’indagine svolta recentemente su un campione sufficientemente rappresentativo (1) di clandestini e richiedenti asilo alternativamente intercettati e ospitati nei principali Centri di Permanenza Temporanea (CPT) italiani oppure richiedenti assistenza in alcuni centri di ascolto specializzati. Il calcolo induce a ritenere che la cifra proposta dall’intelligence sia di gran lunga esagerata. Vediamo perché.

Nei primi 9 mesi del 2003, un gruppo di studio in collaborazione tra l’Università di Bari e il centro multiculturale AGIMI di Otranto ha raccolto 920 interviste a clandestini appena giunti sul suolo italiano e ospitati nei principali CPT. Tra l’altro, al clandestino si formulava la seguente domanda: “perché, secondo te, i tuoi parenti e amici della tua età sono rimasti nel paese d’origine?”. Alla domanda, i clandestini potevano rispondere: 1) per mancanza di fondi; 2) perché sono più legati alla famiglia e al lavoro; 3) perché sono soddisfatti del lavoro; 4) perché sono più avversi al rischio; 5) perché emigreranno in futuro; 6) per altre ragioni. Ebbene, le risposte più gettonate sono state, nell’ordine: per mancanza di fondi (31%), per altre ragioni (28%), perché emigreranno in futuro (17%), perché sono più avversi al rischio (10%), perché sono più legati alla famiglia e al lavoro (9%), perché sono soddisfatti del lavoro (5%). Dunque, tenendo costanti i vincoli finanziari e gli altri motivi, ci si può concentrare su quel 17% di parenti e amici dell’età dei clandestini rimasti nel paese d’origine ma decisi a emigrare in futuro.

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I clandestini intervistati avevano un’età media di 27 anni ed erano maschi nell’86% dei casi. Pur essendo 56 i paesi di provenienza, i 6 principali cumulavano il 39%: quasi tutti paesi colpiti da crisi tuttora in corso (Iraq, 10%; Liberia, 9%; Sudan, 5%; Turchia 5%) ma vale anche l’attrazione di forti comunità di connazionali già presenti in Italia (Marocco, 5%; Senegal, 5%). Perciò, il nostro calcolo approssimativo si può focalizzare sui maschi nella fascia d’età 20-30 anni nei 6 principali paesi di emigrazione verso l’Italia (per la verità il 24% degli intervistati dichiarava che erano in Italia in transito verso un’altra destinazione finale).

Infine, l’indagine ci informa sull’ultimo paese in cui i clandestini sono transitati prima di approdare in Italia. In effetti, la Libia (21%) figura tra le principali provenienze di traghettamento, preceduta solo dalla Turchia (22%) e seguita dalla Slovenia (12%) e da altri paesi con quote inferiori al 10% (Francia, Grecia, Austria, Albania, Algeria, Tunisia). Quindi, ceteris paribus, la Libia dovrebbe intercettare il 21% del flusso potenziale di clandestini.

Per convenienza, il nostro calcolo fa le seguenti ipotesi semplificatrici: i) ci si concentra sulla sola popolazione maschile (lieve sottostima) nella fascia d’età 20-30 anni che viene approssimata attingendo (da www.cia.gov) il dato sui maschi da 15 a 64 anni e dividendolo per tre (possibile sovrastima); ii) si assume che tutti i potenziali clandestini migrino verso l’Italia escludendo altri paesi di destinazione (forte sovrastima); iii) anziché distribuirlo su molti anni, si ripartisce l’intero flusso in parti uguali su solo pochi anni (sovrastima); iv) si estrapola quanto stimato per i 6 principali paesi di emigrazione verso l’Italia a tutto il resto dei clandestini (possibile sovrastima); v) si tiene conto del fatto che la stagionalità dei flussi di clandestini si accentua nel trimestre agosto-ottobre e si ipotizza un effetto “stoccaggio” a luglio pari a un terzo del flusso annuale stimato (possibile sovrastima).

Ebbene, i valori ottenuti sulla base di questo calcolo sono grandemente al di sotto della cifra paventata dal Ministro Pisanu. Pur avendo adottato ipotesi favorevoli (alla tesi di Pisanu) che, certamente, inducono ad una sovrastima, sulla base dei valori storici ci si muove in un intervallo tra 60 e 140 mila clandestini (cfr. figura). E persino mantenendo tutte le altre ipotesi favorevoli e supponendo in più, in modo francamente irrealistico, che tutti i clandestini diretti in Italia passassero per la Libia (in luogo del valore storico di 1 su 5) ci si colloca in un intervallo tra 270 e 690 mila, ben lontano dall’allarme ministeriale.

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In buona sostanza, sebbene anche cifre decisamente più modeste (quali quelle da noi prodotte ma con stime deliberatamente per eccesso), possano ingenerare preoccupazione, non ci sembra un buon viatico per il dibattito politico sui clandestini (riacceso anche dalla recente sentenza della Corte Costituzionale emendatrice della Bossi-Fini e dalla vicenda Cap Anamur) basato solo su cifre intraviste da qualche miope “volpe del deserto”. Se è buon segno che si sia smesso di parlare di sparare ai clandestini con le cannoniere, è auspicabile smettere anche di sparare numeri, che possono far male anch’essi.

(1) Il numero di interviste (920) rappresenta il 10,82% di tutti gli 8.502 clandestini ospitati nei CTP selezionati nel periodo gennaio-settembre 2003.

 

Per saperne di più

Boeri T. “Immigrazione illegale: leggi italiane e lezioni dagli Stati Uniti”, Lavoce.info, 12 settembre 2002.

Chiuri M.C., De Arcangelis G., D’Uggento A. M. e Ferri G. (2004) “Illegal immigration into Italy: evidence from a field survey”, download da: Incontro di Studio del Gruppo CNR Economia Internazionale e Economia dello Sviluppo – Bari 25-26 giugno 2004 (www.dse.uniba.it).

Chiuri M. C., De Arcangelis G. e Ferri G. (2003) “L’Italia tra il bastone e la carota”, Lavoce.info, 19 febbraio 2004.

Corriere della Sera (2003) “Fuga dall’Africa: in viaggio con i clandestini”, 25 dicembre 2003.

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